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Nonno pensionato
LA SCADENZAMps, governo al bivio: confermare o no l’ad Lovaglio? Entro domenica i candidati all’assemblea
di Stefano Righi
La lista del governo arriverà probabilmente solo a fine settimana: venerdì, forse addirittura sabato. Il termine ultimo per la presentazione è domenica 26 marzo, venticinque giorni prima dell’assemblea in programma il 20 aprile a Siena. Sono giorni cruciali per il futuro prossimo del Monte dei Paschi, l’istituto di credito che il governo italiano ha salvato dal fallimento mettendo sul piatto una svariata quantità di miliardi di euro pubblici e contestualmente infilandosi in portafoglio il 64 per cento del capitale della banca più antica al mondo. Una quota di maggioranza assoluta che adesso impone all’esecutivo di designare almeno dodici dei futuri quindici amministratori di Mps. Una scelta complessa. Le variabili in gioco sono ancora molte: ma sono più legate a scelte politiche, anche in senso lato, che di business.
Incognite
Luigi Lovaglio
Dominano le incognite. La più rilevante è sul futuro di Luigi Lovaglio, l’amministratore delegato arrivato a Siena nel febbraio 2022 che ha impresso una svolta netta al business della banca, realizzando alcune cose non semplici nel contesto senese, soprattutto in così poco tempo: un piano industriale che sta cocciutamente portando avanti e che punta senza mezzi termini alla redditività; un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro completato praticamente senza far ricorso al consorzio di garanzia; un piano di esodi incentivati che ha alleggerito e svecchiato il vecchio Monte, preparandolo a stare sul mercato in una ottica di competitività.
Maria Patrizia Grieco
Lovaglio non è sicuro della riconferma. Il suo mandato scade con l’approvazione dei conti al 31 dicembre 2022, prevista appunto il mese prossimo. Il governo ha il legittimo diritto di scegliere: il 25 settembre scorso se lo è trovato lì e adesso deve valutarlo in una prospettiva triennale. Sarà una scelta, al di là degli aspetti oggettivi e inconfutabili emersi nell’ultimo anno e che depongono a favore di Lovaglio, eminentemente politica. Non sarà la sola. Il governo deve infatti pensare anche al nuovo presidente del Monte dei Paschi. Maria Patrizia Grieco, lei pure in scadenza come tutto il consiglio di amministrazione, si è resa indisponibile al rinnovo dell’incarico. Chi la sostituirà?
Nicola Maione
Grieco sta concludendo il secondo mandato consecutivo con una donna alla presidenza di Mps. Ce ne sarà una terza? Se non fosse così, uno dei candidati più in vista all’inizio dell’ultima settimana è Nicola Maione, attuale consigliere di amministrazione del Monte, avvocato cassazionista e in precedenza presidente dell’Enav.
Con ogni probabilità la grande maggioranza del consiglio uscente, che è espressione del primo governo Conte, era il maggio 2020, in piena pandemia, sarà rinnovato. L’esito delle recenti amministrative in Lombardia e nel Lazio hanno dato ulteriore vigore ai partiti di maggioranza, con un recupero della Lega che dovrebbe riflettersi anche sui candidati. Ma le incognite, come dicevamo, sono molte.
Il governo, ad esempio, ha appena ridisegnato il Mef, istituendo il nuovo Dipartimento dell’Economia, che sarà diviso in tre direzioni e a cui andrà il controllo delle partecipate, tra cui appunto il Monte.
Le altre liste
Ma non è questa l’unica complicanza: non è certo, ad esempio, quante saranno le liste che verranno presentate. È probabile ma non certo che il Comitato dei gestori, che rappresenta il mondo del risparmio gestito e degli investimenti professionali, una organizzazione vicina ma non sovrapponibile ad Assogestioni, presenti una propria lista. Numeri alla mano il Comitato dei gestori potrebbe contare su tre consiglieri, che potrebbero però anche scendere a due qualora le fondazioni e le casse che hanno investito nel Monte in occasione dell’aumento di capitale dello scorso autunno decidessero di presentare candidati unitari.
Fondazioni e Comitato dei gestori non influiranno comunque sul nome del presidente e dell’amministratore delegato, la cui individuazione spetta solo al governo: al ministro Giancarlo Giorgetti in prima battuta, con la successiva supervisione del presidente del consiglio Giorgia Meloni.
A complicare la scelta è il fatto che il Monte dei Paschi è solo una delle circa 70 società di cui il governo, quest’anno, dovrà immaginare un futuro. E altrettante saranno l’anno prossimo: 135 controllate, altrettanti presidenti, altrettanti amministratori delegati.
Quindi il Monte sarà una scelta importante, di bandiera anche perché andrà a toccare una banca che è fortemente radicata in una zona che è stata per decenni feudo elettorale dell’attuale opposizione, ma non è l’unica partita del momento. Tanto più che, essendo il Monte in ristrutturazione sotto il controllo delle autorità europee, il compenso degli amministratori è importante, ma ridotto rispetto ad altre società, pur richiedendo un lavoro probabilmente superiore per impegno orario e profondità di analisi.
