European Banking Authority (EBA) di effettuare tuno stress test sulle banche europee secondo una fotografia al 30 settembre delle posizioni di titoli di stato in portafoglio alle banche, inclusi quelli nel cosiddetto banking book, cioè i titoli che erano soliti essere valorizzati al costo storico. Nei precedenti stress test questo boook era rimasto come baluardo (spesso furbetto) di tutte le posizioni “problematiche”, permettendo anche alle banche italiane di limitare i danni.
Con la decisione del 30 settembre il re è stato denudato. Ma questa decisione, incredibilmente, ha riguardato solo i titoli di stato e non i titoli strutturati, quelli che le banche prezzano secondo il principio del mark-to-fantasy nel cosiddetto Level 3, cioè titoli che non hanno input osservabili di mercato e devono quindi essere valorizzati secondo una qualche metodologia più o meno fantasiosa.
Dal momento in cui si è deciso che le banche italiane avevano i maggiori gap di capitale, l’orologio della morte ha iniziato a ticchettare. I mercati hanno rapidamente compreso che, in caso gli azionisti attuali non volessero/potessero tirar fuori altri quattrini, soprattutto a questi livelli di prezzo, lo stato italiano difficilmente sarebbe stato in grado di subentrare nella ricapitalizzazione. Da quel momento, le banche italiane si sono improvvisamente trovate di fronte ad un drammatico bivio: vendere i titoli di stato in portafoglio o mantenere i livelli di credito a imprese e famiglie? Probabilmente qualcuno avrà cominciato ad alleggerire le posizioni, analogamente ad altri investitori global, e contemporaneamente ad irrigidire gli standard di concessione del credito nel tentativo (illusorio) di recuperare redditività e patrimonializzazione, innescando un credit crunch che nei prossimi mesi ci sarà più chiaro in tutta la sua drammaticità.
La progressiva riduzione della liquidità sul mercato ha aumentato la pressione ribassista sui prezzi dei titoli di stato italiani. Fino a stamane, quando è arrivata la notizia che la maggiore cassa di compensazione europea (LCH Clearnet) ha deciso di alzare il margine di deposito in contropartita di operazioni di pronti contro termine su titoli di stato italiani. Questa è stata l’ulteriore spinta alla liquidazione di titoli di stato del nostro paese, in condizioni di virtuale assenza di compratori, e con la Bce ancora istituzionalmente irresoluta a comprare in modo decisivo, cioè tale da ridurre i rendimenti italiani.
Non siamo proni al cospirazionismo (tutt’altro, in realtà), ma se i criteri di stress test stabiliti dall’EBA erano frutto di considerazioni solo “tecniche”, siamo di fronte ad un caso di scarsa razionalità nel valutare i contraccolpi di determinate valutazioni. Se, invece, quelle decisioni sono state il distillato tecnocratico della volontà tedesca e francese di mettere in ginocchio il sistema bancario italiano per poterlo poi rilevare per un tozzo di pane, siamo di fronte ad un atto di stupidità che sconfina ampiamente nella criminalità economica. Come che sia, e come ripetiamo da tempo, francesi e tedeschi stanno segando il ramo su cui sono seduti. Non ci sono più i leader di una volta.
P.S. Come sempre, l’invito pressante a leggere gli articoli correlati, qui sotto. Possono essere utili a comprendere che, su questi pixel, non si fanno divinazioni del giorno dopo.
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