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La ritirata di Montezemolo e Della Valle
(WSI) – Non è una disfatta, ma una ritirata precipitosa quella compiuta dal Fondo Charme di Luchino di Montezemolo e del suo compagno di merenda Dieguito Della Valle, che volevano scalare Parmalat.
L'idea di mettere le mani sul latte dell'azienda di Collecchio sembrava affascinante e nelle loro intenzioni voleva ripetere il modello già sperimentato per il salvataggio dell'Alitalia con la cordata dei patrioti italiani. La notizia aveva preso di sorpresa gli operatori e soprattutto Enrico Bondi, il manager aretino dalle occhiaie profonde che dal 2005 ricopre la carica di amministratore delegato. Da mesi Bondi sta cercando di salvare il "gioiellino" dalle mani dei tre fondi stranieri (Zenit, McKenzie, Scaghen) che detengono il 15,3% delle azioni e vogliono utilizzare i 1.300 milioni di liquidità che si trovano nelle casse del Gruppo.
Si dà il caso che in questi giorni sia uscito nelle sale cinematografiche il film "Il Gioiellino" che ricostruisce le vicende del crac da 14 miliardi di Parmalat con l'attore Remo Girone nei panni di Tanzi e Tony Servillo in quelli del suo bracciodestro, Fausto Tonna. Nella ricostruzione cinematografica i due personaggi si scambiano battute del tipo: "i soldi non ci sono più!, dove li troviamo?, facciamo una rapina?, no, allora inventiamoli".
Questo linguaggio non ha nulla a che vedere con i dialoghi che sono corsi tra i titolari del Fondo Charme quando si sono trovati di fronte al problema di cacciare un miliardo per acquisire il 30% del Gruppo caseario. L'unica analogia si può ritrovare casomai nelle ultime parole: "i soldi non ci sono!", perché è proprio questo il problema contro il quale è andato a sbattere il Fondo lussemburghese del lusso guidato da Matteo Montezemolo, figlio del presidente di Ferrari.
In realtà la speranza di Luchino padre e di Dieguito era che a mettere i denari sul tavolo fosse la Banca Imi di IntesaSanPaolo, l'Istituto dove al vertice si trova quel Corradino Passera che ha aiutato i patrioti di Cai e ha messo 700 milioni in Ntv, la società dei treni per l'Alta Velocità. Così non è stato, e con un laconico comunicato il Fondo Charme si è ritirato dall'avventura con la scusa che i tempi erano troppo stretti per costruire un'operazione così imponente. La giustificazione non convince perché non è immaginabile che uomini scaltri come Luchino e Dieguito abbiano deciso di gestire il dossier del latte all'ultimo momento.
Certamente a farli riflettere sono le voci rimbalzate da Rio de Janeiro di un'offensiva del colosso dello yogurt e del latte Lacteos do Brasil che con l'aiuto di Banca Leonardo di Leonardo Braggiotti sarebbe pronto a lanciare un'Opa su Parmalat per diventare il primo azionista con circa il 20% del capitale. Gli analisti sono scettici su questa scalata straniera e scettico più di tutti è il 77enne Enrico Bondi che cerca di difendere l'italianità dell'azienda sia contro i brasiliani di Lacteos che arriveranno in Italia giovedì, sia contro l'improvvisa fiammata patriottica del Fondo Charme.
In questo scenario vale la pena di segnalare l'opinione che circola negli ambienti della finanza milanese secondo la quale IntesaSanPaolo avrebbe bloccato la cordata di Luchino per evitare di finire in un altro tunnel di polemiche. Su questa linea si sarebbero trovati in pieno accordo sia Gaetano Miccichè che Corradino Passera, ma c'è chi aggiunge con malizia che lo stop ai patrioti-lussemburghesi sarebbe arrivato dall'arzillo vecchietto Abramo-Bazoli, infastidito dagli sgomitamenti polemici di Dieguito Della Valle.
