MA IL MARE E' COME L'ANIMA. E NON FA SILENZIO MAI. NEMMENO QUANDO TUTTO TACE.

Ieri si è superato, infliggendoci una lezione da Accademia dell’Etnia.
Come sostituire un popolo con l’immigrazione clandestina. È il profeta della sostituzione etnica.

Nella sua lezione, Saviano ci spiega che se i napoletani se ne vanno non dobbiamo preoccuparci degli immigrati.
Anzi, quasi quasi possiamo ospitarli per sostituire gli italiani
che cercano fortuna altrove. Nigeriani al posto di ricercatori, magari.

Chissà se siamo autorizzati a pensare che lo stesso trattamento possa valere anche per lui.
Se ne va a New York nell’attico tanto ospitale e al posto suo ci mettiamo un africano.

Il vantaggio è duplice: Saviano potrebbe smettere di infliggerci lezioni dalla latitanza dorata e il colored ci farebbe risparmiare sulla scorta.

La realtà è invece ben diversa da come la racconta.
Se dal Sud – e non solo – i nostri figli se ne vanno è proprio perché non c’è più lavoro.
Pensare di offrirlo agli immigrati che vengono col barcone è qualcosa che appartiene solo a fantasie malate.

C’è da confessare stanchezza di fronte al tentativo insistente di cambiare le carte in tavola.
Non ci si pone più il problema di fermare l’emigrazione italiana verso altri paesi,
ma si propone di sostituirla con quella africana verso di noi.
Come se non bastasse tutto quello che già abbiamo in casa nostra.

Sono – i Saviano e quelli come lui – gli sponsor del modello Riace, la tifoseria di Mimmo Lucano.
Dipendesse da loro, incentiverebbero l’Italexit dei nostri connazionali fuori dai confini
per trasformare la Patria in uno straordinario meticciato a loro uso e consumo.

Attenzione a sottovalutare questi messaggi diffusi via social.

Non sopportiamo più le prediche sciagurate di questi cattivi maestri.
 
Sig. Villani. Ma i genitori dove sono ? Collegati via chat ? Sui social ? Facebook ?
Toglierei loro la patria potestà.

Sono tre i ragazzini ricoverati di recente al Bambino Gesù di Roma per coma etilico.

A rivelarlo è stato Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, la Sip,
lanciando l’allarme sulla diffusione e la portata dello “sballo alcolico” tra giovani e giovanissimi.

I tre ragazzini, finiti in rianimazione, hanno 12-13 anni.

«Sono convinto che i casi che arrivano sui giornali siano solo la punta dell’iceberg», ha aggiunto Villani,
sottolineando che «basta guardarsi intorno la sera, soprattutto nel fine settimana, per vedere quanti adolescenti,
ancora ragazzini, alle prese con il rito dell’aperitivo».

O che è sufficiente «chiedere ai tassisti quanti ne trasportano il venerdì o il sabato notte, stravolti dall’alcol».

«E non c’è differenza – ha chiarito il medico – fra maschi e femmine».
«Occorre più attenzione da parte di chi vende alcolici, più consapevolezza fra i giovanissimi sui rischi e sui danni per la salute,
ma anche più attenzione da parte della società. Magari attraverso campagne di sensibilizzazione», ha proseguito Villani.
 
Da tempo immemore, la "demenza" attanaglia gli uffici pubblici.
Qui una provincia - di Lecco - fa causa ad un Comune - di Lecco - ed affida
l'incarico ad un avvocato di Frosinone ???????? come se qui a Lecco non ce ne fossero
a centinaia. Oramai è l'attiivtà che più prolifica. E per cosa ?
Per uno scarico che non sanno di chi è. BUFFONI

Ruota attorno ad uno scarico a lago non autorizzato riscontrato tempo fa non lontano dalla Canottieri
la battaglia ecologista intrapresa dalla Provincia di Lecco, determinata a vederci chiaro su una situazione ancora oggi circondata di un'aura di mistero.

La conduttura abusiva infatti c'è ed è lì da vedere eppure parrebbe essere di nessuno.

