il ritorno di razzi...........dammi la 500 euro amico caro fatti una banca centrale tua

aprile 18, 2016 Lascia un commento

Alesandro Lattanzio, 18/4/2016

commissione-trilaterale.jpg
Il Rome plenary meeting 2016 (programma) della Commissione Trilaterale, organizzazione fondata nel 1973 da David Rockfeller, che si svolgeva a Roma dal 15 al 17 aprile, presso l’albergo Cavalieri Waldorf Astoria di Monte Mario, vedeva tra i 200 partecipanti l’ex-AD di Luxottica Andrea Guerra, il deputato del PD e commissario alla ‘spending review’ del governo Renzi Yoram Gutgeld, la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni Silverj, la presidentessa della RAI Monica Maggioni, l’ex-viceministro degli Esteri e vicepresidente dell’ENI Lapo Pistelli, Lia Quartapelle e Vincenzo Amendola del PD, l’ex-rettore della Bocconi Carlo Secchi (presidente del gruppo italiano), l’AD di Fincantieri Giuseppe Bono, l’ex-AD di Banca Intesa Enrico Cucchiani, il presidente della FCA John Elkann, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, l’AD di Pirelli Spa Marco Tronchetti Provera, il presidente di Unicredit Giuseppe Vita, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, ex-ministro della Difesa del governo Monti, la direttrice di Aspenia Marta Dassù ed Enrico Letta, oltre alle guest star straniere David Rockfeller, Jean Claude Trichet (presidente della Trilaterale), Madeleine K. Albright, Michael Bloomberg e Susan E. Rice.
Gli argomenti affrontati dalla Commissione Trilaterale a Roma, erano i seguenti:
Shaping the Future of Italy in Europe
Where is the European Project Heading?
Allocuzione al Quirinale con il Presidente della Repubblica Mattarella
The Middle East in Turmoil
Where is Russia Heading?
The North Korean Nuclear & Missile Threats
Where is China Heading?
The United States Presidential Elections
International Migration & Refugee Flows
Coping with Digital Disruption
Conclusioni del presidente della Trilaterale
maria-elena-boschi-parla-alla-trilateral-commission-787094.jpg
Maria Elena Boschi, parlando in inglese davanti la platea cosmopolita, senza l’intermediazione di traduttori, affermava che “Il referendum (‘sulle trivelle’) non cambierà per nulla la politica energetica italiana, che andrà avanti indipendentemente dal risultato, avendo un effetto minimo sulla nostra legislazione, toccandone solo un piccolo aspetto. Forse potrebbe avere un risultato sull’approccio politico. Il governo è impegnato nella ricerca di energie alternative, impieghiamo molte risorse”. L’economista indiano Nand Kishore Singh chiedeva a Boschi della riforma della Costituzione e del relativo referendum. “Ecco quel referendum avrà un impatto più profondo sulla nostra politica energetica, perché ora dobbiamo dividere le decisioni con venti regioni, con venti legislazioni, ma dopo la riforma avremo una strategia e una legislazione per tutta l’Italia. Così, sono certa, avremo anche più peso in Europa”. E la Costituzione? “Non penso che il numero di senatori possa avere un impatto su pesi e contrappesi della Costituzione. Penso che pesi e contrappesi siano garantiti dalla separazione dei poteri, dall’indipendenza della magistratura e dalle regole della Corte costituzionale. Anche il presidente della Repubblica è un garante, per esempio può rifiutare di firmare una legge approvata dal Parlamento se non rispetta la nostra Costituzione”.
l1591.jpg
tri-laterals-new-5.jpg
David Rockefeller voleva includere il Giappone nelle discussioni sulla cooperazione internazionale. Alla conferenza del Bilderberg in Belgio, nel 1972, Rockefeller ne discusse con il professore di Studi Russi della Columbia University Zbigniew Brzezinski, vicino al comitato direttivo del Bilderberg. Nel luglio 1972 si ebbe la prima riunione operativa volta a costituire la Commissione, a cui parteciparono l’economista Fred Bergsten, il politologo della Brookings Institution Henry Owen, il presidente della Ford Foundation Mc George Bundy, il parlamentare tedesco Karl Carstens, il politico francese René Foch, l’ambasciatore ed ex-commissario della CEE Guido Colonna di Paliano, il politologo dell’Università del Sussex François Duchène, il direttore dell’Istituto di Studi Europei della CEE Max Kohnstamm, il deputato ed ex-ministro degli Esteri giapponese Kiichi Miyazawa, il professore di relazioni Internazionali Kinhide Mushakoji, il presidente dell’Overseas Economic Cooperation Fund Saburo Okita e il presidente del Japan Center for International Exchange Tadashi Yamamoto. Quindi un think tank che riunisce esponenti delle élite politico-economiche di Stati Uniti, Canada, Europa Occidentale e Giappone. La Trilaterale tenne la prima riunione ufficiale del comitato esecutivo a Tokyo, nell’ottobre 1973. La Commissione Trilaterale viene finanziata dal Rockefeller Brothers Fund ed è profondamente legata al CFR. La Commissione aiuta i governi a raggiungere “accordi costruttivi” con altri governi, promuovendo una più stretta cooperazione tra Europa, Asia e Nord America. Nel 1974 pubblicò “La crisi della democrazia” invocando una democrazia “moderata”. Della Commissione Trilaterale fecero parte David Rockefeller, George HW Bush, Bill Clinton, Zbigniew Brzezinski, Jean-Claude Trichet, Henry Kissinger e Jimmy Carter. Nell’assemblea plenaria del 10-12 aprile 2000, la Trilaterale decise di includere nel gruppo nordamericano il Messico e di trasformare il gruppo giapponese nel gruppo Asia-Pacifico comprendendovi Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda ed esponenti da Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore e Thailandia. Ultimamente il think tank si concentra su nuovi equilibri mondiali, ridefinizione degli organismi internazionali, nuovi attori della politica internazionale e sviluppo sostenibile.
trilateral-commission-members-680x365.jpg