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(WSI) – Non è una disfatta, ma una ritirata precipitosa quella compiuta dal Fondo Charme di Luchino di Montezemolo e del suo compagno di merenda Dieguito Della Valle, che volevano scalare Parmalat.
L'idea di mettere le mani sul latte dell'azienda di Collecchio sembrava affascinante e nelle loro intenzioni voleva ripetere il modello già sperimentato per il salvataggio dell'Alitalia con la cordata dei patrioti italiani. La notizia aveva preso di sorpresa gli operatori e soprattutto Enrico Bondi, il manager aretino dalle occhiaie profonde che dal 2005 ricopre la carica di amministratore delegato. Da mesi Bondi sta cercando di salvare il "gioiellino" dalle mani dei tre fondi stranieri (Zenit, McKenzie, Scaghen) che detengono il 15,3% delle azioni e vogliono utilizzare i 1.300 milioni di liquidità che si trovano nelle casse del Gruppo.
Si dà il caso che in questi giorni sia uscito nelle sale cinematografiche il film "Il Gioiellino" che ricostruisce le vicende del crac da 14 miliardi di Parmalat con l'attore Remo Girone nei panni di Tanzi e Tony Servillo in quelli del suo bracciodestro, Fausto Tonna. Nella ricostruzione cinematografica i due personaggi si scambiano battute del tipo: "i soldi non ci sono più!, dove li troviamo?, facciamo una rapina?, no, allora inventiamoli".
Questo linguaggio non ha nulla a che vedere con i dialoghi che sono corsi tra i titolari del Fondo Charme quando si sono trovati di fronte al problema di cacciare un miliardo per acquisire il 30% del Gruppo caseario. L'unica analogia si può ritrovare casomai nelle ultime parole: "i soldi non ci sono!", perché è proprio questo il problema contro il quale è andato a sbattere il Fondo lussemburghese del lusso guidato da Matteo Montezemolo, figlio del presidente di Ferrari.
In realtà la speranza di Luchino padre e di Dieguito era che a mettere i denari sul tavolo fosse la Banca Imi di IntesaSanPaolo, l'Istituto dove al vertice si trova quel Corradino Passera che ha aiutato i patrioti di Cai e ha messo 700 milioni in Ntv, la società dei treni per l'Alta Velocità. Così non è stato, e con un laconico comunicato il Fondo Charme si è ritirato dall'avventura con la scusa che i tempi erano troppo stretti per costruire un'operazione così imponente. La giustificazione non convince perché non è immaginabile che uomini scaltri come Luchino e Dieguito abbiano deciso di gestire il dossier del latte all'ultimo momento.
Certamente a farli riflettere sono le voci rimbalzate da Rio de Janeiro di un'offensiva del colosso dello yogurt e del latte Lacteos do Brasil che con l'aiuto di Banca Leonardo di Leonardo Braggiotti sarebbe pronto a lanciare un'Opa su Parmalat per diventare il primo azionista con circa il 20% del capitale. Gli analisti sono scettici su questa scalata straniera e scettico più di tutti è il 77enne Enrico Bondi che cerca di difendere l'italianità dell'azienda sia contro i brasiliani di Lacteos che arriveranno in Italia giovedì, sia contro l'improvvisa fiammata patriottica del Fondo Charme.
In questo scenario vale la pena di segnalare l'opinione che circola negli ambienti della finanza milanese secondo la quale IntesaSanPaolo avrebbe bloccato la cordata di Luchino per evitare di finire in un altro tunnel di polemiche. Su questa linea si sarebbero trovati in pieno accordo sia Gaetano Miccichè che Corradino Passera, ma c'è chi aggiunge con malizia che lo stop ai patrioti-lussemburghesi sarebbe arrivato dall'arzillo vecchietto Abramo-Bazoli, infastidito dagli sgomitamenti polemici di Dieguito Della Valle.
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