La staticità dell'opera d'arte allontana oggi il pubblico?

A questo punto, visto che tiri in ballo la musica, come faccio a non riportare il resto di quel saggio di Hobsbawm? Oltre che di musica, vi si parla di letteratura e architettura. L'unico parte dove non mi trovo tanto d'accordo con lui è sulla scultura: per lui sembra esistere solo quella dei grandi monumenti pubblici. Ma lui, ripeto, non era uno storico dell'arte, ma uno storico con i suoi interessi culturali, in particolare era un cultore del jazz, sul quale ha anche scritto dei libri.


Eric Hobsbawm: Dove vanno le arti?

(Conferenza al Festival Dialogues, Salisburgo 1996)

In realtà, è inappropriato chiedere ...
Un sacco di buone osservazioni, grazie.
A me fa capire che quanto chiamavo traccia o paletto (rispetto ai quadri appesi al muro in un certo periodo) potrebbe meglio chiamarsi "monumento personale".
monumento, dal latino monumentum = monimentum, da monère, ricordare, far sapere, e terminazione mentum indicante ora il mezzo ora l'atto.
 
A me fa capire che quanto chiamavo traccia o paletto (rispetto ai quadri appesi al muro in un certo periodo) potrebbe meglio chiamarsi "monumento personale".
Su questo penso che tu abbia ragione caro Baleng ed ognuno si costruisce il proprio. Il tuo ha ormai raggiunto l'altezza della Eiffel tower.:winner:
 
Su questo penso che tu abbia ragione caro Baleng ed ognuno si costruisce il proprio. Il tuo ha ormai raggiunto l'altezza della Eiffel tower.:winner:

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:titanic: :titanic:
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:-D

In realtà, avendo un senso della proprietà tutto bucato, considero come mio monumento personale non quello che posseggo, ma tutto quello che ho visto da vicino. Cioè, anche la Gioconda o i Canaletto visti in negozio.
Una collezione enorme ... :-R
 
Ultima modifica:
Tornando all'intervento pubblico di Eric Hobsbawm, mi piace notare che quello che lui chiama "la nostra canzone", cioè il valore aggiunto dato ad un pezzo musicale perché associato ad un nostro vissuto, non si discosta molto dal concetto di "Monumento personale" di cui parlavo prima. Anche in questo caso un'opera d'arte mi appare più gradita, probabilmente anche più valida, o significativa, per il fatto di averla associata con un momento importante della mia vita. Il tutto poi va inserito, come correttamente osserva @HollyFabius, in una prospettiva storica, di periodo, per la quale, a ben vedere, valgono gli stessi criteri, solamente non riferiti al singolo, ma moltiplicati per le masse e divenuti moda.
Ho recentemente verificato come a Cuba (un'isola, e per di più ulteriormente "isolata" dalla politica) rimanga di gran moda il video musicale, altrove quasi espulso dal mercato, unitamente ad un genere musicale (per me orribile, va da sé), il reggaeton che altrove viene totalmente ignorato, e sarebbe improponibile (ma certo l'alternativa è parimenti scatologica). Cubani in giro per il mondo mettono nella suoneria dello smartphone queste fastidiose musiche, che per loro hanno comunque il significato di "home", di identità collettiva, non direttamente individuale.
Pertanto, anche nei quadri che il collezionista si degusta ogni dì sul muro del salotto, aspetti di monumento personale - sempre presenti - convivono con aspetti di valori collettivi. Per questi ultimi aspetti,ad esempio, molti acquistano quadri di autori locali, portatori di una cultura in cui trovare identità; e molti acquistano opere di artisti contemporanei, che ugualmente rappresentano un valore collettivo in cui il singolo può rispecchiarsi, a differenza degli autori del passato - a meno che non si sia sviluppata una cultura storica). Poi, all'interno di questa cornice (salvo eccezioni, naturalmente) l'individuo rimarcherà momenti più personali, cioè una canzone invece che un'altra, un pittore invece che un altro, e, nel lungo corso di una vita, un periodo invece che un altro.

