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l’obbligo di uso della mascherina in tutti i servizi di assistenza,
dal pronto soccorso, ai reparti di degenza e gli ambulatori.
Le mascherine non sono più obbligatorie solo nei corridoi,
nelle sale d’aspetto, negli uffici amministrativi e negli ambienti come bar e mense. “
In pratica, all’interno degli stessi ospedali sembra di stare assistendo ad una sorta di carnevalata,
in cui pazienti, ospiti e personale sanitario non fanno altro che alzare e abbassare
il diabolico strumento di protezione, a seconda dell’ambiente in cui si trovano,
senza ovviamente curarsi della continua contaminazione che questo andirivieni determina nella mascherina.
Ora, in questa situazione stanno giocando due fattori tipicamente italiani,
il primo è legato alla cronica incapacità, incarnata dall’attuale ministro della Salute,
di assumersi la responsabilità di una qualunque decisione
che possa incontrare un forte dissenso in alcune particolari categorie,
in questo caso
i virologi del terrore e tutto l’ambaradan mediatico
che per tre anni ha alimentato ogni forma di paranoia collettiva.
In secondo luogo, con la scusa di meglio tutelare la salute di chiunque si trovi all’interno del proprio ospedale
(dimenticando che sul piano dei decessi per infezioni nosocomiali, prima del Covid, l’Italia era al primo posto in Europa),
i vari responsabili colgono l’occasione per assumere il ruolo di improvvisati sceriffi sanitari.
In sostanza, questo perdurante obbligo di uno pseudo strumento di protezione individuale,
dalla valenza chiaramente apotropaica, rappresenta un odioso simbolo di sudditanza
che, sebbene circoscritto all’ambito ospedaliero,
non è assolutamente accettabile in una democrazia liberale.
Ma forse la nostra non è più tale da tempo.