Titoli di Stato area Euro Paesi Baltici ed Est Europa: news, info, analisi

Polonia

Costruzioni/ In Nuova Europa settore 'resiste' solo in Polonia
di Apcom
+3,3% annuo nel primo trimestre 2009, mentre nell'Ue a 27 -9,1%

19 mag. - La Polonia è l'unica economia Ue della 'Nuova Europa' dove il settore delle costruzioni sembra resistere alla crisi. Nel primo trimestre 2009 la produzione edilizia a Varsavia è cresciuta del 3,3% l'anno, mentre nei Ventisette è calata del 9,1% e nell'eurozona dell'8,7%. Rispetto al trimestre precedente il comparto è rimasto stabile; mentre i dati di marzo mostrano una crescita dello 0,2% su base trimestrale e dello 0,1% su base annua. Lo riferisce Eurostat, le cui statistiche tengono conto dei fattori stagionali. Nei primi tre mesi del 2009 si segnala anche la crescita annua della Romania (+3,5%), superiore a quella della Polonia. Ma rispetto al trimestre precedente Bucarest perde il 3,2%, mentre i dati di marzo indicano un -2,8% sull'anno e un +1,7% sul mese. In Slovenia alcuni indicatori puntano verso il bello (+4,1% dall'ultimo trimestre 2008 al primo trimestre 2009 e +0,1% da febbraio a marzo 2009), ma su base annuale l'andamento resta negativo (-20,6% dal primo trimestre 2008 al primo trimestre 2009, -13,6% da marzo 2008 a marzo 2009). In Repubblica ceca, infine, resta solo uno +0,1% tra febbraio e marzo 2009, contro il -12% tra marzo 2008 e marzo 2009, il -1,9% tra il quarto trimestre 2008 e il primo del 2009, e il -11,7% tra il primo trimestre 2008 e il primo trimestre 2008. Il crollo più evidente della produzione edilizia si è registrato in Lituania: -24% su base trimestrale e -42,8% su base annua nei primi tre mesi dell'anno. Seguono il -9,7% e il -13,7% della Slovacchia nello stesso periodo, a cui si devono aggiungere i dati di marzo (0,0% sul mese, -6,8% sull'anno). In Bulgaria il settore è calato rispettivamente del -2,7% e del 4,7% nel primo trimestre 2009, mentre i dati di marzo indicano un -1% sul mese e un -4,9% sull'anno.
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East Europa

Il risk sentiment riporta l’attenzione sull’Europa dell’Est
21 May 2009
Analisi a cura del team di Raiffeisen Capital Management

Nonostante un modesto alleggerimento dello „stress“ che ha interessato i mercati finanziari e nonostante i dati ampiamente positivi per il settore bancario nel primo trimestre 2009, la crisi finanziaria ed il continuo rallentamento nell’attività economica globale rimangono i fattori dominanti sui mercati dei capitali.
Nonostante la prosecuzione del rallentamento economico venga segnalata dalla fiducia dei consumatori, dal mercato immobiliare, nonché da svariati indicatori economici e dal mercato del lavoro USA, alcuni dei principali indicatori economici stanno ora indicando un recupero rispetto ai livelli estremamente bassi registrati di recente. È possibile che il punto più basso di quella che è stata definita come la peggior crisi economica dagli anni ’30 venga raggiunto nel corso della seconda metá del 2009. I dati economici “chiave” (in contrasto agli indicatori anticipatori) stanno segnalando un rallentamento del ritmo con cui avviene il deterioramento economico, inoltre indicano che stanno emergendo alcune tendenze verso la stabilizzazione; non indicano tuttavia che una ripresa dell’economia reale sia sul punto di iniziare.
Ci vorrà un lungo periodo prima che l’attività economica ritorni di nuovo a livelli normali. Alla luce dell’aumento della disoccupazione e dei bassi livelli dell’utilizzo del capitale, non c’è da aspettarsi nessuna pressione inflazionistica nell’immediato futuro, perciò i tassi d’interesse a breve termine nei paesi industrializzati dovrebbero rimanere agli attuali livelli nei mesi a venire.
Durante il primo trimestre le economie dell’Europa centro-orientale hanno fatto i conti con delle severe turbolenze, principalmente a causa dei loro forti legami con i paesi occidentali, e tali turbolenze sembrerebbero sfociare in una crisi peggiore di quanto era stato originariamente anticipato.
Attualmente prevediamo un declino del PIL in Europa centrale del 2%, del 3,5% in Russia e del 2,5% in Turchia. Dopo un periodo di crescita durato 9 anni, in cui i tassi di crescita sono stati mediamente del 4% superiori rispetto a quelli della Zona Euro, i Paesi dell’Europa centro- orientale stanno ora sperimentando un consolidamento ad un livello economico più alto.
Finora, la situazione sui mercati valutari nel secondo trimestre si sta comunque stabilizzando. L’ammontare dell’incremento dei fondi attribuiti al FMI da parte dei Paesi industrializzati è stato sorprendente, mentre il temporaneo “rilassamento” delle regole contabili per gli asset delle banche illiquide ha avuto come conseguenza un improvviso miglioramento del “sentiment” rispetto agli asset più rischiosi. Nel corso del mese di aprile si è avuta una propensione al rischio positiva ed i mercati est europei ne hanno ampiamente approfittato.
 
