IO AVREI DIRITTO AL REDDITO DI CITTADINANSIA

I Rothschild sono in agitazione.

Con Soros & Co. tentano di distruggere il Governo Italiano,
che potrebbe rappresentare un'insidia contro il loro strapotere finanziario.

Gli ordini sono chiari:distruggere l'Italia,che già tanto piacque a Napoleone.
Macron obbedisce.

Dopo aver affamato le ex colonie africane adesso la Francia tenta con l'Italia per sottrarle il controllo della Libia
ed accaparrarsi il monopolio di due fonti immense di potere:il petrolio e l'immigrazione.

Il primo serve all'economia,
il secondo serve come nuova linfa elettorale.

Infatti tra i gillet gialli non si sono quasi mai visti neri o magrebini.
Mentre alle sfilate pro Macron sono sempre stati in prima fila.
Il Potere ha bisogno dell'immigrazione che,se "ben gestita" diventa un moltiplicatore di voti.
 
Questi sono i dati. Veri. Chiamali scemi, c'è tutta una pletora di cooperative, di amici degli amici,
di funzionari e amministratori che beneficiano di questo giochino.

“L’assessore Majorino e la sinistra non fanno altro che dipingere i progetti Sprar come il modello d’accoglienza che funziona
quello che tra le sue priorità ha l’inserimento lavorativo dei migranti.
Dai dati che ho ricevuto in risposta a una mia interrogazione comunale, però, ho scoperto che le cose non stanno proprio così".

Nel documento firmato da Majorino si legge infatti che all'interno del progetto Spar (attivato nel 2016)
tra i 414 migranti ospitati appena 127 hanno partecipato a tirocini formativi.

Ma non doveva essere proprio la formazione al lavoro il fiore all'occhiello di quel progetto Sprar che la sinistra difendeva a spada tratta?
Ebbene, pur costando in tre anni (2016-2018) al Comune di Milano qualcosa come 15,1 milioni di euro in totale,
ha prodotto appena un 25% circa di assunzioni di migranti.

"Nel 2017 sono stati 162 i tirocini avviati a fronte di 414 ospiti Sprar e sempre il 25% di assunzioni;
nel 2018, invece, sono stati i 173 tirocini avviati a fronte di 414 ospiti Sprar, e il 30% di assunzioni.
Il tutto a fronte di una spesa statale di
4,6 milioni di euro nel 2016,
5,2 nel 2017 e
5,3 nel 2018”.
In totale, appunto, fanno 15,1 milioni di euro.


“Visti i numeri è inutile che gli sponsor dell’accoglienza senza freni protestino per la stretta operata dal decreto sicurezza sull’immigrazione.
Considerato anche il fatto che tra coloro che rientrano nei progetti Sprar ci sono anche i migranti titolari di permesso umanitario,
una forma di protezione di cui spesso si è abusato in questi anni per dare un documento ai richiedenti asilo e che solo in Italia – in tutta Europa – veniva concessa".

Per la consigliera è "assurdo" che "i progetti di inserimento lavorativo legati agli Sprar a Milano abbiano prodotto solo
32 posti di lavoro nel 2016,
40 nel 2017 e
52 nel 2018,
a fronte di 1.242 migranti ospitati in totale nei centri".

Corsi che sono costati milioni di euro.

"Majorino e compagni la smettano di organizzare marce per l’accoglienza,
tavolate multietniche e manifestazioni di piazza per i profughi: l’integrazione che millantano esiste solo nelle favole”.
 
????????????????? ...ecco uno dei motivi per i quali non entrerò mai da lidl.

In Germania è scoppiata la "guerra della banane".
Si tratta del frutto preferito della popolazione tedesca:
in media ogni cittadino ne consuma oltre undici chili l'anno, per un mercato totale che sfiora il miliardo di euro.


Vengono vendute a un euro al chilo (a volte anche meno) e vengono comprate e consumate à gogo.

Ora, però, ecco lo scontro sull'amato frutto.
Tra chi? Tra i supermercati Lidl ed Edeka, come rende noto Italia Oggi.

Il motivo è il bollino blu "fairtrade" che devono avere le bacche gialle,
ovvero possono essere vendute solo se prodotte eticamente, senza sfruttare i (giovani) lavoratori nei Paesi d'origine.

Ecco, la Lidl – per bocca del suo numero uno Matthias Oppitz – ha assicurato che le sue banane sono assolutamente etiche e solidali, a differenza di altre.

Un'uscita raccolta da Gerd Müller, ministro responsabile per l'aiuto agli Stati in via di sviluppo, che ha dichiarato:
"Bisogna essere sicuri che le banane non vengano raccolte per un salario di fame e ancora peggio da bambini: Oppitz ha ragione, e io compro dalla Lidl".

Una pubblicità che ha scatenato la dura reazione della concorrente della Lidl, Edeka,
che si è sentita discriminata e vittima di una slealtà: anche le loro banane, infatti, sono garantite a livello biologico e solidale:

"Le nostre banane vengono prodotte in 3mila ettari in Colombia; non sfruttiamo nessuno,
e in due anni abbiamo anche ridotto l'impiego di pesticidi a un terzo" hanno detto i responsabili della Edeka.
 
Un album discografico, un disco, sì, insomma, un supporto fonografico di quelli in voga
fino a quando la digitalizzazione della musica non ha cambiato tutto, ospitava dieci o dodici canzoni.
Brevi. Una mezz’oretta: un quarto d’ora per lato nell’era del vinile.
I Beatles riuscivano a strizzarci ben quattordici brani, per offrire un miglior rapporto qualità - prezzo. Altri tempi, davvero.

Oggi la musica si ascolta ovunque e sempre, e sempre a pezzettini.
Qualcosa da Spotify, un amico ti inoltra un link di YouTube e guarda cos’ha condiviso Mario su Instagram.
Ecco, per questo mondo, per questo 2019, non saranno troppe ventiquattro – canzoni – ventiquattro (24!) senza soluzione di continuità?
A giudicare dalla prima serata del sessantanovesimo Festival di Sanremo la risposta è sì.
Sono troppe. Troppissime. Al punto che il padrone di casa, Baglioni, resta defilato per la gran parte del tempo.

Altro che polemiche con il ministro, altro che baluardo.
A meno di non cogliere riferimenti ai migranti nella metafora dell’armonia che è «un approdo dopo una partenza magari difficile»,
ma se è così, in quello stesso mondo dove si deve urlare tutto per farsi capire, nessuno sembra essersene accorto.

Così Virginia Raffaele e Claudio Bisio, generalmente sempre divertenti, sono ridotti al ruolo di sciorinatori di nomi e numeri del televoto,
ingaggiando piccoli battibecchini fittizi (perché, va detto, nel diciannovesimo anno del Terzo Millennio,
69 anni dopo Nunzio Filogamo, gli autori non riescono a concepire qualcosa di più divertente
dei bisticci che funzionavano per Paolo Panelli e Bice Valori e per Sandra e Raimondo).

E non ci sono solo i concorrenti.
Ad allungare il brodo ci sono anche gli ospiti, Bocelli (& son), con Baglioni che si inserisce malino, Giorgia, un Favino di ritorno e Santamaria.

Così accade che i brani, belli o brutti, rock o rap, pop o melodici, diventano un’unica brodazza affossata da un audio lontano dall’intelligibilità
(di Renga e D’Angelo non s’è capito nulla: solo con Nek qualcuno si è reso conto che, forse, era il caso di riequalizzare i suoni)
e una regia che non tiene il passo fin dalle prime inquadrature.

Sì, perché Claudio, a cui si è contestato un conflitto di interesse che la Rai ha minimizzato ribattendo
«Non c’è» (punto), ha benpensato di fare un po’ di Siae subito aprendo con una versione corale di “Vai”
(era su “Strada facendo”, che risale a quando Baglioni, a Sanremo, non ci sarebbe andato mai)
dove spuntano ballerini da tutte le parti proponendo numeri di breakdance
(ma non si era estinta, come il brontosauro, la radio a transistor e la Sisal?)
inseguiti dalle telecamere che, almeno in un paio di occasioni, riescono a inquadrare il vuoto.

All’Ariston il pubblico non se ne accorge: con quello che ha pagato per stare lì applaudirebbe qualsiasi cosa.
Ma a casa?

Oggi leggeremo di risultati di audience strabilianti, nell’abituale parata di servizi tautologici della Rai,
ma chissà quanti, a casa, ieri sera, hanno scoperto che Iris trasmetteva “Il mucchio selvaggio” di Peckinpah
mentre i figli, al tavolo del fast food, ascoltano nuovi rapper perché quelli che sono a Sanremo sono già vecchi.

Stasera e domani le canzoni si spezzano in due (dodici e dodici) e si respirerà un po’, ma venerdì e sabato saranno ancora ventiquattro.
Chi ci salverà? Gli ospiti? Virginia con un’imitazione monumentale? Chessò, la Ferragni?
Bisio con un monologo di quelli che poi se ne parla per giorni?

Forse sì: analizza i testi di Baglioni sottolineando tutti i riferimenti all’immigrazione prima che entri Claudio a intonare (o, meglio, a stonicchiare) “Io sono qui”.
Insomma, per ora di politico si è visto solo Zingaretti – Montalbano che, negli spot della serie,
tira la volata al fratello per le primarie del Pd, non si sa quanto inconsapevolmente.

Tutto il resto è Festivàl, canzone su canzone su canzone su canzone su canzone. Fino alla fine.
 
Al di là della credibilità del personaggio - ridotta ai minimi termini - non capisco tutto questo clamore
per le dichiarazioni di un "cittadino" qualsiasi. " Il ragazzo dalle infradito dixit ".
Dibba, Dibba…. se non sbaglio, in famiglia avete un'Azienda di sanitari in quel di Roma che
EVADE tasse e contributi. Il suo amico lo segue facendo lavorare in nero.
Dibba è stato mandato avanti a fare il guastatore per far saltare i nervi a Salvini.
Urlare alla casta ti ha portato bene, ma se urli a Salvini ti metti contro il Popolo e la sua maggioranza.
Continua a sbraitare contro Salvini, perché è il modo giusto per affossare il movimento e far crescere la Lega.
E' chiaro che vuole porsi come alternativa super-sinistra a Di Maio, pronto a far le scarpe all'amico (!)
non appena quello vacillerà un po' e il vento sarà favorevole. " Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io "
sarà il segreto mantra del napoletano.. Nell'attesa e in preparazione del subentro, il ragazzo dalle infradito si scalda i muscoli facendo il guerrigliero.
Il nemico ce l'ha di lato, e ovviamente non è l'opposizione (??), ma l'alleato di governo, lo sgradito leghista.

"Matteo, te lo dico con rispetto, ma pure con Quagliariello dovevi fare la conferenza stampa in Abruzzo?
Non ti bastava Berlusconi? E guarda che mettersi lontano e provare a mimetizzarsi con quel maglioncino lì non mi sembra una grande mossa".

"A questo punto mancava solo Cirino Pomicino. Quest’immagine - dice l’esponente M5s mostrando su Facebook
il tavolo della conferenza stampa dei leader del centrodestra a sostegno della candidatura Marsilio per la guida dell’Abruzzo
- dimostra solo una cosa: che l’unico voto per per il cambiamento in Abruzzo è quello per Sara Marcozzi.
Tutto il resto sa ancora troppo di Democrazia Cristiana e di vecchia politica!".
 
Alessandro Di Battista che aveva dato del “rincoglionito” a Berlusconi e anche agli italiani, definendoli un “popolo strano”,
che aveva chiamato “vere puttane” i giornalisti e che per il Fatto quotidiano, in qualità di inviato, ha viaggiato per mezzo mondo
disseminando i social media di post e pensieri positivi, oggi deve ribattere alle accuse del Giornale
che indicano la Srl di famiglia – il padre è presidente del consiglio di amministrazione – come piena di debiti.

370 verso i dipendenti, 135.373 verso i fornitori e 60.177 di mancati versamenti tributari.

L’azienda è la Di.Bi Tec, settore elettrodomestici, i dati sono stati ottenuti dalla visura camerale.
Di Battista risponde all’articolo del Giornale su Facebook, ammettendo la situazione
e dicendo che dei tre dipendenti verso cui la Srl è in debito, uno è la sorella.

I guai messi in piazza di Di Battista padre seguono di poche settimane quelli del padre di Di Maio,
accusato di pagare in nero alcuni dipendenti della sua azienda.
Il figlio aveva preso le distanze e il padre, in un secondo momento, aveva recitato un mea culpa in un video
poco “sentito” e molto programmato, fatto circolare in rete per evitare che i suoi errori professionali
ricadessero sulla carriera politica del figlio. Di Maio, comunque, non era stato il primo Cinquestelle
a dover rispondere pubblicamente ad accuse lanciate alla famiglia.

Ricordate Paola Taverna? Anche lei si era vista tirare in ballo i famigliari e per una ragione piuttosto seria:
la madre della vicepresidente del Senato, nemmeno due mesi prima, era stata coinvolta nell’affare #scroccopoli
(l’hashtag non è nostro ma di invenzione di Virginia Raggi, anche lei Cinquestelle),
la campagna lanciata dal Campidoglio contro le case occupate abusivamente.

Graziella Bartolucci, mamma della Taverna, era stata indicata dall’Ater di Roma tra le persone da sfrattare
in quanto occupava un immobile nella borgata Quarticciolo assegnatole nel 1994, ma che ora poteva sgombrare
in favore di uno a Olbia per 4/6 di proprietà della figlia o in uno commerciale in via Prenestina
o ancora in un appartamento a Torre Angela. Anziché prendere le distanze dalla faccenda,
Paola Taverna aveva pubblicato un video su Facebook nel quale dichiarava che
una persona di ottant’anni ha il diritto di desiderare di morire nella stessa casa in cui ha vissuto”.

Lavoro pagato in nero al Sud, Srl che non ce la fanno stritolate da un sistema tributario
che chiunque abbia una partita Iva sa essere spietato, case occupate e che poi devono essere sgomberate…

I Cinquestelle e le loro famiglie si dibattono in problematiche comuni che riguardano tutti gli italiani,
solo che in quanto politici devono salvare la faccia, cercare di mantenere una parvenza di assoluta trasparenza e rispettabilità
e smarcarsi da accuse che loro stessi rivolgono con un linguaggio violento, all’interno di una dialettica politica
che tende sempre più a ghettizzare l’avversario e a catturare i cittadini con frasi a effetto e hashtag da caccia alle streghe, anziché basarsi si un confronto costruttivo.
 
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Sembra un bella dedica d’amore, la scritta stampata sul maxi cartellone pubblicitario
comparso ieri, venerdì, nei pressi della rotonda del Terzo ponte.

Ma più che un messaggio di San Valentino è in realtà uno scherzo d’aprile in anticipo.
Uno scherzo insomma, a caratteri cubitali, per punire un don Giovanni che sta frequentando due ragazze contemporaneamente.

A ideare il cartellone, con la dedica e due cuori che si incrociano, sono stati gli amici
che hanno deciso di mettere nei guai il latin lover. In effetti il messaggio appare strano, proprio per la firma “le tue ragazze”.

Come racconta Giancarlo Vitali di “Radio Cristal”, proprietario dell’impianto pubblicitario
e uno degli autori dello scherzo di San Valentino, «abbiamo ideato questo scherzo per dare una bella lezione a un nostro amico che fa un po’ troppo il galletto».

Quindi spiega meglio: «Claudio è un ragazzo di 35 anni e da un po’ di tempo frequenta due ragazze.
Entrambe sono innamorate dello stesso uomo, ma nessuna sa dell’esistenza dell’altra».

Almeno fino a ieri. «Questa volta il cartellone non ospita un messaggio pubblicitario.
Una decina di amici e io abbiamo ideato questo scherzo. Insomma Claudio deve prendere una decisione
e le due donne innamorate di lui ora sono informate». Se non sarà Claudio, a prendere una decisione, la prenderanno sicuramente le sue ragazze.

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