Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato (2 lettori)

stefanofabb

GAIN/Welcome
Dobbiamo solo augurarci che dopo le dichiarazioni seguano i fatti! Solo così possiamo sperare che il differenziale dei rendimenti si riduca sempre di più ma non mi faccio tante illusioni, finchè non vedo i fatti.
Allora prepariamo il book e togliamo gli ordini di vendita in alto (io non li ho mai messi per paura che mi eseguano o avessero eseguito):-Red aspettiamo i nostri beniamini a 150 o 200,buona Domenica.
 

camaleonte

Forumer storico
Allora prepariamo il book e togliamo gli ordini di vendita in alto (io non li ho mai messi per paura che mi eseguano o avessero eseguito):-Red aspettiamo i nostri beniamini a 150 o 200,buona Domenica.

Sai meglio di me che i mercati sono mossi per il 90% dalle dichiarazioni e dal 10% dai fatti e se saranno di questo tenore:

" Con Lagarde al timone della BCE, il mix di politiche prevederà tassi d’interesse negativi, nuove operazioni TLTRO e acquisti di asset." i 150 o 200 non sono utopistici. Buona domenica anche a te.
 

camaleonte

Forumer storico
Buongiorno.

"Tutto rose e fiori, quindi? Non proprio. Il flusso di acquisti cui si assiste in questo momento sui titoli di Stato italiani è dovuto, anche e soprattutto, al crollo dei tassi di mercato conseguenza della politica monetaria ultra accomodante della Bce e di molte altre banche centrali. Sono circa 13.400 miliardi di dollari i bond governativi con yield negativo. Dal che è inevitabile che gli operatori puntino sul nostrano BTp che rende circa il 2%. Ciò detto, però, il contesto di rendimenti negativi sul mercato crea dei problemi al margine d’interesse (voce importante dei ricavi delle banche). Gli istituti di credito, infatti, da un lato spuntano bassi rendimenti sugli impieghi; e, dall’altro, non possono schiacciare più di tanto il costo del funding. Il risultato? La debolezza, per l’appunto, del “Net interest income”.

Quindi, paradossalmente, lo spread in calo aiuta i titoli bancari in Borsa ma in questo momento è l’effetto di una situazione che può penalizzare i ricavi. Così non è un caso che molte banche stiano affrontando l’era dei tassi rasoterra con la diversificazione del margine d’intermediazione. Puntano sulle commissioni legate al risparmio gestito oppure alla bancassurance."

Lo spread in calo aiuta le banche in Borsa ma incide sui ricavi - Il Sole 24 ORE
 

stefanofabb

GAIN/Welcome
Buona Domenica Pag.18 IL Sole 24 Ore Plus di ieri.

