giuseppe.d'orta
Forumer storico
Il sistema Previdenziale italiano sta subendo negli ultimi anni dei forti cambiamenti. Questo risulta indispensabile per poter garantire una copertura pensionistica alle future generazioni.
Non è quindi l'idea di fondo sulla quale si discute ma la metodologia con la quale si tenta di attuarla.
Uno dei possibili scenari di questa riforma può portare l’Italia a ripetere l’esperienza inglese dove è stato sviluppato, con due decenni di anticipo, il modello che ora si tenta di importare nel nostro paese.
A metà degli anni 90, il sistema finanziario britannico fu sconvolto da un grande scandalo che investì la finanza previdenziale. Tutte le principali compagnie di assicurazione britanniche furono coinvolte: Prudential, Pearl, Lloyds TSB, Legal&General, Abbey Life, Barclays, ecc, ma bisogna considerare che nel Regno Unito le assicurazioni hanno un ruolo preminente nella intermediazione finanziaria rispetto alle banche.
Oltre 700 mila lavoratori britannici furono convinti da agenti assicurativi e promotori ad abbandonare i piani pensionistici collettivi per sottoscrivere piani individuali pensionistici (PIP). Le nuove polizze erano caratterizzate da costi elevati e nascosti e dalla pesante penalizzazione prevista per coloro che non riuscivano a pagare regolarmente i premi. Un'indagine condotta nel 1997 mostrò che il 33% dei PIP erano stati abbandonati dopo 3 anni ed il 44% dopo 5 anni. In alcuni casi, a causa delle penali, i lavoratori non ricevevano nulla indietro dei versamenti fatti. I piani pensionistici collettivi abbandonati, in realtà, erano piu' convenienti per i lavoratori ma i piani individuali vennero spinti dai venditori solo perché erano maggiormente gravati di commissioni ed erano, quindi, più convenienti per loro.
Un'indagine condotta dalla FSE (allora SIB, la Consob Britannica) evidenziò che le forze di vendita mentirono in maniera abbastanza sistematica sulla minore convenienza dei PIP rispetto ai piani pensionistici di categoria. Tra le categorie più colpite quelle dei minatori, degli insegnanti e delle infermiere. Alcune imprese si rivelarono conniventi in questa operazione per poter pagare meno contributi pensionistici e si difesero dicendo che non potevano consigliare i loro dipendenti per il meglio, in quanto non erano consulenti registrati e, se li avessero consigliati, avrebbero infranto la legge.
Al 2002 poco più di 400 mila lavoratori erano stati risarciti per i danni sofferti con 3,6 mld di sterline ma si stimò che, alla fine, il risarcimento finale avrebbe potuto riguardare oltre 1 milione di lavoratori per un totale di 12 mld di sterline di risarcimento totale più 2 mld di sterline di costi amministrativi per gestire i risarcimenti stessi.
Studiosi dell’Università di Londra giunsero alla conclusione che i PIP britannici avessero svariati tipi di costi supplementari rispetto a quelli dei fondi comuni in cui investivano:
1. i costi amministrativi di piccoli versamenti mensili
2. le penali per coloro (numerosi) che interrompevano i pagamenti
3. i caricamenti
Gli studiosi stimarono che, mediamente, questi costi erodessero il 45% del valore del capitale che si sarebbe potuto ottenere investendo direttamente in un fondo.
A fine 2002 Tony Blair ha nominato una commissione di esperti con il compito di analizzare le prospettive del sistema e individuare percorsi di riforma.
Nell’ottobre 2004 la commissione Turner ha presentato il primo rapporto: secondo la stessa, per assicurare alle future generazioni di pensionati lo stesso tenore di vita delle attuali, la quota di PIL destinata alla previdenza dovrà crescere dal 10 al 15 % entro il 2005, altrimenti i futuri pensionati disporranno di trattamenti inferiori di un terzo rispetto ad oggi. Ciò porterebbe ad un aumento del numero di anziani poveri, già oggi più alto della media europea.
Il rapporto Turner ha fatto emergere 3 allarmanti criticità:
1- Gestione dei fondi di previdenza individuale: da un lato sono emersi numerosi casi di frode a seguito della liberalizzazione del settore agli inizi degli anni 90; dall'altro sono evidenti gli alti costi di gestione, che possono raggiungere valori pari al 20 – 30%
2- Passaggio da formule vantaggiose a prestazione definata a forme a contribuzione definita meno vantaggiose, soggette a rischi finanziari e demografici a carico dell’aderente
3- ASIMMETRIA INFORMATIVA, l’ampio numero di possibili alternative rappresenta un elemento positivo solo in via astratta: la commissione ha evidenziato come le scelte previdenziali siano spesso casuali ed erratiche con pesanti conseguenze per la consistenza e l’andamento dei risparmi pensionistici individuali.