Si potrebbe ulteriormente osservare come queste scelte riguardino l'identità, mentre le scelte di soggetto, ad esempio, o di "tecnica" in senso lato, riguardino invece non l'io, ma il carattere. Perciò vi sarà chi preferisce il paesaggio, riposante e un po' dispersivo, chi invece il nudo femminile (anche maschile ...), evocatore di passioni, chi l'astratto che permette di immaginarsi una maggiore libertà personale, chi il bianco-nero rispetto ai colori ecc. Tutto ciò risponde piuttosto a scelte caratteriali (antiche, o almeno subconscie) piuttosto che a scelte coscienti e magari legate ad una esperienza particolare. Avviene allora che l'amante dell'acquarello (chiamiamolo personalità "delicata"), dopo essersi appassionato ai lavori locali, scopra il mondo della pittura orientale su carta (Cina, Giappone) e trasferisca su esso le proprie passioni. Perché, certo, il paesaggio giapponese è ben lontano dalla nostra sensibilità collettiva: però può essere vicinissimo ad una particolare sensibilità caratteriale, più che un lavoro occidentale che, magari, invece di sviluppare lo specifico dell'acquarello si sforzi piuttosto di correre dietro ai risultati delle tempere o degli oli.
 
Tirando una prima conclusione e rispondendo alla domanda iniziale:

la staticità dell'opera d'arte allontana oggi il pubblico?

direi che, più che dalla staticità in sé, l'uomo d'oggi è contrariato per il fatto che i valori dell'opera non sono tutti chiaramente spiattellati, e occorre far la fatica di recuperarseli, mettendo in azione le proprie facoltà. Sono valori con un grande quoziente di astrazione: se ti piacciono i cavalli di Gonzaga o i papaveri di Cascella non devi fare alcuno sforzo, e infatti sono opere a livello basso, decorative e inconsistenti come un presentatore del Festival di Sanremo.
Magari l'abitudine a cinema e televisione ha reso molti individui passivi. Ma il loro "movimento" è un aspetto contingente, se considerato dal punto di vista dell'attivarsi del pensiero. Vi sono situazioni in cui il movimento stimola un pensiero attivo, per esempio in quei campi dove far scienza non è né sicuro né scontato, come l'economia, o nelle situazioni dinamiche di pericolo (guerre ecc). Né tutto il cinema ci rende passivi, ma solo la parte maggiore, quella commerciale.Per la quale una vera sorpresa non è un piacere, ma una disdetta.

Si torna dunque alla distinzione tra arte per l'io e arte per il consumo, dove nella prima ci si attiva, nella seconda si diviene passivi. Più che il cinema o i media, è la mentalità dominante, o i vari poteri internazionali, la causa della passività per cui la buona arte è sempre meno capita e ricercata - salvo goldinianamente apparire come oggetto di consumo - passivo, va da sé.
Ma non dimentico nemmeno che vedo moltissima gente passare ore su Facebbok a guardare (consumare) cose assolutamente insignificanti. Il movimento sembra dunque solo uno degli aspetti del puzzle.
 
Tirando una prima conclusione e rispondendo alla domanda iniziale:

la staticità dell'opera d'arte allontana oggi il pubblico?

direi che, più che dalla staticità in sé, l'uomo d'oggi è contrariato per il fatto che i valori dell'opera non sono tutti chiaramente spiattellati, e occorre far la fatica di recuperarseli, mettendo in azione le proprie facoltà
Io credo che le ragioni dell'allontanamento dell'Uomo di oggi dall'Arte siano altre.
Quello che è diminuita è la capacità evocativa e spirituale dell'Arte, il suo essere porta di transito verso e da un altro mondo, la staticità è solo una componente di questo cambiamento. Pensiamo al cambio di paradigma, di cosa e come l'Umanità è oggi, nel senso suo stare nel mondo, e di come ognuno di noi, ogni individualità, si colloca all'interno della storia dell'umanità, pensiamo insomma a come l'Uomo vede oggi il suo destino e a come questa visione è cambiata rispetto al passato.
Nei secoli scorsi la sensazione di provvisorietà di ogni individualità era forte, il senso della vita (o meglio il perchè della morte) venità affidato ad una entità spirituale superiore, alla sua Volontà, l'accettazione della morte si appoggiava alla speranza di una rinascita all'interno di visioni classiche appoggiate a questo destino. L'Arte offriva un buon appoggio, nella sua funzione di porta evocativa, a questo paradigma.
Oggi il paradigma è cambiato, l'uomo comincia a credere che il proprio destino individuale di oblio sia solo illusorio, comincia a credere che il mondo della Scienza raggiungerà una forza tale da dominare ogni aspetto della realtà, si illude che il tempo potrà venire ripercorso verso il passato, si illude che lo scorrere individuale verso la morte verrà prima rallentato, poi eliminato e infine una rinascità potrà avvenire per mezzo della evoluzione scientifica. La volontà che sconfiggerà il destino di oblio di ognuno di noi e il destino di oblio dell'umanità intera sarà la volontà stessa dell'uomo creata attraverso il mondo della Scienza e della Tecnica.
Questo cambiamento di paradigma non ha più necessità di una porta evocativa che rimandi lo spirito individuale ad una entità spirituale comune esterna all'uomo stesso. E' più evocativo di questo progredire umano un Iphone che non una tela che rappresenti una componente fine (sottile) della realtà e che ci spinga a riflettere e meditare sulla nostra condizione umana. Se la spinta trasformativa del mondo della Tecnica diminuisce l'importanza della funzione evocativa dell'Arte, il mondo dell'Arte deve darsi una nuova identità e valorizzare le altre funzioni della sua presenza, oggi questa valorizzazione passa per valori la cui importanza è dubbia.
 
