Se dunque un euro sostenuto da solidi fondamentali e da istituzioni capaci di proteggerlo da attacchi speculativi è realmente una minaccia al dollaro e alla sterlina, potremo mai meravigliarci che le istituzioni finanziarie ancorate principalmente a quelle monete facciano tutto il possibile per ostacolarne il rafforzamento?
Guardiamo ora per un istante a quattro grandi potenze monetarie mondiali: USA, Eurozona, Giappone e UK. Quale delle aree gode dei fondamentali economici più solidi? Se guardiamo a debito, deficit e crescita economica l’Area Euro dovrebbe essere considerata la più solida. Trichet lo ha ricordato per tutto il 2011.
Perché mai allora è l’euro ad essere sotto attacco? Semplice: è quello con le difese minori, per le ragioni più volte discusse anche su questo thread. Con una metafora: la speculazione finanziaria si comporta come il bulletto del quartiere che non se la prende con il ragazzo più debole, ma con quello che ha entrambe le braccia ingessate…
Ciao Rott, il tuo punto di vista è lucido e razionale; quello che, in fondo, non condividiamo, è il ruolo dei fattori in questo attuale contesto. Sono d’accordo che la crescita geo-economica dell’euro abbia suscitato e susciti timori, né ho dubbi sul fatto che il rafforzamento strutturale dell’euro appaia come controproducente a specifici interessi finanziari, anche per necessità immediata “di bilancio”, oltre che per istanze culturali di lungo periodo. Il dato però nuovo e sparigliante rimane quello di un concreto rischio di meltdown finanziario occidentale in caso di tracollo dell’euro. Lo stato di salute dell’intero sistema finanziario made in Usa, già precario in seguito alla bolla immobiliare, ha subito negli ultimi mesi un peggioramento in seguito al dilagare della crisi europea. La situazione di Morgan Stanley fortemente esposta nelle vendite di cds di paesi europei, è solo un esempio – altrimenti non mi spiegherei la crescente pressione che le tensioni di qui hanno generato nei titoli finanziari “di là”. E proprio perché l’intreccio delle grandi istituzioni finanziarie occidentali è inestricabile, mentre gli Stati Uniti non possono affrontare un’altra recessione con annesso intervento di salvataggio per le loro big, nonostante le stampanti sempre attive, ritengo che gli starnazzamenti di analisti interessati ed agenzie di rating spingano, paradossalmente se vuoi e a breve termine, per una stabilizzazione della zona euro come male minore.
Senza dimenticare, in tutto questo bailamme, che le due parti in grassettato, che sopra ho arbitrariamente estrapolato per brevità dal tuo discorso e che condivido completamente, devono essere determinanti nell’analisi, ma questo, infine, rimanda non a disegni distruttivi di una speculazione internazionale (che esiste, beninteso, allargando faglie di un sistema, l’euro 17, che essa non ha direttamente creato), ma a questioni strutturali che l’Europa non vuole o non sa affrontare e di cui porta, interamente ed autonomamente, la responsabilità.
Per questo il taglio del complotto esterno o, in altra misura, dell’interesse a depotenziare l’euro mi sembra poco efficace nella congiuntura attuale. Qui non di depotenziamento si sta parlando in un contesto di revisione del balance of power finanziario mondiale, ma di affondamento con elevatissimi rischi sistemici connessi. La mia sensazione è che in molti, nell’eterogenea finanza anglosassone, ne siano perfettamente consapevoli e spingano, senza avere ovviamente facoltà dirette d’intervento e brandendo, perciò, i loro strumenti condizionanti, per una risoluzione della questione.