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dona46

Forumer storico
Us market movers: leading indicator in calo dello 0,7%



In luglio il leading indicator Usa ha registrato una flessione dello 0,7%. Era atteso un calo dello 0,2% dopo il -0,1% di giugno.
Per ulteriori informazioni visita il sito di Finanza.com
 

dona46

Forumer storico
Flash Usa: il Superindice scende a sorpresa. Deluse le attese del mercato
Di Alberto Susic




Il Conference Board ha reso noto che nel mese di luglio il Superindice, che fornisce una previsione sull'andamento dell'attività economica per i prossimi 6-12 mesi, ha fatto registrare una variazione negativa dello 0,7%, in frenata rispetto all'indicazione precedente, fermatasi a -0,1%. Il dato odierno ha deluso le attese degli analisti che puntavano ad una conferma della lettura di luglio, pari a -0,1%.
 

dona46

Forumer storico
Flash Usa: il Superindice scende a sorpresa. Deluse le attese del mercato
Di Alberto Susic




Il Conference Board ha reso noto che nel mese di luglio il Superindice, che fornisce una previsione sull'andamento dell'attività economica per i prossimi 6-12 mesi, ha fatto registrare una variazione negativa dello 0,7%, in frenata rispetto all'indicazione precedente, fermatasi a -0,1%. Il dato odierno ha deluso le attese degli analisti che puntavano ad una conferma della lettura di luglio, pari a -0,1%.
 

giamaica2005

Forumer attivo
dona46 ha scritto:
Flash Usa: il Superindice scende a sorpresa. Deluse le attese del mercato
Di Alberto Susic




Il Conference Board ha reso noto che nel mese di luglio il Superindice, che fornisce una previsione sull'andamento dell'attività economica per i prossimi 6-12 mesi, ha fatto registrare una variazione negativa dello 0,7%, in frenata rispetto all'indicazione precedente, fermatasi a -0,1%. Il dato odierno ha deluso le attese degli analisti che puntavano ad una conferma della lettura di luglio, pari a -0,1%.


e anche di questo dato nn gliene frega na mazza a nessuno

bhaaaaaaaaaaaa
 

dona46

Forumer storico
Flash Usa: indice Philadelphia Fed in recupero ma meno del previsto
Di Alberto Susic




La Federal Reserve di Philadelphia ha reso noto che nel mese di agosto, l'indice che misura l'andamento dell'attività manifatturiera nell'omonima area, si è attestato a -12,7 punti, in recupero rispetto al dato di luglio fermatosi a -16,3 punti. L'indicazione odierna è stata comunque inferiore alle stime del mercato che si aspettava un recupero più marcato a -11,5 punti.
 

giamaica2005

Forumer attivo
dona46 ha scritto:
O LE TRASFUSIONI NON SUCCHIANO PIù NIENTE PERCHè PENSANO DI AVER GIA' DATO O SONO DEI GRAN CORNUTI :eeh:


è incredibile.............dati negativi..........entro in put.........e gli indici salgono!!!!

la seconda che hai detto.....GRAN CORNUTI E GLI PIACE PURE DI ESSERLO
 

giamaica2005

Forumer attivo
giamaica2005 ha scritto:
è incredibile.............dati negativi..........entro in put.........e gli indici salgono!!!!

la seconda che hai detto.....GRAN CORNUTI E GLI PIACE PURE DI ESSERLO

venduta la put..... al max di giornata 0.076 (che culetto!!!)

tanto domani si ricomincia a salire ahahahahahah

smackkkkkkkkkkkkk biondazzaaaaaaaaaaaaaaaaaa
 

giamaica2005

Forumer attivo
lungo ma.........interessante

La battaglia d'autunno. Il nemico attacca da tre lati
Di Alessandro Fugnoli


All'inizio del secondo anno di guerra il nemico concentra l'attacco su tre direttrici. La prima è la riduzione della leva immobiliare, la seconda è la riduzione della leva delle banche e la terza è la riduzione della leva del consumatore americano. Sul quarto fronte, l'inflazione, la pressione nemica, molto forte nel primo anno di guerra, sta diminuendo, ma non si può parlare di ritirata.
Il primo fronte, quello immobiliare, presenta qualche segno di attenuazione della pressione (rallenta la discesa delle costruzioni, c'è qualche segno di vita nella compravendita di immobili) ma non sul punto decisivo, quello della discesa dei prezzi della case. La discesa infatti continua perché continua (e anzi accelera) il circolo vizioso tra caduta dei prezzi, default sui mutui (economicamente razionale quando il debito residuo è maggiore del valore della casa), pignoramento, svendita dell'immobile da parte della banca e ulteriore caduta delle quotazioni immobiliari. Su questo fronte nessuno prevede miglioramenti da qui a fine anno. Greenspan, che qualche mese fa aveva ipotizzato una stabilizzazione per fine 2008, sposta ora alla prima metà del 2009 il momento in cui i prezzi, attenzione, non torneranno a salire, ma rallenteranno la loro discesa.
Il fronte delle case si è saldato da tempo, come è noto, con il fronte delle banche. Qui l'attacco continua possente, ma sta gradualmente cambiando natura e zona di combattimento. Le svalutazioni dei crediti immobiliari raggiugeranno un picco di qui a fine anno ma poi diminuiranno. Una volta azzerato un credito non ci si può perdere sopra più niente.
C'è poco da rallegrarsi, tuttavia. Primo, perché siamo ancora lontani da zero anche in America. Secondo, perché in Europa siamo ancora più lontani. Terzo, perché i problemi si sono allargati a tutto l'attivo delle banche (che hanno svalutato finora alcuni tipi specificii di asset, ma non hanno creato fondi per le future sofferenze commerciali, molto probabili in caso di recessione). Quarto, perché anche qui c'è un circolo vizioso tra banche che devono ridurre la leva e vendere asset, prezzo degli asset in caduta, erosione del capitale di altre banche costrette a loro volta, a questo punto, a vendere crediti.
Il terzo fronte è quello del consumatore americano, che sta riducendo le spese e vendendo case e cose per ridurre i debiti. Il consumatore americano rappresenta quasi il 20 per cento del Pil mondiale. Il consumatore cinese, che dovrebbe sostituirlo, rappresenta meno del 3 per cento.
Ricapitolando. Le case andranno male almeno fino a primavera, ma da lì in avanti, quanto meno, il deterioramento rallenterà. La riduzione della leva delle banche andrà avanti ancora per anni, non per mesi. Anni ci sono voluti per aumentarla, anni ci vorranno per ridurla. Qualche anno durerà anche il processo di riduzione del debito da parte del consumatore americano.
Questo non significa necessariamente che ci sarà una recessione globale profonda e prolungata. Significa però certamente che i prossimi anni saranno ancora in salita e che gli sforzi di contenimento della crisi, se avranno successo, produrranno riprese deboli (o anche brillanti, ma allora brevi) e rivalutazioni azionarie (e degli asset di rischio in generale) altrettanto deboli. Il quarto fronte, quello dell'inflazione, è stato declassato in queste settimane a fronte minore (anche se solo in prospettiva). Si è festeggiato parecchio per questo. La stagflazione equivale infatti all'accerchiamento completo, senza via di fuga. E' una situazione angosciosa. La stagnaziona da sola, per contro, è deprimente ma non angosciosa, perché lascia spazio alla speranza che i meccanismi di riequilibrio automatici o di policy riescano alla fine ad arrestare il deterioramento e a mettere in moto la ripresa. Questo è giusto, ma non vanno dimenticate due cose. La prima è che la discesa delle materie prime è dovuta a un indebolimento ulteriore della crescita.
La seconda è che focolai d'inflazione rimarranno probabilmente in Asia, dove la crescita ha prorità rispetto ai prezzi e dove quindi si frena poco quando si deve frenare e si pensa subito a riaccelerare quando c'è qualche segno di rallentamento. Come si vede, la battaglia d'autunno sarà in realtà un episodio di una lunga guerra e probabilmente non sarà risolutiva. Certamente non verremo fuori dal pantano e augurabilmente non precipiteremo in una crisi molto più profonda. Il sistema mantiene qualche capacità di risposta. Il recupero del dollaro, la discesa delle materie prime e, a seguire, dell'inflazione, la Cina che cresce ancora, le possibili e probabili risposte di policy, la capacità di generare ancora buoni utili da parte di importanti settori produttivi e, sui mercati, le valutazioni ridotte (anche se non ancora a buon mercato) e il posizionamento fattosi già prudente da parte di tutte le classi di investitori sono tutti elementi importanti.
