un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

ora , l'anno 2011 gs ha calcolato il signor.....sugli interessi a 2700 miliardi, banca italia e' azionista di bce con 12,5 per cento,calcoliamolo spannometricamente 315 miliardi,in quota banca italia.dove' finiscono,visto che il debito pubblico sale? allo stato no di certo. perche' se fosse ripartito allo stato,visto che qualcuno dice che banca italia e' pubblica e restiruisce i soldi del signoraggio allo stato ,in pochi anni azzeriamo il debito pubblico,ma nn succede,come mai ?ciao mat ,questa postate e' la risposta ufficiale di bce.il signore del video prende fischi x fiaschi,anzi molti fiaschi,troppo bacco nn va bene,anche un po' di venere
 
13 dicembre 2012 (MoviSol) – Il secondo canale della televisione pubblica tedesca, ZDF, ha trasmesso un servizio che svela il vero Mario Draghi al pubblico tedesco, finora imbonito dai vari tabloid che attizzavano odio verso l’artefice della politica inflazionistica dell’Euro, vestendolo però nei panni dell’Arlecchino che è arrivato per “lirizzare” o “italianizzare” la moneta unica.

Draghi è un esponente dei circoli finanziari internazionali, ha spiegato la ZDF nel suo servizio, mandato in onda il 6 dicembre nel corso del seguito programma di approfondimento politico Heute Journal, come commento alla riunione del Consiglio e della conferenza stampa della BCE di quel giorno.
Alla conferenza stampa, Draghi ha dovuto rispondere ad un numero insolitamente alto di domande scomode provenienti non solo dal reporter della ZDF, ma anche da altri giornalisti tedeschi, francesi e inglesi che gli hanno chiesto conto dell’intenzione della BCE di assumere poteri assoluti e antidemocratici sul sistema bancario europeo, della disoccupazione record in Europa e della “medicina-killer” applicata in Grecia (cfr. Sotto). Nel suo solito stile sofistico, Draghi ha giustificato ogni devastazione economica e sociale causata dalle ricette della BCE, addossandone la responsabilità ai governi che non avrebbero seguito la disciplina di bilancio prima della crisi, ignorando il fatto che i bilanci pubblici sono saltati a causa dei salvataggi bancari – la cui indisciplina di bilancio era non solo nota, ma favorita dalla BCE!

Il servizio della ZDF è indice che sta cambiando l’aria e il tiro viene aggiustato, precondizione per una via d’uscita costruttiva. “Draghi godeva di relazioni eccellenti nel mondo della finanza quando non era ancora presidente della BCE”, esordisce il servizio. “Da tempo egli è membro di un club esclusivo e discreto, il Gruppo dei 30: un gruppo di decisori super-influenti sul denaro e sul potere. Accanto a Mario Draghi si trova un numero sorprendentemente alto di funzionari o ex funzionari della finanziaria americana Goldman Sachs”.
Vengono quindi ricostruite le tappe principali della carriera di “Supermario”, a partire dalla riunione sul Britannia del 2 giugno 1992 in cui si discusse la strategia delle privatizzazioni con il gotha della finanza londinese. “Sullo yacht della Regina vengono avviati affari miliardari, dai quali anche Goldman guadagna parecchio”. Viene intervistato Benito Livigni, ex dirigente ENI, che racconta come successivamente le proprietà immobiliari dell’azienda petrolifera vennero svendute, quasi regalate, alla Goldman Sachs. Draghi “deve la sua carriera alle grandi banche d’affari, alla Goldman Sachs”, dice Livigni.
Nel 2002 Draghi passa alla Goldman Sachs a Londra. “Era di nuovo sulla nave a procacciare affari?”, si chiedono i reporter della ZDF. Successivamente, quando fu nominato governatore della BCE nel 2011, Draghi dovette difendersi di fronte ad una commissione del Parlamento Europeo dalle accuse di essere stato a conoscenza dei trucchi contabili escogitati da Goldman per permettere l’ingresso della Grecia nell’Euro. Draghi ha sostenuto di essere stato responsabile del settore privato e non di quello pubblico.
Ma l’esperto di Le Monde Marc Roche è scettico. “Goldman Sachs non è il buon samaritano. Non assume Draghi come vicepresidente senza dargli la responsabilità anche del settore pubblico. Draghi non ha mentito ma non ha neanche detto la verità”.
Alla conferenza stampa del 6 dicembre, il reporter della ZDF ha chiesto a Draghi se la sua partecipazione al G-30 non comporti un conflitto d’interessi, non solo per la prossimità con i banchieri privati, ma anche perché il G-30 sarebbe co-finanziato da Goldman Sachs.
Draghi ha letto una dichiarazione preparata in anticipo dove si afferma che “la BCE” (e cioè Draghi) “non ritiene che la partecipazione del Presidente nel Gruppo dei Trenta comporti un conflitto d’interessi”. Draghi ha aggiunto di non sapere “che il G-30 sia finanziato da Goldman Sachs. Mi è veramente nuovo”.
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CIAO MAT. ECCO QUI LA STORIA. SE FOSSI NEL SIGNORE DEL VIDEO ,MI FAREI CANCELLARE.SERA E BEN TROVATI.GRUPPO ,ZIO LEDER .