Inizia l’ultimo giro di giostra, pochi giorni per decidere: le attestazioni di stima andranno pesate alla luce delle convenienze politiche. Si è sempre fatto così. A meno che, davvero, non sia cambiato qualcosa.
di Stefano Righi
La lista del governo arriverà probabilmente solo a fine settimana: venerdì, forse addirittura sabato. Il termine ultimo per la presentazione è domenica 26 marzo, venticinque giorni prima dell’assemblea in programma il 20 aprile a Siena. Sono giorni cruciali per il futuro prossimo del Monte dei Paschi, l’istituto di credito che il governo italiano ha salvato dal fallimento mettendo sul piatto una svariata quantità di miliardi di euro pubblici e contestualmente infilandosi in portafoglio il 64 per cento del capitale della banca più antica al mondo. Una quota di maggioranza assoluta che adesso impone all’esecutivo di designare almeno dodici dei futuri quindici amministratori di Mps. Una scelta complessa. Le variabili in gioco sono ancora molte: ma sono più legate a scelte politiche, anche in senso lato, che di business.
Incognite
Dominano le incognite. La più rilevante è sul futuro di Luigi Lovaglio, l’amministratore delegato arrivato a Siena nel febbraio 2022 che ha impresso una svolta netta al business della banca, realizzando alcune cose non semplici nel contesto senese, soprattutto in così poco tempo: un piano industriale che sta cocciutamente portando avanti e che punta senza mezzi termini alla redditività; un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro completato praticamente senza far ricorso al consorzio di garanzia; un piano di esodi incentivati che ha alleggerito e svecchiato il vecchio Monte, preparandolo a stare sul mercato in una ottica di competitività.
Lovaglio non è sicuro della riconferma. Il suo mandato scade con l’approvazione dei conti al 31 dicembre 2022, prevista appunto il mese prossimo. Il governo ha il legittimo diritto di scegliere: il 25 settembre scorso se lo è trovato lì e adesso deve valutarlo in una prospettiva triennale. Sarà una scelta, al di là degli aspetti oggettivi e inconfutabili emersi nell’ultimo anno e che depongono a favore di Lovaglio, eminentemente politica. Non sarà la sola. Il governo deve infatti pensare anche al nuovo presidente del Monte dei Paschi. Maria Patrizia Grieco, lei pure in scadenza come tutto il consiglio di amministrazione, si è resa indisponibile al rinnovo dell’incarico. Chi la sostituirà?
Grieco sta concludendo il secondo mandato consecutivo con una donna alla presidenza di Mps. Ce ne sarà una terza? Se non fosse così, uno dei candidati più in vista all’inizio dell’ultima settimana è Nicola Maione, attuale consigliere di amministrazione del Monte, avvocato cassazionista e in precedenza presidente dell’Enav.
Con ogni probabilità la grande maggioranza del consiglio uscente, che è espressione del primo governo Conte, era il maggio 2020, in piena pandemia, sarà rinnovato. L’esito delle recenti amministrative in Lombardia e nel Lazio hanno dato ulteriore vigore ai partiti di maggioranza, con un recupero della Lega che dovrebbe riflettersi anche sui candidati. Ma le incognite, come dicevamo, sono molte.
Il governo, ad esempio, ha appena ridisegnato il Mef, istituendo il nuovo Dipartimento dell’Economia, che sarà diviso in tre direzioni e a cui andrà il controllo delle partecipate, tra cui appunto il Monte.
Le altre liste
Ma non è questa l’unica complicanza: non è certo, ad esempio, quante saranno le liste che verranno presentate. È probabile ma non certo che il Comitato dei gestori, che rappresenta il mondo del risparmio gestito e degli investimenti professionali, una organizzazione vicina ma non sovrapponibile ad Assogestioni, presenti una propria lista. Numeri alla mano il Comitato dei gestori potrebbe contare su tre consiglieri, che potrebbero però anche scendere a due qualora le fondazioni e le casse che hanno investito nel Monte in occasione dell’aumento di capitale dello scorso autunno decidessero di presentare candidati unitari.
Fondazioni e Comitato dei gestori non influiranno comunque sul nome del presidente e dell’amministratore delegato, la cui individuazione spetta solo al governo: al ministro Giancarlo Giorgetti in prima battuta, con la successiva supervisione del presidente del consiglio Giorgia Meloni.
A complicare la scelta è il fatto che il Monte dei Paschi è solo una delle circa 70 società di cui il governo, quest’anno, dovrà immaginare un futuro. E altrettante saranno l’anno prossimo: 135 controllate, altrettanti presidenti, altrettanti amministratori delegati.
Quindi il Monte sarà una scelta importante, di bandiera anche perché andrà a toccare una banca che è fortemente radicata in una zona che è stata per decenni feudo elettorale dell’attuale opposizione, ma non è l’unica partita del momento. Tanto più che, essendo il Monte in ristrutturazione sotto il controllo delle autorità europee, il compenso degli amministratori è importante, ma ridotto rispetto ad altre società, pur richiedendo un lavoro probabilmente superiore per impegno orario e profondità di analisi.
Inizia l’ultimo giro di giostra, pochi giorni per decidere: le attestazioni di stima andranno pesate alla luce delle convenienze politiche. Si è sempre fatto così. A meno che, davvero, non sia cambiato qualcosa.