Riferimenti
Dagospia
Dire
Illuminati Rex
Trilaterale
 
posted by Antonio Maria Rinaldi
LA MERKEL PRONTA AL PIANO B PER USCIRE DALL’EURO! (di A.M.Rinaldi)



Mentre la classe dirigente politica italiana continua ad invocare a senso unico il “più Europa”, la Germania della Merkel sta seriamente mettendo a punto un Piano B per uscire dall’attuale euro. La notizia è trapelata da uno dei consiglieri economici più influenti ed ascoltati dal presidente Hollande, Gael Giraud, il quale ha candidamente ammesso di essere a conoscenza che si sta delineando un Piano B che consentirebbe ai paesi del Nord Europa di creare una nuova moneta.

Nella pratica la Germania, insieme ai suoi satelliti Austria e Olanda, sta mettendo a punto una sorta di supereuro, ovvero di un euromarco, per svincolarsi dagli eventuali oneri che si genererebbero da un prossimo probabile fallimento della moneta unica.

La stessa Merkel, il cui gradimento fra il suo elettorato ultimamente ha subito un sensibile arretramento non per altro per la fallimentare gestione dell’emergenza migranti, ha fondati timori che in caso di crisi di sostenibilità dell’euro i cittadini tedeschi non tollererebbero nessun tipo di sostegno a proprie spese verso altri paesi europei in difficoltà.

A questo punto entrerebbe in azione un Piano B per sganciare la Germania dal resto dei paesi eurodotati con l’adozione di una moneta propria che gli consentirebbe non solo di perseguire la politica economica a lei congeniale imperniata sulla stabilità dei prezzi e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio, ma soprattutto di non partecipare più a salvataggi e aiuti che trasferirebbero dalla propria alle altrui economie ingentissime risorse non più tollerate e “digerite” dalla popolazione.

Insomma la Germania cinica calcolatrice disponibile ad essere portabandiera dell’euro finché questo gli ha consentito vantaggi e a scappare subito per prima non appena le circostanze non gli sono più favorevoli.

