Dall'articolo
(...) A confondere, o meglio, ad intersecare in un indissolubile intreccio prostituzione coatta e volontaria non sono le femministe abolizioniste, bensì il mercato e i suoi protagonisti: mafiosi e magnaccia illegali e legali, convertiti, questi ultimi, dagli ordinamenti giuridici dei Paesi che hanno legalizzato il fenomeno, in rispettabili imprenditori dell'industria del sesso. Nei bordelli spagnoli esercitano la prostituzione molte ragazze vittime di tratta direttamente reclutate dai proprietari stessi dei locali. Lo stesso accade negli eros center tedeschi, come dimostra un'inchiesta di Der Spiegel, la cui traduzione verrà prossimamente pubblicata dal blog Consumabili. Nei Paesi Bassi, i primi in Europa ad aver adottato un modello regolamentarista, la diffusione della prostituzione coatta, secondo le stime proposte da operatori qualificati, si aggirerebbe tra il 50% e l'85- 90% del totale. Nelle vetrine del celebre quartiere a luci rosse di Amstersam: il De Wallen, frequentato da circa 220.000 clienti all'anno, molti dei quali turisti stranieri, tutte o almeno il 90% delle prostitute risultano assoggettate ad un magnaccia, che estorce loro almeno la metà dei proventi. Il dato è fornito dalle stesse ragazze che praticano rapporti mercenari e confermato da poliziotti ed assistenti sociali.
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Inoltre, la legalizzazione della prostituzione, incentivando la domanda locale e straniera (turismo sessuale), produce anche un incremento dell'offerta legale ed illegale, tratta inclusa. Lo conferma uno studio recente che giunge a questa conclusione attraverso l'analisi dei dati quantitativi di 150 Stati. In Germania, in particolare, il numero delle vittime di tratta, decresciuto dal 1996-1997 al 2001, quando raggiunse una cifra oscillante tra 9870 e 19740, ha subito un considerevole incremento dopo la promulgazione della legge sulla regolamentazione della prostituzione, passando a 11.080 (cifra minima) -22.160 (dato massimo) nel 2002 e a 12.350-24.700 nel 2003. Nel 2004 si è assistito a un' ulteriore espansione del fenomeno, che concerneva ormai 32.800 persone .
Nei Paesi Bassi il numero di vittime del traffico di esseri umani segnalato ogni anno a CoMensha (l'agenzia centrale cui è demandata la registrazione del fenomeno) è triplicato negli ultimi anni. Fino al 2005 la cifra oscillava tra le 257 e le 424, ma è aumentata costantemente dal 2006, anno in cui ha raggiunto il numero di 579. Supponendo che circa la metà del fenomeno (come è assodato accada dal 2007 al 2009) riguardi la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, fino al 2005 si avrebbero tra le 124 e le 222 vittime di questo reato, cifra che si eleverebbe fino a 289 nel 2006. Nel 2007 il numero delle donne assoggettate alla tratta aumenta, fino a raggiungere la cifra di 343, un quarto delle quali (84) minorenni. Nel 2008 vi è un'ulteriore, vertiginosa, crescita delle vittime che diventano 475, un quinto delle quali (93) minorenni, mentre nel 2009 si registra un calo. Le donne sottomesse al traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale identificate in quell'anno, infatti, scendono a 423, 45 delle quali risultano essere minorenni [6]. Nel 2010 il numero di vittime della tratta, tuttavia, raddoppia rispetto all'anno precedente, raggiungendo la cifra di 797
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Numerose ricerche mostrano l'elevato tasso di violenze subite dalle donne prima del loro ingresso nella prostituzione: il 59% è stata maltrattata e dal 55% al 90% di loro ha subito abusi sessuali durante l'infanzia. Nello studio condotto nel 2003 da Melissa Farley e dalle sue collaboratrici in 9 Paesi, il 63% delle 854 prostitute intervistate ha dichiarato di essere stata vittima di incesti o aggressioni sessuali nel periodo prepuberale, percentuale che sale al 75% in una ricerca svolta in Australia nel 2008 . E' evidente come tali abusi abbiano esercitato un'influenza profonda sul destino di queste bambine e ragazze.