Est Europa

Est Europa, una storia per i più audaci
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L'Msci della regione nell'ultimo mese è cresciuto. Ma ci sono ancora tante incognite.

Nonostante le speranze che sembravano emerse all’inizio dell’anno, l’Europa dell’est resta una storia per i forti di cuore. La crescita dell’indice Msci dell’area, che nell’ultimo mese (fino al 27 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato il 12,4%, secondo gli operatori in questo momento è legata al generale clima di fiducia che, nonostante la volatilità, si respira sui mercati mondiali e sui Paesi in via di sviluppo in genere. A livello regionale, infatti, ci sono ancora troppe incognite: sia di carattere economico-finanziario, sia politico.

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Per quanto riguarda la congiuntura, la situazione resta difficile. Gli uffici studi delle maggiori banche internazionali, ad esempio, stanno abbassando le loro stime sull’andamento della Russia (la maggiore economia della regione) per quest’anno. Se prima si parlava di una contrazione del 2,1%, ora si prevede una frenata che potrebbe avvicinarsi al 5%. Colpa della recessione globale che ha tagliato la domanda di energia (di cui è il maggior esportatore mondiale), contribuendo al calo del Pil del Paese del 9,8% nei primi tre mesi del 2009 (il dato peggiore degli ultimi 15 anni). L’andamento viene anche confermato dalla diminuzione delle importazioni di auto che, da gennaio a marzo, sono scese del 74% circa.

Gli altri Paesi dell’area non stanno meglio. In Romania, ad esempio, la vendita di case nuove, ad aprile, è scesa del 6,7% rispetto al mese precedente. Anche in questo caso la colpa è della crisi economica mondiale che ha lasciato meno soldi nelle tasche delle famiglie. A questo si aggiunge il crollo costante dei prezzi che fa vedere il comparto immobiliare come un cattivo investimento. A niente peraltro sono serviti gli incentivi del governo, che ha messo sul tavolo un pacchetto da 1 miliardo di euro per aiutare la sottoscrizione di mutui. Il Pil, intanto, nel primo trimestre ha registrato una contrazione del 6,4%. Stesso risultato per l’Ungheria, dove però a maggio l’indice sulla fiducia economica è salito per la prima volta dal 2006.

La trama si complica quando entrano in scena le banche. Gli istituti di credito che lavorano nella regione hanno detto ufficialmente (durante l’ultima riunione della Banca europea per la ricostruzione) che non forniranno prestiti fino a quando anche la Bce non metterà mano al portafoglio. In pratica, vogliono soldi dall’istituto centrale in cambio dei loro bond. Un diktat che non piace all’autorità monetaria guidata da Jean-Claude Trichet. “Sarà molto difficile rimettere in moto la macchina senza l’intervento della Bce”, ha detto senza mezzi termini Herbert Stepic, amministratore delegato di Raiffeisen International, una delle banche più attive in Europa dell’est. In compenso, ha però aggiunto di non aver ritirato un singolo centesimo dall’area.

