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Nel 1956, quando il Partito comunista italiano era una potenza ideologica,
Togliatti, spalleggiato da Napolitano e dal cinese Mao Zedong,
costrinse la riluttante Unione Sovietica a schiacciare con le divisioni corazzate
gli inermi insorti di Budapest che manifestavano contro il Partito comunista chiedendo libertà e democrazia.

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Questo è ridicolo. Suona come un racconto di fantasia scritto da Paolo Guzzanti , insieme al resto, per compiacere Silvio Berlusconi (è un articolo pubblicato su Il Giornale nel 2017) .
Nel 1956 Napolitano era un giovane, parlamentare da 3 anni, che si allineava con la posizione del segretario Togliatti.
A sua volta Togliatti non poteva costringere l'Unione Sovietica a prendere decisioni.
Per tutti gli anni '50 era il Partito Comunista dell'Unione Sovietica che dettava la linea ai partiti comunisti occidentali, non il contrario, ovviamente, visto che il PCUS era al potere in una grande potenza mentre partiti comunisti come quello italiano non erano al governo.

La decisione di schiacciare la rivoluzione ungherese fu presa per dinamiche interne al Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
Dal punto di vista del gruppo dirigente sovietico di quel tempo, va citata la causa probabilmente determinante della decisione di effettuare l'invasione e cioè la paura di Chruščëv di essere rovesciato dagli stalinisti (Molotov, a esempio), che già mordevano il freno e che difficilmente gli avrebbero perdonato di avere "perso l'Ungheria". Questa paura era assai più giustificata delle vecchie e tradizionali visioni staliniste dell'"accerchiamento" che non erano così presenti in un Chruščёv, convinto della possibilità della coesistenza pacifica. Non c'è dubbio che Molotov avrebbe tentato di rovesciarlo in tale evenienza, facendo appello certamente alle "antiche paure" per raccogliere attorno a sé l'Armata rossa, che pullulava ancora di ufficiali che dovevano la loro carriera a Stalin.

Nel 1956 c'era inoltre il timore diffuso, e reale, di un dilagare a macchia d'olio del "fenomeno Ungheria", un effetto domino, com'è stato scritto. C'erano state manifestazioni di massa a Varsavia in appoggio della rivoluzione ungherese, e anche in Romania in diversi luoghi ebbero luogo manifestazioni di protesta.


Per quanto riguarda le dimissioni di Berlusconi da PdC nel 2011. La maggioranza del governo Berlusconi era molto risicata dal 2010, legata a parlamentari come Scilipoti che avevano cambiato partito durante la legislatura.


Nel 2011 c'erano contrasti sulla riforma delle pensioni che Berlusconi e Tremonti consideravano necessaria, mentre Bossi (Lega) era contrario.


Poi anche Berlusconi ed il suo partito votarono la fiducia al governo Monti.
 
22 settembre 2023 | 16.21

"L'Italia non si attiene" al meccanismo "di riammissione" previsto da Dublino per i migranti. "E fino a quando l'Italia non lo farà, non accoglieremo più rifugiati". A dichiararlo, intervenendo alla trasmissione 'maybrit illner', dell'emittente tedesca Zdf, è stata Nancy Faeser, ministro dell'Interno del governo di Berlino, sottolineando come nell'Unione europea sia stato concertato un meccanismo di solidarietà: Roma deve ora “venirci incontro" e adempiere ai suoi obblighi.



Il regolamento di Dublino stabilisce che le richieste di asilo devono essere trattate dal paese dell'UE di primo ingresso, salvo diversa decisione, e che questo paese deve riammettere i richiedenti asilo trovati a presentare domanda altrove.

 
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Nonostante dodici mesi di insuccessi, conditi con gaffe nostalgiche e teorie del complotto assortite, Giorgia Meloni vola nei sondaggi, le proteste stanno a zero e le opposizioni litigano tra loro. Cronaca di un capolavoro involontario.

24 settembre 2023 - 22:01 A cura di Francesco Cancellato

I migranti arrivano come prima più di prima, i rimpatri stanno a zero, come prima e meno di prima, e la strategia di contenimento e gestione dei flussi migratori fa acqua da tutte le parti. L’economia arranca come sempre negli ultimi vent’anni, ma gli stipendi sono sempre più al palo e i prezzi crescono. Il debito pubblico è oltre ogni soglia di sicurezza, e per giunta i tassi per rifinanziarlo stanno crescendo di mese in mese. Il programma di tagli alle tasse è ormai un sogno, e la realtà rischia di esser fatta di tagli alla spesa. E la maggioranza è tutto fuorché salda, con Forza Italia nel caos e la Lega di Salvini che fa la fronda da destra.

continua su: Perché Giorgia Meloni può essere molto soddisfatta, nonostante un anno di nulla cosmico
 
Di F.Q. | 23 SETTEMBRE 2023

l’analisi deli orientamenti di voto di Demos&Pi per Repubblica in un sondaggio che fotografa il consenso del governo e le intenzioni di voto degli italiani. Rispetto allo scorso giugno, segnala l’istituto, il trend dell’esecutivo è negativo e subentrano “elementi di incertezza” con un gradimento (ora al 46) inferiore al governo Conte II. E aumenta anche la quota di italiani convinti che il governo non durerà cinque anni.

Fratelli d’Italia perde lo 0,4% passando dal 29 al 28,6% e arretrano anche Lega e Forza Italia, in calo rispettivamente dello 0,2 e dell’1,2 assestandosi al 7,8 e al 6,6 per cento. La perdita di consenso dei meloniani quindi non sposta gli equilibri interni della coalizione che resta a forte tradizione Fdi né il quadro generale, visto che nel centrosinistra non c’è unità né un sostanziale recupero di preferenze. L’elettorato, sintetizza Demos&Pi, sembra quindi orientarsi verso il “non voto”.

Il Partito Democratico, infatti, è stimato al 20,4% (-0,2) e il Movimento Cinque Stelle recupera fino al 17,2 (+2) con Azione al 4% (+0,3). Calo al 2,4 per cento, invece, per Italia Viva, unico partito tra le opposizioni con un segno negativo, visto che anche Europa Verde-Sinistra Italiana guadagnano passando dal 3,3 al 3,6 per cento. Tra i leader di partito, Meloni perde 5 punti arretrando dal 54 al 49, mentre resta stabile Giuseppe Conte (38). Lieve calo anche per Elly Schlein (da 31 a 30) e forte arretramento per Matteo Salvini, crollato dal 37 al 32.



 

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