Inferno Fallujah

......

....i "compagni che sbagliavano" continuano a sbagliare;
non usano +leP38 ma le parole e i forum.Ma è finita.Baffone non è venuto,il muro è caduto..vi resta l'odio di classe ..un pò poco per vivere sereni

....i "compagni che sbagliavano" continuano a sbagliare;
non usano +leP38 ma le parole e i forum.Ma è finita.Baffone non è venuto,il muro è caduto..vi resta l'odio di classe ..un pò poco per vivere sereni


....i "compagni che sbagliavano" continuano a sbagliare;
non usano +leP38 ma le parole e i forum.Ma è finita.Baffone non è venuto,il muro è caduto..vi resta l'odio di classe ..un pò poco per vivere sereni
 
Re: ......

E intanto una bambina di 5 mesi si chiederà perchè CERTI COGLI.ONI hanno mandato suo padre a morire....

....inutilmente....

...in una missione di pace!!!


Complimenti ai BALILLA!
 
se qualcuno trova quello che dicono le fonti dell'esercito americano postasse , io ho trovato quasi nulla

COSE STRANE SUCCEDONO A FALLUJA

Occultano tracce di armi chimiche
DI DAHR JAMAIL

“I militari stanno facendo cose strane a Falluja”, mi disse uno dei miei contatti appena tornato in città. Si era recato a Falluja per vedere in che stato era la sua casa ed era ritornato questo pomeriggio a Baghdad. Esigendo che non menzionassimo il suo nome, continuò: “Nel centro del quartiere Julan stanno sventrando case intere bombardate e contemporaneamente lasciano la maggior parte delle altre tali e quali. Perché lo fanno?”
Secondo quanto mi riferì, i militari avevano fatto la stessa cosa nei distretti di Nazal, Mualmeen, Jubail e Shuhada'a, cominciando a farlo dopo l’Eid, cioè dopo il 20 novembre.

Mi disse di aver visto i militari utilizzare spianatrici per ammucchiare il terreno in cumuli per poi caricarlo su camion e portarlo via. Questo avvenne nei quartieri di Julan e Jimouriya, naturalmente dove si verificarono i combattimenti più duri durante l’assedio, poiché lì fu più feroce la resistenza.
“Si portarono via per lo meno due chilometri di suolo, esattamente come all'aeroporto di Baghdad dopo le grandi battaglie che vi si svolsero durante l'invasione, quando gli statunitensi utilizzarono le loro armi speciali”.
Mi spiegò che in alcune aree, in cui vennero utilizzate “munizioni speciali”, i militari asportarono 200 metri quadrati di suolo in corrispondenza dei luoghi colpiti da esplosioni.

Pur non avendo visto personalmente, mi riferì che molti dei suoi amici gli avevano inoltre raccontato che i soldati avevano portato camion cisterna pieni d’acqua per lavare a pressione le strade. “Andavano di casa in casa e lì vuotavano le cisterne, come se cercassero di annegare l'evidenza di armi chimiche nell'acqua, ma l’hanno fatto solo in alcune zone, come a Julan e nel souk (mercato)”. Vide far questo dopo il 20 dicembre.

Di nuovo, è un riflesso delle relazioni che mi hanno fatto diversi rifugiati di Falluja. Precisamente lo scorso dicembre, un commerciante di 35 anni di Falluja, Abu Hammad, mi raccontò quanto vide mentre ancora era nella città durante l’assedio.

“Gli aerei da guerra statunitensi arrivavano in continuazione durante la notte e bombardavano tutto a Falluja! Non si fermarono nemmeno un istante! Se le forze statunitensi non trovavano un obiettivo da bombardare, utilizzavano bombe acustiche che producevano un grande fragore, al solo scopo di terrorizzare la gente ed i bambini. La città era spaventata, è impossibile descrivere il panico che tutti provavano”.

"Al mattino vedevo Falluja vuota, come se nessuno ci vivesse. Hanno persino utilizzato gas tossici a Falluja – hanno usato di tutto: carri armati, artiglieria, fanteria, gas tossici. Falluja è stata bombardata fino a raderla al suolo. Non è rimasto nulla”.

Anche ad Amiriyat al-Falluja, una cittadina proprio nelle vicinanze di Falluja, dove molti medici esercitavano da quando non avevano più potuto farlo all'Ospedale Generale di Falluja, raccontano storie simili.

Ahmed (ho cambiato il nome per proteggerlo), un rifugiato appena giunto all'ospedale della cittadina, mi riferì il mese scorso di aver visto militari portare camion cisterna con acqua per lavare a pressione alcune strade di Falluja. “Perché lo fanno? Per abbellire Falluja? No! Stanno occultando le tracce delle orribili armi che utilizzarono nella mia città!”

Anche Abu Sabah, un altro rifugiato di Falluja della zona di Julan, mi disse lo scorso novembre: “Usarono (i militari USA) le loro strane bombe per produrre fumo come una nube a forma di fungo. Piccoli pezzi cadevano poi dall'aria lasciando dietro di sé lunghe scie di fumo”.

Mi spiegò che pezzi di quelle bombe esplodevano producendo grandi fuochi, che bruciavano la pelle della gente anche quando la bagnavano con acqua: è l'effetto delle armi al fosforo, così come del napalm. “La gente soffrì molto per questo, tanto i civili come i combattenti”.

La mia amica Suthir (nome modificato per proteggere la sua identità) partecipò ad uno dei convogli di soccorso della Mezza Luna Rossa, che ricevette l’autorizzazione ad entrare a Falluja a fine novembre.

“Sono sicura che gli statunitensi commisero atti malvagi, ma chi può scoprirli e dirlo” affermò riferendo ciò che vide nella città devastata ”non ci permisero di entrare nell'area di Julan, né in alcun’altra in cui vi erano stati pesanti combattimenti; sono sicura che capitarono cose orribili”.

"Gli statunitensi non ci lasciarono andare nei luoghi nei quali tutti dissero che avevano utilizzato il napalm, aggiunse, “Non lasciarono andare nessuno a Julan e nei luoghi in cui si svolsero i combattimenti più duri”. Il 30 novembre i militari USA impedirono che un convoglio d’aiuti raggiungesse Falluja. Il convoglio era stato inviato dal Ministero della Sanità Iracheno, ma ad un posto di blocco i soldati gli dissero di tornare fra “8 o 9 giorni”.
Il Dr. Ibrahim al-Kubaisi, che era con l’equipe di soccorso, dichiarò a quel tempo ai giornalisti: “Sta succedendo un crimine terribile a Falluja e vogliono che non lo sappia nessuno”.

Visto che i militari mantengono un controllo stretto su chi entra a Falluja, continua ad essere difficile stabilire la verità sulle armi utilizzate. Nel frattempo, la gente che viveva in differenti distretti di Falluja continua a raccontare le stesse storie.

Dahar Jamail
Fonte:http://uruknet.info/?p=8964
Articolo n. 9211 postato il 27-jan-2005
 