Io credo che le ragioni dell'allontanamento dell'Uomo di oggi dall'Arte siano altre.
Quello che è diminuita è la capacità evocativa e spirituale dell'Arte, il suo essere porta di transito verso e da un altro mondo, la staticità è solo una componente di questo cambiamento. Pensiamo al cambio di paradigma, di cosa e come l'Umanità è oggi, nel senso suo stare nel mondo, e di come ognuno di noi, ogni individualità, si colloca all'interno della storia dell'umanità, pensiamo insomma a come l'Uomo vede oggi il suo destino e a come questa visione è cambiata rispetto al passato.
Nei secoli scorsi la sensazione di provvisorietà di ogni individualità era forte, il senso della vita (o meglio il perchè della morte) venità affidato ad una entità spirituale superiore, alla sua Volontà, l'accettazione della morte si appoggiava alla speranza di una rinascita all'interno di visioni classiche appoggiate a questo destino. L'Arte offriva un buon appoggio, nella sua funzione di porta evocativa, a questo paradigma.
Oggi il paradigma è cambiato, l'uomo comincia a credere che il proprio destino individuale di oblio sia solo illusorio, comincia a credere che il mondo della Scienza raggiungerà una forza tale da dominare ogni aspetto della realtà, si illude che il tempo potrà venire ripercorso verso il passato, si illude che lo scorrere individuale verso la morte verrà prima rallentato, poi eliminato e infine una rinascità potrà avvenire per mezzo della evoluzione scientifica. La volontà che sconfiggerà il destino di oblio di ognuno di noi e il destino di oblio dell'umanità intera sarà la volontà stessa dell'uomo creata attraverso il mondo della Scienza e della Tecnica.
Questo cambiamento di paradigma non ha più necessità di una porta evocativa che rimandi lo spirito individuale ad una entità spirituale comune esterna all'uomo stesso. E' più evocativo di questo progredire umano un Iphone che non una tela che rappresenti una componente fine (sottile) della realtà e che ci spinga a riflettere e meditare sulla nostra condizione umana. Se la spinta trasformativa del mondo della Tecnica diminuisce l'importanza della funzione evocativa dell'Arte, il mondo dell'Arte deve darsi una nuova identità e valorizzare le altre funzioni della sua presenza, oggi questa valorizzazione passa per valori la cui importanza è dubbia.

Tu, da persona istruita, la butti molto sul "filosofico" ... il tuo intervento, come quelli di Gino, mi sono piaciuti molto ...io da pittore ( quasi ex ) di strada aggiungo, meno prosaicamente quanto segue: ALLA MASSA, CHE NON HA PRATICAMENTE PIÙ SOLDI, E ALLA QUALE È STATO FATTO UN BEL LAVAGGIO DEL CERVELLO, IMPONENDO STATUS SYMBOLS QUALI, APPUNTO, Ĺ I-PHONE, BMW ETC ETC DEI QUADRI NON GLIENE FREGA PIÙ UNA MINC...conosco una trentina di pittori che stanno progressivamente mollando la strada, che ha i suoi costi e sacrifici,... io stesso non so se ci andrò ancora per strada, e sto cercando altre vie ( ma non è semplice...) Semplicemente è cambiato il mondo dell'Arte...che è diventato un aspetto del mondo finanziario per alcuni aspetti e pochi eletti, mentre è morto per la massa...altro che staticità...rigor mortis...
 