Inoltre se la Germania e i paesi che gli andranno dietro faranno la mossa per primi, avranno l’enorme vantaggio di dettare le regole del nuovo equilibro di forze che si determineranno in Europa, mentre chi rimarrà con l’euro “zoppo” ne subirà passivamente le conseguenze.

Sarebbe pertanto quanto mai opportuno di predisporre un “contro Piano B” da parte dei paesi esclusi dal programma tedesco, con in testa la Francia, l’Italia e la Spagna, per cogliere invece un’ottima opportunità e non essere colti all’improvviso dall’uscita della Germania. In fondo i soli tre paesi citati possono contrapporre sia una popolazione che un PIL nettamente superiori di quelli che si creerebbero dall’aggregazione voluta dalla Merkel e questo consentirebbe la nascita di un “euro-latino” basato su una politica economica molto più vicina alle esigenze dell’economia reale rispetto a quello a cui siamo stati ormai abituati a sopportare da più di sedici anni. Insomma se ben gestito il contro-piano dei “paesi latini” potrebbe rivelarsi vincente nella sfida contro la scelta tedesca di creare un nuovo ordine monetario.

Naturalmente i problemi tecnici correlati ad una vera e propria scissione dell’euro sono notevoli, ad iniziare dalla BCE e dal sistema Target 2, ma tutto è risolvibile in funzione del principio del “danno minore”, cioè di fronte al disastro finanziario completo si cercano di fare scelte con i minori effetti collaterali possibili.

Naturalmente, in tutto questo scenario, l’unico raglio che si sente nella Penisola è sempre e solamente: “Subito gli Stati Uniti d’Europa”!

Antonio M. Rinaldi
 
lungo termine, secondo questo modello nel 2015 si è chiuso la fase rialzista, ed ora teoricamente ci aspetterebbero 3 anni di ribasso, minimo tra il 2017 e 2019, (gamba rossa ribassista)!
upload_2016-4-11_14-53-48-png.371686

Dimensioni reali 978 x 640 - Clicca sull'immagine per ingrandire

non si può vedere la luce
 
Deutsche Bank accusa il cartello dell’oro


aprile 19, 2016 Lascia un commento

F. William Engdahl, New Eastern Outlook, 19/04/2016

mi-br366_gensle_p_20120924153104.jpg

Gary Gensler

Deutsche Bank, una volta rispettata banca della Germania, ha ammesso di far parte del grande cartello di Wall Street ed altre banche internazionali che ha deliberatamente manipolano il prezzo dell’oro da anni. Inoltre, la banca tedesca, in una transazione giudiziaria con parti in causa presso un tribunale degli Stati Uniti, ha accettato di nominare le altre grandi banche coinvolte nel crimine. Dato che tale dramma si svolgerà nelle prossime settimane e mesi, il mondo potrebbe vedere il prezzo dell’oro salire a nuove altezze, riflettendone la vera domanda sul mercato globale, che è enorme.
La prima volta che mi sono imbattuto nella prove che Wall Street e certe altre grandi banche internazionali, in collaborazione con la Federal Reserve, deliberatamente sopprimevano il prezzo dell’oro mondiale, fu dopo il crollo del mercato azionario globale dell’ottobre 1987. Quando il Dow Jones perse il 23% in un solo giorno. John Crudele, giornalista finanziario eccezionalmente persistente del New York Post e John Williams del Shadow Government Statistics ed economista eccezionale, mi informarono delle relazioni sulla manipolazione dell’oro. La ragione della correzione, che l’allora capo della FED Alan Greenspan avrebbe orchestrato, era evitare una fuga precipitosa degli investitori in preda al panico da titoli ed obbligazioni rischiosi all’oro. L’oro approfittava del cumularsi del panico, comportando la rapida fine del sistema del dollaro. Si attivarono quindi per evitare l’aumento dell’oro. Ora, il 15 aprile, in un caso tentato dalla corte distrettuale di New York, la Deutsche Bank ha scritto alla Corte di essersi accordata col gruppo di commercianti che la citava in giudizio. Questo accordo è una bomba. Deutsche Bank darà anche le prove per aiutare i commercianti in cause simili contro altre grandi banche accusate di far parte del cartello che decide i prezzi di oro e argento. La banca tedesca ha dichiarato alla Corte che passerà messaggi istantanei ed altre comunicazioni per aiutarla ulteriormente nel caso: “Oltre agli onerosi titoli monetari da versare in un fondo di risarcimento, l’accordo prevede anche altri obblighi come disposizioni che richiedono la cooperazione della Deutsche Bank nel perseguire rivendicazioni contro altri imputati”, hanno scritto alla Corte gli avvocati della banca. I commercianti in causa con Deutsche Bank e altri sostengono che le banche hanno abusato della loro posizione per controllare il prezzo di argento e oro quotidianamente, traendo un profitto illegittimo dalla negoziazione, colpendo gli altri investitori nel mercato dell’argento, in riferimento a transazioni per miliardi di dollari. In particolare, la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l’agenzia governativa degli Stati Uniti che avrebbe dal Congresso il mandato per regolamentare tali banche e la negoziazione sui loro derivati, avviò proprie indagini nel 2008. Dopo cinque anni di “indagini” sulle accuse di aggiotaggio sui mercati dell’argento, nel 2013 la CFTC fece cadere il caso. Il presidente della CFTC era Gary Gensler, ex-partner di Goldman Sachs, probabilmente solo una coincidenza. Oggi Gensler è responsabile del finanziamento della campagna presidenziale di Hillary Clinton. Oh oh oh…