Ma c’è un altro elemento che emerge chiaramente da questa interessante disamina storica, riguardante il ruolo stesso dell’economia all’interno di una società: la moneta, così come qualsiasi altro strumento usato dai governanti per semplificare, normare, regolare la vita economica di una certa comunità, ha in primo luogo uno scopo sociale, politico, giuridico e solo in un secondo momento quello contabile, di mero misuratore della ricchezza finanziaria posseduta dai cittadini. La moneta non è un semplice mezzo di accumulazione della ricchezza, ma uno strumento utile per consentire ai governanti una corretta redistribuzione e valorizzazione di quelle che sono i reali fattori su cui si fonda una società che intende rigenerarsi e perpetuarsi nel futuro: il lavoro, l’operosità, l’ingegno, la creatività di tutti i suoi cittadini, da quelli che con fatica si dedicavano alle attività manuali nelle campagne fino a quelli che intessevano le trame politiche, organizzative, finanziarie all’interno delle città. Una società che in nome della legittimazione dei crediti e dei debiti tra le controparti distrugge le prerogative reali e i beni prodotti da un’intera economia non può andare molto lontano. E non a caso i governanti più accorti e illuminati del passato non ci pensavano due volte a cancellare periodicamente tutto l’ammasso dei debiti e dei crediti accumulati, per consentire agli agenti economici di riprendere a produrre regolarmente e alla società tutta di liberarsi da un giogo altrimenti ferale. La moneta quindi è un concetto eminentemente politico e chi controlla l’emissione della moneta si attribuisce anche il potere politico di indirizzare e governare un'intera comunità. Dicono che la storia insegna, sarà vero?




Il Piano di Chicago nella Storia del Pensiero Monetario




Lo storico della moneta Alexander Del Mar (foto a destra) nel 1895 scrive: “Come scelta politica gli economisti non si prendono la briga di studiare la storia della moneta; è molto più facile per loro immaginare questa storia e dedurre i principi di questa conoscenza immaginaria”. Del Mar ha scritto più di un secolo fa, ma le sue conclusioni possono ancora applicarsi oggi. Un ottimo esempio è la classica spiegazione presente nei libri di testo sulle origini della moneta, dove viene sostenuto che il denaro prende le mosse dalle transazioni effettuate nel commercio privato, per superare i problemi tipici del baratto. Come mostrano diversi storici dell’economia, sulla base di ricerche antropologiche e sociologiche molto accurate che vanno indietro nel tempo di millenni, non c'è uno straccio di prova a sostegno di questa tesi. Il baratto è stato uno strumento di commercio praticamente inesistente nelle società primitive e antiche, mentre invece i primi tentativi di organizzazione delle transazioni commerciali prendono spunto da rudimentali ma elaborati sistemi di credito in cui l’unità di conto utilizzata veniva tipicamente denominata in determinate quantità di prodotti agricoli di base, quali il grano, la carne bovina e altri prodotti. Vengono portati dagli storici parecchi esempi e riferimenti come prova tangibile dell’esistenza di questi sistemi di credito, e di come i regimi monetari successivi abbiano origine da iniziative dello Stato, delle istituzioni religiose del Tempio, delle congregazioni sociali e non da esigenze di semplificare le relazioni commerciali tra privati.




