Obbligazioni MPS

Privatizzare il Monte dei Paschi, ma a che prezzo? Un girotondo
RICAPITALIZZAZIONE, DOTE FISCALE E RISCHI LEGALI: COSTA DI PIÙ VENDERE MPS O TENERLO? PARLANO CASELLI, MONTICINI E CARPIGLIONE

  • Il Foglio Quotidiano
  • 25 Nov 2020
  • Mariarosaria Marchesano
Milano. Con le ultime mosse nel mercato, riprende vigore il risiko bancario. E adesso l’attenzione è concentrata sulle mosse che farà il Mef con il Monte dei Paschi. Secondo indiscrezioni riportate da Reuters, il ministero guidato da Roberto Gualtieri – azionista della banca senese con il 68 per cento – avrebbe selezionato Bank of America come advisor finanziario e lo studio Orrick in qualità di consulente legale per dare il via alla privatizzazione di Mps, anche se una componente del governo insiste affinché la banca resti nelle mani dello stato. L’ipotesi di un matrimonio con Unicredit – l’unica opzione strategica concreta nell’attuale panorama bancario in gran movimento – passerebbe attraverso un enorme sforzo finanziario con tre tipi di interventi: una dote fiscale nell’ordine di 2-3 miliardi, un’iniezione di capitale da parte del Mef di 2,5-3 miliardi di euro e, si si dice, lo scorporo di 10 miliardi di rischi legali, dopo quello dei crediti deteriorati già confluiti in un’altra società pubblica (Amco).
Insomma, il governo sta cucendo addosso al Monte un abito su misura in modo da allettare il più possibile il potenziale acquirente che probabilmente aspira a ottenere le stesse condizioni che furono concesse nel 2017 a Intesa Sanpaolo per l’acquisto delle due banche venete. La domanda che si pone è: fino che punto un governo può e deve spingersi per salvare una banca? E’ giusto far pesare sul bilancio pubblico il costo di sofferenze e rischi maturati nell’ambito di una gestione privata? Da un giro di opinioni emerge che, se l’Italia non può permettersi di far fallire una banca, perché equivarrebbe a scatenare una crisi di fiducia nel paese, ma non si comprende perché le uniche soluzioni paventate siano quelle che implicano una socializzazione delle perdite, classico vizio italico quando si parla di banche. “La soluzione più efficace sarebbe promuovere un’aggregazione ampia – dice al Foglio Stefano Caselli, pro rettore dell’Università Bocconi –. Se lo stato deve sopportare un costo per rilanciare Mps tanto varrebbe che lo facesse con una logica di mercato, investendo in equity in un grande polo bancario privato di cui potrebbe detenere una quota di minoranza”. Una simile operazione, secondo Caselli, oltre a essere in linea con lo spirito e le normative europee, “sarebbe preferibile a uno stillicidio di risorse pubbliche fine a se stesso e a interventi che comportano l’esigenza di accollare alla collettività costi futuri derivanti da contenziosi o da altre anomalie della gestione”. Il presupposto di questo ragionamento è che l’Italia non può assolutamente permettersi di suscitare tra gli investitori internazionali il benché minimo dubbio sulla tenuta del suo sistema bancario, che, tra l’altro, osserva Caselli, “è supercapitalizzato”. Detto questo, avrebbe molto più senso se lo stato scendesse in campo “con capitali freschi per dar vita, attraverso un processo di aggregazione, a un nuovo polo al cui interno operi una task force di esperti dedicata alla gestione delle cause di risarcimento danni”.
Per Andrea Monticini, professore di finanza all’Università Cattolica, meglio sarebbe coinvolgere una banca estera e con un approccio panaeuropeo per aggregare Montepaschi, “ma bisognerebbe avere in mente una strategia per rendere la banca di nuovo profittevole e offrire garanzie sui rischi ed irregolarità del passato”. Una sorta di polizza di assicurazione, propone Monticini, che sollevi l’acquirente da responsabilità. Soluzioni, insomma, ne esistono per evitare di gravare sul bilancio dello stato anche perché 10 miliardi sono i rischi legali ma l’effettivo ammontare dei risarcimenti in futuro potrebbe essere inferiore. “Sono aretino e dico che un’esperienza come quella della risoluzione delle quattro banche cui seguirono le proteste di piazza dei risparmiatori è assolutamente da evitare con Mps, ma è anche evidente che c’è stata una sottovalutazione del suo fabbisogno finanziario, del bagaglio dei rischi derivanti dalla passata gestione e fino a oggi non è stato fatto abbastanza per aumentare la sua capacità di stare sul mercato”.
