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"Mi risulta che Emma Marrone abbia baciato uno sconosciuto durante un concerto.
Ovviamente nessuno protesta, ma sarebbe venuto giù il mondo
se l'avesse fatto un cantante uomo nei confronti di una spettatrice".

Cosa che effettivamente è successa, ma che emerge con ancora più evidenza in questo periodo
in cui l'uomo etero e bianco è messo alla gogna dalle veterofemministe e dalla sinistra,
che vogliono abolire il patriarcato, qualunque cosa questo voglia dire.

Nei fatti, Federico Rossi ed Emma Marrone hanno avuto lo stesso comportamento
ma, come la sinistra insegna, esistono sempre i famigerati due pesi e due misure
che tanto piacciono alla gauche caviar del nostro Paese,
che non si rende nemmeno conto dell'ipocrisia in cui naviga a vista.
 
Di meschinità in meschinità.....

Fermate quel Ponte, deve passare la cicogna del Paleartico.

C'è sempre una specie minacciata dalla costruzione di qualche strada, ferrovia, viadotto.

Figuriamoci se non c'era per il Ponte sullo Stretto.

Il Wwf è talmente preoccupato che domani sarà in piazza a Messina,
insieme ad altri comitati, associazioni e collettivi per dire «Lo Stretto Non si Tocca».

Il problema, per gli ambientalisti, non è solo l'opera, considerata inutile e dannosa,
ma la sorte dei volatili che passano da quelle parti.

«Lo Stretto è uno dei punti di concentrazione della migrazione dei rapaci diurni
e delle cicogne più importanti del Paleartico occidentale»
, scrive il Wwf.

La «creazione di una barriera trasversale», cioè il ponte, manderebbe in forte crisi i pennuti, secondo l'associazione.

«Si rischia una procedura di infrazione dalla Ue per il rischio di deterioramento degli habitat comunitari
e di perturbazioni dannose per gli uccelli», sostiene il Wwf.

Non sarebbe la prima opera che le associazioni verdi chiedono di fermare per proteggere qualche specie.

In Trentino hanno minacciato azioni legali per bloccare una strada
che invaderebbe «un'importante arena di canto del gallo cedrone».

A Firenze Legambiente si è opposta all'ampliamento dell'aeroporto
perchè disturberebbe il «tritone punteggiato» (Lissotriton vulgaris).


Due esempi tra molti.
 
"le cicogne, come i tritoni, il gallo cedrone e tanti altri animali,
hanno un cervello piccolissimo ma molto inteligente
che gli permette di sopravvivere nei boschi, nei mari, nell'aria,
identificando i pericoli e scansandoli, cervelli come i microchip,
che sono in grado di fare operazioni al di fuori della portata del cervello
di alcuni individui della razza umana tinti di rosso....
mica le cicogne vanno a schiantarsi contro un pilone del ponte...
e la sicilia e la calabria mica mangiano dal lavoro che danno le cicogne e tritoni....."
 
Sempre dalla parte sbagliata una garanzia.

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Leggo questo e posso affermare che qualche domanda me la pongo.

In ogni grande caso di cronaca nera
siamo stati abituati spesso a vedere la comparsa di una sorta di supertestimone
che corrobora l’impianto accusatorio delle autorità investigative.


Non di rado però quando spesso questi supertestimoni sono comparsi,
essi si sono contraddetti oppure hanno più volte ritrattato e cambiato la loro versione dei fatti.


Il caso forse più clamoroso che si può citare a questo riguardo è quello di Gabriella Alletto,
la testimone che accusò i due ricercatori universitari Ferraro e Scattone
di aver sparato contro la povera studentessa universitaria Marta Russo, uccisa a soli 22 anni.


Stavolta nel caso di Giulia Cecchettin non siamo ancora arrivati ad uno scenario simile,
o se ci siamo arrivati esso non si è ancora pienamente manifestato alla luce del sole.

Ciò che sappiamo è quanto ci è stato detto dagli inquirenti fino ad ora
e abbiamo visto che tale versione presenta palesi incongruenze e illogicità.

C’è un aspetto però sul quale crediamo non ci sia soffermati abbastanza
e risale ai momenti iniziali della presunta aggressione di Turetta verso Giulia Cecchettin.

È necessario ancora una volta tornare a quella maledetta notte dell’11 novembre scorso, di sabato.

Per poter cercare di capire come sono andate realmente le cose,
è necessario passare in sequenza più volte nella nostra mente i momenti chiave dell’accaduto
come le immagini e i dialoghi di un film per cogliere magari quello che può esserci sfuggito prima
e per vedere se ciò che abbiamo appena visto ha effettivamente un senso logico.

Secondo quanto è stato detto dalla magistratura e dai media mainstream,
alle 23:15 circa inizia l’alterco tra Giulia Cecchettin e Filippo Turetta.

Il ritratto che stanno facendo i media dello studente universitario veneto
è quello di una sorta di soggetto instabile che angosciato dal fatto di aver perduto la sua fidanzata
avrebbe iniziato a tormentarla sempre più insistentemente.