L'età media di ingresso nella prostituzione - risulta dalla ricerca di Farley - è di circa 19 anni, ma il 46% ha iniziato prima di aver compiuto i 18 anni.
Infine, vorrei far notare come l'89% delle prostitute intervistate da Melissa Farley ha espresso la volontà di abbandonare la pratica dei rapporti mercenari, ma ha affermato di non avere la possibilità di farlo. Del resto, ad esempio, soltanto il 6% dei comuni olandesi ha approntato servizi di sostegno all'uscita dalla prostituzione per chi lo desideri
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Osservo, in primo luogo, in accordo con l'anarcofemminista Irène Pereira e con la filosofa Rhéa Jean, come la sussunzione della sessualità nella sfera del lavoro comporti la perpetuazione dell'asimmetria delle relazioni sessuali, che per gli uomini costituirebbero sempre occasioni di godimento e per le donne anche un'attività di sussistenza caratterizzata dall'asservimento alle istanze di piacere maschili (la prostituzione è in grande prevalenza femminile) o comunque uno strumento di appagamento dei desideri degli uomini che asseconda e riproduce il fallocentrismo. Sono convinta, invece, che noi femministe dovremmo rivendicare la sottrazione della sessualità femminile alla sfera mercantile e la sua assegnazione a quella del piacere, favorendo anche in questo modo il raggiungimento della parità tra uomini e donne e l'abbattimento del patriarcato.
La prostituzione rappresenta una forma di mercificazione del corpo e di subordinazione molto diversa dalle altre per molteplici ragioni. In primo luogo, come mi ha fatto acutamente notare Massimo Lizzi, formulando un concetto per certi versi simile a quello elaborato da Carole Pateman, la mercificazione non è necessariamente costitutiva di attività come il lavoro operaio che potrebbe essere organizzato secondo un modo di produzione non capitalista e, quindi, in forma diversa dal rapporto salariato (caratterizzato dalla vendita della forza lavoro a un dominante: il padrone). Al contrario, la mercificazione è connaturata alla prostituzione che si sostanzia, appunto, in un atto di compravendita del corpo delle donne, senza del quale essa non esisterebbe.
Il capitalista - aggiunge Pateman - è interessato non tanto al corpo dell'operaio, quanto piuttosto al conseguimento del profitto attraverso l'appropriazione dei prodotti del suo lavoro. Viceversa, nella prostituzione l'oggetto del contratto è il corpo della donna e l'accesso sessuale ad esso.
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Nella prostituzione, istituzione cruciale del sistema patriarcale, il rapporto di subordinazione agli uomini e la mercificazione del corpo delle donne si dispiegano all'ennesima potenza, in quanto le prostitute, oltre ad essere assoggettate ai magnaccia (circa il 90% di loro), costituiscono oggetto di consumo e possesso sessuale temporaneo di tutti gli uomini che le desiderano.
Quando i corpi delle donne vengono messi in vendita come merci sul mercato capitalistico, [..] la legge del diritto sessuale maschile viene affermata pubblicamente e gli uomini vengono pubblicamente riconosciuti come padroni sessuali delle donne - ecco cosa c'è che non va nella prostituzione .