Il fatto è che con Mps sembra di assistere a un film già visto. Il giurista Francesco Capriglione (esperienza di oltre mezzo secolo tra Banca d’Italia, Università di Pisa e Luiss di Roma), il quale nel 1990 è stato consulente nella procedura di trasformazione in spa del Monte, ai tempi della legge Amato che aveva colto le storture della gestione pubblica delle banche, non è affatto sorpreso che il governo sia disposto ad attivarsi per liberare la banca dalle sue zavorre. “L’obiettivo del salvataggio a ogni costo è stato perseguito da sempre dalla Banca d’Italia in nome del principio della tutela del risparmio sancito dalla nostra costituzione”, riflette Capriglione, che ricorda quando Guido Carli denunciava la “socializzazione delle perdite” del capitale bancario. “Negli ultimi anni c’è stata una significativa evoluzione della normativa europea sulle crisi bancarie, ma resta ferma la possibilità per la politica di decidere il destino di Mps, approfittando magari del regime derogatorio che è stato determinato dal Covid. E’ necessaria l’assunzione di una chiara responsabilità politica nel salvataggio dell’istituto senese per il quale è certamente legittimo ipotizzare soluzioni di mercato, ma queste dovrebbero essere assistite da un’inequivoca progettualità ed evitando condizionalità che ulteriormente gravino sul bilancio dello stato”. Capriglione ricorda che tutte le volte che per la banca senese sono state cercate soluzioni di mercato “queste non hanno mai avuto successo”. Così, non esclude che “dar vita a un’istituzione bancaria il cui asset patrimoniale sia in mano pubblica, in linea del resto con quanto sperimentato di recente con la Popolare di Bari, possa essere un’alternativa da percorrere”. Crede nello stato banchiere? “In altri paesi esiste tale tipologia di banca, non c’è ragione per cui si debba escludere in Italia. Altro discorso è quello di avere la capacità di gestire la complessità di una banca pubblica e di guidarne il processo di crescita”.
Il Mef sta cucendo addosso a Mps un abito su misura per allettare Unicredit (come ha fatto nel 2017 con Intesa Sanpaolo per l’acquisto delle banche venete). Ma fino a che punto un governo può e deve spingersi per salvare una banca? E’ giusto socializzare perdite, sofferenze e rischi maturati durante una gestione privata?
 
Lawmakers within Prime Minister Giuseppe Conte’s Italian coalition are plotting to stall finance ministry plans to offload struggling lender Banca Monte dei Paschi di Siena SpA to UniCredit SpA, according to people familiar with the plans.
The Five Star Movement, the senior party in the coalition, is set to present a proposal this week to limit a tax break in the 2021 budget which would have sweetened the deal for Milan-based UniCredit to buy the Tuscan lender, said the people, who asked not to be named discussing confidential plans.
The tax relief as drafted by Finance Minister Roberto Gualtieri’s team is a key component in a package of incentives for potential buyers of Monte Paschi and would be worth as much as 3 billion euros ($3.6 billion), the people said. The amendment could seek to limit the benefits to 500 million euros, or to only allow it for companies with fewer than 50 employees, one of the people said.
By limiting the tax break, the lawmakers would likely make the sale unworkable as currently envisaged.
The Five Star proposal is expected to win support from smaller parties and from some members of the Democratic Party, or PD, the other major force in the Conte government. Its sponsors have indicated that they have a chance of getting it passed, but it is more likely they will fall short, the people said.
Shares in Siena-based Monte Paschi fell as much as 3.8% in Milan, and traded down 3.1% at 2:41 p.m. local time.
Eugenio Giani, a PD member who is governor in Monte Paschi’s home region, has called for a delay to the sale. Giani said earlier this month that he’d asked Gualtieri to delay the transaction, citing harmful consequences for employment in the region, particularly during the coronavirus pandemic.