"La presenza dello scarico era emersa a seguito di un controllo della Polizia Provinciale" spiega il consigliere delegato all'Ambiente Stefano Simonetti.

"Espletate le verifiche era stata emessa una sanzione a carico del Comune di Lecco, individuato quale proprietario del tubo".

Ritenendosi non toccato dalla questione l'Ente locale, dopo l'ordinanza di ingiunzione ha però trascinato Villa Locatelli in Tribunale
con il giudice che ha accolto l'opposizione di Palazzo Bovara, emettendo dunque sentenza avversa alla Provincia.

Ora quest'ultima farà Appello, con incarico affidato a un legale di Cassino (Frosinone).


"Non è accettabile che ci sia uno scarico non autorizzato e non si accerti di chi è.
Ho dato indicazione all'Ufficio Ambiente di scrivere al Comune di Lecco e a Lario Reti Holding per chiedere, entro 30 giorni,
l'invio di ulteriori specifiche, al di la della questione dell'Appello che seguirà il suo corso.
Qualora non venissero forniti chiarimenti la Provincia chiederà alla Procura
l'autorizzazione alla chiusura dello scarico con tutte le conseguenze del caso" anticipa Simonetti.

"Come delegato all'Ambiente voglio vederci chiaro. Deve emergere di chi è la competenza. Tolleranza zero per chi inquina".
 
Ultima modifica:
Ah ...ecco. Un esperto ...politico.
ESPERIENZE PROFESSIONALI E AMMINISTRATIVE

Da marzo 2001 a maggio 2005 Consulente giuridico d’importanti Studi legali di Bergamo e Milano
Da giugno 2001 a ottobre 2001 Consulente del Ministro della Giustizia
Da ottobre 2001 ad aprile 2005 Segretario Particolare del Ministro della Giustizia
Da ottobre 2001 ad aprile 2005 Responsabile dell’Ufficio Cerimoniale del Ministero della Giustizia
Da ottobre 2001 ad aprile 2005 Dirigente del Ministero della Giustizia.
Da marzo 2007 a oggi Avvocato iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Bergamo
Da gennaio 2008 a oggi Titolare dello Studio legale Simonetti & Partners con sede in Bergamo
Da giugno 2009 a oggi Consigliere comunale del Comune di Valgreghentino
Da giugno 2009 al 12 ottobre 2014 Assessore ai Lavori Pubblici della Provincia di Lecco
Da febbraio 2013 al 12 ottobre 2014 Vice Presidente della Provincia di Lecco
Dal 4 giugno 2014 al 12 ottobre 2014 Presidente facente funzione della Provincia di Lecco
Dal 13 ottobre 2014 a oggi: Consigliere provinciale della Provincia di Lecco
 
Uno pensa di fare qualcosa di buono.
Sostituisce una fatiscente e pericolosa passerella di legno con un manufatto sicuro
ed ecco che sorgono come "funghi" i detrattori. Quelli che parlano parlano parlano
ma che non fanno mai un azzo .....solo per pura invidia. Poverini. Come vivono male.

INTROBIO – I fungiatt sono in agitazione, siamo ormai nel momento più atteso della stagione per chi cerca funghi
ma a Introbio e più precisamente alla famosa Bocca di Biandino – in un contesto ambientale bellissimo –
ecco spuntare non già deliziosi porcini ma un grosso ponte metallico, posizionato in queste ore a cura di un mezzo pesante di un’impresa del posto.

Per tanto tempo, lì sulla Troggia, ha funzionato una pericolosa passerella con traversine di legno sempre più usurate
e dunque il nuovo manufatto con alte sbarre ai due lati rappresenta di certo un miglioramento
se non altro in termini di sicurezza per quanti oltrepassano il “salto” sopra il torrente.


Il ponte, prima e dopo

Per quanto appreso, si tratterebbe ancora di un ponte di tipo pedonale e non utilizzabile da autoveicoli o comunque mezzi a motore.

