VENDITE DA PANICO A WALL STREET. USA IN RECESSIONE DA FINE 2007
Dopo cinque sedute consecutive di rialzo, almeno per il Dow Jones e l’S&P500, la piazza azionaria americana ha dovuto fare i conti quest’oggi con un violento attacco ribassista. Il mercato ha annullato quasi interamente il progresso registrato durante la scorsa ottava, colpiti da una pioggia di vendite che ha portato a segnare una delle peggiori performance giornaliere di quest’anno.
Gli indici hanno avviato gli scambi già in calo e hanno accelerato la discesa in seguito alla diffusione dei due dati macro in programma per oggi. Le spese per le costruzioni sono scese ad ottobre dell’1,2%, oltre le previsioni degli analisti che si aspettavano un calo più contenuto dello 0,9%. A deludere è stato anche l’indice ISM manifatturiero che a novembre è sceso a 36,2 punti dai 38,9 dell’ultima lettura, attestandosi al di sotto delle stime del mercato fissate a 37,5 punti.
Indicazioni che hanno allarmato gli operatori su una recessione che è ormai una realtà da circa un anno, secondo quanto segnalato dal National Bureau od Economics Research. Stando all’istituto privato di ricerca, l’economia a stelle e strisce avrebbe raggiunto il suo picco proprio a dicembre del 2007, dando vita in seguito ad un rapido e progressivo declino, lungo una tendenza che dovrebbe durare almeno fino alla metà del prossimo anno.
Non sono state di alcun aiuto le dichiarazioni del presidente della Fed, Ben Bernanke, il quale ha fatto sapere che l’economia americana continua a rimanere sotto stress, donde la necessità di decisioni anche forti da parte della politica. I legislatori dovranno essere pronti ad attuare azioni decisive per proteggere i lavoratori e la crescita, per indirizzare i rischi sostanziali verso la stabilità finanziaria.
Al fine di sostenere la congiuntura, per Bernanke sono possibili ulteriori tagli dei tassi di interesse al di
sotto dell’1%, nonostante gli spazi di manovra siano piuttosto limitati in materia di politica monetaria. Il numero uno della Fed ha però spiegato che la Banca Centrale americana ricorrerà anche ad altre misure non convenzionali per aiutare la crescita.
Non hanno certo aiutato le prime indicazioni sull’andamento dello shopping natalizio la cui stagione si è aperta ufficialmente venerdì scorso. Stando alle prime rilevazioni le vendite sarebbero in aumento rispetto allo scorso anno, ma l’incremento è da ricondurre principalmente alla richiesta di prodotti offerti con sconti particolarmente forti.
A fine giornata così gli indici si sono presentati al suono della campanella sui minimi odierni, con una flessione decisamente accentuata. Il Dow Jones ha ceduto il 7,7%, ma è andata ancora peggio all’S&P500 che ha lasciato sul parterre l’8,93%. Simile a quest’ultima la variazione percentuale del Nasdaq Composite che ha accusato un ribasso dell’8,95%, a quota 1.398,07 punti, dopo aver toccato un massimo nell’intraday a 1.496 punti.
Tra i titoli del Dow Jones, nessuno è riuscito a concludere gli scambi in positivo, ma si sono difesi meglio degli altri McDonald’s e Coca-Cola che ha comunque hanno lasciato sul parterre il 4,26% e il 5,21%. In rosso del 5,39% Johnson & Johnson dopo aver annunciato l’acquisizione di Mentor, a fronte di un esborso di 1,07 miliardi di dollari.
La caduta dei prezzi del petrolio, scivolati ad un passo di quota 49 dollari al barile, ha scatenato le vendite su Exxon Mobil e Chevron, in flessione rispettivamente del 6,53% e dell’8,32%. Le cattive indicazioni sull’attività manifatturiera hanno mandato a fondo le azioni di General Electric e di Caterpillar, in ribasso del 9,49% e del 10,47%.
Sotto scacco i finanziari, con Jp Morgan in picchiata del 15,45%, preceduto di poco da America Express che accusato un ribasso del 15,74% dopo che un analista di Oppenheimer ha stimato un taglio del 45% nell’attività dei prestiti da parte delle società del settore. Ancor più pesante Bank of America, con un rosso del 20,18%, ma è andata peggio a Citigroup, arretrata del 21,85%, sulla scia dell’accordo raggiunto con il gruppo spagnolo Sacyr per l’acquisizione di oltre il 50% di Itinere, nell’ambito di un’operazione da quasi 8 miliardi di dollari.
Sul tabellone elettronico del Nasdaq Composite, si difendono Oracle ed Apple che hanno ceduto il 3,73% e il 4,04%, mentre ha chiuso in flessione del 6,69% Yahoo, per nulla sostenuto dai rumors circolati nel week-end in merito ad una possibile trattativa da parte di Microsoft per la divisione della ricerca online della società. Il gruppo di Bill Gates, le cui azioni hanno ceduto oggi quasi otto punti percentuali, sarebbe pronto a mettere sul piatto ben 20 miliardi di dollari.
Ancor più pesanti Google e Cisco Systems, in rosso di oltre il 9%, ma le vendite hanno colpito in maniera significativa anche Nvidia e Intel, in arretramento dell’8,57% e del 8,99%, sulla scia della pessima intonazione dell’indie Soxx.