IRAQ: PAROLA D'ORDINE, RICOSTRUIRE BASSORA/ANSA
(ANSA) - ROMA, 28 GEN - Dopo il pesante fuoco al quale è
stata sottoposta Bassora lo scorso anno da parte delle forze
armate statunitensi, da diversi mesi è iniziata la
ricostruzione della città meridionale dell'Iraq; ma le cose non
stanno andando esattamente come prevedeva il programma.
Gli Stati Uniti, dopo essere stati in prima linea nel
bombardare, questa volta sono in prima linea per ricostruire la
città che si trova al centro dei giacimenti petroliferi più
importanti del paese e stanno spendendo diversi miliardi di euro
per conquistarsi la benevolenza della popolazione (circa 1,8
milioni di abitanti) e dimostrare al mondo intero che
manterranno le promesse di lasciare un Iraq migliore di quello
che hanno trovato. Ma le cose non vanno affatto bene perché
nonostante i grandi lavori siano partiti da tempo e siano stati
costruiti grandi impianti, la popolazione sta peggio di prima.
La mancanza di acqua, uno dei più grossi problemi della
città, si è trasformata in vera e propria emergenza e resta
ancora una chimera per la maggior parte della popolazione mentre
la corrente elettrica viene erogata per sole quattro ore al
giorno (molto meno che prima della guerra).
Che cosa succede allora? "Il risultato di questi lavori e
dell'arrivo di questi nuovi impianti e di luccicanti macchinari
statunitensi - risponde caustico Ahmad al-Khadimi, preside della
facoltà di ingegneria dell'Università di Bassora - non ha
prodotto risultati. Oggi la maggior parte della popolazione,
apre il rubinetto ma l'acqua non esce".
Eppure gli Stati Uniti hanno investito negli aiuti alla
ricostruzione di tutto l'Iraq 20 miliardi di dollari ma le cose
non girano e le popolazioni, a causa degli intoppi, non ci
credono più. Il caso di Bassora resta emblematico per tutto il
Paese perché nella città ormai abbastanza tranquilla rispetto
a Baghdad i problemi della ricostruzione non trovano alibi.
E allora perché non arriva acqua in casa e le luce non si
accende? Per quanto riguarda l'acqua il problema è grave e
molto complesso. Gli Stati Uniti, attraverso la Bechtel che si
é aggiudicata i lavori, hanno ricostruito la centrale di
pompaggio e depurazione dell'acqua e altre 14 stazioni
periferiche. Sono stati inoltre costruiti 240 chilometri di
condotte e tutto avrebbe fatto pensare al meglio eppure nei
rubinetti di oltre un milione di abitanti l'acqua non sgorga
affatto.
Una delle ragioni principali è data dallo stato delle
vecchie condotte ulteriormente aggravato dai bombardamenti. A
questa situazione vanno aggiunti migliaia di attacchi illegali
ai canali principali che contribuiscono a far disperdere l'acqua
e a non farla arrivare nelle abitazioni. Così la gente è
costretta ad acquistare l'acqua da bere privatamente mentre per
gli altri usi si va attrezzando con piccole pompe private per
prelevarla e portarsela dai canali alle proprie abitazioni.
I programmi, tuttavia, non erano questi. Certo, ammette
Khadimi "effettivamente l'acqua è più pulita di prima grazie
agli impianti di depurazione e il pompaggio è aumentato, ma
troppo poco rispetto alle aspettative". E la stessa cosa
riguarda la corrente elettrica che a causa delle linee antiquate
che disperdono gran parte dell'energia, degli attacchi delle
milizie e dei continui atti di sabotaggio, riesce ad arrivare
nelle abitazioni della città soltanto quattro ore al giorno,
meno, molto meno di quello che avveniva prima della guerra.
Non tutti però vedono nero. Thomas Rhodes, il coordinatore
regionale dell'Iraq del sud per l'Agenzia statunitense per lo
sviluppo internazionale non è affatto d'accordo. "Non credo
che la situazione sia così negativa - ha spiegato - Io credo
che il nostro lavoro si vede tutto e che siamo finalmente
riusciti a dare alla città di Bassora acqua pulita e una grande
capacità di pompaggio così come siamo riusciti a costruire
fogne che portano finalmente gli scarichi lontani dalle
abitazioni e centrali elett
 
..........

ciò che conta
1107210476iraq_elezioni3_418.jpg
 
"A NASSIRIYA HO VISTO LA VOGLIA DI VOTARE"

----da Nassirya
Gli sciiti avevano voglia di votare e hanno votato. L’occasione di conquistare una collocazione dominante nella politica irachena non se la sono lasciata scappare. Washington gliel’ha offerta, costasse quel che costasse, anche per togliere dal fuoco le proprie castagne, ormai bruciacchiate. E il Grande Ajatollah Al Sistani ha fatto la sua parte in questo primo tempo di una partita che si annuncia lunga e complicata. Costasse quel che costasse significa che – come ha scritto efficacemente Thomas Friedman sul New York Times – alla luce di questo esito, potrebbe ora dilatarsi una nuova fase della guerra civile. A Nassirya ho potuto vedere che la gente è andata a votare in massa, l’ordine di scuderia è stato rigorosamente rispettato. Non meno del 70-75% degli elettori della città sono effettivamente andati a votare. Ho avuto l’impressione che la cosa più importante non era, per loro, chi avrebbe vinto tra le 111 liste, ma piuttosto quella di far risultare valido il voto, oltre il 50% degli aventi diritto. Tutti fraternamente d’accordo: dalle diverse componenti sciite, ai capi tribali, ai comunisti, che praticamente sono nati in questa regione e ora riescono allo scoperto dopo avere mantenuto in clandestinità piccoli embrioni organizzativi. I dettagli sulla tecnica elettorale, sulla sua democraticità, sono inessenziali e nessuno potrà mai dimostrare che queste elezioni sono state free and fair (libere e corrette), oppure l’esatto contrario, perché gli osservatori internazionali non c’erano. Non ce n’erano dell’Osce, né dell’Unione Europea, che aveva escluso di mandare i suoi per «l’inesistenza delle condizioni minime di sicurezza», né dell’Onu per le stesse ragioni. Quindi, tecnicamente, usando i criteri europei e internazionali, queste elezioni erano invalide prima ancora di tenersi, sebbene l’Unione Europea abbia sorprendentemente stanziato 30,5 milioni di euro per formare il personale che le doveva gestire. Anche per questo avevo deciso di venire a vedere di persona, usando la cortesia del governo britannico e quella della baronessa Emma Nicholson, anche lei deputata europea.
L’Italia ha svolto un ruolo essenziale in questo esito. Non ci fosse stata l’imponente presenza militare italiana sul terreno, difficilmente gli elettori di Nassirya sarebbero usciti di casa con tanto slancio. A questo va aggiunta la sorveglianza dall’alto del «drone» senza pilota di cui ho visto le gesta dall’interno della sala operativa della Brigata Garibaldi. Su strade rese deserte dal divieto assoluto di movimento motorizzato, l’occhio del nuovo gioiello, che gli americani hanno sperimentato, guidandolo dalla Florida, contro i taleban, è stato l’arma cruciale per bloccare ogni eventuale azione della guerriglia. E gli oltre diecimila tra soldati e poliziotti iracheni che hanno presidiato letteralmente ogni incrocio cittadino non sarebbero stati né dislocabili, né utili, senza essere stati armati, addestrati, coordinati, guidati dal contingente italiano, comandato dal generale Borrini. L’ordine era di tenere gli stranieri lontani dai seggi e di affidare agli iracheni il controllo immediato dei seggi. Sui tetti decine di armati, divise nuove fiammanti, automobili della polizia (una sessantina solo negli ultimi giorni) nuove di zecca. Armi in quantità, luccicanti e bene oliate. Tutto è bene quel che finisce bene. Quando non ci sono morti e feriti – e qui non ci sono stati – è un successo per l’umanità, anche nella lontana provincia di Nassirya. Altrove il bilancio è stato comunque terribile, ma a Nassirya neanche un attentato in tutta la giornata, salvo due soldati iracheni feriti in un incidente d’auto. Così, tirando le somme, provvisoriamente, si può dire che Washington ha vinto e che gli sciiti hanno vinto. E si può dire che hanno vinto, al Nord, anche i curdi. Così si può dire, con altrettanta precisione, che i sunniti hanno perduto. Due componenti di un Paese hanno vinto contro la terza. Le conseguenze di più lunga durata, quelle che contano, sono ancora tutte da misurare.

Giulietto Chiesa
Fonte:wwwlastampa.it
31.01.05
 
La battaglia di Falluja


paginadidifesa.it
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Simone Baschiera, 25 marzo 2005

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I commentatori militari indipendenti e soprattutto quelli politici, nell'analizzare i combattimenti e i risultati dell'assedio condotto dai marines a Falluja, li definiscono una vana vittoria. Questa visione pessimista corrisponde alla realtà della situazione politico-militare in Iraq, specialmente nell'ormai famoso triangolo sciita compreso tra Falluja, Baghdad e Ar Ramadi.
Il giudizio negativo dei politici è legato all'analisi dei risultati conseguiti con la conquista della città e l'allontanamento forzato di tutte le unità di guerriglia e nuclei di terroristi che per mesi hanno tenuto in scacco le forze armate dell'Alleanza. Il fatto è che al risultato militare non è seguito un analogo e definitivo risultato politico, dato che dei guerriglieri e terroristi combattuti nella città una parte sono stati eliminati ma la maggior parte, dopo aver opposto una strenua resistenza, è riuscita a dileguarsi, disperdendosi nelle città vicine e soprattutto immergendosi nelle vaste banlieue di Baghdad, da dove hanno ricominciato a portare i loro attacchi a convogli e pattuglie americane e soprattutto morte e distruzione contro le milizie irachene e le unità di polizia che il governo provvisiorio di Allawi cerca di ricostruire.

Solo una piccola parte dei guerriglieri e qualche pesce minore dei terroristi è stato fatto prigioniero. Si calcola che dei 2.000 combattenti iracheni, 600 sono stati uccisi, qualche centinaio fatto prigioniero mentre il resto è riuscito a ritirarsi, abbandonando qualche arma pesante (mortai e mitragliatrici) ma portando con sé l'arma più terribile e pericolosa per gli americani: la loro determinazione e volontà di combattere contro le truppe occupanti del loro paese.