Non vanno però dati per scontati. Il petrolio, decisivo per accelerare o ritardare l'uscita dalla fase acuta della crisi, ha, per semplificare, due fondamentali che lo spingono verso il basso (l'aumento della produzione saudita e la riduzione dei consumi americani) e o che lo spinge verso l'alto, il livello ridotto delle scorte.
Dei due fattori positivi uno, l'aumento di produzione saudita, è reversibile e l'altro, l'America che usa meno l'auto, è destinato a permanere qualche tempo per via della stagnazione, ma sarà d'altra parte gradualmente bilanciato dall'aumento costante dei consumi cinesi. Al momento prevalgono gli aspetti ribassisti (anche se in questi giorni l'ipervenduto delle ultime settimane sorregge i prezzi) ma rimane una fragilità d'insieme. Oltre ai rischi geopolitici, naturalmente. Il dollaro che si rafforza è un altro fattore positivo, su cui però è prudente non scommettere troppo. Va vista positivamente la volontà politica americana di darsi un colpo di reni, di combattere l'inflazione e di cercare di dissipare l'impressione di deriva generale del paese guida dell'economia globale. Va visto altrettanto positivamente il miglioramento dei conti con l'estero degli Stati Uniti (peraltro ancora lontanissimi da un livello di disavanzo sostenibile delle partite correnti).
Va poi visto positivamente che l'America, come nel 2005, conceda qualche mese di ossigeno all'Europa. Un'Europa in recessione è l'ultima cosa di cui può avere bisogno l'America. Resta tuttavia qualche dubbio sulla reversibilità di questo aggiustamento, che nel 2005 durò pochi mesi e fu poi seguito da tre anni di debolezza del dollaro. Ora come ora non correremmo a comprare euro e vendere dollari, ma verso fine anno il discorso potrebbe essere differente. Ci sono poi, dicevamo, le risposte di policy. Se il petrolio si stabilizza sotto i 120 dollari l'inflazione inizierà presto a scendere. La Fed potrà evitare di alzare i tassi e la Bce potrà, verso fine anno, cominciare a considerare l'ipotesi di tagliarli. La risposta politica decisiva sarà però su un altro fronte, quello della soluzione del problema dei mutui americani. I compratori di ultima istanza di mutui, Fannie e Freddie, hanno in realtà equity negativa.
Il compratore di ultimissima istanza, il Tesoro (NYSE: TSO - notizie) americano ha già dato la sua parola d'onore (insieme a quella del Congresso) ma cerca di prendere tempo. I repubblicani possono vantarsi di avere speso pochissimi soldi pubblici per operare salvataggi in questa crisi e forse vogliono spendere questo argomento nella campagna per le presidenziali. Forse hanno in tasca l'impegno delle banche centrali asiatiche di continuare a sottoscrivere la carta di Fannie e Freddie nelle prossime aste. Forse pensano che un salvataggio in extremis sia politicamente meno dannoso di un intervento immediato. Per i mercati l'attesa è logorante, anche se sta assumendo toni isterici. Non c'è infatti nessun motivo al mondo per dubitare del salvataggio, quando il 99 per cento dei politici si è già espresso in questa direzione.
Il problema è che salvare Freddie e Fannie è solo il primo passo. Il passo decisivo, la costituzione di un Resolution Trust che rilevi banche e asset, richiederà una nuova amministrazione e non sarà quindi fattibile prima di primavera. Per tutto il 2008 abbiamo sentito profezie cupissime sul quadro macro, sulle banche e sui mercati. Da inizio anno a oggi l'economia globale è però cresciuta, le banche saltate sono state un numero irrisorio e, quanto alle borse, siamo esattamente agli stessi livelli di metà gennaio.
E' probabile che anche fino a fine anno riusciremo ad andare avanti così, senza drammi se non circoscritti a situazioni specifiche. I rischi sono però tutti all'ingiù, mentre appare temerario pensare a sorprese positive strutturali (anche se il giorno del salvataggio di Fannie e Freddie partirà un rally con qualche possibilità). Nel complesso non vale la pena assumersi rischi nei settori tossici (finanza, jumk bond) o sui ciclici. Meglio continuare ad adottare un profilo prudente. Molto cash governativo, una modica quantità di decennali e trentennali governativi, azioni della tecnologia e, su debolezza, dell'energia. Un portafoglio, per inciso, a prova di Iran. L'importante, in questa fase, è non diventare poveri. A diventare ricchi cominceremo a pensare, nel caso, dalla prossima primavera.
 

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