Qualsiasi discussione sulle origini del denaro non è di interesse puramente accademico, perché porta direttamente a un dibattito sulla natura del denaro, che a sua volta ha una vasta risonanza critica su argomenti molto delicati e attuali che riguardano per esempio chi e come dovrebbe controllare oggi l'emissione della moneta. In particolare, la tradizione che fa risalire l’origine del denaro alle transazioni commerciali tra privati può essere attribuita agli scritti di Adam Smith (1776), che sono stati spesso utilizzati come principale argomentazione per legittimare la continua delega ai privati dell'emissione e del controllo della moneta. Fino a tempi recenti questo schema puramente didattico ma poco realistico ha assunto principalmente la forma di fondamento teorico dei sistemi monetari basati sui metalli preziosi, specialmente quando si trattava di istituire regimi di libera coniazione dei metalli in monete. Anche se ci può essere a volte un notevole coinvolgimento del governo centrale in tali sistemi, la circostanza più diffusa è che in pratica questi metalli preziosi tendevano ad accumularsi privatamente nelle mani dei ricchi, che avrebbero poi prestato ad interesse la parte eccedente. Dal XIII secolo in poi, questo sistema basato sui metalli preziosi è stato accompagnato e sempre più soppiantato, in Europa, dall’emissione privata di moneta bancaria, più propriamente chiamata credito. D'altra parte, la corretta versione antropologica e sociale dell’origine del denaro è sempre più a sostegno dell’emissione della moneta da parte del governo e del controllo della circolazione secondo complessi apparati giuridici ed istituzionali. In pratica questa doppia circostanza, pubblica e privata, ha assunto nel tempo, fino ai giorni nostri, la forma di emissione di banconote o monete statali prive di interesse, insieme ai sistemi privati di depositi bancari elettronici che essendo collegati al credito sono invece caricati da un interesse.




C'è un altro problema poi che tende a confondersi con il dibattito molto più fondamentale riguardante il controllo dell'emissione del denaro, vale a dire la discussione sulla prevalenza della moneta-merce "reale" con un sottostante di metalli preziosi e la moneta fiat, che non ha alcun sottostante. Questo dibattito tuttavia è principalmente un diversivo di scarsa importanza, perché anche durante i regimi storici basati sui metalli preziosi, il motivo principale che conferiva un alto valore ai metalli è stato proprio il loro utilizzo come strumento monetario, che derivava appunto da una decisione volontaria (fiat) del governo e non dalle qualità intrinseche dei metalli stessi. Ad esempio, in molte delle società antiche della Grecia l’oro non era intrinsecamente prezioso a causa della sua eccessiva scarsità, dato che nel corso dei secoli le congregazioni religiose dei Templi ne avevano accumulato grandi quantità. Ma le monete d'oro cominciarono tuttavia ad essere molto apprezzate, a causa della decisione fiat pubblica di dichiararlo forma di denaro a tutti gli effetti. Un esempio più recente è il crollo del prezzo dell'argento rispetto all'oro seguito alla diffusa demonetizzazione dell'argento iniziata a partire dal 1870.




