Banche, su Mps tra Italia e Ue accordo vicino ma potrebbe slittare dopo gli stress test di fine luglio
Pubblicato: 12/07/2016 19:04 CEST Aggiornato: 2 ore fa
accordo tra il governo Renzi e la Commissione europea è vicino e nessuno - né a Roma, né a Bruxelles – dubita che si farà. Ma i tempi potrebbero slittare. Non a caso, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem parla di “una soluzione che rispetti le regole molto prima del referendum d’ottobre”. Aggiungendo: “Ho piena fiducia nel governo italiano, sta lavorando duro con la Commissione”. Nei colloqui tra Roma e Bruxelles, intensificati tra ieri e oggi a margine della riunione dell’Ecofin, sta prevalendo una tabella di marcia in tre fasi. Primo: calmare i mercati e placare le voci su una crisi imminente del sistema bancario italiano. Secondo: aspettare gli stress test di luglio e nel frattempo predisporre quello che il ministro Pier Carlo Padoan chiama “rete precauzionale”. Terzo: valutare i risultati degli stress test e quindi agire, nella convinzione che quanto deciso per Monte dei Paschi possa tornare utile anche a Berlino.
“Stiamo lavorando molto duramente con la Commissione e sono fiducioso che raggiungeremo molto presto un accordo che sarà nell'interesse dell'Italia, dell'Ue e all'interno delle regole”, dice Padoan al termine dell’Ecofin. Dal Tesoro ci tengono a sottolineare che "non esistono scadenze, né date obiettivo" per l'accordo.
L’era post-Brexit non contempla più scontri tra la Commissione europea e l’Italia, che ormai siede nel direttorio a tre con Germania e Francia. Il Belpaese è considerato ‘too important to fail’, per fare il verso a un noto
film (Too big to fail) sul salvataggio del sistema finanziario statunitense per mano pubblica dopo la crisi del 2008. Italia, troppo importante per fallire, insomma. Sarebbe il fallimento certificato dell’Unione Europea. E questo fa dormire sonni tranquilli a Matteo Renzi, il quale invita anche i correntisti di Mps a dormire “tranquilli. Magari qualche banchiere di troppo deve dormire sonni un po’ meno tranquilli. Sia per questione di responsabilità, sia perché c’è qualche banca di troppo”.
Non a caso, l’ottimismo italiano trova sponde in Germania.
Ieri la Deutsche Bank (la banca europea più a rischio per i derivati che ha in pancia, secondo la Fed) ha cominciato a far circolare l’idea di un fondo europeo di 150 miliardi di euro per salvare le gli istituti di credito in difficoltà: a certificare che il problema non è solo italiano. Oggi la Cancelliera Angela Merkel dice: “Non vedo alcuno sviluppo verso una crisi" in Italia e in Europa. E aggiunge: "Per quel che riguarda l'Italia ci sono colloqui intensi fra il governo italiano e la Commissione europea e i ministri delle Finanze si incontrano oggi fra di loro. Sono molto convinta che queste questioni, che lì sono decisive, possano essere risolte bene”. E perfino Wolfgang Schaeuble si sbilancia: “Piena fiducia” nel fatto che quella italiana non è una vera a propria crisi bancaria. Certo resta "rimane comunque la questione degli aiuti di Stato", ma sta alla Commissione decidere.
In Germania resta il problema di un’opinione pubblica ancora in maggioranza contraria all’intervento statale per salvare le banche, pur previsto dalle regole del bail-in ma solo in casi eccezionali. Un ostacolo non da poco a un anno dalle nuove elezioni. Ma in Italia e a questo punto in tutta Europa resta il problema di salvare il sistema bancario messo a dura prova dalla Brexit e – solo nel caso italiano – ancora poco riformato e certamente non salvato con aiuti pubblici prima del bail-in. Ma ora il punto è allontanare il focus mediatico per arginare la volatilità dei titoli bancari in borsa. E controbattere ad una certa propaganda molto anglosassone che diffonde veleno sul sistema bancario italiano. Oggi lo fa Mark Carney, governatore della Bank of England, parlando al Parlamento inglese. Alcune banche italiane avranno bisogno di una ricapitalizzazione, ha argomentato Carney sottolineando il timore che un eventuale collasso delle banche italiane possa “rallentare l’economia dell’Eurozona. La domanda è in che misura”. Non quando, insomma.
Probabile che da Londra sia in corso un gioco di ricatti verso i paesi dell’Ue per ottenere condizioni favorevoli nelle trattative post-Brexit, si sospetta nei circoli italiani a Bruxelles dove si sono annotati tutti gli ultimi attacchi del Financial Times, scatenato contro Roma. Sarà perché all’ultimo consiglio europeo, Renzi – insieme al presidente della Commissione Jean Claude Juncker e all’Europarlamento – ha chiesto che la Gran Bretagna formalizzi la Brexit al più presto per mettere fine all’incertezza? Per ora sono sospetti.
Padoan intanto corre ai ripari: "C'è una percezione del sistema bancario italiano che è totalmente distorta in termini di numeri, di sofferenze, di ciò che è necessario capitalizzare", e "il fatto che qualcuno dica che il rischio generato sia così elevato è totalmente infondato. Il sistema bancario rimane solido, certo è passato da tre anni di recessione profonda da cui sta uscendo ma ci sono molto poche specifiche criticità".
E in questi giorni ad aiutare Padoan nei contatti europei c’è Maria Elena Boschi. Tappa a Bruxelles del suo tour di accreditamento internazionale, per lei. Oggi ha raccolto i complimenti del primo vice presidente della Commissione Ue Frans TImmermans in un incontro pubblico sulle riforme italiane. Domani incontrerà privatamente lo stesso Timmermans, l’altro vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ed Elżbieta Bieńkowska, commissaria per l’Industria e il mercato interno.