Sorprende vedere che persino i genitori del giovane non si sottraggono affatto all’attenzione mediatica,
e sorprende vedere che il padre di Filippo descriva suo figlio
come una persona che probabilmente è stata colta da qualche disturbo psichico.

Nemmeno il tempo di cercare di capire come sono andate veramente le cose
e nemmeno il tempo di voler parlare con il proprio figlio per provare a sentire almeno la sua versione dei fatti.

Addirittura i genitori di Filippo si sono rifiutati di vederlo in carcere
perché non si sentirebbero pronti
mentre invece non hanno avuto nessuna difficoltà a rilasciare dichiarazioni pubbliche ai media.

Il prosieguo di questa vicenda non va affatto nella chiarificazione dei suoi punti oscuri
ma piuttosto verso un loro completo oscuramento.

C’è fretta da parte di tutti di dire che il colpevole è Filippo
senza però andare a spiegare quelle che sono delle palesi incongruenze.
 
Una in particolare è quella che riguarda l’inizio dell’aggressione a Giulia.

Ci è stato riferito che questa sarebbe iniziata a circa 150 metri da casa della giovane studentessa universitaria
e che un uomo avrebbe sentito le grida della giovane.

Ora ciò che appare alquanto anomalo
è che nessuno conosce l’identità di questo vicino di casa.
Non si sa con certezza chi è, e per quanto ne sappiamo
egli non è ancora nemmeno stato ascoltato dagli inquirenti.

È stato riferito che questa persona avrebbe chiamato il 112 per denunciare l’aggressione in corso
ma che i carabinieri non sarebbero intervenuti per motivi che non sono ancora stati chiariti.

Se effettivamente le cose sono andate così,
allora ci si aspetterebbe che la procura di Venezia proceda ad indagare
su una possibile ipotesi di omissione di soccorso per il mancato intervento dei carabinieri
ma non risulta ad oggi che i magistrati veneziani abbiano messo sotto inchiesta gli uomini della stazione dei carabinieri del posto.

Il luogo poi dell’aggressione, Vigonovo, è un piccolo Paese del Veneto di 9mila anime
e non appare certo un posto dove ci sono moltissime chiamate alle forze dell’ordine.

Ad infittire ancora di più il mistero riguardo a questo presunto vicino di casa è il fatto che nessuno sappia chi sia.

Le televisioni che nei loro orrendi contenitori pomeridiani
dove da anni c’è la celebrazione del trash e del gossip stanno allestendo
una vera e propria fiction sul caso Cecchettin ma non sembrano interessate a sapere chi sia quest’uomo.

Semplicemente lo ignorano, eppure trovarlo sarebbe molto facile
visto che in fondo si tratta di un piccolo paesino e non di una grande metropoli.

Si inseguono parroci, anziani seduti al bar, edicolanti e fiorai
ma nessuno va dall’unica persona che potrebbe sulla carta testimoniare l’inizio dell’aggressione.

Ne dobbiamo dedurre che i media non vogliono andare da questa persona
e questo ci induce a riflettere ancora una volta sulla scarsa volontà da parte di alcuni apparati di cercare la verità su questa storia.

Ancora più singolare il fatto che non esca nemmeno la conversazione telefonica tra il 112 e questo vicino di casa.

Ci viene fatta ascoltare la voce di Giulia che racconta della sua tormentata storia con Filippo
ma non ci viene fatta ascoltare la voce di questo testimone fondamentale.

Soltanto ieri la trasmissione “Chi l’ha visto” ha cercato questo testimone fondamentale
di cui non si è visto nemmeno il volto e che è apparso molto vago su ciò che avrebbe visto quella notte.
 
Secondo quello che scrive “Il Mattino” di Napoli l’uomo si chiamerebbe Marco Musumeci.
Al quotidiano napoletano, il testimone avrebbe detto di aver visto delle “sagome”
senza però essere stato in grado di riconoscere i volti delle persone
nè tantomeno senza confermare tutta la dinamica dell’accaduto.

Quando poi l’aggressione sarebbe iniziata
ci è stato detto che Filippo avrebbe preso a calci e pugni la povera Giulia
e poi l’avrebbe persino accoltellata per poi costringerla a salire con la forza nella sua Grande Punto.

Se le cose sono andate effettivamente così,
è impossibile che non ci siano tracce di sangue visibili nella macchina di Filippo,
eppure stando a quanto affermano le autorità tedesche
la macchina non presentava visibili tracce ematiche.

Quando arriva a Fossò, vicino a dei capannoni industriali, Filippo si ferma e Giulia scende dall’auto.

Nella ricostruzione che ci è stata fornita, la ragazza qui non avrebbe nemmeno provato a gridare a squarciagola
né risulta aver provato a scendere dalla vettura quando Turetta ce l’avrebbe caricata a forza.

Se Filippo aveva estratto un coltello per colpire la povera giovane,
avrebbe dovuto essere chiaro sin dal principio che il ragazzo voleva uccidere e non picchiare.

E quando una persona sfodera un coltello davanti ad una persona,
ci si aspetterebbe che questa gridasse non solo “mi fai male” ma “aiuto, mi vuole uccidere”.

Sono quei momenti nei quali si attiva in ognuno di noi un istinto di sopravvivenza che porta,
specialmente nei soggetti più deboli, quali le donne, a gridare disperatamente
per provare a salvarsi e invocare aiuto in una situazione così disperata.

Nella ricostruzione che ci è stata fornita tutto questo però non risulta esserci.

Non risulta esserci una Giulia che grida una volta giunta all’appuntamento con la morte a Fossò,
e non risulta esserci nemmeno una seconda chiamata dei carabinieri
da parte di un vigilante dei capannoni che circondavano la zona dove si era fermata la vettura.

Sono stati gli stessi carabinieri ad aver smentito che un vigilante li abbia chiamati,
e quindi pensiamo che sia legittimo chiedersi se un addetto alla sorveglianza
abbia mai assistito a tale scena e, se lo ha fatto, perché non ha avvertito le autorità di un’aggressione in corso.
 
Si era detto del sangue poco fa.

Sempre secondo quello che riferiscono i media,
ci sarebbero due macchie di sangue nei due distinti punti dell’aggressione.

Una vicino al parcheggio di Vigonovo,
laddove il vicino di casa non identificato con certezza avrebbe sentito le grida.

E l’altra a Fossò, laddove Giulia sarebbe poi morta
dopo aver battuto la testa contro il marciapiede dopo che Turetta l’avrebbe spinta a terra.

Gli inquirenti hanno detto di aver rinvenuto un coltello da cucina nel parcheggio di Vigonovo
che però non risulta essere l’arma del delitto
.

Non crediamo che capiti tutti i giorni di trovare un coltello da cucina in un parcheggio
a meno che qualcuno non abbia gettato dei rifiuti in strada ma non pare essere questo il caso.

Anche qui però si presenta lo stesso problema.

Se Filippo ha accoltellato Giulia a Vigonovo e l’ha messa poi a forza nella sua vettura,
perché nella macchina non ci sono tracce di sangue?


Secondo quello che riferiscono gli inquirenti della procura di Venezia,
la giovane sarebbe morta per “shock ematico” e qui si apre un’altra rilevante questione.


Già avevamo visto la irritualità, per usare un eufemismo,
dell’ordinanza di custodia cautelare della Gip di Venezia, Benedetta Vitolo,
nella quale si arrivava ad utilizzare un linguaggio non consono
ad un provvedimento emesso dalla magistratura quali “femminicidio”
e si arrivavano a fare considerazioni che esulavano di molto dal perimetro dell’indagine.

Appare però ancora più irrituale che il Gip in questione
abbia affermato che la causa di morte della Cecchettin sarebbe uno “shock ematico”
quando non è nemmeno stata eseguita un’autopsia che verrà fatta soltanto i primi giorni di dicembre.

Anche in questa occasione questa decisione non appare molto conforme alle procedure
perché l’autopsia non è stata ancora eseguita quando in questi casi, come quello di un omicidio,
generalmente non passano molti giorni dal ritrovamento del corpo e quello dell’esame autoptico.

Qui invece si è deciso di attendere più di 15 giorni dal ritrovamento del cadavere e quello dell’autopsia
e non se ne capisce francamente la ragione.

Ancora meno si comprende come il Gip di Venezia abbia potuto scrivere una ipotetica causa di morte
senza avere nemmeno a disposizione il referto autoptico
e come abbia potuto di conseguenza individuare in Filippo il responsabile del delitto,
visto che non c’è ancora l’arma del delitto e nemmeno la vettura utilizzata
presumibilmente per trasportare il cadavere per 139 km tra Veneto e Friuli
in un tragitto che non ha senso alcuno se si batte la strada della premeditazione.
 
C’è poi un ulteriore elemento che solleva ulteriori perplessità su tutta la dinamica della storia.

L’indomani della scomparsa di Giulia
quando il padre Gino presenta un esposto ai carabinieri di Vigonovo,
gli uomini dell’arma non scrivono che la ragazza si sarebbe trovata in pericolo di vita
ma parlano di “allontanamento volontario” ed escludono il pericolo di vita per la studentessa.

Se c’erano delle macchie di sangue vicino al parcheggio di Vigonovo
e se Gino Cecchettin aveva fatto presente che Filippo la tormentava da tempo
perché i carabinieri non hanno preso minimamente in considerazione l’ipotesi del rapimento e dell’aggressione?


C’è poi da mettere in rilievo che la confessione di Filippo è quantomeno anomala
perché il giovane avrebbe subito ammesso le sue responsabilità
senza però dare alcuna spiegazione su tutta la dinamica degli eventi.
 
C’è molta fretta di archiviare la storia da parte della magistratura e dei media
senza dare tutte le risposte alle contraddizioni del caso.


Continueremo a mettere in rilievo ciò che non sembra affatto corrispondere al vero
e continueremo a chiedere di fare davvero luce e di cercare la verità
su questo caso che presenta delle enormi anomalie.
 

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