Il
Tesoro vuole andare avanti nella privatizzazione di
Mps. I conti presentati mercoledì 7 febbraio dal ceo
Luigi Lovaglio confermano che la banca senese presieduta da
Nicola Maione sta attraversando un periodo d’oro
Il boom della banca
Non solo da inizio 2023 a oggi le
azioni hanno guadagnato oltre il 75% ma, grazie ai profitti record incassati nel corso dell’esercizio, saranno distribuiti 315 milioni di dividendi di cui 124 milioni solo per via XX Settembre. Si tratta di un ritorno alla cedola dopo ben 13 anni e una crisi travagliata che ha richiesto un
salvataggio di Stato nel 2017. Anche senza ulteriori rally in borsa, allo stacco cedola del 20 maggio il total return del titolo si avvicinerebbe al 90%, un risultato che molti ritenevano impensabile un anno fa.
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Gli obiettivi del Tesoro
Gli approfondimenti per portare avanti la
privatizzazione sono già iniziati al Tesoro. Secondo quanto risulta a
MF-Milano Finanza, a due settimane dalla scadenza del lock-up (90 giorni dopo il
maxicollocamento del 25% lo scorso 20 novembre), il ministero guidato da
Giancarlo Giorgetti sta ragionando sulla vendita di una seconda tranche, compresa tra l’8 e il 10%. La dismissione potrebbe avvenire dopo lo stacco della cedola, quindi entro giugno.
L'auspicio è bissare il successo della privatizzazione parziale di novembre che ha portato nelle casse dello Stato 920 milioni: un risultato rivendicato dal governo, che ha intenzione di applicare il modello
Mps alle prossime cessioni di asset: quote di
Poste, di
Eni e forse una quotazione di pezzi di
Ferrovie dello Stato.
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Scendere ulteriormente nel capitale della banca risponde a due esigenze, spiegano fonti vicine a
via XX Settembre: da un lato rispetta l’impegno preso con
Bruxelles di dismettere ampia parte della partecipazione statale (inizialmente del 64%) entro fine 2024; dall'altro consente al governo di uscire dal mondo del credito retail prima di una – ad oggi improbabile – recessione economica.
Il dibattito nel governo
Ma non tutti dentro la maggioranza pensano che sia questa la strada da seguire: «Dopo 5,4 miliardi versati dallo Stato per tenere in vita
Mps, perché uscire proprio adesso che Lovaglio ha «scalato la montagna» e paga dividendi che fino a un anno fa sembravano un miraggio?», è il dubbio che si raccoglie in
Parlamento. È pur vero che le privatizzazioni non servono solo per far cassa, come ha ribadito
Giorgetti in occasione del question time, ma comunque aiutano i conti pubblici. Specie se, dopo le europee, sarà necessario finanziare una manovra correttiva.
Per parte sua il ceo
Lovaglio preferisce non entrare nella partita: «Questo è un aspetto di cui discuteranno i nostri azionisti», ha puntualizzato ieri il banchiere.
Il ceo si dedica intanto al rilancio della macchina interna:
Mps ha annunciato un giro di nomine in posizioni chiave.
Maurizio Bai, già chief commercial officer imprese e private, è diventato vicedirettore generale,
Fiorella Ferri chief human capital officer,
Alessandro Giacometti chief operating officer e
Marco Tiezzi chief commercial officer retail.