Sicuramente, date le caratteristiche e la localizzazione della passerella appena sistemata,
saranno state seguite tutte le prescrizioni in materia, dato che interventi del genere
sono sottoposti a una lunga serie di normative in ambito urbanistico, ambientale, paesaggistico e quant’altro.

Di certo, l’attraversamento della Troggia configura un passaggio sul cosiddetto “Reticolo Maggiore
per il quale a occhio e croce vanno chieste autorizzazioni in Regione, così come per la ‘RER
– Rete Ecologica Regionale e ancora per la tutela del cosiddetto Geosito
(quelli di pertinenza municipale, cioè tutte la cascate del bel corso d’acqua introbiese, sono tutelati dall’apposita Legge Regionale del 15 gennaio 2011).

Naturalmente, infine, anche in caso di ponte solo pedonale, deve essere effettuato un regolare collaudo, per la specifica categoria di carico.

Del “nuovo ponte in ferro” a poca distanza da un noto rifugio sta parlando in queste ore tutto il paese.
 
Fiction o realtà ?

“Hanno rapito mia figlia”.
Inizia così la conversazione con Stefania che, al telefono con la voce rotta dal dolore,
ci racconta di come i servizi sociali di Reggio Emilia le hanno strappato via la sua bambina di appena due anni.

”Una mattina - dice - mentre ero sola in casa, sento dei rumori venire dal giardino.
Dopo poco qualcuno inizia a bussare forte alla porta”. Era il 3 aprile.

Stefania va a controllare chi è. Sono un uomo e una donna.
Si presentano e le dicono di essere dell’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali,
e affermano di essere intervenuti dopo una segnalazione del vicino di casa: “I cani abbaiano troppo”.
Ma Stefania non si fida. Come erano arrivati in giardino i due?
E perché volevano entrare con la forza in casa sua alle 10 del mattino?
“Ero perplessa - continua - e ho chiesto spiegazioni, ma loro mi continuavano a dire che dovevo aprire”.

Marco, il compagno di Stefania, aveva installato alcune telecamera nel giardino dopo aver subito un furto.
È proprio dalle immagini di quei monitor che la madre comincia a sospettare che ci sia qualcosa di strano,
quando si accorge che stanno arrivando anche altre persone. Poi il buio.

“Tutto d’un tratto mi accorgo che le telecamere si erano spente - spiega in lacrime Stefania - mi avevano staccato la corrente. Ero terrorizzata.”

Stefania decide di chiamare sua madre, che subito raggiunge la figlia a casa e riattiva immediatamente la luce.
Da quel momento le telecamere riprendono a registrare.

Nel frattempo, però, erano arrivati anche i poliziotti: “Era surreale, non capivo cosa stesse succedendo”.
Così Stefania si ritrova cinque persone dentro casa.

“Mi chiedono i libretti dei miei cani. E io inizio a cercare per darglieli", spiega la mamma.
Ma mentre Stefania cerca di soddisfare le richieste della polizia qualcuno inizia a salire le scale della sua casa.
Al piano di sopra dormiva la bambina. Passano pochi minuti e Stefania sente piangere la piccola. Un pianto di terrore.
La mamma si precipita a vedere cosa è successo:

“Mia figlia era tra le braccia di un uomo che la teneva come un pacco. A testa in giù. E intanto correva per le scale.”

La mamma allora inizia a rincorrere l’uomo e cerca di strappargli via la piccola.

“Ho iniziato a correre più forte che potevo. Nessuno può capire cosa scatti nella mente di una madre in una situazione simile.
Non capivo più niente - continua la mamma -. L’avevo quasi raggiunta, ma loro sono stati più veloci.
L’hanno caricata sulla macchina e se ne sono andati”.

L’auto dei servizi sociali si allontana dalla casa mentre Stefania, in lacrime, guarda sua figlia sparire tra i palazzi.

Da quel giorno i due genitori non hanno più visto la loro bambina.

“Io non so neanche dove sia - grida al telefono la madre -. Non so se sta bene. Non so se piange, se mi cerca. Sono disperata. Tutto questo mi sta uccidendo.”
 
Ma facciamo un passo indietro.