Sarebbe forse necessario, dal punto di vista politico-militare, ridefinire ciò che può essere stabilito come vittoria o più probabilmente come un successo tattico. Solo la finale soluzione della prolungata operazione Enduring Freedom in tutto l'Iraq potrà portare a un reale traguardo strategico. Si deve considerare il successo locale solo come un ulteriore passo in avanti, dove almeno una certa area è stata bonificata e liberata dagli elementi offensivi che tanti lutti e feriti hanno inferto alle forze Usa e a quelle cooperanti irachene. A Falluja, almeno secondo le dichiarazioni ufficiali, i marines hanno subito circa un centinaio di perdite e soprattutto un migliaio di feriti. Contano anche questi nel bilancio morale, politico e psicologico che i combattenti americani hanno dovuto registrare a loro spese.

Noi ora cercheremo di analizzare le tattiche impiegate nel combattimento urbano a Falluja da entrambe le parti. Thomas Edward Lawrence (Lawrence d'Arabia), nel descrivere i combattimenti contro i ribelli arabi, diceva che affrontarli era come "mangiare una minestra con un coltello". Le difficoltà che i marines hanno incontrato e dovuto superare - ora dopo ora, sia di giorno che di notte e per più settimane - prima di dichiarare la città sotto loro controllo sono dipese dalla scarsa vulnerabilità dei guerriglieri alle tattiche e alle armi americane. Gli americani hanno utilizzato aerei ed elicotteri per bombardare i nidi di resistenza degli avversari, ma il fuoco a distanza, creando cumoli di macerie, ha altresì offerto ulteriori punti di appoggio per i combattenti che, dopo i razzi degli elicotteri e le bombe e le cannonate dei C-130 Spectre, sono riemersi come ragni dai cunicoli e dalle cantine, opponendo una fiera resitenza ai marines avanzanti.

Molte delle azioni di successo delle unità americane, all'attacco tra i vicoli e dentro le case di mattoni e fango, sono state possibili soprattutto di notte, con l'impiego di visori notturni che consentivano di vedere, individuare i guerriglieri e di eliminarli. Il piano di operazione che ha guidato i militari americani nell'assalto urbano alla città, riflette fedelmente l'addestramento del soldato Usa, capacità e relativa efficacia del suo ultramoderno equipaggiamento nel combattimento urbano, quasi un corpo a corpo, dove difficilmente i mezzi tecnologici riescono a dispiegare tutte le loro potenzialità, molto più efficaci in un combattimento frontale. Passiamo all'analisi delle tecniche e tattiche delle forze armate americane contrapposte ai guerriglieri e terroristi.

La città della Battaglia

La città di Falluja si trova lungo il corso del fiume Eufrate. La parte moderna si colloca sulla riva destra, mentre la città vecchia e i quartieri di insediamento più tradizionali sono sulla riva sinistra. Il comando americano, prima di intraprendere la seconda battaglia di Falluja, ha steso il classico anello di isolamento e sicurezza tutt'intorno alla città. Per questo motivo ha dovuto richiedere alla Gran Bretagna l'apporto di un migliaio di uomini per poter lasciar presidiate le posizioni che ha dovuto disimpegnare per raccogliere tutti gli uomini necessari alla battaglia di Falluja.

Il piano di penetrazione nella città è stato concepito in una maniera abbastanza tradizionale: progressione frontale in linea continua dal lato nord della città, avendo sul fianco destro il fiume come limite e come linea determinata di appoggio, con una penetrazione graduale, quartiere dopo quartiere, via dopo via, da nord verso sud, metodicamente, casa per casa, dopo aver bombardato le aree di arroccamento, snidando le postazioni e i punti forti, gli appostamenti di cecchini, rilevando e disinnescando, passo dopo passo, trappole e trabocchetti esplosivi.

La complessa azione di penetrazione è stata pianificata con l'appoggio dall'alto di forze aeree ed elicotteristiche, con la progressione avanzata di mezzi corazzati seguiti dai marines, in modo da non esporre gli uomini immediatamente al fuoco insidioso dei guerriglieri e terroristi prima di averne localizzato le posizioni e avere indirizzato il fuoco aereo e degli elicotteri dall'alto verso i punti forti. Al bombardamento è seguito il fuoco di apertura dei varchi tra le case e i vicoli, con i cannoni dei carri armati. Solo dopo queste azioni di fuoco dall'alto e da terra i marines sono avanzati per il rastrellamento e la eliminazione delle residue resistenze in atto.

Le forze e il concetto d'azione

Scopo - Eliminare le forze insurrezionali (insurgents) e terroriste da Falluja; catturare Abu Mussab Al Zarkawi

Forze nemiche - 2000÷2500 tra iracheni-jiadisti-miliziani del Partito Baath, ex militari della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein (ex divisione Medina), volontari stranieri (yemeniti-sauditi-nordafricani) sotto la guida di: Abdollah el Gianabi, capo dei mujaheddin di Falluja, con il suo vice comandante militare Jasim Ab del Latif; Abu Abdullah al Hassan bin Mohamed, alla testa degli jihaidisti iracheni di Ansar al Sunna che gravitano intorno ad Abu Mussad al Zarkawi.

Forze amiche - circa 10.000 uomini della 1^ divisione Usmc (United States Marines Corps), con i 1°, 2°, 3°, 5°, 8° reggimenti marines, appoggiati da Main Battle Tank (Mbt) Abrams, blindo ruotate Lav-25, elicotteri da combattimento Cobra, C130 Spectre, elementi operativi della 3^ brigata irachena, 36° battaglione della Guardia Nazionale irachena.

Concetto d'azione americano - Isolare Falluja; predisporre un anello di sicurezza per chiudere tutti gli itinerari di scampo dalla città; bloccare le vie di facilitazione tattica; eliminare le unità insurrezionali e terroriste, impiegando dall'alto il fuoco aereo e elicotteristico e da terra quello corazzato e blindato; progredire da nord a sud su un fronte continuo, avendo a ovest come linea di contenimento il fiume Eufrate, su un fronte continuo, via dopo via, casa dopo casa, eliminando ogni sacca di resistenza e rastrellando ogni vano.

Concetto d'azione della guerriglia irachena - Sottrarsi, per quanto possibile, al fuoco aereo ed elicotteristico; dissociare le unità carri e blindate dalla fanteria; ostruire e minare le principali direttrici di attacco dei marines con ostacoli speditivi, mine regolamentari e di circostanza; costringere la fanteria ad avanzare su itinerari obbligati, incanalandola per quanto possibile tra i quartieri organizzati a difesa; predisporre ovunque trappole agli accessi delle case e all'interno delle stesse; reiterare le linee di difesa e centri di fuoco su linee e punti successivi, mai irrigidendosi però a strenua difesa; sfuggire alle unità di rastrellamento in progressione lineare, riprendendo il combattimento sui fianchi e sul retro dei plotoni americani per impedire (progressione durante) l'impiego del fuoco aereo ed elicotteristico; sfruttare vie di facilitazione tattiche come il fiume Eufrate e nell'abitato - tra via e via, casa e casa - con tunnel sotterranei.

Precedenti storici e locali

In Iraq Falluja ha rappresentato il punto più caldo dell'attività insurrezionale e terroristica in atto, dove i reduci delle truppe di Hussein e i terroristi di Al Zarkawi-Bin Laden, si sono uniti per contrastare la penetrazione dei soldati americani ma anche per proclamare al mondo la loro opposizione al modo di vivere occidentale nel loro paese occupato. In questa lunga guerra post-guerra, troppo anticipatamente dichiarata vinta da G.W.Bush, essi si sono trovati uniti, amalgamati e compattati, nel difendere interessi etnici, religiosi e politici della passata dittatura, nella speranza di ricondurre l'Iraq a una unità araba che, se pur rappresentata dal mosaico sunnita, sciita e kurdo, comunque non dovrà essere occidentale o dipendente dall'Occidente.

Il triangolo sunnita tra Falluja-Baghdad e Ar Ramadi, era già stato attaccato dalle unità americane nel mese di aprile 2004 e ripulito da guerriglieri e terroristi al 50%. La campagna elettorale presidenziale americana impose allora lo stop ai combattimenti per due motivi: primo, per non accentuare ancor di più la campagna antiamericana e pacifista in relazione ai morti e ai danni collaterali tra la popolazione civile causata dai bombardamenti aerei e terrestri; secondo, per consentire a G.W. Bush di svolgere la sua campagna elettorale senza preoccuparsi del numero dei caduti e dei feriti americani, che avrebbe potuto rappresentare una carta da sfruttare politicamente da parte del suo avversario J.Kerry. Ecco che la battaglia di Falluja è stata rimandata da parte di Bush a elezioni e risultati di vittoria conseguiti.