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stefanofabb

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10 MILANO FINANZA 6 Luglio 2019 di Vincenzo Sciarretta I l 24 aprile Dhaval Joshi, che segue l’Europa per la Bca Research, diceva ai lettori di MF-Milano Finanza che i Btp erano da comprare, che erano un buon investimento e che lo erano sia in termini assoluti, sia in termini relativi. Domanda: e adesso che il rendimento del decennale è scivolato all’1,64%, facendo volare le quotazioni dei Btp? «Rimango positivo su questi titoli», risponde Joshi. «In termini relativi non vedo ragioni plausibili per cui essi debbano offrire un premio ragguardevole rispetto ai corrispondenti titoli del debito spagnoli o portoghesi». Le ultime settimane sono state entusiasmanti per i Btp: dalla fine di maggio il rendimento del decennale è precipitato dal 2,66 all’1,64% circa. Solo questa settimana il tasso è scivolato da circa il 2,1% a circa l’1,64%. Il famoso spread con il Bund tedesco si è assottigliato in un mese di circa 80 punti. Il tasso decennale italiano è tornato ai livelli di marzo-aprile 2018, o poco sotto. Tutto ciò in risposta alla pace fatta tra il governo italiano e le autorità europee, che ha scongiurato la procedura d’infrazione, ma ancor di più sulla ritrovata spinta accomodante della Banca centrale europea. Il 18 giugno Mario Draghi annunciava che l’istituto di Francoforte era pronto a comprare nuovi titoli e a tagliare il costo del denaro. Frattanto svaniva la candidatura del tedesco Jens Weidmann a futuro presidente della Bce. Weidmann era considerato dal mercato il cerbero custode dell’ortodossia monetaria, un uomo poco incline ad aiutare l’Italia, sicché la sua bocciatura è stata ben accolta dai detentori di titoli di Stato italiani. Infine è stata annunciata la designazione di Christine Lagarde alla presidenza della Bce, e ciò è stato ricevuto con un apice di acquisti sui Btp, data l’inclinazione accomodante almeno fin qui dimostrata. Certo anche il governo italiano ha fatto la sua parte, evitando la procedura d’infrazione e presentando all’Europa un pacchetto correttivo che registra maggiori entrate e minori uscite per alcuni miliardi, sufficienti a ricondurre il deficit del 2019 verso il 2%. Rimane tuttora aperta la partite per il bilancio 2020, e le sue incognite sull’aumento dell’Iva e sulla flat tax, ma sia le autorità europee che i mercati finanziari hanno preferito concentrarsi sull’oggi e rimandare a domani il domani. Quanto è costata la fiammata dello spread di quest’anno? In realtà nessuno lo sa. Il professor Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, contattato da MF-Milano Finanza risponde che «non abbiamo rifatto il calcolo e non credo che lo rifaremo. I tassi sono troppo volatili. E le precedenti stime sono troppo vecchie». Secondo Maurizio Mazziero, di Mazziero Research, rispetto al rendimento di marzo 2018 e sino a fine giugno l’aggravio per le casse pubbliche potrebbe essere stato di 3-3,5 miliardi. Ci sono però parecchi punti in sospeso. Cedric Gemehl di Gavekal Research, sottolinea come «in cinque anni il debito pubblico in mano agli stranieri è sceso dal 55 al 30%. Vuol dire che gli interessi vengono conferiti sempre più a possessori domestici del debito pubblico, i quali vi pagano su un po’ di tasse, e più probabilmente spenderanno o investiranno quanto incassato nell’economia domestica». Vincent Deluard, vicepresidente di Intl FCStone Financial, osserva poi che circa il 20% del debito pubblico (che in totale è il 134% del pil, ndr) è in mano alla Bce, la quale «incassa gli interessi, ma poi per lo più li restituisce al Tesoro italiano, e perciò, per molti scopi pratici, questa quota di debito pubblico è quasi come se non esistesse». Inoltre quando i vecchi Btp vanno in scadenza, essi vengono rinnovati con titoli del debito che generalmente pagano un interesse inferiore a quelli vecchi. Sempre Gemehl di Gavekal Research dice che «la maturità media del debito pubblico italiano è di circa sette anni. E siccome il nuovo debito costa meno del vecchio, persino l’anno scorso il tasso medio è sceso dal 2,9 al 2,8% e probabilmente scenderà ancora nel 2019». Frattanto anche la tendenza dei nuovi mutui è a offrire interessi più bassi (grafico qui sopra), il che dovrebbe contribuire a rivitalizzare l’edilizia. Prospettive ancora buone. Come si diceva, secondo Dhaval Joshi il rendimento dei Btp italiani dovrebbe convergere verso quello dei titoli spagnoli (0,28%) o portoghesi (0,43%). Altra domanda: di quanto si potrebbero avvicinare? Risponde Joshi: «Nel medio termine io ritengo che lo spread nei confronti di questi titoli possa essere di 50 punti base, mentre oggi è ancora superiore ai 100 punti base. E la ragione è semplice: l’unico motivo serio per cui i Btp debbano pagare un premio sugli altri titoli riguarda l’ipotesi in cui i titoli pubblici non restituiscano il capitale in euro ma in nuove lire. Perciò, a rigore, il premio dovrebbe essere calcolato come la probabilità di essere ripagati in nuove lire moltiplicato per l’eventuale svalutazione della nuova lira. A mio modo di vedere, la probabilità che l’Italia esca dall’euro è molto bassa, ma diciamo pure che sia del 10% e la differenza di competitività rispetto alla Francia o alla Spagna potrebbe essere del 5%. Sicché il premio rispetto ai titoli spagnoli, ma anche rispetto ai titoli francesi, dovrebbe essere di circa 50 punti base. Naturalmente questo come ragionamento tendenziale, e non considerando i forti scossoni di breve termine che possono sempre esserci». La pensa allo stesso modo Cedric Gemehl, di Gavekal Research. «I rendimenti dei Btp sono scesi molto, ma il decennale italiano all’1,64% è più vicino al decennale greco (2,07%) che a quello spagnolo (0,28%) o a quello portoghese (0,43%). Non mi sembra realistico», dice Gemehl: Joshi pensa che anche le banche italiane dovrebbero recuperare rispetto alle altre europee, visto il grande sforzo che è stato fatto per ripulire i bilanci dai nonperforming-loans, cioè i prestiti andati a male. Rimane purtroppo come una grave ipoteca per l’Italia il fatto che i prestiti bancari al settore privato siano in continua diminuzione dal 2008 (grafico in pagina), e affinché l’economia italiana possa riprendersi è assolutamente necessario che le banche tornino ad alimentare il settore privato, dicono gli analisti. I problemi dell’Italia sono quelli di sempre. In primo luogo, una stagnazione che non si riesce a superare, con la crescita stimata dalla Commissione Europea allo 0,1% per il 2019 e allo 0,9% per il 2020. «Ma in quest’ambito», dice Gemehl, «un deficit del 2,1% certo non si può considerare un azzardo da punire». «L’Italia deve anche tenere sott’occhio le agenzie di rating, poiché basterebbe un piccolo declassamento per finire al grado spazzatura, costringendo con ciò molti investitori istituzionali a vendere forzatamente i titoli del debito italiani». In quest’ottica i prossimi appuntamenti con le agenzie di rating sono il 12 luglio (Dbrs), il 9 agosto (Fitch), il 6 settembre (Moody’s) e il 25 ottobre (S&P). Insomma, il peggio per il famigerato spread forse è passato. Ma i tassi a questo punto sono incredibilmente bassi in Europa e su molte scadenze sono addirittura negativi (in Italia lo è il tasso a due anni). In Germania il decennale rende il -0,4%, iniziando a creare problemi ai fondi pensioni, alle banche e alle assicurazioni che devono comprarli per forza. Sicché in Europa i tassi potrebbero in futuro salire o scendere, ma in termini relativi quelli italiani dovrebbero tornare verso la normalità, cioè pressappoco dove sono quelli di Spagna e Portogallo. Con l’aiuto della Bce, s’intende, e con opportuna avvedutezza da parte del governo. (riproduzione riservata) BOND/1 MERCATI Il rally del Btp? Non è finito.

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