continuo con le mie domande, senza polemica (mi interessa l'argomento).
sulla retroattività (che non ha dignità costituzionale, ma la Corte Costituzionale...) non mi è chiaro il problema: riguardo al capital gain, c'è disposizione transitoria postata da Alobar; riguardo ad interessi e dividendi si parla di "esigibili da gennaio 2012". perché il caso in questione è diverso da un qualsiasi altro aumento di aliquota? ho capito l'esempio, ma un aumento dell'imposta che colpisce solo alcuni soggetti conduce ad un aumento degli interessi dell'intero mercato (gli emittenti si finanzieranno sempre al x% rivolgendosi ad altri investitori)? in passato si è già avuto un caso analogo a questo?
La maggior parte dei volumi trattati sui titoli di Stato italiani è dovuta a negoziazioni di soggetti istituzionali lordisti, quindi del tutto indifferenti a variazioni delle ritenute fiscali applicate ai privati. Ciò vale non solo per l’MTS, mercato all’ingrosso per definizione, ma in buona parte anche per il principale mercato al dettaglio, il MOT. Il controvalore medio per contratto dei titoli di Stato italiani scambiati sul MOT tra gennaio e maggio 2011 è stato di 62.592 euro, importo al di fuori della portata della gran parte dei risparmiatori e che quindi potrebbe segnalare una consistente presenza di operatori istituzionali. In ultima analisi: i prezzi dei BOT, dei CCT e dei BTP sono determinati dagli scambi di banche, fondi comuni, hedge funds e fondi pensione (tutti lordisti!), non dalle negoziazioni del signor Rossi.
Per quanto riguarda i bond socetari non è noto con precisione il peso che i risparmiatori hanno negli scambi di questi titoli, ma certamente è superiore a quello del trading dei titoli di Stato, dal momento che il controvalore medio per contratto dei bond bancari negoziati al MOT è di 15.878 euro. Come potrebbe agire l’eventuale aggiustamento? Prendiamo due titoli simili per cedola, solvibilità e durata, e mercato di quotazione (MOT): uno destinato (pare) a restare tassato al 12,5% e l’altro destinato (pare) a passare alla ritenuta del 20%. Il primo è il BTP scadenza 1 febbraio 2018, che ai prezzi di venerdì 1 luglio sconta un rendimento effettivo lordo del 4,36% lordo e 3,79% netto. Il secondo è l’Enel scadenza 12 giugno 2018, che offre un rendimento effettivo del 4,05% lordo e del 3,47% netto. Posto che, come detto, per il BTP il prezzo e il rendimento netto sono indifferenti al trattamento fiscale per i risparmiatori perché sono funzione delle decisioni dei lordisti, è chiaro che per mantenere quel 3,47% netto in presenza di un aumento della ritenuta, il prezzo dei bond Enel dovrà scendere. Ma siamo sicuri che questo dovrà accadere? No, perché l’andamento del prezzo del bond Enel sarà determinato anche da molti altri fattori, quali ad esempio la percezione di maggiore o minore solvibilità relativa del gruppo elettrico rispetto a quella dello Stato italiano. Senza dimenticare che anche tra i soggetti che negoziano i bond Enel vi sono istituzionali lordisti che nell’eventualità di una pressione al ribasso del prezzo del titolo in questione dovuta alla ricerca di un maggior rendimento lordo da parte dei risparmiatori nettisti potrebbero entrare in acquisto e riallineare quasi istantaneamente la quotazione alla situazione precedente.
Infine vale la pena ricordare che quando l’imposta sul capital gain entrò in vigore al 12,5%, il 1° luglio 1998, l’indice di Piazza Affari salì prima (+58,7% nel 1997), durante (+43% nel 1998) e dopo (+ 30,6% dall’inizio del 1999 fino allo scoppio della bolla della New economy nel marzo 2000) quell’evento in un mercato euforico, passò inosservato.