Five Star has long argued that Italy would be better off keeping hold of Monte Paschi to run it as a state bank rather than honoring its commitment to the European Union to privatize the lender once it is cleaned up. That argument is now winning converts among other parties, who worry the state won’t get a good deal with the economy battered by the pandemic and fear that a takeover would trigger job cuts.
Going along with a proposal to block the sale would mark a significant shift for the Democrats, who have to date been at loggerheads with Five Star over the future of the the 548-year old lender, which has required three bailouts in less than a decade.
Before joining the PD in Conte’s second coalition, Five Star charged the party with using Paschi as its “private ATM,” and said that many of the distressed loans that sunk the lender were linked to local and regional PD-led administrations.
The moves from within the governing coalition to stymie the finance ministry’s push to unload the troubled lender come as other lawmakers are set to file amendments to delay or complicate the sale. One proposal calls for limiting tax benefits for companies which, like Paschi, have capital increases in the works.
Bloomberg reported last week that the finance ministry is ready to inject as much as 2.5 billion euros into Paschi and is studying measures to shield the potential buyer from legal risks and integration costs.
The government is also reviewing options to take as much as 10 billion euros of pending legal risks off Paschi’s books to make the sale more appealing for UniCredit, the people said. The risks could be moved to a special purpose vehicle controlled by the state. The Treasury is also considering rules to cover integration costs that may include thousands of job cuts.
Paschi’s board on Thursday will discuss items including a possible Additional Tier 1 sale as it reviews steps needed to finalize the transfer of 8 billion euros of bad loans to state-owned Amco, according to people familiar with the matter.
BBG
 
La gente ha mente corta ed gli istituti bancari mettono sul piatto pochi centesimi a dispetto di un retail quasi sempre impreparato a mettere sulla bilancia il possibile guadagno e la possibile perdita :eeh:.Tra le altre cose cito che MPS non elargisce dividendi da molti anni. Vorrei portare all'attenzione a pie pagina ,un articolo di 6 anni fa da me messo a disposizione di un amico che al tempo investiva in azioni MPS .Oggi il problema permane per quasi la totalità degli istituti italiani ; prendiamo ad esempio la situazione del Credito Valtellinese ,quasi azzerato ; ora !! guadagnando dopo OPA un 30/40/50 % ed solo per uno strettissimo stuolo di persone addetti ai lavori.:corna: Andando a vedere l'istituto senese sembra che faccia acqua da tutte le parti e che serva una ulteriore ricapitalizzazione di 2,5 MLD :(. Mi dispiace ma entro un paio di lustri le banche italiane saranno tutte capeggiate dalle estere. .a parte due tre istituti ..ma non ne sarei troppo sicuro .Questo è quello che ci insegna di fare il governo e che prende parte a queste operazioni con capitale investito in queste scatole mezze vuote .PS : Spero per il prossimo anno vengano elargiti i dividendi e non un 20% di rialzi (vedasi FIB a 22300 punti) questo mese come spauracchio .Si parla molto di piani di investimento tangibili ma non se ne possono fare visto che si è imbrigliati da mamma BCE che detta il diktat e di soldi.. come dice madame Lagarde ce ne sono PIU'!! :clava: Buon giorno MPS: facciamo il punto - Finanza e DintorniFinanza e Dintorni
 
MILANO - Cda a sorpresa di Unicredit. Un evento straordinario, di domenica, se non dirompente nella vita della banca. Le indiscrezioni rilanciate dal Sole 24 ore e confermate dall'Ansa, non trovano conferma ufficiale da parte dell'istituto, tuttavia le ipotesi ruotano intorno a tre possibilità: indicazioni sulla governance, assetti diversi della banca (creazione di una sub-holding con le attività estere) o ancora operazioni straordinarie (leggi offerta su Mps).
Tra le tre, la più accredita tra i rumors è di sicuro la prima. Tutto il consiglio di amministrazione della banca è in scadenza (con l'approvazione del bilancio 2020) e infatti Pier Carlo Padoan è già stato cooptato in consiglio e sarà nominato presidente della banca (il presidente uscente Cesare Bisoni si è detto indisponibile al rinnovo). Ma da tempo si dice che anche Jean Pierre Mustier non è solidamente agganciato alla alla carica di amministratore delegato.