Tutto inizia molti anni fa, quando Stefania all’età di vent’anni cade nel tunnel della droga.

“I miei - ci confessa - si erano da poco separati. Stavo videndo una situazione difficile.
Ho iniziato a fumare eroina. In realtà non sapevo neanche cosa stessi facendo.”

Ma la donna capisce subito che quella strada le avrebbe rovinato la vita, e così inizia a curarsi:
“Dopo poco decisi di smettere e mi rivolsi al Sert”. Ed è proprio lì, tra medicinali e crisi di astinenza, che la donna conosce un uomo.

I due si incontrano a Parma, nella clinica in cui lei si stava disintossicando.
Usciti dalla struttura i due si sposano e, dal matrimonio, nasce una bambina.
Dopo due anni e mezzo la mamma decide di tornare in una clinica. Questa volta per liberarsi dalla dipendenza di Subutex,
un farmaco molto invasivo che le avevano dato per curare la dipendenza dagli oppiacei.

“Mentre ero in clinica - aggiunge - la bambina stava con mia madre, che per starle dietro aveva chiesto aiuto a mia zia.”
Ed è da lì che iniziano i problemi. La zia sostiene che la nipote non sia in grado di gestire la figlia.
E, tramite alcune conoscenze, decide di far intervenire gli assistenti sociali.
Con un provvedimento d’urgenza la bambina viene affidata ai servizi sociali e collocata presso la zia.
Ma, al tempo, Stefania, lontana da casa, decide di subire questa situazione:
“Ero troppo giovane e non avevo le risorse economiche per difendermi nelle sedi opportune. Ho sbagliato, ho lasciato correre.”

Per lei da quel giorno inizia un’altra vita. Conosce Marco e, dopo poco, esce definitivamente dalla droga.
Nel 2016 Stefania rimane incinta della sua seconda figlia. Una gravidanza felice, questa volta,
accanto all’uomo che l’ha aiutata ad uscire da ogni tipo di dipendenza.
Una mattina la madre, che da giorni non riusciva a dormire, decide di andare al pronto soccorso.
E lì, per la mamma, inizia l’inferno.
La struttura ospedaliera avverte il reparto di psichiatria e si rivolge agli assistenti sociali.
Gli stessi che già avevano agito contro di lei dopo le segnalazioni della zia con la prima figlia e che, questa volta,
chiedono esplicitamente di essere richiamati quando la madre verrà ricoverata per il parto. E così è stato.

“Dopo il parto mi hanno chiesto di sottopormi alle analisi tossicologiche. Io non capivo perché.
Erano già tre anni che ero pulita. Non c’era nessun motivo per controllarmi ancora", racconta.

Ma Stefania decide di collaborare, ha paura che il gioco-forza non giovi alla situazione.
Le analisi sono negative, sia per lei che per la bambina: “Ero contenta, pensavo che a quel punto mi lasciassero stare.
Credevo che finalmente mi sarei goduta la mia bambina”. Racconta la mamma. Ma non fu così. Le analisi non bastarono.

I servizi sociali obbligarono la madre ai controlli domiciliari: “Le assistenti venivano da me ogni giorno. Mattina e pomeriggio.”
Nonostante le continue pressioni, le visite giornaliere e il dispiacere di essere considerata una madre inaffidabile
dopo tutti gli sforzi e gli obiettivi raggiunti per rimettere in piedi la sua vita, la mamma non si oppone e fa tutto quello che le viene chiesto.

Fino a quando non le annunciano che dovrebbe andare in una casa famiglia insieme a sua figlia:
“Mi rifiutai. Non potevo accettare una cosa del genere. Non c’erano motivazioni valide per allontanarci da casa.
Sono anni che sto bene. Vivevamo felici, tutta la famiglia insieme, nella nostra casa. Mi stavano togliendo tutto, senza spiegarmi perchè. Dovevo lottare per la mia felicità.”

Una battaglia estenuante. A ottobre del 2018 il Tribunale dei minori di Bologna emette un decreto provvisorio.
Le motivazioni, a suo dire, sono false: “Dichiaravano che vivevo in uno scantinato, cosa assolutamente non vera.
Ribadivano la mia tossico dipendenza, ormai superata da anni.”

