IL FUTURO DIPENDE DA CIO' CHE FAI OGGI

OK. Posso essere d'accordo. Non dimentico di aver visto l'indice a 12000

Però le vendite allo scoperto, quelle si DOVEVANO bloccare.
 
Vi giro il consiglio di una biologa che conosco. Non costa nulla.

"bevi bevande bollenti e quando arrivi a casa fai una doccia calda sparandoti
acqua molto calda nella zona del collo".

Dice che il virus è sensibile alle alte temperature.
 
Egregio Presidente del Consiglio,

il susseguirsi delle notizie relative alle crescenti proteste e i disordini che si stanno verificando
nelle carceri italiane in queste ore, richiedono provvedimenti esemplari nei confronti dei detenuti
che si stanno rendendo protagonisti di tali azioni penalmente rilevanti e che mettono a repentaglio
la sicurezza del sistema penitenziario, retta da un equilibrio instabile retaggio di decenni
di sottovalutazione delle emergenze e delle criticità esistenti nelle carceri italiane.


Tagli sconsiderati alle risorse strumentali e strutturali, tagli senza alcun senso logico alle piante organiche del personale
con una carenza che sfiora le 8000 unità (dato che è stato anche certificato da un’apposita commissione istituita presso il DAP),
introduzione di modelli custodiali che cozzano con l’inadeguatezza delle strutture per lo più antiquate
o costruite in modo non idoneo a garantire la funzionalità con un modello “aperto”,
che ci è stato imposto dai burocrati dell’Europa con le sentenze bizzarre della corte europea
per cui le “celle detentive” si sono dovute trasformare in “camere di pernottamento”.


Alla luce di quanto di grave sta accadendo contandosi feriti, morti ed evasioni di massa,
si devono predisporre provvedimenti straordinari e immediati per evitare altre conseguente ben maggiori.

L’USPP è pronta ad un confronto serrato con codesto Presidente del Consiglio sulle misure urgenti da adottare,
considerando chiusa la stagione del dialogo con l’attuale interlocutore politico, il Ministro Alfonso Bonafede
a cui abbiamo chiesto di affrontare le tematiche più cogenti senza risposte da oltre un anno
e,
altrettanto esaurita la pazienza con cui abbiamo interloquito con il vertice amministrativo
del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini che,
pur in un apparente sforzo di condivisione dei problemi segnalati, non ha mai inquadrato correttamente
gli obiettivi da raggiungere per la stabilizzazione del sistema penitenziario.


Una situazione certamente ereditata dal vertice della giustizia ma che non ha sortito alcun cambio di passo,
sicché quanto accaduto e accadrà è colpevolmente attribuibile all’assenza di concrete iniziative
pur richieste non solo dall’USPP ma congiuntamente dalla maggioranza delle OO.SS. rappresentative della categoria.

Poiché al momento non appare possibile altra strada se non quella di un avvicendamento al vertice
sia politico che amministrativo del dicastero della Giustizia,
nel chiedere provvedimenti a riguardo,
si ritiene di proporre i seguenti urgentissimi provvedimenti esecutivi per dare senso ad una misura straordinaria
come quella della sospensione dei colloqui tra detenuti e familiari che, ad avviso di questa Federazione,
doveva essere introdotta con gradualità ed accortezza e non veicolata attraverso la stampa come accaduto,
lasciando il personale di Polizia Penitenziaria in balia della furia che ha determinato una scelta così impopolare, seppur giusta e necessaria.

Egregio Presidente, la presente lettera aperta ha il prioritario scopo di esigere

PROVVEDIMENTI A TUTELA DEGLI APPARTENENTI AL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA
E DEGLI ALTRI OPERATORI CHE LAVORANO NELLE CARCERI DELLA REPUBBLICA



In tale ottica si ritiene irrinunciabile chiedere:



1. Il ripristino immediato della vigilanza statica in tutte le sezioni detentive;

2. Il ripristino del regime c.d. “chiuso” con apertura delle celle solo dei detenuti che devono espletare attività lavorativa, visite mediche, attività trattamentali programmate e limitatamente ad estremi casi di necessità;

3. Il ripristino del controllo dei muri di cinta anche temporaneamente con l’impiego delle forze armate, in attesa di rimpinguare immediatamente il personale e riportarlo ai numeri necessari per consentire un corretto svolgimento delle proprie funzioni istituzionali;

4. la dotazione di strumenti di controllo e prevenzione di eventi critici e di dissuasori elettrici e autorizzazione all’uso di manette all’interno delle sezioni detentive;

