GODITI OGNI MINUTO DEL TUO TEMPO PERCHE' IL TEMPO NON RITORNA... QUELLO CHE RITORNA E' SOLO

Il comandante dell'Esercito nazionale libico, il generale Khalifa Haftar, «è atterrato a Bengasi», città della Libia orientale.

A dare la notizia la televisione al-Hadath, mostrando le immagini del generale — l'uomo forte della Cirenaica —
mentre scende dall'aereo nello scalo di Benina proveniente dal Cairo dopo due settimane di assenza, passate a Parigi per delle cure.

«Io sto bene, sono in buona salute» e «l'esercito è stabile come le nostre montagne verdi, nessun vento può scuoterlo»,
ha detto il generale in un breve discorso all'aeroporto, tra gli applausi di un gruppo di sostenitori,
aggiungendo di non voler parlare delle ragioni che lo hanno spinto a ricoverarsi all'estero.

Haftar, 75 anni, è apparso sorridente, in giacca e cravatta, ed è stato accolto dai vertici militari
del «suo» Esercito nazionale libico che controlla l'est della Libia.

Il suo ricovero in Francia è rimasto per giorni avvolto dal mistero.
Non è chiaro di cosa soffrisse, ma la stampa internazionale ha ipotizzato un ictus.

Qualcuno aveva addirittura parlato della sua morte.

Il portavoce delle forze armate aveva inizialmente smentito che fosse malato, salvo confermare più tardi che si stava curando in Francia.
Il suo rientro a Bengasi era stato anticipato dai media e confermato da un comunicato dell'esercito.

Haftar è uno dei potenziali candidati nelle elezioni che dovrebbero tenersi nei prossimi mesi.
 
Ma no dai. Gli abbiamo dato un buffetto a tutt'e due.
Ma figurarsi se volevamo ucciderli. Ma no.........io butterei la chiave.


I filmati adesso spiegano come sono andate davvero le cose nella notte tra giovedì e venerdì
quando due nordafircani hanno messo a segno quattro rapine e quattro aggressioni tra Cinisello Balsamo e Milano.

Perché la furia dei due nordafricani arrestati ieri a Milano si è riversata con così tanta crudeltà su Samsul Haque?

Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti Samsul avrebbe visto i due assassini
e le due studentesse erasmus che erano appena scese dal bus.

: "Erano sul nostro stesso autobus e i due nordafricani hanno iniziato a molestarci. Quando siamo scese, ci hanno seguite".
"La mia amica è stata strattonata per i capelli e colpita alla pancia.
L’uomo che l’ha pugnalata poi è venuto verso di me, e allora gli ho subito consegnato il mio cellulare"

L'uomo ha paura e come riporta LaStampa prova ad andare via verso via Settembrini.
Non serve: lì trova la morte.

Le videocamere di sorveglianza mostrano infatti l'aggressione alla studentessa erasmus colpita all'addome.
La sua amica consegna subito il cellulare che ha in mano e i due fuggono.
Ma hanno capito che probabilmente Samsul ha visto tutto.

Così i due nordafricani lo inseguono e lo raggiungono in via Settembrini.
Lo aggrediscono e lo colpiscono a morte

"Sì, quelle rapine le abbiamo fatte noi, ma non volevamo uccidere.
Non sapevamo neppure che quel ragazzo fosse morto",
 
Però non volevamo uccidere...ma no...dai. E' stato un "malinteso".

Trecento giuristi - compresi luminari del diritto e celebri magistrati -
pensano che in Italia sia troppo facile mandare la gente in carcere,
e premono con una petizione perché il nuovo Parlamento approvi in fretta l'ennesima misura umanitaria.

Il caso di Milano, il feroce raid compiuto giovedì notte da due immigrati irregolari,
fa supporre che il problema sia semmai l'opposto: una serie cospicua di reati è ormai impossibile da punire
e impossibili da arrestare sono i loro autori, che anche se presi in flagrante
vengono immediatamente rimessi in circolazione, liberi di tornare a colpire.


Così è accaduto per Abderrahim Anass, il più giovane dei due marocchini
che tra le 23 di giovedì e le 2,35 di venerdì seminano paura e morte tra le strade milanesi.

Lo avevano arrestato cinque giorni prima, il pomeriggio del 21 aprile.
Se Anass fosse rimasto in carcere, il bravo cameriere bengalese Samsul Haque
non lo avrebbe incontrato e oggi sarebbe ancora vivo,
a sorridere dietro il bancone di un bar anziché in un cassetto dell'obitorio, col cuore trafitto da un cacciavite.

Invece Anass la mattina di lunedì scorso, dopo due giorni passati in guardina, compare davanti al giudice.

Insieme a due complici, deve rispondere dell'impresa compiuta in un grande magazzino di corso Buenos Aires,
dove li hanno bloccati mentre cercavano di uscire con merce rubata per 130 euro.
E il giudice non può fare altro che liberare tutti e tre.

Merito del decreto svuotacarceri, voluto nel 2013 dal governo Monti:
che esclude la possibilità della prigione per tutti i delitti puniti fino a cinque anni di carcere.


Unica eccezione, il finanziamento illecito dei partiti: per quello in galera si può andare.

Ma spacciatori, ladri, truffatori e un'altra lunga lista di criminali hanno visto il loro business sostanzialmente depenalizzato.

Non si va in galera in attesa di giudizio, in base al decreto del 2013;
e non ci si andrà neanche dopo la condanna, grazie alla riforma Orlando,
quella invocata dai trecento giuristi ma bloccata dal nuovo Parlamento,
che garantisce a chi deve scontare un massimo di quattro anni di carcere di aspettare a piede libero l'affidamento ai servizi sociali.

Così lunedì scorso, quando si è trovato di fronte Anass e i suoi complici, il giudice non ha avuto scelta.

Rispondevano di tentato furto con una solo aggravante, per avere agito in tre;
bastava un'altra aggravante, e si poteva spedirli in carcere; e invece niente da fare.

Si poteva chiuderli agli arresti domiciliari, sperando che rispettassero i divieti:
ma si sono dichiarati tutti (come fanno regolarmente ormai i loro colleghi di lavoro,
che hanno presto imparato il trucco) senza fissa dimora
.

Così sono stati liberati. Anass si è riposato (forse) per tre giorni, poi è tornato all'attacco.
Stavolta non più furti nei negozi, ma rapine da strada, aggressioni brutali e violente.

E c'è scappato il morto.
 
E bravo Martina

Roma L'ultimo «segnale di vita» è stato inviato martedì scorso.
Sulla Gazzetta uffici0ale è stato pubblicato il decreto del ministero delle Politiche agricole
che definisce i criteri di ripartizione tra le Regioni del Fondo per le mense scolastiche biologiche.


Si tratta di un provvedimento che attua le previsioni della «manovrina» dell'anno scorso
che aveva stanziato 4 milioni di euro per il 2017 e 30 milioni per il triennio 2018-2020
per le scuole che adottano mense con certificazione biologica.

La parola «certificazione» fa già comprendere come per ottenere il riconoscimento
serva adeguarsi a precise norme utilizzando materie prime di origine biologica (farina, uova, succhi di frutta, ecc.).

Burocrazia anche nel miglioramento di un servizio pubblico tra «marchi oro» e «marchi argento»
a secondo della percentuale di bio impiegata, ma tant'è.
Il vero problema è che in questi circa due mesi di stallo parlamentare s'è fermata anche l'attività
dei singoli dicasteri del governo Gentiloni e il decreto sulle mense biologiche è una delle poche mosse effettuate.

Questo stop potrebbe creare ripercussioni negative sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese,
giacché la politica e la sua produzione legislativa occupa uno spazio molto ampio nelle nostre esistenze.

Ad esempio, nulla si sa dei 60 milioni di euro stanziati dalla legge di Bilancio per la riduzione del superticket.

Sono una goccia nel mare e sarebbero serviti per sperimentare sulle fasce di reddito più basse
l'abolizione dei ticket sulla diagnostica e sulla specialistica.

Ma nulla s'è fatto e quelle tasse continuano a essere pagate da tutti.

Idem per il «Jobs Act degli autonomi», la legge che introduceva e ampliava le garanzie,
come maternità e assistenza sanitaria, per le professioni free-lance. I quattro decreti legislativi sono tutti bloccati.

S'è fermato pure il bonus da 250 milioni per la «formazione 4.0» nelle imprese istituito dalla legge di Bilancio 2018.
Il meccanismo era un po' bizantino in quanto prevedeva che aziende e sindacati si mettessero d'accordo
sulle modalità e sull'oggetto dell'aggiornamento professionale dei dipendenti, ma ciò non toglie che si potesse avviare la sperimentazione.

Potrebbe legittimamente sorgere il sospetto che lo stallo sia legato al carattere elettorale di queste norme
e che, una volta sconfitto il Pd nelle urne, sia anche venuta meno la volontà di adempiere alle promesse.

Palazzo Chigi e Via XX Settembre si sono tuttavia arenati anche su norme di fondamentale importanza.

Domani scade il termine per varare il decreto che taglia del 35% le slot e i videoterminali senza penalizzare troppo il gettito.
Evidentemente quelle entrate sono irrinunciabili per la Ragioneria.

Al tempo stesso, si trova all'Anac il decreto che istituisce il fondo per i rimborsi dei crac delle Popolari
(25 milioni all'anno per quattro anni), rimasto al palo.

Occorre dire che talvolta l'inerzia giova ai contribuenti.
È rimasto lettera morta il decreto che istituiva la web tax sui colossi di Internet come Facebook, Google e Amazon.

Si aspetta l'Ue e comunque il Fondo monetario ha bocciato il progetto italiano.
 
Ne indovinassero una. Non è difficile da fare. Impossibile per loro.
Al "servizio giardini" potrei andare io......taglio molto ma molto meglio ahahahah...dando forma.

Un'opera floreale, realizzata dal Servizio Giardini del Comune di Roma,
è apparsa ieri di fronte all'Altare della Patria, proprio dove a Natale era stato posto il discusso albero

Pinuccia Montanari, assessore all'ambiente di Roma Capitale, l'ha presentata con tutta l'enfasi del caso:

"È la lupa capitolina con la sua straordinaria forza evocativa, - ha detto -
realizzata questa mattina con minuziosa cura dal nostro Servizio Giardini, utilizzando piante di ligustro.
La siepe è circondata da un tappeto di fiori di kalanchoe gialli e rossi che rendono ancora più suggestiva l'installazione.
Uno spettacolo tutto da fotografare".

In realtà la pianta pare abbia già suscitato alcune critiche e non poche ironie da parte del mondo del web (guarda le foto).

"È tutta storta in avanti. A guardarla bene sembra un’orsa. E uno dei due lattanti è appena abbozzato"
osserva un cittadino e, in effetti, le forme tondeggianti, alimentano i dubbi.

"Ce ne vole de fantasia pe' dì che è na lupa" scrive un altro utente.

Stefano Pedica, ex deputato ed esponente romano del Pd, attacca:
"Raggi-pollice nero non ne azzecca una. Non bastava l'albero di Natale più brutto e spennacchiato del mondo,
a piazza Venezia ora arriva la siepe a forma di Lupa capitolina che però sembra un orso.
Dopo la figuraccia planetaria di Spelacchio la sindaca vuole superare se stessa con Spelacchia orsolupo?".

"Possibile che la Roma grillina debba sempre essere ridicolizzata in tutto il mondo? - aggiunge Pedica -.
Montanari, nel presentare in pompa magna la nuova siepe, non si è accorta che ricorda più un orso polare che una lupa?
Cara Virginia e cara Pinuccia, così proprio non va".
 
GOSSIP nella fogna

Un nuovo caso agita e non poco il Grande Fratello.

Ad agitare le acque all'interno della casa sono alcune dichiarazioni di Alberto
che avrebbe rivelato ad Aida di essere stato picchiato da Luigi Favoloso all'interno della casa.

L'aggressione a quanto pare si sarebbe consumata qualche giorno fa dopo le 2 di notte:

"Mi ha preso a calci e schiaffi", avrebbe detto Alberto.

Di fatto sempre venerdì scorso sia Aida che Alberto sarebbero stati accerchiati in piscina
e sarebbero stati "vessati" dagli altri concorrenti. A rivelarlo sarebbe stato Simone Coccia.

Dunque all'episodio che riguarda la dura discussione tra Aida e Baye adesso si aggiunge la presunta rissa tra Luigi e Alberto.

Intanto l'atteggiamento dello stesso Favoloso turba e non poco Nina Moric

"Non è colpa della ragazza, io sto condannando il suo comportamento.
Non buttate sempre le donne in mezzo. Lei non c'entra nulla, è stato lui.
Dove è finita la solidarietà femminile se questi uomini non riescono a trattenere il testosterone.
Lei non c'entra nulla".

Poi la condanna per le parole contro Aida Nizar: "Una scena disgustosa. Buonanotte".

Ma questa volta il messaggio apparso su Instagram va oltre usa l'espressione "andar via":

"Sapere quando andar via è saggezza. Essere in grado di farlo è coraggio. Andare via, a testa alta, è dignità".

Un messaggio che ai fan è apparso fin troppo chiaro.
È finita dunque la storia d'amore?

Qualcuno le scrive tra i commenti un consiglio: "Nina mollalo quel cafone, meriti di meglio!".
 
C'era una giovane quercia nel South Lawn della Casa Bianca,
piantata dai presidenti Donald Trump ed Emmanuel Macron
insieme alle rispettive signore durante la visita ufficiale dell'inquilino dell'Eliseo a Washington.


Un albero segno delle buone relazioni tra i due Paesi, regalato da Macron e che secondo la stampa è però già sparito.

Dove doveva esserci la quercia ora c'è soltanto un cerchio di prato un po' ingiallito,
sostiene la Reuters, che ha pubblicato una serie di fotografie che dimostrano come il giovane albero sia sparito.

La Casa Bianca ha deciso però di non commentare in merito e non manca
chi fin dal primo momento aveva fatto notare come la quercia sembrasse non troppo in salute.

Dunque rimane il piccolo giallo
 

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