Con quel decreto la piccola sarebbe stata strappata dalle braccia dei suoi genitori.
Non ci sta ad essere stata raggirata. E Stefania, oggi, rivuole sua figlia.
 
Altro tipo di PEZZENTI

La bulgara Kristalina Georgieva è ufficialmente la candidata dell'Ue per la guida dell'Fmi.

La scelta è arrivata in tarda serata, al termine di una maratona negoziale e un voto serrato tra i 28 Paesi membri:
un voto che ha mostrato le profonde divisioni tra i 28 Paesi ed è stato complicato fino all'ultimo nonostante il fatto
che, tra ieri e oggi, si fosse ridotta a due la lista dei candidati che comprendeva, oltre all'economista bulgara, l'olandese Jeroen Dijsselbloem.

Si erano ritirati dalla corsa l'attuale presidente dell'Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno;
il ministro ad interim dell'Economia in Spagna, Nadia Calvino, e infine il governatore della banca centrale finlandese, Olli Rehn.


L'Ue si è spaccata tra i Paesi del Sud, che non hanno dimenticato le sparate di Dijsselbloem,
quando accusava i Paesi del Mediterraneo di sprecare i loro soldi in "grappa" e "donne", e quelli del Nord.

Berlino sosteneva Dijsselbloem, Parigi la rivale Georgieva, quest'ultima sostenuta anche dall'Italia.
La mancanza di unità ha fatto sì che la candidata bulgara ottenesse il sostegno del 56% dei Paesi,
che rappresentavano però solo il 57% della popolazione, lontano dunque da quel 65% che era richiesto dalla maggioranza qualificata.
Alla fine ci ha pensato l'ex presidente dell'Eurogruppo ed ex ministro olandese dell'Economia,
a chiudere la questione, riconoscendo la sua sconfitta su Twitter e congratulandosi con la candidata bulgara.

"Mi congratulo con Kristalina Georgieva per il risultato dei voti europei di oggi", ha dichiarato Dijsselbloem su Twitter .
"Le auguro il massimo successo". Come riporta Politico, i Paesi europei hanno fatto ricorso al voto dopo essere stati incapaci
di negoziare una scelta condivisa da una lista di cinque candidati che includevano Mário Centeno del Portogallo
e Olli Rehn della Finlandia e Nadia Calviño della Spagna. Il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire ha guidato il processo di selezione.
Sempre secondo Politico, la procedura ha sollevato dubbi sulla capacità dell'Europa di mantenere un fronte unito per eleggere un posto influente.
Tutti e 11 i capi dell'FMI, dal 1946 in poi, provengono dall'Europa, in virtù di un accordo informale con gli Stati Uniti, che sceglie il capo della Banca mondiale.
Insieme, gli Stati Uniti e i Paesi dell'Ue detengono il 46 percento dei voti.
Il Fondo Monetario Internazionale, infatti, è un organismo frutto della leadership degli Stati Uniti nel blocco occidentale,
nato al termine della Seconda Guerra Mondiale con la creazione delle organizzazioni internazionali dette di "Bretton Woods".

Come ricorda IlSole24Ore, c'è un altro problema che pesa su Kristalina Georgieva:
la bulgara tra pochi giorni compie 66 anni e non rispetta il limite di età previsto dallo statuto dell' Fmi:
il direttore del Fondo non può avere più di 65 anni quando viene nominato e non può restare in carica oltre i 70 anni.

L'ostacolo è superabile solo con un accordo tra i Paesi membri dell'Fmi, che non è affatto scontato.
Tuttavia, per ora la nomina Ue di Georgieva è una vittoria non solo di Macron ma anche dello speculatore George Soros.
Nel 2014, lo speculatore, sostenitore del Partito democratico americano, ha consegnato a Georgieva il premio dell'Open Society Foundations.
Premio che "viene assegnato a personalità di spicco i cui risultati hanno contribuito in modo sostanziale alla costruzione di una società aperta".

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