Questi problemi vengono spesso confusi nell’opera di Adam Smith, che adottò la primitiva visione della moneta-merce, nonostante ai suoi tempi l'allora privata Banca d'Inghilterra avesse già iniziato ad emettere una moneta cartacea fiat, il cui valore fu essenzialmente indipendente dal costo di mercato dei metalli preziosi, che ne rappresentavano l’ipotetico sottostante. Inoltre, come Smith certamente sapeva, la Banca d’Inghilterra e le banche private potevano creare tranquillamente delle scritture contabili collegate ai prestiti richiesti dei clienti mutuatari, che non avevano precedentemente effettuato alcun deposito di monete metalliche (o anche di banconote) e tuttavia adesso potevano disporre dei nuovi soldi presenti sui depositi scritturali. Fortunatamente in tempi recenti, il dibattito storico riguardante la natura e il controllo del denaro è stato oggetto di parecchi studi, che in modo magistrale ripercorrono la storia delle antiche civiltà della Mesopotamia, della Grecia e di Roma. Come molti studiosi hanno illustrato, l’emissione privata di moneta ha ripetutamente portato a gravi problemi sociali nel corso della storia, a causa dell’usura associata con l’aumento dei debiti privati. Questo termine usura non deve essere usato soltanto nella sua comune ma semplicistica definizione di "interesse eccessivo", ma piuttosto come "prendere qualcosa in cambio di niente", attraverso l'abuso sistematico del sistema monetario di un’intera nazione per il mero guadagno di pochi privati.




Storicamente questo fenomeno ha preso due forme principali. La prima forma di usura è l'appropriazione privata dei vantaggi di rendimento del denaro di una società. Il denaro privato deve essere preso in prestito ad un tasso positivo di interesse, mentre i possessori di quel denaro, a causa del beneficio non pecuniario in senso stretto di avere della liquidità, sono contenti di ricevere zero o bassi interessi sui loro depositi. Pertanto, mentre parte della differenza di interesse tra i tassi di prestito e tassi di depositi è dovuta ad un premio collegato al rischio di credito, un’altra parte è garantita dai benefici associati per convenzione al possesso della liquidità. Questa differenza è stabilita a monte da un piccolo gruppo di persone che possiede il privilegio di creare privatamente denaro e non di rado tale privilegio, causa di enormi disparità, è spesso originariamente acquisito a seguito di intensi comportamenti aggressivi o speculativi. La questione dello scarto di interesse tra tassi di prestito e di deposito risulta determinante per capire dove si annidano i vantaggi di chi poi monopolizza il processo di intermediazione: in particolare alti tassi di prestito e bassi tassi di deposito sono una conseguenza dell’importanza assunta dalla liquidità nel tempo.




La seconda forma di usura è la capacità dei creatori privati del denaro di manipolare l’offerta di moneta a loro beneficio, producendo un'abbondanza di credito e quindi soldi in periodi di espansione economica, con relativo aumento dei prezzi dei beni, seguito da una contrazione del credito e quindi soldi in tempi di recessione economica, con la conseguente riduzione dei prezzi delle merci. Questo meccanismo ha funzionato spesso nell’antichità, seguendo in pratica lo stesso andamento di sviluppo dei cicli dell’agricoltura, e ha condotto ripetutamente al fallimento sistematico dei mutuatari, con relativa confisca dei beni reali utilizzati come garanzia del credito e quindi concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi finanziatori. Dal punto di vista delle conseguenze macroeconomiche di questi cicli del credito e dell’economia reale importa poco capire se questo rappresenta una deliberata e dannosa manipolazione del circuito del credito, o si tratta di una caratteristica intrinseca di un sistema basato sulla creazione privata di denaro. In ogni caso le conseguenze sono altamente dannose per la stabilità economica, sociale e politica di un’intera comunità, visto che chi fornisce il credito in periodo di espansione rastrella poi ricchezza reale in periodo di contrazione, con le ovvie tensioni e rivendicazioni sociali delle popolazioni vessate.




