Quanto guadagna lo Stato se viene abolita l’Imu?
L’INTERVENTO DI RENZO de’ VIDOVICH
Quanto guadagnerà lo Stato abolendo l’Imu? Dopo le elezioni comunali, la politica a Trieste è andata in ferie. Non un commento sul Direttore de Il Giornale finito in galera, niente sull’aumento della disoccupazione e dei prezzi, sul calo vertiginoso dei consumi, sull’aumento del debito pubblico nonostante il salasso delle tasse e sulla crisi che un anno fa era di liquidità, poi si è trasformata in crisi finanziaria ed oggi è crisi economica con tanto di recessione.
È passato, perfino, inosservato un fatto che riguarda direttamente l’Imu, di cui si è esaminato solamente la parte che ha inciso sulla mancanza di liquidità e sulla conseguente riduzione dei consumi e si è trascurato l’aspetto essenziale: la caduta dei valori degli immobili, per cui l’83% degli italiani che possiedono una casa hanno scoperto di essere più poveri perché il loro patrimonio immobiliare era sceso di almeno 30%.
Ma l’aspetto più paradossale riguarda il valore della proprietà dello Stato, in immobili di pregio e di pronta possibilità di vendita, che oscilla tra i 300-350 miliardi di euro. Anche questo patrimonio ha subito una flessione del 30%, di cui è imputabile solo all’Imu almeno il 20%. Lo Stato ha perduto 60 miliardi di quanto si sarebbe potuto realizzare nel giro di qualche anno. Nessuno si è domandato se meritava introitare 24 miliardi di Imu per perderne 60, il tutto senza contare lo sconquasso che questa imposta ha determinato indirettamente sui consumi e, quindi, sul prodotto interno lordo, sull’aumento della disoccupazione e del debito pubblico.
Ho la sensazione che nonostante il non disinteressato appoggio della finanza tedesca al Governo dei tecnici e di battage pubblicitario che ne ha accompagnato l’ascesa, si sia perduto il senso globale dell’economia e si assumano iniziative senza valorizzare la loro incidenza sull’economia reale. Solo alcuni giornali economici hanno riportato i dati reali sulla crisi europea. L’Italia ha contribuito con il suo 17% a tutte le crisi degli altri paesi europei, l’Irlanda, il Portogallo, la Grecia e, indirettamente, anche della Spagna, dove le nostre banche non avevano prestato soldi a questi Stati, per cui il nostro contributo (del 17% contro il 27% della Germania) è stato solo formalmente dato alle economie dei paesi in crisi.
In realtà, sono finiti nelle casse della Bundesbank che aveva in passato lucrato interessi molto elevati perché si trattava di prestiti a rischio, ma il rischio è stato pagato da tutti noi. E che dire del fatto che la Banca di Stato germanica ha venduto quasi tutti i titoli italiani quando si trattava di aumentare il costo dei nostri Bot, al fine di mettere in crisi il governo Berlusconi?
È un fatto di enorme gravità, perché vanifica il sistema democratico e consegna la scelta dei governi italiani ed europei ai cosiddetti poteri forti, cioè ai gruppi finanziari mondialisti. A cosa serve fare le elezioni popolari sotto la minaccia di una pistola puntata alla tempia rappresentata dall’incubo del default? Possibile che la politica non parli di questo che, a mio avviso, è il principale