IL FUTURO DIPENDE DA CIO' CHE FAI OGGI

OK. Posso essere d'accordo. Non dimentico di aver visto l'indice a 12000

Però le vendite allo scoperto, quelle si DOVEVANO bloccare.

vieti lo short quando il mercato ha fatto -10%? ormai chi ha shortato si è ricoperto alla grande, dovevi vietarlo 10 giorni fa...
 
don Rodrigo.

Nonostante il carattere velleitario del suo piglio malavitoso
(l'innominato gli sta talmente tante spanne sopra da farlo apparire niente più che un /parvenu/,
un bulletto capriccioso e arricchito come tanti - purtroppo - ne ho conosciuti),
sono sempre stato convinto che fosse davvero innamorato di Lucia.

Dopo la prima boutade con il cugino Attilio, che riempiendo le reticenze manzoniane oggi declineremmo così:
"Scommettiamo che entro l'11 novembre me la faccio?", forse anche a causa del fatto che quella contadinotta l'ha respinto,
con quella sua modestia guerriera, i neri e lunghi sopraccigli di Lucia non gli sono rimasti indifferenti,
e quegli "occhioni", come donna Prassede ben li individua, gli hanno scavato dentro qualcosa di ben più profondo di una questione d'onore.
Un fremito del cuore più che una /pruderie /nelle pudenda.

E poi nei romanzi i cattivi sono spesso più interessanti dei buoni, ecco, anche se non sempre fanno una bella fine.

La fine di don Rodrigo inizia al cap. XXXIII: è a Milano, in fuga più che dai Lanzichenecchi e dalla peste,
dallo scorno di non essere riuscito a far sua Lucia, e dalla tristezza.
Che crede di affogare nel vino e volando fior da fiore con un po' di donnine prezzolate,
pronte a soccorrere con le loro grazie i gentiluomini ben forniti. Di denari, intendo.

Rientrava da una di quelle serate di stravizi quando lo colse un malessere, tipico di chi si era impegnato a fondo
tanto nei piaceri di Bacco che in quelli di Venere. E il suo fido, il Griso, vedendolo così spossato ed emaciato,
si teneva discosto, giacché la peste imperversava a Milano, e non faceva distinzione tra buoni e cattivi, tra poveri e ricchi.

E /"in quelle circostanze, ogni mascalzone aveva dovuto acquistar, come si dice, l'occhio medico.

- Sto bene, ve', - disse don Rodrigo, che lesse nel fare del Griso il pensiero che gli passava per la mente. -
Sto benone; ma ho bevuto, ho bevuto forse un po' troppo [...]. - Scherzi della vernaccia, - disse il Griso, tenendosi sempre alla larga.
- Ma vada a letto subito, ché il dormire le farà bene."/
E poi, non riuscendo a prendere sonno, don Rodrigo lo chiama di nuovo: "/- Griso, tu sei sempre stato il mio fido./
- /Sì, signore./
- /T'ho sempre fatto del bene./
- /Per sua bontà./
- /Di te mi posso fidare...!/
- /Diavolo!/
- /Sto male, Griso./
- /Me n'ero accorto./
- /Se guarisco, ti farò del bene ancor più di quello che te n'ho fatto per il passato./
/Il Griso non rispose nulla, e stette aspettando dove andassero a parare questi preamboli./
- /Non voglio fidarmi d'altri che di te, - riprese don Rodrigo: - fammi un piacere, Griso./
- /Comandi, - disse questo, rispondendo con la formola solita a quell'insolita."/

E gli chiede di andare a chiamare il Chiodo chirurgo, medico, ma senza farsi scoprire dalle autorità
, perché nessuno sospettasse che quel piccolo malessere passeggero potesse nemmeno lontanamente essere collegato alla peste.
Perché i ricchi non si ammalano. E se si ammalano non è colpa loro. E chiede "per piacere" a Griso, lui, abituato a comandare, chiede un favore.

Mi aggiro tossicchiando per il paesello dopo che ieri ho compiuto un'escursione un po' impegnativa in alta montagna con le ciaspole,
alle pendici del Catinaccio fin sotto le torri del Vajolet. C'era un bel sole, e la tentazione di togliersi la giacca da alpinismo
e stare in maglietta era troppo forte. Ho fatto una bella sudata, *ho preso freddo, nulla di più.
*Eppure mi sento come don Rodrigo: guardato a vista, schivato, tenuto a distanza.
E mi accorgo di avere sulla punta della lingua questa scusa pateticae non richiesta: /*sto bene, ve'*/.
E di aver riscoperto anche io le formule di cortesie, come quel don Rodrigo che chiede *"per piacere"*.

Tra le molte cose che ancora dovremo imparare in questo frangente, sarebbe bello se diventasse virale anche questa cosa.

In attesa che ognuno guarisca dai suoi mali, e dai suoi fantasmi, si chiamino Corona o Lucia.
 
Il 2 ottobre 2019 l'indice stava a 21300

l'8 marzo 2020 a 20800

Il 25500 del 19 febbraio ti sembrava reale od era pompato per i polli ?
 
:cin: chiediamo l'annessione alla Svizzera ?

L'epidemia da coronavirus, adesso, si osserva anche alle frontiere.

Poco fa, dall'Austria, è arrivato l'annuncio del cancelliere, Sebastian Kurz, che,
a seguito del diffondersi del Covid-19 in Italia, ha annunciato il divieto di entrare nel Paese
"se non per motivi urgenti o per rimpatri".
 
E l'Austria non è la sola a prendere delle precauzioni perché vicina al nostro Paese.

Dopo la decisione di ieri, da parte di sette compagnie aeree che operano presso l'aeroporto internazionale di Malta,
di annullare per precauzione 278 voli, principalmente da e per l'Italia, oggi il Paese ha ufficializzato la decisione.