L’Italia rischia di ripetere la triste esperienza inglese, con il passaggio dal sistema retributivo, il quale prevedeva una pensione commisurata agli ultimi stipendi del lavoratore, al sistema contributivo, che invece calcola il monte pensione in base ai versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa, i cittadini italiani sono chiamati a crearsi ciò che viene definita Pensione Integrativa.
Il lavoratore deve quindi farsi onere di gestire in modo più o meno autonomo la creazione del proprio monte pensione.
Spesso si sceglie di affidarsi ad un consulente per gestire al meglio questo delicato aspetto del proprio futuro.
Il requisito indispensabile è, pero', l’indipendenza del consulente.
Questa può essere valutata dal cliente tramite diversi indicatori:
- Il consulente non deve aver mandato da nessuna compagnia assicuratrice o bancaria. In questo caso la sua consulenza sarebbe finalizzata alla vendita dei prodotti della propria società.
-Il professionista deve essere pagato esclusivamente tramite parcella. In caso contrario si tratta di un venditore che riceve una commissione sui prodotti che vi sta indicando
-Il consulente deve assolutamente fornirmi un ventaglio di opzioni tra le quali scegliere. Questo garantisce che il consulente non abbia alcun tornaconto nel farvi acquistare un particolare prodotto.
In più è essenziale che il Cliente conosca bene gli strumenti o i prodotti finanziari che decide di utilizzare per garantire la propria pensione. Molti di questi hanno elevati costi di entrata, o all’opposto altissimi costi di smobilizzo, nel caso il cliente abbia necessità di utilizzare il capitale prima del tempo. Molti fondi presentano alti costi di gestione (anche nell’ordine del 4% annuo) o elevati caricamenti sui versamenti (anche nell’ordine del 90% sul primo versamento).
Queste caratteristiche vengono, purtroppo, taciute dai venditori e vengono scoperte troppo tardi dai risparmiatori.
di Lorenzo Gussoni
Non è quindi l'idea di fondo sulla quale si discute ma la metodologia con la quale si tenta di attuarla.
Uno dei possibili scenari di questa riforma può portare l’Italia a ripetere l’esperienza inglese dove è stato sviluppato, con due decenni di anticipo, il modello che ora si tenta di importare nel nostro paese.
A metà degli anni 90, il sistema finanziario britannico fu sconvolto da un grande scandalo che investì la finanza previdenziale. Tutte le principali compagnie di assicurazione britanniche furono coinvolte: Prudential, Pearl, Lloyds TSB, Legal&General, Abbey Life, Barclays, ecc, ma bisogna considerare che nel Regno Unito le assicurazioni hanno un ruolo preminente nella intermediazione finanziaria rispetto alle banche.
Oltre 700 mila lavoratori britannici furono convinti da agenti assicurativi e promotori ad abbandonare i piani pensionistici collettivi per sottoscrivere piani individuali pensionistici (PIP). Le nuove polizze erano caratterizzate da costi elevati e nascosti e dalla pesante penalizzazione prevista per coloro che non riuscivano a pagare regolarmente i premi. Un'indagine condotta nel 1997 mostrò che il 33% dei PIP erano stati abbandonati dopo 3 anni ed il 44% dopo 5 anni. In alcuni casi, a causa delle penali, i lavoratori non ricevevano nulla indietro dei versamenti fatti. I piani pensionistici collettivi abbandonati, in realtà, erano piu' convenienti per i lavoratori ma i piani individuali vennero spinti dai venditori solo perché erano maggiormente gravati di commissioni ed erano, quindi, più convenienti per loro.
Un'indagine condotta dalla FSE (allora SIB, la Consob Britannica) evidenziò che le forze di vendita mentirono in maniera abbastanza sistematica sulla minore convenienza dei PIP rispetto ai piani pensionistici di categoria. Tra le categorie più colpite quelle dei minatori, degli insegnanti e delle infermiere. Alcune imprese si rivelarono conniventi in questa operazione per poter pagare meno contributi pensionistici e si difesero dicendo che non potevano consigliare i loro dipendenti per il meglio, in quanto non erano consulenti registrati e, se li avessero consigliati, avrebbero infranto la legge.
Al 2002 poco più di 400 mila lavoratori erano stati risarciti per i danni sofferti con 3,6 mld di sterline ma si stimò che, alla fine, il risarcimento finale avrebbe potuto riguardare oltre 1 milione di lavoratori per un totale di 12 mld di sterline di risarcimento totale più 2 mld di sterline di costi amministrativi per gestire i risarcimenti stessi.
Studiosi dell’Università di Londra giunsero alla conclusione che i PIP britannici avessero svariati tipi di costi supplementari rispetto a quelli dei fondi comuni in cui investivano:
1. i costi amministrativi di piccoli versamenti mensili
2. le penali per coloro (numerosi) che interrompevano i pagamenti
3. i caricamenti
Gli studiosi stimarono che, mediamente, questi costi erodessero il 45% del valore del capitale che si sarebbe potuto ottenere investendo direttamente in un fondo.
A fine 2002 Tony Blair ha nominato una commissione di esperti con il compito di analizzare le prospettive del sistema e individuare percorsi di riforma.
Nell’ottobre 2004 la commissione Turner ha presentato il primo rapporto: secondo la stessa, per assicurare alle future generazioni di pensionati lo stesso tenore di vita delle attuali, la quota di PIL destinata alla previdenza dovrà crescere dal 10 al 15 % entro il 2005, altrimenti i futuri pensionati disporranno di trattamenti inferiori di un terzo rispetto ad oggi. Ciò porterebbe ad un aumento del numero di anziani poveri, già oggi più alto della media europea.
Il rapporto Turner ha fatto emergere 3 allarmanti criticità:
1- Gestione dei fondi di previdenza individuale: da un lato sono emersi numerosi casi di frode a seguito della liberalizzazione del settore agli inizi degli anni 90; dall'altro sono evidenti gli alti costi di gestione, che possono raggiungere valori pari al 20 – 30%
2- Passaggio da formule vantaggiose a prestazione definata a forme a contribuzione definita meno vantaggiose, soggette a rischi finanziari e demografici a carico dell’aderente
3- ASIMMETRIA INFORMATIVA, l’ampio numero di possibili alternative rappresenta un elemento positivo solo in via astratta: la commissione ha evidenziato come le scelte previdenziali siano spesso casuali ed erratiche con pesanti conseguenze per la consistenza e l’andamento dei risparmi pensionistici individuali.
L’Italia rischia di ripetere la triste esperienza inglese, con il passaggio dal sistema retributivo, il quale prevedeva una pensione commisurata agli ultimi stipendi del lavoratore, al sistema contributivo, che invece calcola il monte pensione in base ai versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa, i cittadini italiani sono chiamati a crearsi ciò che viene definita Pensione Integrativa.
Il lavoratore deve quindi farsi onere di gestire in modo più o meno autonomo la creazione del proprio monte pensione.
Spesso si sceglie di affidarsi ad un consulente per gestire al meglio questo delicato aspetto del proprio futuro.
Il requisito indispensabile è, pero', l’indipendenza del consulente.
Questa può essere valutata dal cliente tramite diversi indicatori:
- Il consulente non deve aver mandato da nessuna compagnia assicuratrice o bancaria. In questo caso la sua consulenza sarebbe finalizzata alla vendita dei prodotti della propria società.
-Il professionista deve essere pagato esclusivamente tramite parcella. In caso contrario si tratta di un venditore che riceve una commissione sui prodotti che vi sta indicando
-Il consulente deve assolutamente fornirmi un ventaglio di opzioni tra le quali scegliere. Questo garantisce che il consulente non abbia alcun tornaconto nel farvi acquistare un particolare prodotto.
In più è essenziale che il Cliente conosca bene gli strumenti o i prodotti finanziari che decide di utilizzare per garantire la propria pensione. Molti di questi hanno elevati costi di entrata, o all’opposto altissimi costi di smobilizzo, nel caso il cliente abbia necessità di utilizzare il capitale prima del tempo. Molti fondi presentano alti costi di gestione (anche nell’ordine del 4% annuo) o elevati caricamenti sui versamenti (anche nell’ordine del 90% sul primo versamento).
Queste caratteristiche vengono, purtroppo, taciute dai venditori e vengono scoperte troppo tardi dai risparmiatori.
di Lorenzo Gussoni
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