L’ultimo elemento è la questione politica. Il presidente russo Dimitri Medvedev ha avvertito ufficialmente l’Unione europea di non stringere legami troppo stretti con i Paesi dell’ex Unione Sovietica. “In alcuni stati dell’ex Urss le iniziative di avvicinamento dell’Ue vengono interpretate come partnership contro la Russia”, ha detto durante una riunione ufficiale. “E questo per noi è inaccettabile”. A nulla sono valse le rassicurazioni del numero uno dell’Unione Manuel Barroso che ha parlato di “iniziative contro nessuno e tese a migliorare la prosperità e la stabilità della regione”. Il pericolo è che si arrivi a una situazione di tensione simile a quella che ha portato alla guerra fra Russia e Georgia nel 2008 e alla crisi del gas con l’Ucraina all’inizio di quest’anno.

In ogni caso, secondo alcuni analisti, resta inalterato il processo di avvicinamento fra i vari Paesi dell’area. “Nel lungo termine ci aspettiamo che il processo di convergenza e l’avvicinamento economico nell’Europa Orientale, nonostante le attuali difficoltà, continuino il loro percorso”, dice una nota di Raiffeisen Capital Management. “Tenendo questo in mente, bond e azioni dell’est Europa dovrebbero rimanere un investimento interessante anche per il futuro”.
 
Baltic Storm Threatens Euro Banks

How do you solve a problem like Latvia? The Baltic state is the new front line in the global financial crisis. With an economy in free fall and unable to finance its deficits -- Wednesday's government-bond auction failed -- the country needs a substantial devaluation to boost competitiveness and try to fuel a recovery.

Of course, devaluation would hardly be pain-free. Close to 85% of private sector loans are foreign-currency-denominated. A, say, 30% devaluation would mean widespread defaults. Devaluation would also risk contagion to other Eastern European countries defending currency pegs. No wonder the European Union and the International Monetary Fund, whose promise of €7.5 billion ($10.6 billion) of bailout funds stands in the way of national bankruptcy, are saying Latvia must maintain its peg and address fiscal problems through spending cuts.

But this line is becoming increasingly untenable. In the first quarter, GDP slumped by 18.6%. Without devaluation, extraordinarily painful cuts would be needed. Perhaps the real issue now is not whether to devalue, but when and how.

Ideally, the EU, IMF and Sweden, whose banks are most exposed to the region, would organize a controlled devaluation that protects countries such as Estonia, Lithuania, Bulgaria, Romania and Hungary. That wouldn't be easy. All face similar problems of collapsing growth, large foreign currency loans, weak public finances and vulnerable currency pegs. Plus, if Latvia devalues, its neighbors may feel inclined to follow to maintain competitiveness.

However, the longer the international community dithers, the greater the risk Latvians take matters into their own hands, triggering a run on the currency -- precisely the disorderly devaluation the rest of the world fears
 
Sempre a proposito del Baltic Storm

FINANZA/ La nuova ondata di crisi è già partita. Quando colpirà?

venerdì 5 giugno 2009 Mauro Bottarelli
La terza ondata è arrivata mercoledì pomeriggio. Per ora sottoforma di cavallone inaspettato che ribalta i materassini e fa la gioia dei bagnanti ma l’effetto domino che può innescare è di quelli degni di uno tsunami.

L’altro giorno, infatti, nel silenzio generale è andata completamente a vuoto un’asta di titoli di stato per il controvalore di 100 milioni di dollari in Lettonia, chiaro segnale che il paese baltico è sull’orlo di un default sul proprio debito pubblico. La notizia ha immediatamente innescato una reazione a catena colpendo tutte le monete dei paesi Ue dell’Est: il fiorino ungherese è crollato dell’1,97% contro l’euro e del 2,85% contro il dollaro; lo zloty polacco ha ceduto lo 0,75% contro l’euro e l’1,56% contro il dollaro; la corona ceca è scesa dello 0,25% contro l’euro e dell’1% contro il dollaro. Direte voi, nulla di che. In effetti, vista così la situazione non appare drammatica.