5. l’anticipazione della fine dei corsi di formazione in atto degli allievi agenti allo scopo di far pervenire nelle carceri nuove forze pronte per essere impiegate;

6. lo scorrimento completo di tutte le graduatorie dei precedenti concorsi ancora non esaurite per arruolare almeno 3000 unità tra le fila degli agenti di polizia penitenziaria entro l’anno in corso;

7. l’estensione delle udienze in videoconferenza a tutti i detenuti a prescindere dalla tipologia di reato ascrittogli limitando le traduzioni alle udienze;

8. la limitazione di tutte le visite sanitarie specialistiche ai soli casi di comprovata urgenza.

Questi provvedimenti si ritengono minimali rispetto alla necessità di un “piano speciale” per le carceri
con risorse straordinarie e con la direzione affidata ad una catena di comando che sia adeguatamente preparata
per affrontare oltre all’emergenza coronavirus, le varie emergenze che da quanto si può vedere sono ben più gravi
e inquietanti perché non gestibili con le risorse umane e materiali a disposizione.

Del resto è di tutta evidenza che l’improvvida notizia di una limitazione di una serie di diritti
che pure sono stati concessi amplificandoli nel tempo a dismisura nei confronti dei detenuti,
poteva e doveva essere data in modo graduale e diverso, rendendo partecipi gli interessati
del grave momento che si sta attraversando, ma è certamente questa stata il pretesto
per avanzare richieste che purtroppo vedono anche la strumentalizzazione politica di gruppi
che mirano ad ottenere un altro indulto o un’amnistia
che sarebbe un altro colpo di spugna alla giustizia,
non risolvendo assolutamente l’emergenza sovraffollamento, ne tanto meno l’emergenza sanitaria in atto.

In attesa di un urgente riscontro, ribadendosi la nostra volontà di prestare il massimo contributo
per la ricerca delle migliori soluzioni ai problemi emergenti, esprimiamo la nostra vicinanza a tutto il personale
attualmente impiegato in attività di contenimento del disastro che detenuti facinorosi stanno attuando scientificamente,
nella speranza di non dover registrare anche conseguenze irreparabili per l’incolumità del personale rappresentato
e più in generale di tutti gli operatori del mondo penitenziario.
 
Eccolo qui il nazionalista sionista radical chic.
Bravo dai l'esempio. Portane un paio a casa tua.

Mentre l’Italia soffre l’ora più lunga, le carceri decidono di ribellarsi.
Qualcosa che andrebbe condannato.
Qualcosa che, anche per rispetto delle forze dell’ordine,
andrebbe respinto al mittente senza se e senza ma.

È in questo marasma che arriva un tweet di Gad Lerner.

"Pietà per i detenuti", scrive. "E rispetto per la loro sofferenza. Sì, anche la loro vale la nostra,
per quanto abbiano sbagliato. Perché la dignità umana è una e una sola.
Oggi più di ieri il grado di civiltà del Paese si misura dalle sue carceri".

Gli istituti di pena restano comunque presidiati dalle forze di polizia.
Forze, che lo ricordiamo, fanno il loro lavoro in silenzio.
In condizioni precarie e sottopagati.
A loro, sì, va la nostra solidarietà.
Vigilanti silenziosi in un Paese sottosopra.
 
La débacle di certa filosofia italiana, e non solo italiana, troppo prona ai dettami culturali della sinistra
e poco ad un pensiero autonomo e nella misura del possibile avalutativo.

Mi riferisco a un vecchio libro di Roberto Esposito, uno dei pensatori italiani che va per la maggiore:
un po’ per virtù intrinseca, un po’ per l’appoggio incondizionato e ben coltivato del gruppo “L’Espresso”.

Il titolo – eravamo nel 2001 e le Twin Towers stavano lì lì per essere abbattute – era Immunitas.

Protezione e negazione della vita, e già solo a pronunciarlo in questi giorni uno pensa a mascherine,
amuchina, quarantene: in una parola al Coronavirus.


Ancora più sorprendenti sono poi le tesi espresse nel libro, paradossali sempre col senno di poi.

Certo, uno per giungere al centro teorico del volume deve fare non pochi sforzi,
superando l’ostacolo di riferimenti specialistici e di un linguaggio ostico o comunque tecnico.
Ma noi che siamo del mestiere, lo sforzo lo facemmo a suo tempo, e lo abbiamo rifatto ora.