Il top manager, un passato a Société Générale e un grande profilo europeo, sembra da tempo tentato di tornare a ricoprire ruoli più internazionali. Non solo: negli ultimi tempi ha più volte sottolineato che la strada di Unicredit non passa per acquisizioni, mentre tutte le forze - di mercato e probabilmente anche politiche - convergono sull'ipotesi di un matrimonio. Per opportunità, dopo che il risiko bancario si è messo in moto per l'unione Intesa-Ubi, e per necessità, visto che la partita Mps andrà prima o poi risolta. L'indisponibilità di Mustier potrebbe avergli causato alcuni malumori.
 
Ma tra Roma e Parigi salgono le tensioni sui salvataggi bancari
di Federico Fubini27 nov 2020
Ma tra Roma e Parigi salgono le tensioni sui salvataggi bancari


Le posizioni di Italia e Francia in Europa, almeno in politica economica, da qualche tempo sono così vicine che è difficile passare un foglio di carta fra le due. In parte discendono da sensibilità e problemi comuni sui conti pubblici, sui doveri di una banca centrale e su come l’area euro va consolidata. In parte da 520 acquisizioni di imprese fra i due paesi dal 2007, con le italiane spesso (non sempre) in veste di preda. Da un anno, tutto questo e la familiarità fra i dirigenti ha avvicinato molto i due Paesi. Fino a ieri, nella fase discendente della crisi da Covid. Ora la prospettiva dei vaccini, quella del Recovery Fund e l’opportunità di nuove conquiste industriali o finanziarie in una stagione di valutazioni depresse - più tassi zero sulle scalate a debito - sposta gli equilibri. E stende delle ombra. Non è più il momento in cui Roma e Parigi facevano fronte comune per montare le difese contro una recessione apocalittica. In vista di una ripresa da disegnare, certi scogli tornano fuori e la visita ieri del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire al collega Roberto Gualtieri a Roma non li ha rimossi.
Le differenze sono innegabili. Il governo francese ha già presentato una versione del suo Recovery Plan e non apprezza che l’Italia esiti con il proprio. Parigi ha fretta di portare gli italiani a bordo dei suoi progetti europei: idrogeno, cloud con Gaia-X, rete mobile 5G, sistemi di pagamento. In Francia non si capisce perché il governo italiano esiti, vista la durezza della crisi. Ma a Roma non si capisce perché agganciarsi sempre a progetti francesi in aree dove l’Italia ha già un vantaggio competitivo, per esempio sui sistemi di pagamento.
Ci sono poi aspetti più delicati. Secondo vari osservatori, giorni fa la Francia ha trovato un terreno comune con la Germania e firmato un documento con l’Olanda, il Paese più rigido. Tema: le banche e la gestione dell’ondata di crediti in default per oltre mille miliardi di euro che questa recessione tornerà a creare in Italia e nel resto dell’area. Riservatamente, fra Parigi e l’Aia si profila l’idea di chiudere tutte le strade aperte dal governo italiano negli ultimi anni per salvare l’operatività delle banche in crisi senza falcidiare investitori e risparmiatori in base ai vincoli europei. La proposta franco-olandese, ben vista a Berlino, impedirebbe le soluzioni con cui vari governi italiani hanno limitato lo choc degli interventi su Monte dei Paschi, Popolari di Vicenza e Veneto, Etruria e le altre. Si mira infatti a limitare la possibilità che ci siano aiuti di Stato in caso di liquidazioni. Si chiede che si applichi il massimo della sforbiciata possibile su investitori e depositanti, anche quando una banca viene sostenuta da un sistema nazionale di tutela dei depositi. Si cerca di limitare le ricapitalizzazioni pubbliche «precauzionali», come quella che salvò Mps, solo a banche che si sottopongano a verifiche europee stringenti sulla situazione attuale dei bilanci e le prospettive future. E si pensa a verifiche simili per molte banche minori.