Qualche preoccupazione in più sorge quando si vanno a vedere le ripercussioni patite in Svezia a causa del mancato introito di 60 milioni di lats lettoni da parte dello Stato a causa dell’asta andata deserta: la corona svedese ha subito un brusco calo e le azioni delle due principali banche, Svedbank e SEB, sono scese rispettivamente del 15,9% e dell’11%. Come già scritto, qualcosa di sistemico sta arrivando dall’Est europeo. Le banche svedese, infatti, sono esposte per 75 miliardi di dollari verso i paesi baltici e la crisi lettone rischia di innescarne una politica, sociale ed economica in tutta l’area.

Lo conferma Bartosz Pawlowski, analista di BNP Paribas: «La Lettonia è sì un piccolo paese ma ha vaste ripercussione su tutta l’area. Se la moneta lettone crolla porterà con sé quella estone, non escludendo scossoni su Bulgaria e Romania». Guarda caso, l’epicentro di quegli 1,3 trilioni di euro di esposizione a Est delle banche europee, italiane comprese.

Il G20 dello scorso aprile, temendo quanto sta accadendo, aveva triplicato i fondi dell’emergenza del Fmi portandoli a 750 miliardi di dollari: una misura tampone che però non interviene sul vero male. Cioè, l’eccessivo indebitamento di quei paesi negli anni dell’economia allegra. «Non sappiamo ancora assolutamente il vero livello della crisi bancaria nell’Est, il rischio di default comunque sta crescendo enormemente», conclude Pawlovski.

Che fare, quindi? Il premier lettone Valdis Dombrovskis teme la parola svalutazione della propria moneta, ma ammette a bassa voce che il lat è sopravvalutato di almeno un terzo del suo valore. Ecco quindi la ricetta che pare ormai già adottata: svalutazione della moneta del 30%, con ovvio crollo del potere d’acquisto dei salari e uno shock che colpirà, da subito, tutto e tutti.

E si sa che la stabilità sociale di certi paesi sta seduta su una polveriera: un’esplosione di povertà potrebbe innescare proteste violente, ipotesi di colpi di Stato e le mire di egemonia di qualcuno pronto a sfruttare la situazione per destabilizzare e chiudere qualche conto rimasto ancora aperto dal recente passato. L’aver agganciato la propria economia a euro, franco e yen per quanto riguarda le indicizzazioni dei mutui potrebbe costare molto caro alla Lettonia: per Fitch Ratings il debito estero del 2009 sarà pari al 320% delle riserve estere. La contrazione del Pil lettone per quest’anno è attesa del 18%, mentre il valore delle case è crollato del 50%, lo shock più pesante mai registrato.

In ossequio al prestito del Fmi, garantito dalla Commissione Europea, la Lettonia ha già licenziato un terzo degli insegnanti e tagliato del 35% i salari dei dipendenti pubblici. Insomma, una scure che non è servita a nulla: potrebbe servire la ghigliottina. Verrà sacrificata l’economia lettone per salvaguardare le banche svedesi o si sceglierà davvero la strada della svalutazione immediate del lat? In ogni caso, sarà una cura da cavallo. E socialmente molto dolorosa. Non è un caso che la scorsa settimana Riksbank abbia aumentato le proprie riserve estere per 13 miliardi di dollari, una vera e propria corazza difensiva dal rischio ormai imminente di default nel Baltico.

«Se dovesse emergere una crisi in un paese della zona euro, c'è una soluzione». È quanto ha sottolineato il commissario Ue agli Affari economici, Joaquin Almunia, durante un intervento un paio di mesi fa a Bruxelles. Ricordate? E ancora. «Potete star sicuri che prima che arrivi il Fondo monetario internazionale ci sarebbe una soluzione», ha sottolineato il commissario senza tuttavia entrare nel dettaglio di eventuali piani di intervento: «La soluzione esiste, siamo equipaggiati politicamente, intellettualmente ed economicamente per affrontare la crisi. La definizione di queste cose non può però essere esposta pubblicamente».

Da allora, silenzio. Peccato che un paese dell’area euro sia già in default tecnico - l’Irlanda -, un altro sta avvicinandosi a tappe forzate al punto di non ritorno, l’Austria e ora la Svezia rischia di destabilizzarci dall’interno se andrà in default sulla propria esposizione. A dirlo sono i freddi numeri dei cds, l’assicurazione sul rischio di fallimento di un’entità terza, sul rischio di default dei vari Stati sul debito pubblico e notizia come quelle giunte l’altro giorno da Riga.

Non stupisce visto che le banche di Vienna hanno prestato all’insolvente Est europeo il 70% del Pil austriaco e ora rischiano di non vederselo rimborsato. Se va in default l’Austria, arrivederci all’Est e alla stessa tenuta dell’area euro. E anche Unicredit, a dispetto dell’ottimismo dispensato a piene mani dal proprio amministratore delegato, potrebbe subire perdite consistenti, la “Stalingrado monetaria” prefigurata qualche mese fa dalla stampa austriaca. La terza onda è arrivata, più subdola delle precedenti. Ma certamente non meno letale.
P.S. La scorsa notte la situazione in Lettonia è ulteriormente peggiorata con il tasso overnight che lega il lat all’euro salito al 140%: in un attimo i cds sul rischio di default sul debito pubblico di Riga sono letteralmente schizzati a 750 punti base.

I paesi a più immediato rischio di contagio sono Polonia e Repubblica Ceca ma alla Danske Bank mettono in guardia sul fatto che l’Austria potrebbe conoscere perdite pari all’11% del suo Pil se il domino baltico dovesse andare fuori controllo. Le perdite per la Svezia toccherebbero il 6% del Pil, quelle del Belgio il 3,6%, quelle dell’Olanda il 2,3% e quelle dell’Italia l’1,5% del Pil. «Il rischio di contagio è alto e molto serio. Nessuno pensava che l’Islanda avrebbe contagiato l’Ungheria lo scorso anno e invece lo ha fatto e questa situazione può ripetersi», ha dichiarato ieri Lars Christensen, capo analista della Danske Bank per l’Europa dell’Est.
 
Latvian Time Bomb

Dal Wsj on line...

8 giugno 09

Latvia is a ticking bomb under the European financial system. The Baltic state is adamant it won't devalue its currency but even if it manages to hammer out a deal this week with the International Monetary Fund and European Union for the release of the next €1.4 billion ($1.96 billion) of a promised bailout package, that won't defuse the threat. It may, however, buy time to prepare for a controlled explosion. It should grab the opportunity while it can
Latvia has so far avoided devaluation largely thanks to the sangfroid of its citizens. There is little sign that people are switching savings into euros. Nor are they exercising their right under the bulk of foreign currency mortgage deals to convert their loans back into lats -- a move that would not only trigger a run on the currency but would inflict substantial one-off losses on foreign lenders, primarily Scandinavian banks.

Why Latvians have stayed so calm isn't clear. Perhaps they believe the politicians who assure they will never devalue. Perhaps they are reluctant to incur the higher mortgage costs that would arise if they converted loans into lats -- an understandable concern for teachers, doctors and other public-sector workers forced to take up to 20% pay cuts.

They may not remain calm for long. The moment of maximum danger could come after the summer when those currently losing their jobs cease to be eligible for unemployment benefit under Latvia's 90-day limit. By that stage, Latvia's ability to defend its currency may be diminished. So far this year, it has intervened to the tune of €670 million, compared to reserves of €2.9 billion at the end of April.

How can policy makers avoid a disorderly devaluation? Independent research group GaveKal suggests a deal whereby foreign banks convert all mortgages into lats at the current exchange rate ahead of a devaluation in return for an agreement with the Latvian government to share some of the losses by providing the banks with government bonds. Those bonds could perhaps be guaranteed by the EU.

Of course, this solution will still involve plenty of pain all round, but the pain would be manageable and would arguably only bring forward losses that would be incurred any way. Meanwhile, it provides policy makers with plenty of time to insulate the rest of the region from the threat of collateral damage
 
Latvia Budget Cuts May Trigger IMF Tranche

http://www.investireoggi.it/forum/#


By Aaron Eglitis
June 9 (Bloomberg) -- Latvia’s government will today defend slashing the budget by 10 percent after surviving local and European Parliament elections, allowing lawmakers to focus on meeting the terms of an international bailout.
The cuts “are very serious button tightening,” said Lars Christensen, head of emerging markets at Danske Bank in Copenhagen. “The prospect for getting International Monetary Fund money looks better today than it did on Friday.”
The ruling coalition of Prime Minister Valdis Dombrovskis, 37, plans to reduce spending by 500 million lati ($983 million) in a bid to comply with the terms of a 7.5 billion euro ($10.4 billion) loan from the IMF and European Commission. The government hopes to pass the budget cuts on June 17.
“Now that the local elections are out of the way, there is a good chance that we will see quick progress on agreeing a modified budget deficit for this year and passing spending cuts,” said Aidan Manktelow, an analyst at the Economist Intelligence Unit.
Latvia’s economy contracted 18 percent in the first quarter, marking the deepest recession in the European Union and impeding government efforts to rein in the deficit. The IMF and the Commission withheld a 200 million-euro payment in March after lawmakers failed to commit to spending cuts on concern voters would reject them in local elections. Dombrovskis has said the nation will go bankrupt if bailout money dries up.
‘Long Way’
“There will still be an awfully long way to go to stabilize the economy,” Manktelow said. “A further round of budget cuts is likely to be needed later in 2009, not to mention 2010.”
The Swedish krona snapped two days of declines against the euro today and traded at 10.897 at 8:26 a.m. in Stockholm, from 10.9159 yesterday. The lats strengthened 0.71 percent today to 0.7005 lati per euro as of 9:18 a.m. today, after strengthening 0.53 percent yesterday. The lats trades 1 percent around a midpoint against the euro in a quasi-currency board system that backs lati in circulation with foreign currency.
Central bank purchases of lati have paved the way for the currency to appreciate because traders who bet on a decline now face pressure to find lati to close contracts, according to Parex Banka AS.
Reserve Rise?
The central bank has bought about 644 million lati ($1.26 billion) of lati this year to keep the currency in its trading band against the euro. The lats strengthened 0.6 percent against the euro yesterday, the biggest gain since June 2006.
“The central bank may even increase its foreign reserves” this week, since they may be the only source for lati, said Kaspars Jansons, head of treasury at Parex.
The country pegs its currency, the lats, to the euro, obliging it to use wage and price cuts to sustain exports. The IMF and the Commission originally stipulated Latvia must keep the deficit within 5 percent of gross domestic product. The government is waiting for approval for a 7 percent gap, while the coalition last week proposed a 9.2 percent deficit in a first parliamentary reading.
European Union officials are in “permanent contact” with Latvian authorities, EU Monetary Affairs Commissioner Joaquin Almunia said yesterday. “We are helping the Latvian economy through our balance-of-payments facility, but the next installment depends on the agreement that I very much hope will take place.”
Quell Speculation
Policy makers have struggled to quell speculation the country may be forced to devalue the lats, sparking a decline in Sweden’s krona because the Nordic nation’s banks are the biggest in the Baltic states of Latvia, Lithuania and Estonia.
Latvia’s economic fate may determine the pace of recovery in the largest Nordic economy. It is “obvious” that Latvia’s crisis will have an effect on Sweden’s economic development, Finance Minister Anders Borg said on June 5.
Swedbank AB, the largest bank in the Baltics, and SEB AB, the second-largest, have together lent more than 366 billion kronor ($46.6 billion) in Estonia, Latvia and Lithuania.
Sweden’s government can handle a possible bank collapse, or nationalization, sparked by the economic collapse in the Baltic states, Borg said on June 4.
“There is clear concern over contagion risks within the region,” Ashley Davies, a currency strategist at UBS AG in Singapore, wrote in a research report yesterday. “The krona will remain under pressure due to their banks’ loan exposures to the Baltic region.”
Latvians gave six of eight seats in the European Parliament to parties mostly out of power during the economic boom between 2005 and 2007, when the economy expanded about 10 percent a year. In the Riga municipal elections, voters choose three parties that were largely in opposition during the boom years, and one party that was in government during the period.
 
Nuova emissione della Lituania,
paga 568bp sopra il Bund.
Chissà se la sottoscriveranno.
(la scheda è ancora provvisoria) :)
 

Allegati

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Lettonia

La Lettonia in crisi preoccupa la Svezia: «Pronti al salvataggio delle nostre banche» - 17/06/2009

Partono i soccorsi per la Lettonia. La prima nazione a rimboccarsi le maniche per aiutare l'economia di Riga è la Svezia....