A chi gli dei vorrebbero distruggere…
Il sottotitolo in inglese del mio ultimo libro, L’egemone perduto, è tratto dall’espressione classica greca “a chi gli dei vogliono distruggere, prima tolgono il senno”. Vale certamente per la manciata di privilegiate banche di Wall Street e UE ritenute “troppo grandi per fallire”. Le stesse banche folli implicate nelle manipolazioni del mercato dell’oro e dell’argento furono denunciate per la manipolazione dei tassi d’interesse internazionali di Londra, i LIBOR, così come di valute specifiche. Solo pochi giorni prima della bomba della Deutsche Bank, Wells Fargo e Goldman Sachs ammettevano di aver frodato il governo degli Stati Uniti per quasi un decennio; una frode che portava al crollo del mercato immobiliare. L’esecutore del piano di salvataggio degli amici di Wall Street del segretario al Tesoro degli USA in tale tsunami era l’ex-presidente della Goldman Sachs Henry Paulsen. In breve alcune delle più grandi banche del mondo vengono denunciate quali imprese criminali.

La falla nella diga
Il prezzo quotidiano dell’oro a Londra è “fissato” in una sala speciale presso la Barclays Bank, sotto gli auspici dei membri della London Bullion Market Association. Le banche che decidono il prezzo del metallo prezioso sono Bank of Nova Scotia-ScotiaMocatta, Barclays Bank, Deutsche Bank AG London, HSBC Bank USA NA London Branch e la francese Société Générale. Oltre a Deutsche Bank, le banche attualmente citate in giudizio a New York quali parti del cartello includono HSBC Holdings Plc, Bank of Nova Scotia e il gigante svizzero UBS. L’elenco si amplierà e possiamo essere sicuri che anche JP MorganChase, Goldman Sachs e altre banche privilegiate di Wall Street sono già obiettivo di centinaia di azioni legali collettive in preparazione. Un giorno, dopo la drammatica notizia della Deutsche Bank, due azioni legali collettive per 1 miliardo di dollari di danni agli investitori canadesi su oro e argento, furono lanciate presso la Corte Superiore di Giustizia dell’Ontario. La prima class action sostiene che gli imputati, tra cui la Banca of Nova Scotia, hanno cospirato per manipolare i prezzi sul mercato dell’argento con il pretesto del processo di decisione del prezzo di riferimento, noto come Silver Fixing di Londra, per almeno quindici anni. Il caso è “a nome di tutte le persone che in Canada, tra il 1° gennaio 1999 e il 14 agosto 2014, ebbero transazioni con strumenti del mercato dell’argento, direttamente o indirettamente, tra gli investitori partecipanti a un fondo di investimenti o di equità, fondo comune d’investimento, hedge fund, fondo pensione o qualsiasi altro veicolo d’investimento scambiato quale strumento del mercato d’argento”. Una class action identica fu lanciata per la manipolazione dell’oro. Ora che la diga della decisione dei prezzi è rotta e la Deutsche Bank ha in effetti deciso di prendersela con i compari banchieri che decidevano i prezzi truccati delle materie prime, è certo che infinite discussioni tra operatori e investitori danneggiati e i loro avvocati si tradurranno in un flusso di costosi contenziosi che soffocheranno le banche di Wall Street e City di Londra e collusi continentali. È interessante notare che ciò dovrebbe sbloccare il mercato dell’oro mondiale, proprio mentre la Cina, ovviamente, alimenta i giochi di Wall Street sul prezzo dell’oro, creando il mercato dell’oro di Shanghai destinato a sostituire quelli di Londra e New York con regole del tutto diverse. Questo potrebbe essere l’alba di una nuova età dell’oro, letteralmente e figurativamente.

henry-paulsen.jpg

Henry Paulsen

F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica alla Princeton University ed autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Share this:, USA, Washington Consensus, Washington DC, yuan
 
posted by admin
Così il super QE di Draghi invece di aiutare le pmi italiane sussidia le multinazionali americane. (di Marcello Bussi)

La vera sorpresa è arrivata dalle modalità del piano di acquisti dei corporate bond, che partirà a giugno e coinvolgerà, ha sottolineato ieri il presidente della Bce, Mario Draghi, anche le obbligazioni emesse da compagnie assicurative. Sarà acquistabile un’amplissima fascia di bond e la Bce potrà comprare fino al 70% di ogni singola emissione.

Ovviamente le obbligazioni dovranno essere denominate in euro e basterà che siano giudicate investment grade da una sola delle grandi agenzie di rating (mentre le altre potrebbero anche considerarle titoli spazzatura). La Bce potrà per esempio acquistare il bond Telecom Italia 2033 cedola 7,75%, emissione da 1 miliardo di euro. Il titolo è infatti provvisto di un rating (BBB-) assegnato da Fitch, dunque a livello di investment grade, nonostante Standard & Poor’s e Moody’s abbiano assegnato al titolo un merito di credito da junk bond, rispettivamente Ba1 e BB+. La cosa più sorprendente è che l’emittente dovrà essere una società con sede nell’Eurozona ma potranno essere acquistati bond anche di società incorporate nell’area euro ma con capogruppo al di fuori dei confini del Vecchio Continente.

Quasi il 30% del mercato dei corporate bond della zona euro con rating investment grade riguarda emittenti statunitensi. L’anno scorso tra le principali dieci emissioni in euro ben quattro sono state di società Usa (la più consistente un bond da 8,5 miliardi targato Coca-Cola, poi uno GE da 3,15 miliardi e un’emissione da 3 miliardi targata Berkshire di Warren Buffett). «Questo significa che in teoria ci sarà un Qe anche per gli Usa», ha osservato Carsten Brzeski, capo economista di Ing. Secondo Marc Ostwald, strategist di Adm Investor Services, la mossa dovrebbe incoraggiare le società estere ad aumentare le loro emissioni, ma «sa anche di disperazione; è come chiedere in ginocchio di vendere più debiti in euro affinché la Bce li possa comprare».

Per ora non si capisce a quanto ammonteranno gli acquisti di corporate bond; Citigroup ha stimato che saranno fra 3 e 5 miliardi al mese, Société Générale tra 5 e 10 miliardi. Qualcuno ha ricordato che quando la Banca d’Inghilterra lanciò nel 2009 un analogo Qe, precisò che le società estere dovevano avere «un autentico business» nel Regno Unito. Questa clausola è assente nel Qe della Bce. Quindi in teoria è sufficiente che una società di qualsiasi parte del mondo, dall’India alla Svizzera, dall’Arabia Saudita a Israele, abbia un indirizzo in qualsiasi parte della zona euro, magari ad Amsterdam, in Lussemburgo o a Malta, affinché i suoi bond emessi in euro possano essere comprati dalla Bce. Gli acquisti, che avverranno sia sul mercato primario che su quello secondario, verranno decisi e attuati dalle sei banche centrali nazionali dell’Eurosistema, ovvero Bundesbank, Bankitalia, Banca di Francia e gli istituti centrali di Belgio, Spagna e Finlandia. Il tutto sotto il coordinamento della Bce. Si possono già immaginare le polemiche: la piccola impresa di rubinetteria del Lago d’Orta è costretta a chiudere perché la banca italiana non la finanzia più, mentre la Bce compra i bond emessi da una start-up thailandese (hi-tech, per carità) dotata di casella postale a Malta
 


  1. Pillole di macroeconomia for dummies, ovvero, come distruggere la propaganda eurista in 8 punti



    1) Il debito pubblico italiano nasce (e poi cresce e pasce) dal 1981, anno del divorzio tra min. del Tesoro e Bankitalia voluto da andreatta e accettato da c. a. ciampi, con la supervisione di spadolini e la firma d’avallo di pertini sandro, l’allora presidente della Repubblica. All’epoca il rapporto debito/PIL era pari al 58%. Da quel giorno è cresciuto al ritmo del 5,35% annuo, sino ad arrivare al 135% attuale. Da quel giorno l’Italia ha pagato in soli INTERESSI 3000 miliardi di euro attualizzati, ovvero, 91 miliardi l’anno. Un interesse costante del 5% ogni 14 anni raddoppia il proprio montante. L’economia italiana avrebbe dovuto crescere del 5.5% l’anno SOLO per impattare gli interessi. Per chi non lo sapesse: prima del divorzio, il min. del Tesoro e la Banca d’Italia concordavano il tasso di INTERESSE con cui vendere i titoli di stato: essi erano SEMPRE inferiori alla INFLAZIONE reale. Se le aste andavano parzialmente (o del tutto) deserte la BdI comprava tutto il pacchetto e, inoltre, accreditava gli interessi stessi al Tesoro. In pratica, la creazione di moneta avveniva PRIVA del peccato originale: il DEBITO usuraio.

    2) Oggi l’Italia ha rating Standard&Poors di BBB, ad un passo da “junk” (spazzatura), nel 1998 il nostro rating era AA. Il Giappone ha rating S&P AAA, nonostante il rapporto Debito/PIL è al 235%, i loro titoli decennali pagano lo 0,70% di interessi. Lo Yen si è svalutato del 30% negli ultimi 6 mesi e sono alla ricerca disperata di una INFLAZIONE maggiore del 2%. Giorno 15/01/2014, il Giappone ha emesso un bond (i nostri BTP) a 30 anni con rendimento lordo del 1,655%. Alcuni mesi fa, gli stessi BTP a 30 anni emessi dall’Italia hanno “elargito” un rendimento del 4,9%. La differenza abissale di rendimento fa capire UNIVOCAMENTE circa il rischio che si assume chi acquista i nostri BTP. In 30 anni la differenza diventa del 97,35% in più rispetto ai bond giapponesi. Un decurtamento del 30% che accuserebbero gli investitori stranieri derivante da un ritorno alla Lira, sarebbe comunque AMPIAMENTE ripagato dalla differenza di rendimento, non solo verso i titoli giapponesi ma anche verso i bond USA, tedeschi, francesi, inglesi, australiani, canadesi, norvegesi, svizzeri e di TUTTI quei Paesi che godono almeno di rating A+. Chi si preoccupa di questo o è stolto o è in malafede. Se facessimo un paragone con una scommessa calcistica in un match Barcellona VS Atalanta, avremmo: la vittoria del Barcellona a 1,10 il pareggio a 5 e la sconfitta a 50 … quale evento immaginate si possa verificare più facilmente e a rigor di logica? Giocando ognuno si assume i propri RISCHI.

    3) La Corea del sud, nel 1997 svalutò la propria moneta del 120%: in meno di 2 mesi il WON coreano passò da 800 a 1800 per ogni singolo dollaro USA. Dal 2000 ad oggi il Won coreano ha perso il 60% del suo valore. E loro che fanno? Crescono al ritmo del 3/5% l’anno. Sono i TERZI esportatori netti al mondo. L’inflazione coreana è stabilmente intorno al 3% da moltissimi anni. Sembra che i loro politici abbiano preso a modello l’Italia del boom economico, quella stessa Italia che nel 1992 svalutò la Lira del 30% e che nel 1993 ebbe inflazione calante dell’1% (da 5,5% a 4,5%): se la gente non guadagna non spende e l’inflazione scende, a prescindere da quanto tu svaluti la moneta.

    4) Lex-monetae. E’ quella legge grazie alla quale TUTTI i debiti che NON sono espressi sotto giurisdizione anglosassone possono essere tramutati in una nuova moneta. Ad esempio, se quando avevamo la Lira avessimo voluto un’altra valuta per eliminare gli zeri in eccesso, e l’avessimo chiamata “sesterzo”, TUTTO il debito (sia nazionale che estero) sarebbe stato ridenominato in “sesterzi” per DECRETO-LEGGE. A tutt’oggi, i possessori ESTERI di debito pubblico italiano detengono il 32% del totale, ovvero € 670 miliardi ca. il debito TOTALE (privato e pubblico) denominato sotto legislazione inglese (devi ripagarlo nella stessa valuta che ti è stata prestata) ammonta al 10/12% del totale aggregato, pari a $300/350 miliardi ca. anche i mutui verranno riconvertiti, alle stesse condizioni, in nuova valuta. A meno che non siate stati così avventati ad averlo sottoscritto in sterline o dollari. TUTTO il debito sarà ripagato in nuove Lire (tranne quello assunto sotto giurisdizione inglese che sarà regolato come accordi e come legge vuole), senza dare DEFAULT (significa fallimento), neanche parziale. Gli investitori esteri non potranno fare altro che adeguarsi poiché il rischio che si sono assunti al momento della stipula era OTTIMAMENTE ripagato dai LAUTISSIMI INTERESSI.

    5) Le materie prime, l’energia e il petrolio che l’Italia è costretta a comprare all’estero sono da sempre ripagati con le valute forti (dollari, marco, franchi, yen, sterline ecc.) provenienti dal nostro export e dal turismo. Dal giugno 2012 al giugno 2013 la bilancia commerciale italiana ha avuto un SURPLUS (differenza positiva tra export-import) di circa 30 miliardi di dollari. L’Italia risulta essere il QUINTO esportatore netto al mondo, dopo Cina, Germania, Corea del sud e Giappone. (Il Brasile, sesto, è a + 10 miliardi di surplus, ben lontano da noi). E’ doveroso capire come una Nazione importa da un’altra e come la paga. La camera di commercio con l’estero è nata all’uopo. Non tutti sanno che una Nazione per comperare merce dall’estero deve prima acquistare la moneta di quello Stato in cui quel tale prodotto viene realizzato. Se vuoi comprare una Toyota nuova, ti rechi presso il concessionario, ti scegli il modello, il colore ecc, lo paghi (non importa come) e ti porti via l’auto. Pensi che sia finita qui? NOSSIGNORE, da qui comincia, e questo esempio vale per ogni singolo prodotto che importiamo/esportiamo. Lo Stato italiano, tramite la camera di commercio estera compera gli Yen necessari per pagare l’auto da me acquistata e pagata, in euro oggi e in Lire sino a prima della moneta unica europea. Lo stesso fanno i giapponesi quando acquistano una Ferrari o un abito di Armani o un etto di parmigiano. Questo è ciò che accade miliardi di volte al giorno per le transazioni estere. Tanto più vendi prodotti all’estero e/o attrai turisti stranieri in Patria e tanto più sarà richiesta la tua moneta: il valore della tua valuta sale. Prima legge dell’economia: molta richiesta fa alzare il prezzo del prodotto. Che esso sia un’auto, un abito, un etto di parmigiano … o moneta. Altro esempio: come sappiamo le merci più richieste al mondo, tra cui spicca il petrolio, vengono contrattate in dollari USA. Per una fornitura di petrolio dal Qatar, lo Stato italiano prima deve acquistare dollari USA e poi pagherà il giusto prezzo al Qatar. Il Qatar aumenterà le sue scorte di dollari USA per il controvalore incamerato dalla vendita di quel petrolio e userà quei dollari per comperare ad es. frumento dall’Ucraina o carbone dalla Cina; se i dollari non dovessero bastare sarà costretto anche il Qatar a comperare dollari. (questo è il vero potere degli USA). E’ abbastanza chiaro il concetto? Un SURPLUS di bilancia commerciale è SEMPRE in valuta pregiata. Il prezzo di un litro di super, all’industria, costa 55 centesimi, il resto per arrivare a 1,7 euro sono TASSE che un quasi-Stato che non può più EMETTERE moneta è COSTRETTO ad AUMENTARE COSTANTEMENTE. Uno Stato che NON può emettere moneta NON può fare politica monetaria, ergo NON può fare politica economica, ergo Non può fare politica industriale, ergo NON può fare politica del lavoro. Uno Stato che NON bette più moneta può ESCLUSIVAMENTE TAGLIARE le SPESE.