Tra gli storici sono abbastanza note le crisi causate da eccesso di debito nell'antica Mesopotamia, che nel corso dei millenni hanno portato al divieto di usura e/o alla remissione periodica del debito accumulato (“pulitura delle tavole di ardesia”), come riportato nei testi sacri delle principali religioni medio-orientali. Il più antico esempio conosciuto di tali crisi di debito nella storia della Grecia sono le riforme 599 A.C. compiute da Solone, in risposta ad una grave crisi di debito dei piccoli agricoltori, causata dal notevole carico di interesse associato alla coniazione privata gestita da una ricca oligarchia. È estremamente illuminante notare come le riforme di Solone, sebbene molto antiche, già contenevano molti elementi di ciò che Henry Simons (1948), uno dei promotori principali del Piano di Chicago, più tardi indicherà come i fattori discriminanti di una “buona società finanziaria”. In primo luogo, Solone decretò la cancellazione dei debiti e la restituzione agli agricoltori delle terre che erano state confiscate dai ricchi creditori. In una seconda fase le materie prime agricole sono state monetizzate, fissando un tetto ufficiale dei prezzi che ne interrompesse la speculazione. Dato che la fonte principale del reddito dei debitori agricoli necessario a rimborsare i prestiti dipendeva dal valore di queste materie prime, la monetizzazione trasformò la finanza del debito in qualcosa di più vicino ad una finanza di mercato. In terzo luogo, Solone aumentò molto l’offerta di moneta emessa dal governo, che essendo priva di debiti all’origine ridusse molto il ricorso al debito privato. Le riforme di Solone ebbero così tanto successo che 150 anni dopo, all'inizio della Repubblica Romana, fu inviata una delegazione in Grecia per studiare l’intero impianto giuridico.




Questo stesso schema fu alla base infatti della fondazione del sistema monetario romano del 454 A.C. (Lex Aternia) che durò fino al tempo delle guerre puniche. Il collegamento fra questi due antichi sistemi monetari indirizzerà quasi tutti i successivi studi tecnici e le più moderne interpretazioni. Questo è accaduto per esempio attraverso gli insegnamenti di Aristotele che avranno un'influenza determinante per tutto lo sviluppo del pensiero occidentale. Nell’Etica, Aristotele afferma chiaramente la superiorità della teoria della moneta di stato o istituzionale, respingendo categoricamente qualsiasi concetto di denaro basato sulle materie prime o sul commercio privato, dicendo: "I soldi esistono non per natura ma per legge". Nonché la condanna esplicita del regime degli interessi: “Il denaro non può generare denaro”. I dialoghi di Platone contengono simili considerazioni. Questa intuizione si è manifestata poi in molti sistemi monetari del tempo, che contrariamente a un pregiudizio popolare tra gli storici monetari erano basati su una moneta fiat di stato piuttosto che su una moneta-merce con un preciso valore intrinseco. Gli esempi includono il sistema estremamente riuscito degli Spartani (circa 750-415 A.C.), introdotto da Licurgo, che era basato su dischi di ferro di basso valore intrinseco, il sistema ateniese (390-350 A.C.), basato sul rame e soprattutto i primi sistemi monetari romani (circa 700-150 A.C.), basati su tavolette di bronzo, poi diventate monete, il cui valore intrinseco era molto inferiore rispetto al loro valore nominale.