Partono i soccorsi per la Lettonia. La prima nazione a rimboccarsi le maniche per aiutare l'economia di Riga è la Svezia. Un aiuto, in verità, interessato: il sistema finanziario del Paese scandinavo è strettamente legato a quello della repubblica baltica, a causa soprattutto del forte coinvolgimento del sistema bancario svedese. Per questo il ministro delle Finanze del governo di Stoccolma ha ammesso ieri in un'intervista rilasciata a Berlino che «sussistono seri rischi per noi. Ma è anche vero che abbiamo la capacità e le risorse per fronteggiarli». Secondo quanto stimato dall'agenzia di rating Fitch, le banche scandinave in Lettonia potrebbero patire perdite tali da assorbire il 5% del prodotto interno lordo dell'economia svedese.
Istituti come la Swedbank AB e la SEB AB, che hanno in carico prestiti per 58 miliardi di dollari in Lettonia, temono perdite in grado di mettere in pericolo le proprie riserve di capitale. «Qualora fosse necessario - ha sottolineato Borg - siamo pronti a procedere con operazioni di salvataggio degli istituto di credito».
Nel frattempo, ieri, il parlamento lettone ha approvato drastici tagli al proprio bilancio (pari a un miliardo di dollari, il 10% della spesa complessiva), al fine di sbloccare 1,7 miliardi di euro di fondi d'emergenza provenienti dalla Commissione europea e dal Fondo monetario internazionale. Una manovra che dovrebbe tappare almeno in parte il grave "buco" dell'economia di Riga, che si è contratta del 18% nel primo trimestre del 2009.
 
Lituania

17/06/09 Lithuania's government on Wednesday proposed cutting public sector wages by 10 percent and raising the value added tax rate to 21 percent from 19 percent to save the budget amid a deepening recession.

The new measures came as the government said it saw the economy shrinking by a bigger-than-expected 18.2 percent this year and after even larger budget cuts in neighbouring Latvia.

'Lithuania's exit out of the crisis must be linked to euro adoption,' Prime Minister Andrius Kubilius said in a statement. 'In order for Lithuania to be ready in 2011 to adopt euro we need to cut deficits in 2009, 2010 and 2011.'

'These are not the final decisions, only the proposals for the discussion,' Kubilius added, speaking about the proposed austerity measures.

Lithuania has some similarities with Latvia -- it has a fixed currency peg and an economy which is contracting sharply.

But unlike Latvia, it has not sought IMF aid but repeatedly said it would not exclude such a step.

'It makes no sense to draw comparisons with Latvia, because Latvia had to borrow (from the IMF) due to banking sector problems,' finance ministry undersecretary Ingrida Simonyte said.

'We have said repeatedly, that in case of need, we would use the benefits of our membership in the European Union and the IMF,' Simonyte added.

Analysts said the new forecast, if proven right, would mean the country will need international aid.

'It's quite a pessimistic forecast, but if it was to be realized, then Lithuania would not manage without external help, but it should not necessarily come from the IMF,' Jekaterina Rojaka, a senior Baltic analysts at the DnB Nord bank said.

'It is one of the worst case scenarios, which would come true if the government would not be able to help businesses to retain jobs and stimulate exports... It's not enough just to keep cutting the spending,' Rojaka said.

Cabinet set budget revenues at 20.9 billion litas from 22.9 billion litas planned in May, and spending at 25.5 billion litas as from the plan of 25.8 billion litas.

A 4.6 billion litas gap between the revenues and spending equals about 4.5 percent of GDP, up from a planned gap of 2.9 billion litas a month ago.

Besides the wage cut and the tax hike, other proposals aimed at saving up to 1 billion litas ($401.4 million) include cutting parental leave benefits, a sensitive social issue.

Without the spending cuts, the 2010 budget deficit could rise to 8 percent of GDP rather than come in under 5 percent of GDP as previously Kubilius said.

Lithuania has vowed to keep its currency peg intact until eventual euro adoption, which means that falling prices and wages are the main instruments to restore competitiveness.

The new government growth forecast is more pessimistic than its earlier expectation for a 10.5 percent contraction and is also worse than central bank's forecast for a 15.6 percent fall.

The new figures also anticipate that the economy will contract by 4.3 percent in 2010 rather than 2.6 percent as previously seen.

Source: Thomson Reuters
 

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