....questa l'avete letta??
ECO - Patrimoniale: per gli italiani in vista sacrifici veri
di Luca Simoni
Roma, 26 gen (Il Velino) - Ma davvero serve un’imposta patrimoniale per abbattere una quota rilevante del debito pubblico? È soltanto questa la strada praticabile, come sostengono i suoi fautori, per fornire nuove risorse allo Stato da destinare a una politica di sviluppo più incisiva, capace di fare impennare il pil e creare nuovi posti di lavoro per tutti, soprattutto per i giovani? Il dibattito, aperto il 22 dicembre da Giuliano Amato sul “Corriere della sera” con la proposta di fare pagare almeno diecimila euro a un terzo degli italiani per abbattere il debito pubblico e farlo scendere all’80 per cento del pil, si è arricchito strada facendo di contributi importanti, pro e contro. Gli ultimi due sono di oggi, rispettivamente dell’ex banchiere Pellegrino Capaldo e della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e meritano attenzione, perché hanno il pregio di portare il tema della patrimoniale nel cuore del dibattito politico. Ovviamente, di quel dibattito che è centrato sulle cose concrete e serie, e non sulle conseguenze giudiziarie delle preferenze sessuali del premier, cosa che sta veramente stancando. Un dibattito che sembra volto a definire il programma di un governo del futuro, diverso da quello in carica, essendo chiaro a tutti che mai e poi mai Berlusconi e Tremonti – da sempre contrari alla patrimoniale – potranno cambiare idea in proposito e metterla all’ordine del giorno dell’esecutivo in carica.
Veniamo al primo contributo odierno. Con un’intervista al quotidiano di via Solferino, Pellegrino Capaldo ha lanciato l’idea di tassare non tanto il patrimonio immobiliare delle famiglie, quanto la plusvalenza che tutti gli immobili hanno generato dal momento dell’acquisto ad oggi. Un’operazione gigantesca, con la quale secondo l’ex banchiere si potrebbe trasferire la metà del debito pubblico dallo Stato ai privati (non solo ai più abbienti, ma a tutti i privati che posseggono immobili) attraverso l’introduzione di un’imposta media del 12,5 per cento sulle plusvalenze immobiliari. L’operazione consentirebbe di ridurre della metà non solo il debito, ma anche l’onere annuo che lo Stato deve sostenere per pagare gli interessi sui titoli del Tesoro, portandolo da 80 a 40 miliardi. In questo modo si libererebbero 40 miliardi l’anno da investire per il rilancio dell’economia. Un’idea politicamente forte, insolitamente dettagliata quella di Capaldo, una vera e propria cura da lacrime e sangue per milioni di famiglie. Ma anche una soluzione sulla quale la giunta della Confindustria, come ha rivelato la presidente Marcegaglia, ha discusso a lungo.
Quante possibilità ci sono che la proposta Capaldo, o la patrimoniale di Amato, diventino realtà? Curioso a dirsi, ma il primo a confessare un profondo scetticismo verso la patrimoniale e imposte simili è stato Michele Salvati, economista vicino alla sinistra (è stato deputato Ds), che con una nota sul Corsera del 18 gennaio ha definito una “rivoluzione impossibile” sia l’ipotesi di vendere ai privati un’ampia parte degli immobili di proprietà pubblica (e non solo la piccola quota prevista dalla riforma del federalismo fiscale), sia l’idea della patrimoniale lanciata da Amato. In Italia - sostiene Salvati - “il censimento della ricchezza è ancora più inaffidabile di quello del reddito”. E questo porterebbe a caricare la patrimoniale soltanto sui contribuenti onesti, lasciando fuori gli evasori, con il risultato politicamente pessimo di produrre un’ingiustizia tributaria maggiore di quella in essere, visto che per il fisco appena l’1 per cento degli italiani ha un reddito sopra i 100 mila euro.
Non solo. Un esperto del Cnr, Salvatore Tutino, ha preso in parola Amato e ha simulato di tassare con aliquote diverse (4 – 8 – 12 per cento) i patrimoni immobiliari superiori a 100 mila euro. Risultato: il proprietario di un piccolo appartamento di 300 mila euro finirebbe per pagare 12 mila euro, mentre il possessore di un immobile del valore di 600 mila euro dovrebbe pagarne 48 mila. Per molte famiglie sarebbe un sacrificio enorme, forse insostenibile.
Nonostante la difficile sostenibilità politica di simili interventi, vi sono buone ragioni per ritenere che il dibattito sulla patrimoniale andrà avanti. L’Ocse ha recentemente avanzato come propria la tesi per cui, per rilanciare l’economia e creare posti di lavoro in tutti i Paesi industriali, occorre spostare la tassazione dal lavoro e dalle persone alle proprietà e ai consumi. In parte, Tremonti è d’accordo su questa linea, in quanto fautore di una riforma tributaria che – se mai si farà – dovrebbe spostare il peso tributario dalle persone alle cose, soprattutto ai consumi. Non solo. È assai probabile che quella sorta di Comitato di liberazione nazionale da Berlusconi, che è all’opera da mesi, è trasversale, spazia da destra a sinistra, e va dai grandi quotidiani fino ai poteri forti bancari, troverà strada facendo altri esperti in sintonia con Capaldo (e lontani da Salvati), tutti pronti a giurare che l’Italia, per ripartire, non può fare a meno di una misura fiscale straordinaria, qual è la patrimoniale. Insomma, dietro l’angolo e dopo Berlusconi (nel 2013 o prima, se ci sarà una crisi di governo), è bene che gli italiani sappiano che li aspetta una politica di sacrifici veri.
(Luca Simoni) 26 gen 2011 20:05
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