Tu, da persona istruita, la butti molto sul "filosofico" ... il tuo intervento, come quelli di Gino, mi sono piaciuti molto ...io da pittore ( quasi ex ) di strada aggiungo, meno prosaicamente quanto segue: ALLA MASSA, CHE NON HA PRATICAMENTE PIÙ SOLDI, E ALLA QUALE È STATO FATTO UN BEL LAVAGGIO DEL CERVELLO, IMPONENDO STATUS SYMBOLS QUALI, APPUNTO, Ĺ I-PHONE, BMW ETC ETC DEI QUADRI NON GLIENE FREGA PIÙ UNA MINC...conosco una trentina di pittori che stanno progressivamente mollando la strada, che ha i suoi costi e sacrifici,... io stesso non so se ci andrò ancora per strada, e sto cercando altre vie ( ma non è semplice...) Semplicemente è cambiato il mondo dell'Arte...che è diventato un aspetto del mondo finanziario per alcuni aspetti e pochi eletti, mentre è morto per la massa...altro che staticità...rigor mortis...
Caro Kiappo, mi sono chiesto per anni, anzi oramai per decenni, se si potesse vivere di arte nell'era contemporanea e sono arrivato alla conclusione che si, si può fare ma non più con l'atteggiamento e lo spirito della bohème che mantiene una sua validità romantica ma che non è più interessante per la società nel suo insieme.
Ho seguito anch'io un corso d'Arte e raggiunto consapevolezza di capacità tecniche accademiche ma quando queste capacità sono di cento, mille, diecimila quale valore sociale possono avere?
So di dire una cosa scomoda e cruda ma dare un senso 'alto' alla propria azione nel fare arte è l'unica strada per lasciare un segno, una traccia riconoscibile oggi, perchè la società moderna non è vero che non ha soldi ma semplicemente ha meno motivazioni per spenderli in oggetti che diventino nel tempo solo forme di arredamento.
Arrivato a questa consapevolezza (piuttosto tardi direi) mi sono anche accordo che pure azioni artistiche di valore potrebbero finire nel nulla della storia se non è il ricordo e l'azioni di chi rimane a dare un senso, una lettura arricchente dell'azione dell'Arte.
 
Caro Kiappo, mi sono chiesto per anni, anzi oramai per decenni, se si potesse vivere di arte nell'era contemporanea e sono arrivato alla conclusione che si, si può fare ma non più con l'atteggiamento e lo spirito della bohème che mantiene una sua validità romantica ma che non è più interessante per la società nel suo insieme.
Ho seguito anch'io un corso d'Arte e raggiunto consapevolezza di capacità tecniche accademiche ma quando queste capacità sono di cento, mille, diecimila quale valore sociale possono avere?
So di dire una cosa scomoda e cruda ma dare un senso 'alto' alla propria azione nel fare arte è l'unica strada per lasciare un segno, una traccia riconoscibile oggi, perchè la società moderna non è vero che non ha soldi ma semplicemente ha meno motivazioni per spenderli in oggetti che diventino nel tempo solo forme di arredamento.
Arrivato a questa consapevolezza (piuttosto tardi direi) mi sono anche accordo che pure azioni artistiche di valore potrebbero finire nel nulla della storia se non è il ricordo e l'azioni di chi rimane a dare un senso, una lettura arricchente dell'azione dell'Arte.

Eh, caro Holly... purtroppo è così... anch'io sono arrivato alle tue conclusioni...ormai dipingo solo per me stesso, quando ne ho voglia...e lascio perdere il mercato e le mirabolanti promesse a pagamento..per fortuna non sono mai caduto in certe trappole..però un pò di amaro in bocca rimane.. mi fa piacere che ho un piccolo " zoccolo duro " di persone a cui i miei lavori piacciono, e va bene così...
 
E comunque, come lo spazio per le varie novità tecnologiche (telefono, radio, tv, computer ...) è progressivamente aumentato, sia come spazio occupato nella casa e nel bilancio che come tempo richiesto, così lo spazio mentale di disponibilità per l'arte è diminuito, forse soprattutto rispetto al possederla.
Si consideri che è diminuito, questo spazio, anche per le buone letture o per la buona musica (quella schifosa ce la propinano da fuori, eccome!, non perdono occasione, dal supermercato alla pubblicità TV)
 

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