APRITE GLI OCCHI FINCHE' C'E' TEMPO....ANCORA POCO.
L’Unione europea, con i suoi Piani, Missioni, Agende, Fondi, eccetera,
costruisce non soltanto l’impalcatura della transizione ecologica
ma stabilisce anche le misure specifiche per indurre le imprese e gl’individui a realizzarla.
Nessuno può sapere dove ci porterà la transizione ecologica, a cose fatte.
Intanto, il cammino intrapreso sembra di per sé costrittivo oltre le necessità dello scopo perseguito.
La pianificazione sta diventando stringente senza motivo,
soprattutto perché impone il presunto ben fare anziché vietare il mal fare.
A capire il punto, aiuta proprio la resilienza,
un desueto vocabolo preso a prestito dal linguaggio tecnico
e divenuto comunissimo sulla bocca dei politici e nei mezzi di comunicazione.
Che significa esattamente?
In italiano, resilienza indica nella metallurgia la resistenza alle rotture verificata con una prova d’urto
oppure l’attitudine dei filati e dei tessuti a riprendersi dopo una deformazione.
In inglese, resilienza significa sia, in senso fisico, la capacità di un corpo di riprendere la dimensione o
la forma dopo essere stato compresso, piegato o allungato,
sia, in senso morale, la capacità di riprendersi o adattarsi facilmente al cambiamento o alla sfortuna.
In passato una tale capacità gl’Italiani l’avrebbero chiamata semplicemente fortezza,
ma vada pure per resilienza alla maniera inglese in ossequio al Pnrr.
Dunque, la pianificazione imposta agli Stati dall’Ue porterà gli Europei ad adattarsi facilmente o comporterà la sfortuna di dovercisi adattare?
L’Unione europea sta pianificando fin troppo i modi, i mezzi, i tempi, le mete degli Europei.
L’imponente allocazione di risorse decisa, con criteri poco o imprenditoriali,
non garantisce affatto né che i soldi regalati non vadano in stravizi
né che i soldi mutuati non finiscano in “debito cattivo” anziché in “debito buono”.
La quantità stessa del denaro fa presagire che il suo impiego non sarà oculato.
E doverlo spendere pure in fretta, fa presagire il peggio.