Ora: la natura di questo rapporto è perfettamente chiara ai clienti. «Io vado a puttane perché è chiaro da subito il sinallagma. Io ti pago perché voglio godere, tu ti pieghi perché ti do dei soldi!!», osserva un utente del sito Gnocca Travels. La mediazione del denaro conferisce ai clienti lo status di padroni sessuali temporanei della donna-merce acquistata. E che le prostitute costituiscano un prodotto merceologico lo affermano loro stessi, disquisendo, appunto, di "qualità del prodotto", lamentandosi del fatto che in Italia sia ormai difficile " scopare merce buona" o parlando di "usato sicuro" o, al contrario, di "spazzatura" . I clienti si percepiscono come "tecnici" che sperimentano l'efficacia e le prestazioni di un prodotto, di una macchina da sesso e, pertanto, impiegano verbi come "provare", "periziare", "testare", effettuare un "controllo di qualità". In altri casi, invece, concepiscono il rapporto mercenario come l'impressione del proprio marchio sulla donna-merce, per cui parlano di "mettere una tacca" o di "timbrare" una prostituta o una sua parte del corpo (le natiche, ad esempio).
La prostituzione è, dunque, l'esplicitazione più chiara del rapporto patriarcale di dominio degli uomini sulle donne. Non dimentichiamo, poi, che la frequentazione di prostitute straniere, che sono la maggioranza, può esprimere un desiderio di esotizzazione e di inferiorizzazione dell''altro" che assume connotazioni razziste e coloniali.
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L'intrusione reiterata, l'occupazione da parte di estranei del corpo della donna prostituita e la connessione che sussiste tra sessualità e percezione di sé comporta, non di rado, implicazioni sul suo stato di salute.
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Inoltre, la violenza è intrinsecamente connessa all'esercizio della prostituzione, quali che siano le norme giuridiche che la regolano e le prassi che la caratterizzano. Lo dimostra uno studio di Melissa Farley e colleghe che hanno rilevato, anche in Stati come la Germania, l'elevata frequenza di stupri (63% del totale, il 50% ne ha subiti più di 5), aggressioni fisiche (61%), minacce con le armi (52%) nei confronti delle prostitute.
Si aggiunga, infine, l'elevato tasso di mortalità associato all'esercizio della prostituzione.
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Se si concepisce la prostituzione come una professione identica alle altre, mi si spieghi quale altra occupazione presenta un grado di nocività altrettanto elevato, quale altra attività espone a rischi di "infortuni" e a tassi di violenza così massicci. Mi si chiarisca anche perché nessuno si oppone alla chiusura di una fabbrica che produce amianto, reclamando, invece, giustamente la riassunzione degli operai in uno stabilimento che non comporti pericoli per la salute o l'occupazione in altri settori, mentre si accetta tranquillamente un "mestiere" collegato a un così elevato tasso di malattie fisiche e psichiche, di violenza, di stupri, di mortalità. E' accettabile che in Germania, Paese assunto come modello da molti sostenitori della legalizzazione, il 63% delle prostitute intervistate da Farley abbia subito uno o più stupri?
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Cosa osterebbe alla definizione della prostituzione come stupro a pagamento? Il consenso, si potrebbe rispondere, ma riferito a che cosa? Le condizioni del rapporto, il tipo di atti sessuali previsti vengono concordati dettagliatamente nel contratto di prostituzione? E tali condizioni vengono rispettate? Teniamo presente che la dazione di denaro non è ininfluente nel determinare la configurazione della relazione, giacché il cliente ritiene di acquistare non solo una prestazione, ma il potere sulla donna e il diritto di farle ciò che è stato pattuito, che lei voglia o no. «Io ti pago, tu ti pieghi» osserva appunto l'utente del sito Gnocca Travels sopra citato. Alcuni studi recenti confermano l'esistenza piuttosto diffusa di queste convinzioni tra i consumatori di rapporti mercenari. Il 27% di 103 clienti londinesi ha spiegato chiaramente che, dopo aver pagato, "il cliente ha diritto di fare qualsiasi cosa desideri", il 47% ha espresso in modo più o meno chiaro l'idea che "le donne non possiedono sempre certi diritti mentre si prostituiscono" . Il 43% dei 113 clienti intervistati a Chicago ha dichiarato che la donna che si prostituisce "dovrebbe fare qualsiasi cosa le si richieda", dopo essere stata pagata.
Come definire gli atti sessuali compiuti da uomini che nutrono queste convinzioni?
STUPRO