Nella prima battaglia per Falluja dell'aprile 2004, quando 2.000 marines combatterono per tre settimane senza riuscire a prendere il controllo della città e catturare, eliminare o almeno disperdere i difensori, l'attacco fu fermato da Bush, preoccupato per le grandi recriminazioni dell'opinione pubblica mondiale per il rilevante numero di civili che erano coinvolti con perdite e feriti nei combattimenti. La campagna per le elezioni presidenziali si stava facendo più intensa e l'avversario politico, J. Kerry, aveva mano facile nel criticare la condotta della battaglia. Le perdite americane in morti e feriti rappresentavano un costo troppo oneroso per gli scarsi risultati militari conseguiti in confronto alle vaste e profonde critiche per "i danni collaterali" provocati dalla battaglia.

Nel secondo combattimento la pianificazione delle operazioni è stata più completa e articolata. Sono stati impiegati più di venti tipi di mezzi, tra aerei ed elicotteri, per ammorbidire le posizioni di resistenza degli insorti e sono stati schierati tutti i mezzi blindati e corazzati in possesso all'armata americana. Ancora, tutta la città è stata racchiusa in un anello di sorveglianza, in modo da isolare per quanto possibile in un terreno così particolare come quello intorno a Falluja, senza linee di riferimento o ostacoli naturali quali fiumi o monti, per impedire l'infiltrazione di rinforzi o vie di scampo per i guerriglieri.

Ed è proprio questa ultima possibilità che non è stata bloccata completamente. Infatti dopo sei giorni di assedio, con alcune centinaia di morti tra i combattenti sunniti e terroristi, aggregati, gran parte dei guerriglieri sono riusciti a defilarsi e/o ritirarsi verso Baghdad o Mosul, e soprattutto i capi, sia dei guerriglieri che dei terroristi, non sono stati nè eliminati nè presi prigionieri. La conquista, se così può definire il raggiunto pieno controllo di quello che resta della città di Falluja, ha in realtà spostato la battaglia da un quadrato geografico a un altro. Rimane la soddisfazione ai marines di proclamare che l'obiettivo è stato raggiunto. Vedremo però, analizzando più a fondo il combattimento, che il conseguimento di tale obiettivo è stato particolarmente difficile e contrastato.

Le operazioni da parte americana si sono svolte dall'alto e da terra. Nell'area i satelliti sorvegliavano 24 ore su 24 il settore della battaglia in atto, trasmettendo le immagini fotografiche dei movimenti in tempo reale ai comandi e alle unità aeree e terrestri americane. Inoltre, sempre con i satelliti, venivano captate tutte le possibili trasmissioni radio e traffico dei cellulari tra i guerriglieri nella zona sotto assedio e le bande di supporto all'esterno. A mano a mano che i C130 Spectre e gli elicotteri AH-64 bombardavano le posizioni di resitenza, i carri armati M1-A1 Abrams e gli M2 Bradley con alzo zero aprivano varchi nei muri delle case, unità speciali si calavano dagli elicotteri CH-47C/D e UH-60-6H sui tetti per stanare i nemici e costringerli allo scoperto.

Solo a questo punto i marines avanzavano e penetravano negli edifici, marcando con le bombolette spray gli interni bonificati e proseguendo quindi la progressione verso i successivi obiettivi. Talvolta i marines non riuscivano a stanare tutti i guerriglieri poiché diversi di questi, che non si erano rivelati precedentemente agli attacchi aerei e al tiro diretto dei blindati e corazzati, riemergevano alle spalle dei soldati avanzanti tra le macerie e da bravi cecchini colpivano i militari americani alle spalle. Un'altra tecnica di agguato messa in atto dai guerriglieri è stata quella di posizionare sotto i cadaveri, addirittura sotto i loro feriti gravi, trappole esplosive che deflagravano a ogni tentativo di rimozione o di soccorso. Dopo diverse perdite dovute alle modalità spietate di trappolamenti marines al momento della penetrazione saturavano le stanze con il fuoco delle armi portatili e senza mai toccare qualsiasi corpo - morto o ferito - riaprivano il fuoco su qualsiasi cosa si fosse trovano nell'ambiente per la eliminazione totale della minaccia.

"A Falluja - osserva il generale Fabio Mini - il combattimento è stato affrontato con le modalità di attacco usate nelle isole del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Non per nulla allora e ora sono sempre i marines in azione. La sola variante riguarda l'impiego degli ultimi ritrovati della tecnologia" che contro un'avversario mobile, flessibile, immerso nel proprio ambiente, rende assai poco, specie quando il nemico agisce individualmente, capace di infiltrarsi e filtrare tra casa e casa, tra muro e muro.

Il comando americano aveva inoltre annunciato e datato da tempo la sua offensiva, consentendo alle formazioni insurrezionali e terroriste di prepararsi, adeguarsi alle tecniche di combattimento americano, predisporrre le difese, trappole e trabocchetti, e organizzare non solo vie di facilazione tattiche, ma anche vie di scampo e di eclissamento. Il comando Usa aveva dichiarato in anticipo non solo lo scopo della battaglia (incapsulare e distruggere le bande insurrezionali) ma anche il proposito di catturare Al Zarkawi, il quale ovviamente non ha atteso la prima divisione Usmc per raggiungere altri santuari della guerriglia o addirittura rifugiarsi in Iran.

Dalla prima battaglia di Falluja nell'aprile del 2004, gli insorti iracheni avevano appreso una cruda lezione irrigidendosi e incapsulandosi nelle moschee e luoghi di riunione che gli elicotteri e corazzati Usa avevano avuto buon gioco a colpire e distruggere, giungendo a un pelo dalla sconfitta, se l'opinione pubblica mondiale non fosse insorta al loro fianco per l'enormità dei danni collaterali e l'alto numeo di inermi coinvolti mortalmente nella battaglia dagli americani.

Così, vuoi per il clamore suscitato dai metodi spazza e distruggi, vuoi per le imminenti elezioni presidenziali in patria, i soldati Usa si ritirarono da Falluja, promettendo a loro stessi e agli insorti che, rieletto Bush, si sarebbero ripresentati a Falluja. Così è stato ma, come hanno commentato molti osservatori occidentali, la seconda battaglia urbana di Falluja, benchè vinta, non ha conseguito i risultati sperati. La città è stata completamente devastata, i guerriglieri sono stati in parte eliminati, ma molti di loro sono riusciti a raggiungere le aree di rifugio sunnite tra Baghdad e l'Iran e soprattutto Al Zarkawi non è stato catturato.

Guerriglia e controguerriglia

La guerriglia è più agile, il combattente assimmetrico sfrutta l'agguato, l'inganno, l'imprevedibilità, la non linearità e consequenzialità dei procedimenti di combattimento. E ancora, la guerriglia non dipende per la sua efficacia di combattimento da vulnerabili linee e mezzi di rifornimento o da intercettabili mezzi di comunicazione. La guerriglia si confonde tra la popolazione e, dopo aver utilizzato le armi, le può posare e disperdersi tra la gente per le strade o nelle attività quotidiane, rendendo la vita difficile alle unità di contro guerriglia. E' in questo modo che gli uomini di Al Zarkawi hanno contrastato e contrastano le unità americane. Pur essendo in numero limitato, sono in grado di tenere in tensione e sotto minaccia non solo i 148mila G-men ma a portare la loro devastante azione contro le decine di migliaia di loro conterranei arruolati nelle milizie di Allawi.

Questa è una delle ragioni articolate e complesse per cui la guerriglia è una vicenda che da quando è nata rappresenta per la controguerriglia un fallimento. Così è stato per la Francia in Indocina dal 1945 al 1954, ancora per i francesi in Algeria negli anni '50-'60, per gli Usa in Vietnam, per l'ex Urss in Afghanistan dal 1979 al 1989, per Israele nei territori occupati tra Gaza e Cisgiordania e ancora per la Russia di oggi in Cecenia. Ai teatri operativi citati fa eccezione quello malese, dove solo la Gran Bretagna negli anni 1948-50 è riuscita a domare la guerriglia.

Non vi è una virtuale connessione tra il conquistare il territorio e sconfiggere un'insurrezione. La guerriglia non cerca la vittoria sul campo di battaglia. La prima regola per la guerriglia è di evitare le battaglie su larga scala con le truppe regolari. I guerriglieri colpiscono secondo i loro tempi e logiche (persuasione, intimidazione, coinvolgimento, terrorismo, sabotaggi, rapimenti) sia i civili che le unità militari isolate o i convogli. Le accorte forze di guerriglia cedono il territorio, si sciolgono quando le unità nemiche si avvicinano in forze e allora colpiscono con cecchini, uccidono con le bombe e in generale attaccano dall'ombra.

Non è una sorpresa che nuclei di guerriglieri abbiano iniziato a condurre isolate azioni a Mosul e Samarra e in altre città quando sono iniziate le operazioni in Falluja. Se l'occupazione delle città potesse costituire la chiave del successo nelle operazioni di controguerriglia, ci si sarebbe dovuti aspettare che la Francia vincesse dopo la battaglia di Algeri del 1957, che l'America terminasse vittoriosa dopo la sconfitta delle forze nordvietnamite e Vietcong a Hue nel 1968 e che la Russia riportasse anche essa la vittoria sui ceceni dopo la riconquista di Groznj nel 1995. Invece sia la Francia che gli Stati Uniti hanno perso e la guerra in Cecenia continua ancora.

Poche migliaia di guerriglieri possono creare il caos in un paese di dieci milioni di abitanti. La guerriglia si camuffa tra la popolazione e l'unico modo per distinguere un guerrigliero da un civile è quando apre il fuoco o si fa saltare in aria. Nel tempo della guerra asimmetrica l'uomo, come combattente individuale, ha riaffermato la sua superiorità su molte delle tecnologie che equipaggiano, rivestono, armano e proteggono il Warrior 2000 Usa. Si è constatato che nessuna superiorità tecnologica è riuscita a prevalere sulla guerriglia insurrezionale e/o sul terrorismo in atto nell'Iraq, dove un mix di azioni drammatiche e sanguinose riesce a dominare la situazione politico-militare.

Numerosi osservatori militari, al momento dell'inizio delle operazioni belliche nel teatro iracheno, avevano previsto che il terrorismo si sarebbe inserito prepotentemente nell'area: Saddam Hussein sarebbe stato certamente sconfitto - così come è stato - dalla preponderante efficienza bellica americana, ma come conseguenza collaterale il terrorismo si sarebbe insediato in un'area che era sì stata teatro di atrocità della dittatura verso i suoi stessi cittadini, ma ogni forma di opposizione politica o armata era stata azzerata. Nessuno dei numerosi comandi americani - dal Centcom a Tampa in Florida fino a Baghdad - aveva previsto lo scacco dei mezzi spaziali ed elettronici ultra sofisticati, messi a confronto con le capacità del combattimento umano.

In effetti la tecnologia può coprire molte fasce della ricerca informativa e opporsi a unità armate e organizzate in parallelo con altrettanti mezzi elettronici da cui le misure Ecm-Ccecm e così via. Ma se il combattente oppositore non impiega strumenti elettronici, non si possono adottare misure e contromisure nei suoi riguardi ma nemmeno localizzarlo con esattezza o interferire nella sua capacità operativa nei combattimenti condotti con metodi grezzi e insensibili a ogni misura e contromisura elettronica. La imprevedibilità sembra essere stata il leitmotiv conduttore della guerriglia in Falluja e del terrorismo in tutto l'Iraq.

La mente dell'uomo, almeno per il momento, non è ancora intercettabile e la imprevedibilità delle azioni del guerrigliero e/o del terrorista coglie quasi sempre il segno. Per contrastare queste tecniche non standardizzate, i convenzionali marines americani hanno adottato tecniche e tattiche mediate dalla condotta delle operazioni anti guerriglia russe a Groznj in Cecenia, nelle campagne 1995-1996 e 2000: attacchi reiterati nel tempo e nello spazio da direzioni diverse, dall'alto, da terra, e anche sotto la superficie, favoriti però da una struttura urbana industriale che in Falluja non esiste.

A queste tecniche di progressione, maceria dopo maceria, gli iracheni a Falluja hanno contrapposto una resistenza molto limitata poiché non avevano armi pesanti da opporre e anche perché il volume di fuoco aereo ed elicotteristico impediva loro di utilizzare i lanciarazzi portatili contro i mezzi corazzati americani. Quindi una parte ripiegava sotto il fuoco, lungo vie di facilitazione tattiche sotterranee, verso nuovi appigli laterali rispetto alla direzione di progressione dei marines; una seconda parte si sacrificava sul posto e apprestava trappole e altri sistemi esplosivi in punti di obbligato passaggio o celati sui corpi dei compagni feriti o morti.

Per i marines che irrompevano tutti in fila all'interno degli spazi, tali volumi si trasformavano in killing zone e molti venivano colpiti agli arti e al viso da queste mine predisposte. Infine una terza parte - probabilmente i capi, gli elementi guida della guerriglia - si eclissava lungo vie per lo più sotterranee, predisposte da tempo fuori dall'area urbana di Falluja, verso zone dove non era in atto alcuno schieramento americano.

Il successo tattico dell'operazione Falluja, inteso come occupazione materiale della città dopo una settimana di furiosi combattimenti che contro i 2000÷3000 militanti islamici hanno impegnato 10.000 marines appoggiati da 2.000 fra poliziotti e militari iracheni, non è dipeso dagli attacchi aerei ma dai rastrellamenti search-and-destroy che i marines hanno condotto isolato per isolato, casa per casa dove, per evitare nella loro progressione le trappole esplosive, dopo gli attacchi aerei hanno demolito con i bulldozer - a somiglianza dei metodi israeliani - le case dalle quali vedevano spuntare qualsiasi filo elettrico. Queste distruzioni, in verità molto indiscriminate, hanno evitato perdite ai militari Usa ma hanno anche impedito loro di catturare gli insorti.

La guerriglia è una forma di combattimento che come una medusa rigenera se stessa e si divide in un serpente a mille teste che non si può schiacciare del tutto e che può colpire in ogni luogo. In effetti i guerriglieri, che non sono stati elimintai a Falluja, sono riusciti a evacuare l'area di combattimento o utilizzando il fiume Eufrate o le decine di cunicoli sotterranei alla periferia della città, mescolandosi con la popolazione della cinta urbana esterna, certamente favoriti dalla compiacenza delle forze militari e di polizia irachene, che non sono riuscite o non hanno voluto rendere impermeabile il cerchio di assedio intorno alla città.

Si è detto all'inizio che uno degli obiettivi dell'accerchiamento americano di Falluja era non solo quello di eliminare la massa degli insorti ma anche quello di catturare Abu Mussab Al Zarkawi. In effetti durante il rastrellamento è stato individuato il quartier generale del gruppo terrorista del leader giordano ma non lui, probabilmente riparatosi in qualche santuario ben prima dell'inizio dei combattimenti nella città.

Nel corso dei rastrellamenti sono stati ritrovati diversi covi dove guerriglieri e terroristi avevano trattenuto i numerosi ostaggi catturati nei mesi che hanno preceduto la battaglia. In questi stessi luoghi, per lo più sotterranei, rinforzati per resistere alle bombe aeree e ai razzi di elicotteri, sono state ritrovate le sostanze e strumenti per preparare cinture esplosive per i kamikaze e anche tracce di strumenti di tortura.

Il 15 novembre 2004, dopo una settimana di preparazione e una settimana di incessanti combattimenti, il comando americano ha dichiarato che la battaglia di Falluja si era conclusa. Nel suo comunicato ufficiale il portavoce dei marines ha confrontato i risultati della battaglia appena terminata con quelli non conseguiti nella precedente di aprile, dove peraltro erano stati impiegati solamente 2.000 marines e soprattutto il combattimento non era stato condotto con quella determinazione e impiego coordinato di tutte le forze aeree e terrestri disponibili a fianco delle forze della fanteria di marina.

I combattimenti a Falluja sono serviti se non altro e rendere più coriacei le reclute e i rimpiazzi della First Marine Expeditionary Force e a far acquisire loro i sistemi di vita e di combattimento dei ribelli. Si sono fatti inoltre una cultura sugli esploditori di circostanza, inneschi esplosivi e chimici, sistemi di esploditori a distanza con l'impiego di semplici telefonini o dei circuiti elettrici dei computer. Ancora, hanno imparato come si possono costruire delle mine con materiali quali detersivi e fertilizzanti mescolati con petrolio e benzina per ottenere delle bombe al napalm domestiche.

Il napalm è una miscela di vari sali alluminici e di acidi organici usati come agenti gelificanti della benzina per la fabbricazione di bombe incendiarie. I composti chimici principali sono il Sodio e il Palmitato di Sodio, mescolati adeguatamente con le benzine. Le miscele esplosive al napalm sono state usate dalle forze americane specialmente nella guerra del Pacifico 1941-1945 e nella guerra Vietnamita 1968-1974. Una cosa i marines non hanno trovato: i corpi dei guerriglieri che erano stati eliminati dai bombardamenti aerei e dai razzi degli elicotteri. I guerriglieri caduti o sono portati via o sono seppelliti sotto i pavimenti delle case.

Lessons learned

Nel combattimento negli abitati le azioni molto spesso si individualizzano. L'uomo caccia l'uomo, per cui la guerra perde il suo significato generale. Non valgono le leggi morali, si dimenticano o si esasperano o si inaspriscono le regole di ingaggio e naturalmente a nessuno passa per la testa di osservare la Convenzione di Ginevra, come è successo al marine che penetrando in una casa ha sparato a bruciapelo su di un corpo che a lui sembrava un cadavere, ma che in realtà era un ferito. D'altra parte diversi marines nei giorni precedenti di combattimento - specie nelle azioni di rastrellamento - erano stati feriti seriamente da trappole esplosive sistemate su cadaveri o su feriti, che comunque avevano scelto di morire portando con sé qualche nemico Usa.

Ma quali possono essere le leassons learned dalla seconda battaglia di Falluja? Dal punto di vista delle tecniche di combattimento ne risulta evidenziata l'importanza dell'elemento umano dall'una e dall'altra parte nel resistere e sopportare gli stress del combattimento per giorni e notti, senza soluzioni di continuità sotto la minaccia, per i guerriglieri, del devastante fuoco aereo ed elicotteristico, per i marines degli attacchi improvvisati e omnidirezionali condotti con le tecniche meno ortodosse.

I marines a un certo punto hanno realizzato che per contrastare la capacità di movimento e la flessibilità dei guerriglieri avrebbero potuto e dovuto esercitare la massima pressione di fuoco di giorno e condurre le operazioni search-and-destroy di notte, utilizzando i visori notturni individuali e i congegni all'infrarosso delle armi. Così hanno fatto e i risultati tattici hanno premiato tecniche impiegate e tempi di combattimento.

Secondo gli esperti del Pentagono, Falluja era il terreno ideale per le nuove tattiche di guerriglia urbana: 300.000 abitanti, una grande varietà di viali, quartieri con strade strette, vicoli, edifici a due e tre piani con porticati che si adattavano perfettamente alle tecniche di combattimento di cecchini isolati, moschee, scuole, mercati in ogni quartiere che si prestavano a essere utilizzati come centri di temporanea resistenza.

I marines però potevano controllare il lato settentrionale della città, l'autostrada e ampi spazi in periferia da dove hanno potuto far decollare i drones, aerei non pilotati da ricognizione e bombardamento. La riscoperta tattica di guerra urbana non si esauriva allora nel conquistare la città strada per strada, con l'obbligo di tenere ogni posizione acquisita, con una serie di blitz contro i centri di fuoco nemici, con l'impiego di truppe scelte sostenute dal fuoco degli elicotteri e dagli Spectre A-C130, quanto piuttosto nel bonificare i punti di resistenza con nuclei flessibili nell'attacco e nel ripiegamento per poi reiterare l'azione da una direzione diversa e in tempi diversi.

Non si trattava più di bussare alle porte delle case con il rischio di cadere in qualche trappola, ma di penetrare dai tetti o da buchi nei muri, e di condurre poi il rastrellamento. Non tutto è andato come previsto poiché la guerriglia irachena non ha permesso agli elicotteri da trasporto truppe di avvicinarsi a volo radente, rallentare o sostare in hovering per calare gli uomini sulle case e ha impiegato i lancia razzi Rpg-7 e simili, abbattendone diversi.

Così è stato ripreso il metodo di fuoco dall'alto e da terra, a premessa di ogni attacco, e progressione delle squadre e plotoni lungo le strade, come era stato fatto nella seconda guerra mondiale, così come i Canadesi erano stati obbligati ad agire nelle cittadine della costa adriatica (Citerna, Vasto, Termoli. Ortona...) contro i tedeschi.

Tra le leassons learned che si devono trarre dai combattimenti di Falluja - sia dal primo in aprile sia dal secondo nel novembre 2004, si deve constatare che il possesso del territorio non è sufficiente a determinare la vittoria quando non si riesce a debellare la resistenza della popolazione locale. Gli esiti di ambedue le battaglie sono stati molto deprimenti per i comandi americani. Di fronte a una perdita dei guerriglieri pari a 600 caduti (dichiarata però dagli americani), bisogna enumerare tra i marines 180 caduti e 1.500 feriti. Non si contano, perché non fanno statistica, i caduti e i feriti delle unità irachene cooperanti con gli americani. Qualcuno ha osservato che il numero dei caduti e dei feriti, tra i guerriglieri e terroristi iracheni, è veramente irrisorio rispetto ai 200.000 stimati oppositori in armi o supporters della guerriglia. Così è assolutamente indifferente la quantità di esplosivi armi e munizioni sequestrate o raccolte durante le due battaglie, considerata la illimitata disponibilità nel teatro iracheno.

Per cercare di ridurre non solo il numero dei caduti ma anche il numero dei feriti, che con le loro invalidità permanenti colpiscono i sentimenti e minano psicologicamente non solo i militari ma anche i loro familiari, il Pentagono ha incaricato la Darpa (Agenzia per le ricerche e innovazioni tecnologiche in campo bellico) di sviluppare ben 36 progetti per diminuire le soglie di rischio dei militari, in modo particolare nei combattimenti urbani. Questi progetti riceveranno un finanziamento pari a 2,7 milioni di dollari da spendere in un anno di ricerche e di applicazioni tecnico-tattiche. In pratica si tratta di passare la mano dell'esplorazione e dei primi contatti con gli elementi nemici nei combattimenti urbani a strumenti robotizzati che affrontano la minaccia e l'incognita sempre presente nella guerra asimmetrica.

Si stanno sviluppando robot in grado di captare e segnalare la presenza di esplosivi e armi all'interno dei volumi da rastrellare. Altri robot radiocomandati a distanza dovranno essere in grado di penetrare nelle case e reagire al contatto con nemici con adeguate armi di offesa. Queste ricerche tecnologiche, se in futuro potranno avere un grande impatto sulle tecniche del combattimento urbano, certamente non potranno risolvere tutte le problematiche legate alle modalità di azione della guerriglia in ambiente ravvicinato. Potranno però ridurre le perdite e i feriti, con notevole impatto psicologico positivo tra le forze convenzionali.

Mezzi e tecniche della guerriglia

Remote Devices - Come accenditori a distanza sono usati non solamente i telefonini cellulari, ma anche gli antifurto delle macchine che, se privi di ostacoli diretti, funzionano fino a un raggio di 200-250 metri. Per il lancio di missili, un comune detonatore di lancio è costituito da un interruttore elettrico collegato a una batteria portatile.

Tecniche di individuazione del nemico - Gli informatori locali a favore degli americani rilasciano o lanciano - sui tetti delle case e/o luoghi di resistenza della guerriglia - pasticche riflettenti che, captate dai congegni elettronici degli elicotteri, individuano perfettamente le postazioni nemiche.

Armi della resistenza - Kalashnikov, missili Estrella, missili Kolpas, razzi Rpg-7 e 8, mitragliatrici Pkc su treppiede, visori notturni (questi ultimi sono per la maggior parte di provenienza russa).

Tecniche di combattimento - I comandanti della guerriglia chiamano i nuclei di combattimento secondo l'armamento in possesso: Kalshnikov, Pkc (coprimi); lanciagranate (avanza nella strada successiva). Sono ordini tipicamente militari che fanno capire che i nuclei di insorti sono inquadrati da ex-ufficiali della Guardia Repubblicana di Saddam.

Composizione degli insorti - Vi sono due livelli di resistenza sunnita in Iraq. Il primo è composto da patrioti locali con armamento e tecniche di coordinamento che derivano dalle unità più salde dell'ex esercito di Saddam. Operano mescolati e confusi tra la popolazione, su di un terreno che ovviamente conoscono alla perfezione. Il secondo livello è composto da una rete politico-militare internazionale, dalla provenienza molto diversificata, con alle spalle i combattimenti in Bosnia, Afghanistan etc., guidati da elementi di Al Qaeda, tra cui il più noto è Al Zarqawi.

La composizione delle ricostituite forze locali irachene

Secondo fonti di intelligence, gli uomini della brigata irachena che ha partecipato alla battaglia di novembre a Falluja (ricostituita e addestrata dagli americani) sarebbero provenienti in maggior parte dalla resistenza stessa. Sarebbero stati fatti arruolare dai comandi dei guerriglieri affinché costituissero utili punti di informazione e di eventuale appoggio per il transito, in ogni senso, dei guerriglieri quando le pattuglie di questa brigata fossero state impiegate nei check point per il controllo di vie e passaggi e in altri momenti e situazioni della battaglia. Anche gli americani hanno utilizzato elementi informatori locali che i guerriglieri sbrigativamente hanno definito spie ed eliminato senza pietà quando scoperti.