Molti storici hanno in parte attribuito l'eventuale crollo della Repubblica Romana all’ascesa di un’agguerrita plutocrazia che ha accumulato immense ricchezze private a scapito della restante cittadinanza. La loro egemonia è stata facilitata dall’introduzione di un sistema monetario basato prima sull’argento e poi sull’oro e interamente controllato dai privati, a prezzi che eccedevano molto il precedente costo delle materie prime, soprattutto durante il periodo di emergenza delle guerre. Con il crollo di Roma molte delle esperienze antiche e delle conoscenze monetarie si persero in Occidente. Ma gli insegnamenti di Aristotele rimasero molto importanti attraverso la loro influenza sugli scolastici, tra cui San Tommaso d’Acquino (1225-1274). Questa può essere in parte una delle ragioni che, fino alla rivoluzione industriale, mantenne il controllo monetario in Occidente nelle mani dei governanti o dei religiosi, rendendolo generalmente inseparabile da chi deteneva la sovranità ultima nella società. Tuttavia, questo sistema era destinato a cambiare rapidamente, e gli inizi possono essere fatti risalire alla prima comparsa di banche private dopo la caduta di Bisanzio nel 1204, con i governanti sempre più costretti ad affidarsi ai prestiti dei banchieri privati per finanziare le guerre. Ma nonostante questi rapidi cambiamenti il controllo maggiore del sistema monetario rimase in mano dei sovrani ancora per parecchi secoli. La Banca di Amsterdam nei Paesi Bassi (1609-1820) era ancora di proprietà del governo e manteneva una rigida riserva del 100% sui depositi. I Mixt Money dell'Irlanda (1601) aprirono un caso legale in Inghilterra che confermò all’epoca il diritto del sovrano di istituire una moneta di conio metallico priva di valore, ma accettata perché a corso legale.




Fu l'English Free Coniage Act del 1666, che consentì per la prima volta il controllo a norma di legge dell'offerta di moneta in mani private, a rappresentare la base giuridica sulla quale si effettuò il passaggio all’emissione privata di moneta controllata dalla Banca d'Inghilterra nel 1694. Questo episodio costituisce uno dei più eclatanti e importanti esempi di rinuncia del potere del sovrano sulla gestione del sistema monetario, non solo per quanto riguarda il controllo della Banca Centrale, ma anche del complesso degli interessi bancari privati che ne scaturivano. I secoli seguenti avrebbero fornito ampie opportunità di confrontare i risultati ottenuti da un sistema di emissione di denaro controllato dal governo o da privati. Gli esiti per il Regno Unito sono abbastanza chiari. Shaw (1896) ha esaminato gli archivi storici dei monarchi inglesi e ha scoperto che, con una sola eccezione (Enrico VIII), il re aveva usato la sua prerogativa monetaria sovrana responsabilmente a beneficio della nazione, con nessuna crisi finanziaria. Sull’altro versante, Del Mar (1895) rileva invece come il Free Coniage Act abbia inaugurato una serie interminabile di crisi da panico commerciale e disastri che a quel tempo erano completamente sconosciuti, calcolando anche che tra il 1694 e 1890 non passarono mai venticinque anni consecutivi senza una crisi finanziaria in Inghilterra.




I principali sostenitori di questo sistema di emissione di denaro privato furono Adam Smith (1776) e Jeremy Bentham (1818), i cui argomenti erano basati su un concetto sbagliato di moneta derivata dalle materie prime. Ma una lunga serie di illustri pensatori hanno sostenuto la tesi a favore di un ritorno (o, secondo il paese e il periodo, un miglioramento) ad un sistema di emissione di denaro controllato dal governo, con il valore intrinseco del metallo monetario (o altro materiale) di non rilevante importanza. La lista dei loro nomi, nel corso dei secoli, include John Locke (1692, 1718), Benjamin Franklin (1729), George Berkeley (1735), Charles de Montesquieu (1748), Thomas Paine (1796), Thomas Jefferson (1803), David Ricardo (1824), Benjamin Butler (1869), Henry George (1884), Georg Friedrich Knapp (1924), Frederick Soddy (1926, 1933, 1943),Papa Pio XI (1931) e l’arcivescovo di Canterbury (1942).