In Italia qualcuno sospetta che a Parigi si stia cercando di chiudere le scappatoie per i salvataggi, in modo da gettare le basi di una nuova stagione di acquisizioni di banche italiane in difficoltà da parte di Bnp Paribas, Société Générale o Crédit Agricole. A Parigi si lamenta che a Roma non si lavora abbastanza per preparare la ripresa. Di certo la recessione da Covid farà vincitori e vinti. E che entrambi i Paesi si ritrovino ancora una volta dalla stessa parte della linea di faglia, resta tutto da dimostrare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
Ma tra Roma e Parigi salgono le tensioni sui salvataggi bancari
di Federico Fubini27 nov 2020
Ma tra Roma e Parigi salgono le tensioni sui salvataggi bancari


Le posizioni di Italia e Francia in Europa, almeno in politica economica, da qualche tempo sono così vicine che è difficile passare un foglio di carta fra le due. In parte discendono da sensibilità e problemi comuni sui conti pubblici, sui doveri di una banca centrale e su come l’area euro va consolidata. In parte da 520 acquisizioni di imprese fra i due paesi dal 2007, con le italiane spesso (non sempre) in veste di preda. Da un anno, tutto questo e la familiarità fra i dirigenti ha avvicinato molto i due Paesi. Fino a ieri, nella fase discendente della crisi da Covid. Ora la prospettiva dei vaccini, quella del Recovery Fund e l’opportunità di nuove conquiste industriali o finanziarie in una stagione di valutazioni depresse - più tassi zero sulle scalate a debito - sposta gli equilibri. E stende delle ombra. Non è più il momento in cui Roma e Parigi facevano fronte comune per montare le difese contro una recessione apocalittica. In vista di una ripresa da disegnare, certi scogli tornano fuori e la visita ieri del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire al collega Roberto Gualtieri a Roma non li ha rimossi.
Le differenze sono innegabili. Il governo francese ha già presentato una versione del suo Recovery Plan e non apprezza che l’Italia esiti con il proprio. Parigi ha fretta di portare gli italiani a bordo dei suoi progetti europei: idrogeno, cloud con Gaia-X, rete mobile 5G, sistemi di pagamento. In Francia non si capisce perché il governo italiano esiti, vista la durezza della crisi. Ma a Roma non si capisce perché agganciarsi sempre a progetti francesi in aree dove l’Italia ha già un vantaggio competitivo, per esempio sui sistemi di pagamento.
Ci sono poi aspetti più delicati. Secondo vari osservatori, giorni fa la Francia ha trovato un terreno comune con la Germania e firmato un documento con l’Olanda, il Paese più rigido. Tema: le banche e la gestione dell’ondata di crediti in default per oltre mille miliardi di euro che questa recessione tornerà a creare in Italia e nel resto dell’area. Riservatamente, fra Parigi e l’Aia si profila l’idea di chiudere tutte le strade aperte dal governo italiano negli ultimi anni per salvare l’operatività delle banche in crisi senza falcidiare investitori e risparmiatori in base ai vincoli europei. La proposta franco-olandese, ben vista a Berlino, impedirebbe le soluzioni con cui vari governi italiani hanno limitato lo choc degli interventi su Monte dei Paschi, Popolari di Vicenza e Veneto, Etruria e le altre. Si mira infatti a limitare la possibilità che ci siano aiuti di Stato in caso di liquidazioni. Si chiede che si applichi il massimo della sforbiciata possibile su investitori e depositanti, anche quando una banca viene sostenuta da un sistema nazionale di tutela dei depositi. Si cerca di limitare le ricapitalizzazioni pubbliche «precauzionali», come quella che salvò Mps, solo a banche che si sottopongano a verifiche europee stringenti sulla situazione attuale dei bilanci e le prospettive future. E si pensa a verifiche simili per molte banche minori.
In Italia qualcuno sospetta che a Parigi si stia cercando di chiudere le scappatoie per i salvataggi, in modo da gettare le basi di una nuova stagione di acquisizioni di banche italiane in difficoltà da parte di Bnp Paribas, Société Générale o Crédit Agricole. A Parigi si lamenta che a Roma non si lavora abbastanza per preparare la ripresa. Di certo la recessione da Covid farà vincitori e vinti. E che entrambi i Paesi si ritrovino ancora una volta dalla stessa parte della linea di faglia, resta tutto da dimostrare.
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