I combattenti

Il guerrigliero iracheno - Nuota nel mare proprio. Combatte con il supporto della popolazione civile. Possiede una mobilità tattica di superficie e sotterranea. Ha ridotte esigenze logistiche. Non ha remore a sacrificare la vita sua e quella degli altri. Non cura e non raccoglie feriti e tanto meno i morti. Combatte senza schemi fissi. Combatte in casa propria e per una causa propria. La sua aggressività dipende da una cultura non ancora modificata da educazione e/o istruzione. Impiega tecniche istintive di offesa e difesa.

Il soldato americano - Si muove e opera in ambiente ostile. Non può fidarsi di nessuno, se non americano. Muove e combatte solo in superficie. Necessita di un pesante supporto logistico. Combatte cercando di preservare al massimo se stesso e i suoi compagni. La cura e la raccolta dei feriti fa parte della sua forma mentis. Segue una check list. Combatte in terra straniera per vincolo d'obbedienza. La sua aggressività dipende dall'efficacia dell'armamento e dell'equipaggiamento. Come combattente moderno ha perso molto della sua istintiva capacità di sopravvivenza. E' stato addestrato in poligoni preparati ad hoc, dove però non vi è stato un contrasto umano.

L'informazione e il condizionamento dell'opinione pubblica

Le associazioni umanitarie, anche quelle occidentali, hanno avuto probabilmente ragione di accusare gli americani di aver provocato con i bombardamenti e i cannoneggiamenti su Falluja almeno 1.000 morti, non solo tra i combattenti ma anche tra i civili che non avevano voluto abbandonare la città. Il comando americano, se ha vinto il secondo combattimento di Falluja, ha certamente perso la guerra dei media.

Falluja è stata non solo l'epicentro di una battaglia di resistenza, ma anche di propaganda, che ha aiutato e alimentato il fuoco dell'insurrezione attraverso tutto l'Iraq. Pamphlet, libri, poster, nastri e Dvd sono stati diffusi dalla propaganda araba a pubblicizzare le immagini dei marines americani avanzanti sui corpi di bambini insanguinati.

La battaglia di Falluja si è prestata molto alla campagna dei media. Non solo da parte delle voci arabe è stata dato ampio risalto alle tecniche di combattimento e di distruzione indiscriminata messa in atto dai marines, ma anche i media occidentali hanno ripreso con molta evidenza singoli episodi di condotta crudele del combattimento da parte americana, inspiegabile per chi non è direttamente coinvolto nell'ambiente, nell'azione e soprattutto non sente la minaccia davanti, ai fianchi e sul retro.

Conclusioni

Per come si sta sviluppando il movimento insurrezionale in Iraq, gli Usa dovranno penare non poco per raggiungano quegli obiettivi politici che si sono proposti nell'ex baluardo di Saddam Hussein: democratizzarlo e renderlo prima Nation Building, che apre la strada a una modernizzazione in senso di affermazione delle libertà comuni nel Medio Oriente. Al momento però l'America si deve preoccupare, oltre che della guerra civile tra sunniti e sciiti e della comunità Kurda, anche per i sentimenti anti occidentali dell'attuale governo pro-tempore iracheno. L'insieme di queste opposizioni creano un terreno fertile per il reclutamento di guerriglieri e per il mantenimento in azione dei nuclei di terroristi internazionali collegati ad Al Qaeda.

Diversi osservatori hanno suggerito che agli Stati Uniti potrebbe convenire lasciare l'Iraq diviso in tre aree indipendenti: sunnita, sciita e curda. Altri, con altrettanta ragione, temono uno scontro violento, probabilmente una guerra civile tra le tre etnie per il controllo del governo centrale dopo il ritiro delle truppe alleate. La storia più recente, come suggerisce quella jugoslava, dimostra che la partizione è un rischio di sanguinosi eventi drammatici. Milioni di persone possono essere forzate a lasciare le loro case e molti non le abbandonerebbero senza combattere. Inoltre questi mini Stati potrebbero essere fagocitati dai più potenti vicini. L'area sciita costituirebbe una grande e reale attrattiva per l'Iran.

Una ulteriore e certo ripugnante alternativa sarebbe quella di affidare il paese a un nuovo "uomo forte". Questa soluzione potrebbe portare a una pace coatta, ma sarebbe un amaro risultato dopo che la popolazione irachena ha assaporato, anche se tra sanguinose difficoltà, un corto respiro di libertà. In effetti Saddam Hussein fu abile nel mantenere il paese forzatamente unito, anche se etnicamente e religiosamente diviso, ma non sembra così facile che un successore possa ottenere gli stessi risultati. La situazione consiglia agli Stati Uniti di trovare un modo per ritirare quanto prima le sue truppe dall'Iraq, mantenendo comunque qualche Forward Base per non lasciare ad Al Qaeda un paradiso per i suoi scopi di destabilizzazione di tutto il Medio Oriente islamico.
 
Falluja: Guernica irachena



Robert Zoellick è l’archetipo del funzionario governativo americano, un uomo con una brillante mente strategica, ma nessuna esperienza di trincea o del fronte. Scivolato senza sforzo fra le università dell’ivy league, il ministero del tesoro e la dirigenza di multinazionali (compresa la posizione di consulente della Enron dello scandalo), il suo ultimo incarico è quello di numero due del Dipartimento di Stato.

Tuttavia “quest’uomo in doppiopetto” ha fatto qualcosa che ha messo in imbarazzo il primo ministro e il segretario di stato. Durante le ripetute visite in Iraq nessuno di loro aveva mai osato uscire dalla super-fortificata zona verde di Baghdad e Bassora per vedere com’è la vita che gli iracheni devono vivere. Se ne tornavano a casa dopo foto di circostanza, comunicati, discorsi alle truppe e dichiarazioni di sapere che cosa sta accadendo nel paese che hanno invaso, quando in realtà non hanno visto praticamente nulla.

Zoellick invece, durante il suo primo viaggio in Iraq, ha chiesto di vedere Falluja. Ve la ricordate Falluja? Una città di circa 300 mila abitanti che veniva dichiarata essere la roccaforte della resistenza armata.

Lo scorso anno gli USA hanno tentato due volte di distruggere questo simbolo della sconfitta. Il primo tentativo, in aprile, sfumò quando alcuni politici iracheni, compresi molti di quelli a favore dell’invasione, condannarono i raid aerei che terrorizzavano un’intera città. Gli americani allora ritirarono l’attacco, ma non prima che centinaia di famiglie fossero fuggite e più di 600 persone fossero state uccise.

Sei mesi dopo gli americani ci hanno riprovato. Questa volta gli alleati di Washington sono stati avvisati in anticipo. Venne impiegata una massiccia propaganda statunitense sulla presenza a Falluja del capo di al-Qaida, Abu Musab al-Zarqawi, per creare un clima di acquiescenza nel governo iracheno istallato dagli americani. I leader sciiti furono informati che prendere il controllo di Falluja era l’unico modo per prevenire una guerra civile fomentata dai sunniti.

Blair era stato invitato a condividere la responsabilità mandando truppe britanniche a bloccare le vie di fuga da Falluja ed impedire ai rifornimenti di raggiungere la città una volta cominciato l’assedio.

Avvertimenti dell’aggressione hanno portato alla fuga di 300 mila abitanti di Falluja. La città è stata poi dichiarata free-fire zone sulla base del fatto che le poche persone rimaste dovevano essere “terroristi”.

Tre settimane dopo l’attacco, lo scorso novembre, gli americani dichiararono vittoria. Dissero di aver ucciso circa 1300 persone; solo una settimana dopo l’inizio dell’assedio, un reporter della BBC diede una stima ufficiale di 2000. Ma i dettagli su cosa sia successo e su chi fossero quei morti rimangono oscuri. Erano civili disarmati, come riportano i gruppi per i diritti umani con sede a Baghdad? E anche se stavano difendendo le proprie case combattendo gli americani, questo f di loro dei “terroristi”?

I giornalisti "embedded" con le truppe USA hanno filmato le atrocità, compresa l’uccisione di un prigioniero ferito, ma nessun reporter ha potuto avere un’immagine d’insieme. Da quando l’assedio è finito, rigide restrizioni americane – insieme al rischio di rapimento che impedisce ai giornalisti di viaggiare in gran parte dell’Iraq – hanno reso la città devastata territorio virtualmente off limits.

In questo contesto la visita di Zoellick, riportata da un esiguo numero di giornalisti americani, è stata illuminante. Il vice-segretario di stato ha dovuto arrivare a questa città “liberata” su un elicottero Black Hawk a volo radente sui palmeti per evitare di essere abbattuto. Indossava un giubbotto antiproiettile, anche se le strade di Falluja erano deserte. Il suo “convoglio di otto veicoli corazzati è passato così in fretta accanto ad una panetteria a cielo aperto finanziata con un micro-credito fornito dagli USA che i lavoratori che impastavano si sono potuti notare solo con la coda dell’occhio” – ha raccontato il Washington Post. "Gli scheletri degli edifici fatti saltare in aria stanno allineati per isolati interi” ha aggiunto il giornalista.

Incontrando selezionatissimi iracheni all’interno della base americana, Zoellick è stato tempestato di lamentele sul ritmo della ricostruzione USA e sulla frequente intimidazione dei cittadini da parte dei soldati americani. Anche se un documento del Dipartimento di Stato dichiara che il 95% dei residenti ha disponibilità d’acqua in casa, il sindaco di Falluja ha detto che è contaminata e pericolosa.

Altri quadri di vita a Falluja arrivano dal Dr Hafid al-Dulaimi, capo della commissione di compensazione della città, il quale riporta che 36 mila case sono state distrutte dal massacro americano, insieme a 8400 negozi. Sessanta fra asili e scuole sono stati ridotti in macerie, insieme a 65 moschee e santuari.

Daud Salman, un giornalista iracheno per l’Institute for War and Peace Reporting, durante una visita a Falluja due settimane fa, ha rilevato che solo un quarto degli abitanti della città sono tornati. Migliaia rimangono fuori nelle tende. La Mezzaluna Rossa irachena ha difficoltà ad entrare per portare aiuto a causa del cordone americano che circonda la città.

Burhan Fasa'a, un cameramen della Lebanese Broadcasting Company, ha raccontato durante l’assedio che la gente doveva seppellire I propri familiari nel giardino perché la popolazione non poteva lasciare le proprie case. I rifugiati ci hanno racontato che i civili che portavano bandiera bianca venivano abbattuti dal fuoco dei soldati americani. I cadaveri venivano legai ai carri americani e trascinati in parata come trofei.

Justin Alexander, un volontario di Christian Peacemaker Teams, ha recentemente trovato centinaia di persone che vivevano in tende nelle fondamenta delle proprie case o in tutti ammassati in una stanza rattoppata. Un severo sistema di carte d’identità impedisce l’ingresso a chiunque sui documenti riporti un luogo di nascita diverso da Falluja, così gente che risiedeva a Falluja, ma era nata altrove non può tornare a casa. “Gli abitanti di Falluja sentono che quel che resta della loro città è stato trasformato in una grande prigione”, racconta.

Molti lamentano che i soldati della guardia nazionale irachena, il nuovo esercito, saccheggiano i negozi durante il coprifuoco notturno e arrestano la gente per ottenere una bustarella in cambio del loro rilascio. Sono sospettati di essere membri del Badr Brigade, la milizia sciita che vuole vendicarsi dei sunniti.

Una cosa è certa: l’attacco a Falluja non ha fatto nulla per impedire l’insurrezione contro l’occupazione anglo-americana, né ha portato all’eliminazione di al-Zarqawi – non più di quanto l’invasione dell’ Afghanistan abbia ottenuto la cattura o la morte di Osama bin Laden. Migliaia di famiglie distrutte e senza casa a Falluja hanno un motivo in più per odiare gli Stati Uniti e i loro alleati.

Almeno Zoellick è andato a vedere. Non ha fatto cenno alle impressioni che il viaggio gli ha lasciato, ma è troppo intelligente per non aver colto qualcosa della realtà. Blair e Straw non dovrebbero dimenticare la lezione. Ogni volt ache il Primo Ministro dice che è tempo di “superare” la questione della legalità e gioire della trasformazione dell’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein , la risposta dovrebbe essere: “Ricordati di Falluja." Alla prossima visita in Iraq, il Ministro degli Esteri dovrebbe infilarsi un giubbotto anti proiettile e farsi un giro per la città che la gran Bretagna ha contribuito a distruggere.

Il governo continua a sperare che l’Iraq non sara un tema durante le elelezioni. Si ostina a non accettarlo. Gli elettori non sono solo arrabbiati perché la guerra era illegale, illegittima e non necessaria; anche il trattamento inflitto agli iracheni dopo l’invasione anglo-americana è altrettanto importante.

Nel 1930 la città spagnola di Guernica diventò il simbolo di gratuito assassinio e distruzione. Negli anni ‘90 Grozny è stata crudelmente rasa al suolo dai russi e giace ancora in rovine. Il monumento imperituro alla brutalità ed allo sterminio di questo decennio è Falluja, un caso da manuale sul come non va gestita un’insurrezione e un monito che un’occupazione impopolare degenererà sempre in disperazione e atrocità.

di Jonathan Steele e Dahr Jamail (tratto da The Guardian, traduzione di Anna Marchi)
 
Inchiesta shock di "Rai News 24": l'agente chimico usato come arma.

Un veterano: "I corpi si scioglievano"
"Fosforo bianco contro i civili"
Così gli Usa hanno preso Falluja
Un documento svela anche un test su un nuovo tipo di Napalm




ROMA - In gergo i soldati Usa lo chiamano Willy Pete. Il nome tecnico è fosforo bianco. In teoria dovrebbe essere usato per illuminare le postazioni nemiche al buio. In pratica è stato usato come arma chimica nella città ribelle irachena di Falluja. E non solo contro combattenti e guerriglieri, ma contro civili inermi. Gli americani si sarebbero resi responsabili di una strage con armi non convenzionali, la stessa accusa di cui deve rispondere l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein. Questo racconta un'inchiesta di Rai News 24, il canale all news della Rai svelando uno dei misteri del fronte di guerra tenuto più nascosto dell'intera campagna americana in Iraq.

"Ho sentito io l'ordine di fare attenzione perché veniva usato il fosforo bianco su Fallujah. Nel gergo militare viene chiamato Willy Pete. Il fosforo brucia i corpi, addirittura li scioglie fino alle ossa", dice un veterano della guerra in Iraq a Sigfrido Ranucci, inviato di Rai News 24.

"Ho visto i corpi bruciati di donne e bambini - aggiunge l'ex militare statunitense - il fosforo esplode e forma una nuvola. Chi si trova nel raggio di 150 metri è spacciato".

L'inchiesta di Rai News 24, Fallujah. La strage nascosta, in onda domani su Rai3, presenta, oltre alle testimonianze di militari statunitensi che hanno combattuto in Iraq, quelle di abitanti di Fallujah. "Una pioggia di fuoco è scesa sulla città, la gente colpita da queste sostanze di diverso colore ha cominciato a bruciare, abbiamo trovato gente morta con strane ferite, i corpi bruciati e i vestiti intatti", racconta Mohamad Tareq al Deraji, biologo di Falluja.

"Avevo raccolto testimonianze sull'uso del fosforo e del Napalm da alcuni profughi di Falluja che avrei dovuto incontrare prima di essere rapita - dice nel servizio la giornalista del Manifesto rapita in Iraq (proprio a Falluja) nel febbraio scorso, Giuliana Sgrena, a Rai News 24 - Avrei voluto raccontare tutto questo, ma i miei rapitori non me l'hanno permesso".

Rainews 24 mostrerà documenti filmati e fotografici raccolti nella città irachena durante e dopo i bombardamenti del novembre 2004, dai quali risulta che l'esercito americano, contrariamente a quanto dichiarato dal Dipartimento di Stato in una nota del 9 dicembre 2004, non ha usato l'agente chimico per illuminare le postazioni nemiche, come sarebbe lecito, ma ha gettato fosforo bianco in maniera indiscriminata e massiccia sui quartieri della città.

Nell'inchiesta, curata da Maurizio Torrealta, vengono trasmessi anche documenti drammatici che riprendono gli effetti dei bombardamenti anche sui civili, donne e bambini di Falluja, alcuni dei quali sorpresi nel sonno.

L'inchiesta mostra anche un documento dove si prova l'uso in Iraq di una versione del Napalm, chiamata con il nome MK77. L'uso di queste sostanze incendiarie su civili è vietato dalle convenzioni dell'Onu del 1980. Mentre l'uso di armi chimiche è vietato da una convenzione che gli Stati Uniti hanno firmato nel 1997.

Fallujah. La Strage Nascosta verrà trasmessa da Rai News domani 8 novembre alle ore 07.35 (sul satellite Hot Bird, sul canale 506 di Sky e su Rai Tre), in replica sul satellite Hot Bird e sul canale 506 di Sky alle 17 e nei due giorni successivi.

(7 novembre 2005) www.repubblica.it
 

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