L'esperienza monetaria degli Stati Uniti fornisce lezioni molto simili a quelle del Regno Unito. Le banconote cartacee Coloniali emesse dai singoli Stati fu uno dei più grandi vantaggi economici del paese e la soppressione da parte degli inglesi di tali banconote è stato secondo molti storici uno dei motivi principali e scatenanti della rivoluzione americana. La valuta Continentale emessa durante la guerra di indipendenza fu uno strumento essenziale che consentì al nuovo Congresso americano di finanziare le spese di guerra. Non ci fu alcuna emissione fuori controllo da parte delle colonie e l'unica ragione perché l'inflazione alla fine prese piede fu la massiccia contraffazione e il sabotaggio della moneta effettuato sistematicamente dagli inglesi. Il governo inoltre gestì correttamente e responsabilmente l'emissione delle banconote nei periodi 1812-1817 e 1837-1857. I Greenbacks (vedi sopra) emessi da Lincoln durante la guerra civile erano ancora uno strumento fondamentale per il finanziamento delle spese di guerra e come ampiamente documentato, la loro emissione era gestita responsabilmente, facendo registrare una minore inflazione rispetto al finanziamento delle spese di guerra avvenuto durante la prima guerra mondiale. Molti documenti confermano i persistenti tentativi da parte del settore delle banche private, durante tutto il XIX secolo, di ritirare i Greenbacks dalla circolazione, insieme ai vari fenomeni di contraffazione che ne rovinarono spesso il corso.




Infine, il sistema Aldrich-Vreeland del periodo 1907-1913, dove l'emissione di denaro era controllato dal governo attraverso l’Ente Controllore della Valuta, era amministrato molto efficacemente e addirittura ebbe come unica pecca una certa tendenza ad essere deflazionistico piuttosto che inflazionistico. La Presidenza di Van Buren innescò la depressione del 1837 insistendo con la regola che l'emissione di moneta da parte del governo doveva avere una copertura al 100 % di oro/argento. Questa limitazione forzata completamente inutile si tradusse in un’offerta di soldi insufficiente per un'economia in crescita. Anche per quanto riguarda l'esperienza americana, i risultati ottenuti con la gestione privata dell’emissione di denaro sono stati molto peggiori. Le banche private e in particolare la prima e soprattutto la seconda banca privata degli Stati Uniti hanno provocato ripetutamente cicli economici disastrosi a causa di eccessiva espansione monetaria iniziale accompagnata da livelli di debito elevato, seguiti da deflazione e contrazione monetaria e creditizia, con i banchieri che raccoglievano alla fine le garanzie collaterali dei debitori inadempienti, contribuendo così a una crescente concentrazione della ricchezza. Enormi perdite sono state causate anche da emissione di banconote spurie da parte di piccole banche private nel periodo 1810-1820 e simili esperienze continuarono per tutto il secolo. La massiccia espansione del credito privato, nel periodo che porta alla Grande Depressione del 1929, era un altro esempio di un ciclo di espansione-contrazione indotto dalle banche private, anche se la gravità è stata molto amplificata da errori di politica monetaria della stessa Federal Reserve.




Infine, una breve trattazione su un esempio molto citato dai fautori del controllo privato dell’emissione del denaro: l'iperinflazione tedesca del 1923, con l’avvento della Repubblica di Weimar, che viene indicata da molti come l’effetto disastroso dell’eccessiva stampa di denaro da parte del governo. Il Presidente della Reichsbank dell’epoca, Hjalmar Schacht, mise per iscritto le vere cause di tale disastro finanziario nel 1967. In particolare, confermò che nel maggio 1922 gli alleati avevano insistito molto sulla concessione e sul passaggio del controllo della Reichsbank ai privati. Questa istituzione privata poi ha consentito alle banche private di emettere enormi quantità di valuta, fino a metà del denaro in circolazione era moneta bancaria privata che la Reichsbank prontamente scambiava in marchi tedeschi (Reichmarks) su richiesta. La Reichsbank privata aveva inoltre abilitato anche molti speculatori a vendere a breve o allo scoperto la valuta, che era già sotto forte pressione a causa del trasferimento dovuto al problema dei pagamenti di riparazione di guerra già sottolineato da Keynes (1929). Come noto il problema del trasferimento sorge quando un grande debito con l'estero è denominato in valuta estera, ma deve essere servito tramite aumenti di entrate in valuta nazionale. Questo conduce al rapido deprezzamento della valuta nazionale e rende sempre più difficile il servizio del debito.