La Valletta, infatti, per la diffusione del nuovo coronavirus ha scelto di sospendere i collegamenti passeggeri con il nostro Paese,
sia aerei sia navali, con effetto immediato.

Inoltre, il servizio di catamarano per la Sicilia sarà utilizzato soltanto per il trasporto merci e di medicinali.

Malta, che dipende fortemente dalle importazioni dall'Italia, in particolare da quelle alimentari,
ha scelto di contenere al massimo l'eventuale ulteriore esposizione al Covid-19.
 
Domanda.

Ma i barconi delle ong che fine hanno fatto?

Più nessuno che fugge dalle guerre, dalle carestie, mah ?
 
Noi siamo sempre avanti....due metri avanti......

Caro Presidente,
il DPCM emanato ieri dal Governo estende a tutta la nazione le misure che il DPCM di domenica 8 marzo
aveva limitato alla Lombardia e a 14 province italiane. Resta il fatto – e i numeri sono lì a dimostrarlo –
che il moltiplicatore quotidiano dei contagi, dei ricoveri in ospedale, dei ricoveri in terapia intensiva
e, purtroppo, dei decessi continua ad assegnare alla nostra regione un primato assoluto dell’emergenza sanitaria
che non ha uguali, ad oggi, nel resto delle regioni italiane.

La situazione dei presidi sanitari, quale ci viene rappresentata anche dai lavoratori e lavoratrici della sanità nostri associati,
è di fatto al collasso e agli stessi operatori sono richieste prestazioni orarie e carichi di lavoro già insostenibili.
Non vogliamo neanche pensare quale scenario si aprirebbe nelle prossime ore se la frequenza dei contagi
e dei ricoveri dovesse proseguire con il trend degli ultimi giorni o, peggio, incrementarsi ulteriormente.

A noi pare di tutta evidenza che le misure sin qui messe in campo non sono, purtroppo, sufficienti;
se milioni di persone continuano a doversi muovere nei nostri territori per andare a lavorare,
se viaggiano a stretta vicinanza sui mezzi pubblici, se lavorano fianco a fianco nelle fabbriche,
negli uffici, nelle aziende di servizi, ecc., le probabilità di contagio restano altissime.

Inoltre non si può tacere il crescente stato di confusione che stanno generando le differenti scelte organizzative e operative
che le singole aziende e amministrazioni pubbliche stanno mettendo in campo, nella ricerca, per approssimazione,
di far fronte alle tante, diverse e complesse situazioni che si presentano.

Anche alla luce di questo appaiono davvero incomprensibili le resistenze e le difficoltà che alcune parti datoriali
stanno opponendo alla possibilità di sottoscrivere il prima possibile l’accordo quadro sugli ammortizzatori sociali.

E’ con questa consapevolezza che chiediamo alla Regione una profonda ma urgente valutazione sulla necessità e l’urgenza
di procedere al fermo di ogni attività economica, imprenditoriale, produttiva, di servizio che non sia giudicata essenziale
e per la sua natura non sospendibile.
 
"E' il tempo della fermezza. Ho incontrato i sindaci dei capoluoghi lombardi e il presidente di Anci Lombardia,
chiedono tutti la stessa cosa: chiudere tutto adesso (tranne i servizi essenziali) per ripartire il prima possibile.
Le mezze misure, l'abbiamo visto in queste settimane, non servono a contenere questa emergenza".
 
“Dobbiamo guadagnare tempo per evitare i picchi di contagio con il collasso del sistema ospedaliero”.

Ce lo hanno ripetuto i medici da tempo, hanno provato a convincerci le Istituzioni con i decreti
ed il richiamo al senso di responsabilità, ma sembra non sia servito a nulla.

Anzi, anche sulle nostre montagne abbiamo assistito a scene che possiamo solo giudicare,
astenendoci da espressioni scurrili (che pur meglio renderebbero l’idea), irresponsabili.

Il divieto di aggregazione è stato recepito come solo un obbligo cittadino,
e così nei nostri rifugi abbiamo assistito alle discussioni di chi voleva essere servito al banco,
o chi, spazientito dal dover attendere il proprio turno fuori dalla struttura,
tentava di forzare l’ingresso obbligando il gestore a mettere una persona di guardia all’ingresso!



Nel nostro piccolo abbiamo raccolto la proposta, e la volontà di mandare un segnale forte, di responsabilità,
della nostra rifugista del Rifugio Lecco ai Piani di Bobbio.

“Vorremmo chiudere per due settimane, ci dispiace per i nostri clienti affezionati,
ma la gente non capisce il senso delle limitazioni; proviamo a dare un piccolo segnale
che faccia capire la non normalità di quello che sta succedendo”.

Siamo certamente d’accordo con Eugenia e la sua famiglia
e così con Nicola ed Emanuela della Stoppani, giustamente preoccupati anche come neogenitori.


Quindi i rifugi del CAI Lecco, Stoppani e Lecco, sono chiusi da oggi per due settimane, salvo restrizioni ulteriori imposte dalle Autorità.

La sezione lecchese ha altresì deciso di stornare i ratei di affitto per il periodo di chiusura forzata,
invitando eventualmente, nella massima libertà, a donare parte dei ratei
al Fondo attivato dalla Fondazione Comunitaria Lecchese a supporto dei reparti ospedalieri attualmente al limite della propria operatività.


Siamo convinti che i veri appassionati di montagna, sapranno sopportare questo piccolo sacrificio.

Alla fine, quando tutto sarà finito ci troveremo tutti insieme nei nostri rifugi con l’orgoglio di aver dato il proprio, seppur piccolo, contributo.
 

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