La tesi di Esposito era suppergiù questa: la politica vuole immunizzarci dal contatto con l’altro,
vuole evitare il “contagio” col diverso, e perciò utilizza tutta una serie di controlli sulle nostre vite (biopolitica)
per “disciplinarci” ed evitarci il rapporto con l’altro e con le mille diversità di cui si è portatori.
Di esse non dobbiamo aver paura e anzi dobbiamo sforzarci di integrarle in una sorta di meticciato.

In effetti, Esposito non si rendeva conto allora, e forse non se ne rende conto oggi,
che in Occidente il “dispositivo” trionfante, per dirla col suo linguaggio, non è stato negli ultimi tempi,
almeno fino a ieri, quello della chiusura, e dell’immunizzazione, bensì l’altro dell’apertura senza criterio a tutti,
regimi e visioni del mondo illiberali compresi. E che, se immunizzazione c’era,
era quella messa in atto dagli intellettuali mainstream verso i rappresentanti (pochi)
del “pensiero difforme” e la maggioranza (tanta) della gente comune e di buon senso.

Sarebbe ora di invertire la rotta.

Urge ora invertire la ruota.

Riprendere il filo spezzato della grande cultura classica è ciò che veramente
ci potrà immunizzare, e darci risorse di senso, se ne saremo capaci.
 
ospedale-forlanini-2.jpg
 
In questo momento di emergenza la Regione Lazio deva avere il coraggio di invertire la tendenza.

Finora la sinistra ha chiuso gli ospedali, ora li riapra.

Nulla quaestio sulla scelta di trasformare il presidio Columbus in Covid Hospital regionale,
ma la proposta forte e prioritaria deve essere quella del Forlanini.
Grande errore chiuderlo e questa dovrebbe essere la grande opportunità di riaprirlo
come un centro di eccellenza per le malattie infettive”.

“Ricordo che il Forlanini nasce anche dal punto di vista strutturale come nosocomio per le malattie infettive, la tubercolosi.

Inoltre è vicinissimo allo Spallanzani che anche dal punto di vista logistico sarebbe molto importante.

Infine il San Camillo che è praticamente attaccato potrebbe fornire tutte le eventuali specializzazioni necessarie”.

Ricordiamo che il San Camillo-Forlanini-Spallanzani fu voluto e realizzato dal fascismo
e che allora era la più grande struttura ospedaliera d’Europa.

Vide la luce nel 1934. Allora si chiamava Istituto Benito Mussolini, e il San Camillo ospedale del Littorio.

”Riaprire temporaneamente i nosocomi chiusi del Lazio,
all’interno dei quali potrebbero essere attrezzate delle postazioni sub intensive,
senza andare a intasare gli Ospedali aperti già impegnati per le attività sanitarie ordinarie.
I reparti chiusi e non deteriorati negli anni possono essere ancora utilizzabili per ricavare posti letto
da adibire alla gestione dell’emergenza Coronavirus.
Parliamo di strutture che fino a qualche anno fa erano una eccellenza e che probabilmente con poche risorse
si potrebbero riadattare senza procurare problemi agli altri aperti con tutto ciò che ne consegue
relativamente anche alla gestione della quarantena”.
 
”Si utilizzino i padiglioni dell’ospedale Forlanini, in prossimità dello Spallanzani e del San Camillo,
per l’emergenza coronavirus e la terapia intensiva.
La chiusura definitiva del nosocomio, la più importante struttura italiana per la cura delle malattie respiratorie, è avvenuta nel 2015,
il che dimostra ancora una volta quanto sia stata miope la gestione sanitaria di questi anni di Nicola Zingaretti
e quanto ci sia bisogno oggi di più eccellenze per affrontare le emergenze.
Non bisogna mai abbassare la guardia: sì agli investimenti sulle specificità e sulla ricerca."
 
”L’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di infetti da Coronavirus e la Regione Lazio
ha preventivato, in caso di emergenza, appena 590 posti letto in terapia intensiva
a fronte di un totale di quasi sei milioni di abitanti laziali.
Un rapporto di un letto ogni diecimila abitanti che preoccupa non poco i cittadini.
Per questo, chiediamo al presidente Zingaretti di valutare la possibilità di riabilitare
i padiglioni dell’Ospedale Forlanini nelle vicinanze dello Spallanzani.
Un appello al buonsenso di chi nel 2015 ha deciso di chiudere questa struttura
e che oggi potrebbe tornare utile per far fronte ad una eventuale emergenza sul nostro territorio”.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto