Dieselgate, nel report finale del ministero altre omissioni e un’ammissione: ‘Auto analizzate da Cnr e Fiat Chrysler’
Lobby
Delrio, dopo le polemiche sui "test a domicilio" per i veicoli Fca, aveva spiegato: "Sono stati fatti dai nostri tecnici". Ma nella versione definitiva del documento, pubblicata dal dicastero, si legge il contrario. E anche questa volta per nessuno dei modelli Fiat sono presenti i grafici che per gli altri marchi mettono in relazione il funzionamento dei filtri anti inquinamento con la temperatura aspirata dal motore
di
Luigi Franco | 13 marzo 2017
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Graziano Delrio
“La figura riporta in dettaglio le
emissioni di
NOx (…) per tutti i veicoli analizzati dall’
Istituto Motori del Cnr e da
Fca”.
Ammissione non voluta o
lapsus freudiano che sia, la frase compare così, con “i veicoli analizzati da Fca”, in ben due punti del
report finale del ministero dei Trasporti sulle emissioni dei diesel euro 5 venduti in Italia. Per la precisione a pagina 29 e a pagina 32, dove si riportano i dati sugli
ossidi di azoto, i NOx. Per capire il significato del lapsus, facciamo un passo indietro. Dopo lo scoppio del
dieselgate che ha coinvolto la
Volkswagen, il nostro ministero avvia con la collaborazione dell’Istituto Motori del Cnr una serie di prove, eseguite alla presenza di
tecnici ministeriali e responsabili delle case costruttrici, i cui risultati finiscono in una prima versione del rapporto datata 27 luglio 2016.
Un documento tenuto
nascosto finché non ne entrano in possesso gli
eurodeputati del M5S, che lo pubblicano sul loro sito. A quel punto si scopre che le auto messe peggio, secondo i risultati riportati, sono quelle del gruppo
Fiat Chrysler, che in condizioni normali di guida presentano
sforamenti generalizzati di emissioni inquinanti rispetto alle
soglie da rispettare nei test di omologazione. Ma più che per quello che dice, il report fa discutere soprattutto per quello che non dice. Come già raccontato da
ilfattoquotidiano.it, è infatti pieno di
omissioni e stranezze, come
il fatto che certe prove vengano svolte per i veicoli di tutti i marchi, tranne che per quelli Fca. Mentre alcuni dati relativi a veicoli Fiat dopo qualche pagina
scompaiono dai grafici, senza alcuna spiegazione.
Il lapsus del report: “Auto testate da Fca” – Nella prima versione del rapporto finisce sotto accusa anche la scelta di testare tutte le auto non Fca in sedi neutre, e cioè in una sala prove del Cnr e in una
pista dell’esercito. Mentre per le misure sulle Fca vengono utilizzate strutture della stessa casa italo americana, dove non è presente, ancora una volta a differenza dei test sugli altri marchi, nessun ricercatore del Cnr. E qui veniamo al lapsus della nuova versione del report. Perché la scelta di seguire procedure di test diverse per i veicoli Fca ha innescato
polemiche su cui è intervenuto lo stesso
ministro dei Trasporti Graziano Delrio, che appena un mese fa negava qualsiasi privilegio a Fiat: “E’ previsto dalla legge che una parte di questi test possano essere fatti con i tecnici del ministero in laboratori certificati per cui anche in quello della Fiat, che è uno dei più avanzati: non è che li abbia fatti la Fiat su se stessa. Li ha fatti il ministero”. Bene, la Fiat i test non li ha fatti su se stessa, parola di ministro. Solo che poi sul report finale del ministero, quello pubblicato pochi giorni fa per mettere fine a ogni polemica, si legge nero su bianco di veicoli “analizzati da Fca”.
Tutto il report sotto le insegne del Cnr (che però non ha testato le Fca) – E questo non è l’unico dettaglio che fa sorridere in una versione definitiva del report che
avrebbe dovuto rispondere ad accuse arrivate persino da Bruxelles, dove è stato più volte chiesto conto al governo italiano delle
lacune contenute nel primo documento. C’è per esempio un
cambio di grafica che si nota subito: la prima versione è stata pubblicata sotto le insegne del
ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con la sigla Mit che campeggia in ogni pagina. Ora invece le insegne del ministero scompaiono, sostituite da quelle dell’Istituto Motori del Cnr.
E se la prima versione
non riportava i nomi di chi si è occupato del report, in quella nuova sono messi in bella evidenza quelli di quattro ricercatori del Cnr. Solo loro compaiono in copertina, benché
nessuno di loro abbia preso parte ai test sulle Fca. In ogni caso è ai ricercatori del Cnr che è toccato analizzare i dati delle prove ricevuti dal laboratorio Fiat. Proprio quei dati che nel nuovo report sono stati raccolti in
tabelle excel vidimate dai funzionari del ministero, ma stampate indovinate un po’ dove? Su
carta intestata di Fca. Ecco che, tra lapsus e scelte di impaginazione, non si può certo considerare un successo il tentativo del ministero di dare una veste meno ‘politica’ a quel documento che nella prima versione è stato accusato di coprire Fiat.
Anche nel report finale, per le Fca meno dati – E anche passando al piano dei contenuti, la versione definitiva è ben lontana dal risolvere i problemi del report di luglio. Certo, nelle conclusioni si legge che “sulla base dei risultati di prova ad oggi disponibili non siamo in grado di determinare la presenza di un
dispositivo defeat device vietato”. E in più ora ci sono i risultati delle prove che mancavano per tre modelli Fca, la
Lancia Y 1.3, l’
Alfa Romeo Giulietta 1.6 e il
Cherokee 2.0. Come ci sono i dati sulle tre vetture del gruppo
Renault non ancora testate a luglio (
Dacia Sandero, Renault
New Laguna e Renault
Clio), che in quanto a emissioni riescono a fare pure peggio delle Fiat. Ma anche questa volta per nessuno dei modelli Fca sono presenti i grafici che per gli altri marchi mettono in relazione il funzionamento dei
filtri anti inquinamento con la temperatura aspirata dal motore. E nemmeno ora si entra nel merito delle
accuse lanciate dalla Germania sull’utilizzo di defeat devices da parte di Fca, dopo che in alcuni modelli è stata riscontrata la
disattivazione (“modulazione”, sostiene la Fiat) del sistema di controllo delle emissioni dopo 22 minuti, due minuti in più della durata del test di omologazione. Per finire con un’altra critica mossa da più parti al documento di luglio: l’aver preso in considerazione solo veicoli
euro 5, e non quelli oggi in vendita, cioè gli euro 6. Non pervenuti, questi ultimi, anche nel report finale.