Tornando ai clandestini, i migranti. Ci dicono i tecnici che un gommone, più propriamente canotto,
come quelli su cui partono i clandestini, non riuscirebbe, coi motori che ha, a percorrere più di due o tre miglia marine,
prima di affondare o comunque di fermarsi, anche perché senza l’adeguata attrezzatura
non si raggiungerebbe mai la terraferma perché è impossibile orientarsi.
Il Mediterraneo, d’inverno e di notte, presenta difficoltà inaudite, difficilmente sormontabili per chi non sia adeguatamente equipaggiato,
e non è certo il caso dei clandestini che partono dalla Libia.
Per essere trovati, in mare, occorre una radio vhf con un’antenna molto alta, una bussola, un telefono satellitare,
un segnalatore di qualche tipo, dei razzi di segnalazione; e poi, per il motore, dei capaci serbatoi ingombranti, una consolle, degli strumenti…
mai visto nulla di tutto questo su quei gommoni.
Allora è chiaro che nessuno pensava veramente di raggiungere l’Italia così, ma sapevano che sarebbero stati “salvati” dai cosidetti “volontari” che incrociano, guarda caso, proprio quelle acque.
Appare ormai evidente che c’è la combine: lo scafista, poco dopo essere stato rimorchiato col suo canotto carico di “migranti”,
che però hanno pagato migliaia di euro per “sfuggire alla miseria”, da un’altra imbarcazione, di proprietà ignota,
ma su cui le procure dovrebbero indagare, dà l’allarme a uno dei tanti numeri di telefono dei “volontari”,
che non vedono l’ora di andare a “salvare” qualcuno, per poi portarli, chissà perché, proprio in Italia, distante centinaia di miglia marine,
anziché nel porto vicino più sicuro, che non è Lampedusa o Pozzallo, ma Sfax, Tunisi, La Valletta o Tripoli.
Sì, anche Tripoli, perché Ue e Onu hanno dichiarato che la Libia è normalizzata: tra un po’ faranno pure le elezioni…
E poi non si capisce perché se la Libia è sicura per partire, non lo dovrebbe essere per ritornare, come stanno strillando ora le ong per il rimpatrio dei “profughi”.
Il retropensiero è che le ong traggano un qualche vantaggio dal numero di persone che portano in Italia, da come insistono, ma forse sbagliamo.
Per quanto riguarda i tre “salvati” dal nostro elicottero, con tutto il rispetto, ma possono dire quello che vogliono, poiché non c’è controprova o altre testimonianze.
Potrebbero essere in stato confusionale per lo stress e straparlare…: hanno fornito il numero esatto degli imbarcati (ma quando e perché li hanno contati?),
il numero delle donne, dei bambini, neanche avessero letto la carta di imbarco. Quelli che mancano, insomma, dicono le ong, sarebbero tutti morti in mare.
Ma siamo sicuri? Non è che per impietosire e allarmare l’Europa – operazione peraltro riuscita perfettamente –
si siano precedentemente accordati con qualche altro attore della commedia per raccontare una storia che fili?
Ma anche se la storia chiaramente non fila, purtroppo ci saranno sempre persone pronte a raccogliere le voci e a propalarle come se fossero vere.
Intendiamoci, può darsi che i morti ci siano veramente, ma dove sono i corpi, dove sono le tracce?
Infatti il primo avvistamento di questo gommone in difficoltà non è avvenuto da parte di aerei militari italiani,
come sembrava in un primo momento, ma da un aereo ong.
Ci sarebbe poi a questo proposito da aprire una vasta parentesi sulle illimitate risorse di queste ong,
che tra aerei, navi, droni, equipaggi, attrezzature sofisticatissime, mettono insieme decine di milioni di dollari.
Ma da dove rientrano questi soldi? Il loro immenso patrimonio è davvero costituito solo da donazioni spontanee di cittadini europei?
Ma chiudiamo pure questa parentesi.