    6) L’Italia, non avendo materie prime, dai tempi di Marco Polo, Le importa, le trasforma in loco e poi le rivende a 20 volte tanto, lasciando gran parte dei margini nella filiera italiana (in salari, tasse, dividenti ecc). Questo lo si faceva molto meglio con una valuta debole piuttosto che con una forte (Giappone e Corea del sud sono lì a farcelo capire l’ennesima volta). L’interesse franco-tedesco di realizzare la moneta unica e di costringere l’Italia a farne parte scaturiva dalla paura di avere un concorrente così temibile, padrone della propria politica monetaria che veniva usata per il bene della collettività. L’Italia, nel 1985 era la QUINTA economia del mondo, ora fatichiamo enormemente a rimanere nei primi 10 posti. Nonostante la bil commerciale continua ad essere ampiamente positiva. Ovvero, oggi in euro, come domani in Lire, continueremmo a pagare le bollette energetiche con la valuta pregiata derivante dalla bilancia commerciale: della moneta forte NON ce ne può fregare di meno. Anzi, più svaluti la moneta nazionale e più aumenterà l’export (legge di Marshall-Lerner: ad ogni punto % di svalutazione monetaria corrisponde un incremento dell’export pari a +1,7%) e più attirerai turisti con valuta pregiata, invogliati a visitare l’unicità italiana, e/o a comperare prodotti italiani, con sconti come ci fossero i saldi tutto l’anno. Nello stesso tempo, ragionando all’inverso, minori saranno le tue importazioni di prodotti realizzati dove il tuo cambio è penalizzato.

    7) A quali italiani fa comodo l’euro? Alle multinazionali, alla grande industria, che approfitta della deregulation per abbassare i salari e le pretese sindacali dei dipendenti, alle industrie che hanno delocalizzato, al sistema bancario e a tutti coloro che spaventa il rischio-cambio. Compreso gli idioti che vogliono fare viaggi a eurodisney senza dover cambiare moneta.

    8) Negli ultimi 35 anni siamo stati governati da una banda di criminali che ha pensato alle proprie carriere ed interessi privati. Siamo stati traditi! Traditi e svenduti al nemico. 9) Se ho dimenticato qualcosa di importante aggiungete pure. Rimanendo in UE ed euro, anche se in un sol COLPO avessimo la MIGLIORE classe politica di sempre, in 10 anni avremo il DESERTO INDUSTRIALE e sociale. La Grecia è lì a ricordarcelo.

    Roberto Nardella
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto