Val
Torniamo alla LIRA
Di pazienza ne ho tanta. Ne ho visti passare davanti a sparire ........
C’è probabilmente una forma di perversione delle élite nel ripetere gli stessi errori del passato.
E di sicuro, Bernard-Henry Lévy fa parte di questa schiera.
Dopo aver passato una vita a commettere errori e pontificar e(sbagliando) sul mondo,
tra la difesa a spada tratta di Cesare Battisti e quella della guerra in Libia voluta da Nicolas Sarkozy,
Lévy torna alla carica con un sermone anti-populista che, naturalmente, non poteva che partire dall’Italia e precisamente il 5 marzo a Milano.
Naturalmente, il messaggio è solo uni: combattere il populismo. “L’ Europa sta morendo ma non è ancora morta. Mancano cinque minuti a mezzanotte”
Del resto, questo modus operandi è tipico di una certa parte della classe intellettuale italiana.
E lo ha spiegato perfettamente Daniele Capezzone per La Verità,
“quando non bastano gli editorialisti nostrani, torna utile la grande firma straniera, con il compito di civilizzare e bacchettare il lettore italico”.
È così: l’Italia, o almeno quella élite che si trincera nei salotti, sente quasi il bisogno di subire il bombardamento dell’intellighenzia di altri Paesi.
E Bhl (Bernard-Henry Lévy) non poteva trovare un terreno più fertile che quello degli ultimi dei Moicani
di una certa cultura italiana che, rinchiusa nella sua torre d’avorio, continua a pontificare sul governo, ma soprattutto sul popolo italiano.
Colpevole, a detta di tutti loro e di Lévy, di aver votato partiti sovranisti o populisti.
Perché l’importante non è capire le motivazioni dietro questo voto.
L’importante è dividere il mondo in elettori bravi e cattivi.
E creare un solco culturale, se non antropologico, per condannare una parte (tendenzialmente maggioritaria) del Paese.
La democrazia, evidentemente, non piace quando si perde.
C’è probabilmente una forma di perversione delle élite nel ripetere gli stessi errori del passato.
E di sicuro, Bernard-Henry Lévy fa parte di questa schiera.
Dopo aver passato una vita a commettere errori e pontificar e(sbagliando) sul mondo,
tra la difesa a spada tratta di Cesare Battisti e quella della guerra in Libia voluta da Nicolas Sarkozy,
Lévy torna alla carica con un sermone anti-populista che, naturalmente, non poteva che partire dall’Italia e precisamente il 5 marzo a Milano.
Naturalmente, il messaggio è solo uni: combattere il populismo. “L’ Europa sta morendo ma non è ancora morta. Mancano cinque minuti a mezzanotte”
Del resto, questo modus operandi è tipico di una certa parte della classe intellettuale italiana.
E lo ha spiegato perfettamente Daniele Capezzone per La Verità,
“quando non bastano gli editorialisti nostrani, torna utile la grande firma straniera, con il compito di civilizzare e bacchettare il lettore italico”.
È così: l’Italia, o almeno quella élite che si trincera nei salotti, sente quasi il bisogno di subire il bombardamento dell’intellighenzia di altri Paesi.
E Bhl (Bernard-Henry Lévy) non poteva trovare un terreno più fertile che quello degli ultimi dei Moicani
di una certa cultura italiana che, rinchiusa nella sua torre d’avorio, continua a pontificare sul governo, ma soprattutto sul popolo italiano.
Colpevole, a detta di tutti loro e di Lévy, di aver votato partiti sovranisti o populisti.
Perché l’importante non è capire le motivazioni dietro questo voto.
L’importante è dividere il mondo in elettori bravi e cattivi.
E creare un solco culturale, se non antropologico, per condannare una parte (tendenzialmente maggioritaria) del Paese.
La democrazia, evidentemente, non piace quando si perde.