La realtà è più scarna e cruda della tua originale interpretazione. Il mercato dei bonds Greci è di fatto illiquido e sconta un default con recovery del 30%. Sul 2012 si scommette una fische in più come è normale che sia. Nulla di più.Grecia 20 Marzo 2012 mancano circa 3 mesi e mezzo, prezzo 42.
Considerazioni nello scenario attuale se non escono altre sorprese:
Il book lo muovono le banche e non i piccoli, le quali hanno fatto il conto che dopo il PSI tutti i titoli valgono circa 25 max 30( 15 liquidi + 25/30% valore del trentennale sul 35 rimanente in obbligazioni), quindi vendono adeguandosi verso 25/30 sapendo che recupereranno con altre vie ( aiuti europei).
Allora perchè le Marzo 2012 non quotano verso 25 come sta succedendo per le piu lunghe? Non credo sia la forza dei piccoli che le tiene meno basse. Ciò fa pensare che la grecia non la sacrificano.
Il prezzo a 42, comunque basso, ma tuttavia non a 25 o 30 è dovuto al fatto che qualcuno sa già che almeno nel breve si tirerà certo a campare con ricatti e salvataggi a piccole dosi ma però senza default stile argentina, quindi se devo rischiare meglio togliersi il dente subito e aspettare un tempo breve per sapere di che morte morire ( o forse gioire).
Il rischio secondo me è che i titoli lunghi dopo lo swap diventino illiquidi e la mafia bancaria li tolga dal MOT e si deve andare per vendere su OTC dove regna l'anarchia e la prepotenza degli squali che fanno svendere .
A meno che uno non si accontenta delle cedole senza tradare.
Credo che i prezzi attuali siano davvero il fondo, chi vende sotto quei prezzi è solo per azione da panico indotto.
Anche alle banche e mani forti varie non conviene vendere sotto quei prezzi minori dell'esito dello swap e se vanno ancora più basse è per 2 motivi, o perchè attirano pesci, o perchè qualche fondo ritardatario sta vendendo gli ultimi costretto dal regolamento.
Detto cio puo succedere di tutto, anche che convengono le lunghe perchè se fanno lo swap obbligatorio a tutti (piccoli mortali inclusi) si ha più quantità nominale, ma il fattore tempo è da non trascurare.
Penso che non faranno default, l'avrebbero già fatto da tempo,i crucchi spaventano un pò per mettere in riga i popoli mediterranei e forse fanno anche bene secondo me, ma almeno nei primi 2 anni non credo al default, e lo swap a tutti lo sarebbe con conseguenze devastanti di fiducia su altri paesi e povertà in aumento che nemmeno la Germania vorrebbe se vuole esportare ancora.
Citi: "immerso" in remissione fino a ... 2015 rimarranno in Grecia
"Recessione profonda e prolungata" entro il 2015, un ulteriore deterioramento 'selective default' e maggiori possibilità di lasciare l'euro "cerca" per la Grecia, Citi, in una relazione del 28 NOVEMBRE 2011.
Come già detto, la situazione politica in Grecia è stabilizzata dalla formazione del governo di transizione sotto Lucas Papademos, dovrebbe portare il Paese alle elezioni nel mese di febbraio e promosso da allora, con il consenso bipartisan, le misure di austerità necessarie per il paese per garantire la la nuova tranche della Troika.
Tuttavia, i commenti che Citi, ha mantenuto una forte incertezza politica in Grecia, e ritiene che le probabilità di uscire il paese dell'euro è rimasta alta. Inoltre, esprimendo l'opinione che le nuove misure di austerità (compresi PSI con il taglio del 50%) si rivelerà insufficiente per ripristinare la sostenibilità fiscale della Grecia.
"Siamo convinti che le riforme strutturali proposte è improbabile che generare significativi benefici economici a breve termine", dicono gli analisti di Citi caratteristiche. "Come risultato, ci aspettiamo che la Grecia soffre di recessione profonda e prolungata nel 2012 e 2013 e rimarrà in recessione fino al 2015", aggiungono.
Internazionale dell'ambiente
Mentre l'economia globale, Citi dice che il 2012 sarà un anno di rallentamento della crescita e grandi deviazioni. In effetti, trasferirsi in un altro revisione al ribasso (per il sesto mese consecutivo) la sua stima per la crescita dell'economia globale. Quindi aspettatevi una crescita globale a un tasso del 2,5% nel 2012 (contro il 3% della previsione precedente), rispetto al +4,2% nel 2010 e +3,0% nel 2011. Si tratta, come commentato da Citi, la più ripida revisioni al ribasso che ha dovuto trasferirsi qui 12 anni (fatta eccezione per il periodo 2001 / inizio 2002 e del 2008 / inizio 2009). Per il 2013 si aspettano una lieve accelerazione della crescita globale al 3,1%.
In termini di tasso base della Banca centrale europea, Citi si aspetta una riduzione del 0,5% nel 2012, e ridurre i tassi overnight a zero. Ritiene inoltre che la Gran Bretagna rischia di espandersi "aggressivamente" misure di allentamento quantitativo, mentre si aspetta generalmente un lungo periodo di estremamente bassi tassi di interesse nominali (e tassi reali negativi) nei paesi industrializzati. Le stime di Citi, il primo aumento dei tassi di interesse degli Stati Uniti dovrebbe essere previsto nel 2014, in Gran Bretagna nel 2015 e della zona euro nel 2016 .... Infatti, il vero PIL dell'area dell'euro, Citi ritiene che non raggiungerà livelli pre-crisi nel primo trimestre del 2008 fino al 2016.
Cina, in tutto questo rimane in orbita che lo permetterà nei prossimi 10 anni per sostituire gli Stati Uniti come più grande economia del mondo (in termini di PIL nominale).
'Barrage' downgrade
Intanto, gli analisti di Citi prevedono un deterioramento "sbarramento" del rating di credito dello Stato, sia all'interno che all'esterno della zona euro, dal quale non sfuggirà Stati Uniti o in Francia o in altri paesi al momento mantenere il più alto rating del credito 'AAA' .
Più in particolare, nei prossimi 2-3 trimestri, si aspettano rating downgrade per Austria, Belgio, Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna.
A lungo termine, nel corso dei prossimi 2-3 anni, si aspettano downgrade nuovo negli Stati Uniti, Giappone, Spagna e Italia.
La tabella seguente, impresso Citi previsioni sull'evoluzione dei rating del credito rispetto a quelli che sono ora dando la Standard & Poor e Moody.
����:www.capital.gr
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La tabella, incolonnata meglio, la potete vedere cliccando su capital.gr
Tra l'altro, se non vado errato, storicamente, di crisi "annunciate" ce ne sono state davvero poche.
Se si discute, si litiga, si spreadda, vuol dire che almeno del problema ne sono a conoscenza.
Grecia, “default più pesante del previsto E il piano franco-tedesco è disastroso” | Mauro Meggiolaro e Matteo Cavallito | Il Fatto Quotidiano
Grecia, “default più pesante del previsto
E il piano franco-tedesco è disastroso” Parla Nicholas Economides, docente della Leonard Stern School of Business di New York, già consulente del governo di Atene: "Tutti sapevano che il programma imposto al Paese nel maggio del 2010 non avrebbe funzionato. Lo sapeva l’Unione europea, lo sapevano il Fmi e la Bce, lo sapeva l'esecutivo. E sulla proposta di Merkel-Sarkozy di imporre restrizioni finanziarie dice "è terribile"Nicholas Economides, docente della Leonard Stern School of Business di New York, e consulente della US Federal Trade Commission “Lo sapevano tutti che il programma imposto alla Grecia nel maggio del 2010 non avrebbe funzionato. Lo sapeva l’Unione europea, lo sapevano il Fmi e la Bce, lo sapeva il governo greco”. Nelle parole di Nicholas Economides, docente della Leonard Stern School of Business di New York, e consulente della US Federal Trade Commission (dopo esserlo stato anche dei governi di Grecia, Irlanda, Portogallo e Nuova Zelanda), c’è tutta la consapevolezza di chi, per il suo Paese d’origine, le disgrazie le aveva viste arrivare con netto anticipo. Ma anche, aggiungeremmo noi, la chiara percezione di una delle più evidenti realtà della crisi dell’euro. La salvezza dell’Europa, sembrano ripetere ossessivamente Angela Merkel e Nicholas Sarkozy, passa dalla sopravvivenza dell’Italia, non certo – questo non viene detto ma è implicito – dall’ormai impossibile recupero della Grecia. Insomma, l’Europa potrà anche essere salvata ma per la Grecia il futuro resta nero.
Atene affonda, e questo è noto da tempo. Ma il naufragio, è notizia di questi giorni, sarà più disastroso del previsto. L’indiscrezione l’ha lanciata in settimana la Reuters. Il governo greco continua a trattare con i creditori il taglio del valore delle obbligazioni sovrane. Solo che, a quanto pare, sul tavolo dei negoziati non c’è più il famoso 50% ipotizzato a luglio, bensì un più pesante 75%. In pratica è come se Atene chiedesse ai suoi investitori, le banche elleniche in primis, di accettare una svalutazione che abbassasse il prezzo dei titoli a un quarto del loro valore originale. Un colpo micidiale per il già martoriato sistema bancario europeo.
Eppure, nonostante tutto, quel -75% rischia davvero di essere la reale soglia di sostenibilità nella ristrutturazione debitoria del Paese. Interpellato da Ilfattoquotidiano.it, Economides conferma la logica dei numeri. “Per rendere il debito sostenibile – spiega – serve un haircut più profondo, pari al 75% o più. Voglio ricordare che lo stesso capo economista di Citibank (Willem Buiter, ndr) ha parlato di un taglio pari all’85% del valore dei titoli. Ed è meglio che questo avvenga tutto in una volta, invece che a rate imponendo il 50% oggi e un taglio ulteriore in seguito”. Difficile calcolare con precisione l’ammontare delle perdite del nuovo concambio. In estate si calcolava che un taglio del 50% avrebbe imposto una svalutazione di 1,4 miliardi di euro per il sistema bancario francese, il più esposto tra gli stranieri, e di ben 9 miliardi per le stesse banche private elleniche. L’Italia se la sarebbe cavata con una perdita di 207 milioni. Di fronte alle ultime richieste, sostiene la Reuters, le banche coinvolte sarebbero disposte per il momento a cedere fino al 60% del controvalore dei bond di Atene.
Oggi la Grecia vive il suo primo sciopero generale di 24 ore della nuova era Papademos, segno che l’austerity continua ad alimentare il malcontento oltre che a massacrare un’economia che non riesce ad uscire dalla recessione. Il bond greco a un anno rendeva ad agosto oltre il 40%, un tasso già di per sé mostruoso. In questi giorni, riferisce Bloomberg, il suo rendimento è balzato al 317%. Il presente, insomma, significa soprattutto bancarotta. Ma i problemi più evidenti dovrebbero manifestarsi in seguito.
“La proposta franco-tedesca di imporre restrizioni finanziarie (e conseguenti sanzioni, ndr), che alcuni membri dell’eurozona accetteranno e altri no, è fondamentalmente disastrosa – sostiene Economides – . Alcuni Paesi, come Grecia, Portogallo, Italia, Belgio e Irlanda, non saranno in grado di raggiungere i parametri imposti prima di alcuni anni. Altri, invece, non accetteranno di consegnare la gestione dei propri bilanci a Bruxelles e a Berlino”. L’idea, insomma, è che il piano possa funzionare solo per i Paesi che ne hanno meno bisogno, dalla Germania alla Francia, dall’Olanda alla Finlandia. Gli altri, al contrario, “avrebbero ogni incentivo per riprendere a stampare le proprie valute nazionali il prima possibile”, abbandonando l’euro “in modo disordinato” e scatenando “una crisi più lunga e grave rispetto a quella del 2008”. Scenari tremendi, ma per fortuna, aggiungiamo noi, ancora improbabili. Sempre che, è ovvio, i futuri piani di stabilità sappiano tenere adeguatamente conto delle reali possibilità di ciascuno. E questa, ovviamente, non sarà certo un’impresa da poco.