La Banca Centrale concedeva su richiesta elevati prestiti di Reichsmark agli speculatori, che questi ultimi potevano scambiare con le valute estere quando le vendite allo scoperto di marchi tedeschi maturavano. Quando Schacht fu nominato governatore, alla fine del 1923, ha smesso di convertire su richiesta il denaro bancario privato in Reichsmark, ha interrotto anche la concessione su richiesta di prestiti in Reichsmark, e inoltre ha emesso il nuovo Rentenmark non convertibile in valute estere. Il risultato fu che gli speculatori sono stati isolati e l'iperinflazione è stata fermata. Un ulteriore supporto per la valuta è venuto dal piano Dawes che ha ridotto significativamente i pagamenti di riparazione irrealisticamente elevati. Questo episodio può quindi chiaramente non essere incluso tra i casi di stampa ed eccessiva creazione di denaro da parte di una Banca Centrale gestita dal governo, essendo stato causato da una combinazione fatale di costi di riparazione eccessivi e di creazione massiccia di denaro per mezzo dei banchieri e degli speculatori privati, sostenuti e spalleggiati da una Banca Centrale privata. Occorre sottolineare che molti dei più recenti casi di iperinflazione nei mercati emergenti hanno avuto luogo in presenza di problemi di trasferimento di grandi dimensioni e di intensa speculazione privata contro la moneta. Ma una valutazione dettagliata delle esperienze storiche dei mercati emergenti va oltre la portata del presente documento.




Per essere onesti, ci sono stati naturalmente episodi storici dove la valuta emessa dal governo è crollata a causa dell’alta inflazione. Ma le lezioni ricavate da questi episodi sono così ovvie e così scorrelate dal fatto che il controllo dell’emissione monetaria fosse esercitata dal governo, che non sarebbe necessario approfondire oltre l’argomento. Queste lezioni insegnano soprattutto due cose: in primo luogo, non bisogna nominare un criminale conclamato e giocatore d'azzardo, o personaggi simili, come responsabile del sistema monetario nazionale (1717-1720: vicenda di John Law in Francia). In secondo luogo, non bisogna iniziare una guerra e se una nazione decide di farlo, non deve perderla (le guerre, soprattutto quelle perdute, possono distruggere qualsiasi valuta, indipendentemente dal fatto che il controllo monetario è esercitato dal governo o da soggetti privati).





Per riassumere, la Grande Depressione è stata solo l'ultimo episodio storico a suggerire che il controllo privato della creazione della moneta ha conseguenze molto più problematiche rispetto all’emissione di denaro gestita dal governo. Parecchi importanti economisti del tempo erano consapevoli di questo fatto storico. Hanno anche capito chiaramente i problemi specifici della creazione di denaro basato sulle banche private, compresa la già rilevante circostanza che l’alto e potenzialmente destabilizzante livello di debito diventa necessario al solo scopo di creare una fornitura sufficiente di nuovo denaro, e il fatto che le banche e il loro volubile ottimismo sulle prospettive economiche e commerciali future condiziona e controlla effettivamente il maggiore aggregato monetario, a prescindere dall’operato della Banca Centrale. La formulazione del Piano di Chicago era la logica conseguenza di queste intuizioni
 
Ultima modifica:
pare ovvio e superfluo ogni commento.nn serve postare altro su cosa sia il controllo della moneta,nei suoi aspetti.il resto e' contorno.
 
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Maurizio Blondet intervista Marco Saba (1 di 2)di [/ame][ame="http://www.youtube.com/watch?v=yBqE3Xr01YE"]ni[/ame]
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Intervento di Marco Sabadi marco saba483 [/ame]
 
Ciao Mototopo, continuo a leggerti e a condividere assolutamente !!!
Purtroppo molti ancora si mettono in fila a PAGARE per non fare cambiare nulla !
Sempre grazie di tutti questi spunti molto interessanti:)
 

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