Titoli di Stato paesi-emergenti VENEZUELA e Petroleos de Venezuela - Cap. 1

probabilità recovery

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Mercato rialzista sul prezzo del petrolio
Davide Tabarelli08 maggio 2016

IN QUESTO ARTICOLO
Argomenti: Ali Al-Naimi | Iran | Opec | Arabia Saudita |Consumator



Dopo i minimi sotto i 30 dollari dello scorso gennaio, i prezzi del barile nelle ultime settimane sono stati in ripresa verso i 45 dollari e sono diversi gli elementi che fanno ritenere come più probabile un consolidamento del recupero. Il primo è che gli attuali valori sono ancora bassi, meno della metà dei 110 dollari su cui il mercato si era stabilizzato fra il 2011 e il 2014, tre anni di quotazioni piatte, molto alte, come mai si era visto in passato. Possibile che il mercato sia cambiato così tanto da allora? No. La domanda continua a crescere, non cala, e nel 2016 raggiungerà un nuovo massimo vicino a 96 milioni barili giorno, quasi 10 in più del 2008 quando molti davano come prossimi i 200 dollari. Cresce in Cina, a un ritmo rallentato rispetto a 2 anni fa, ma raggiunge nuovi massimi storici a 12,5 mbg. Negli Usa, il mercato al mondo più importante con 20 mbg, un quinto dei consumi totali, i prezzi della benzina, dove non ci sono tasse, si sono dimezzati a 50 cents di euro al litro, facendo ripartire i consumi. Certo, nel resto del mondo delude la reazione dell'economia e dei consumi ai bassi prezzi. In Europa, dove la tassazione inibisce il calo della materia prima, i prezzi della benzina sono intorno a 1,4 € per litro, -20% su tre anni fa, ma la domanda di carburanti rimane piatta. I veri problemi del mercato, all’origine del crollo, sono sul lato dell’offerta che costantemente ha superato la domanda di oltre 2 milioni di barili giorno. Nelle ultime settimane il rialzo è stato favorito da ammanchi di offerta in giro per il mondo che si stanno facendo più frequenti. L’ultimo riguarda il taglio della produzione del Canada di circa 1 milione barili giorno, causa incendi boschivi. Questo dovrebbe essere di breve durata, mentre invece preoccupanti sono i cali in Nigeria, dove la guerriglia ha ripreso ad attaccare causando un ammanco di 0,3 milioni. Vicino a noi, la Libia è praticamente fuori dal mercato da un anno e mezzo con un output inferiore di 1,1 mbg ai suoi livelli normali di 1,4. In Venezuela, il calo produttivo è limitato a 0,1 milioni, ma il collasso del paese non lascia presagire nulla di buono. Meno preoccupante è il calo della produzione Usa, scesa per la prima volta dal crollo dei prezzi sotto i 9 mbg; il trend dovrebbe arrivare a 8 milioni entro fine 2017. La resistenza delle compagnie Usa del fracking stupisce, ma prima o poi anche loro devono fare i conti: sono già 60 le società che hanno chiesto procedura fallimentare, numero vicino a quello di 15 anni fa quando scoppiò la bolla della dot economy. Chi detta sempre gli andamenti di fondo del mercato è Riad con il suo vicino-nemico Iran. Le distanze rimangono, ma c’è qualche segnale positivo. Fallito il vertice di Doha del 17 aprile, un passo di riavvicinamento lo si vedrà al vertice Opec del 2 giugno. I sauditi, prima di tagliare la produzione, oggi a 10,2 mbg, vogliono che altrettanto faccia l’Iran, ma Teheran prima deve tornare ai livelli pre sanzioni di 4 mbg; ora è a 3,4. Non aiutano i proclami dell’irrequieto e ambizioso principe saudita, Mohammed, figlio del re Salman, che il 25 aprile ha lanciato la sua visione di una Arabia Saudita libera dalla dipendenza da petrolio entro il 2030 (da notare che ieri è stato silurato il ministro del Petrolio, Ali al-Naimi) . Già in passato altri ci hanno provato e magari lui ci riuscirà; nel frattempo gli converrà, anche per facilitare la transizione, arrivare a un qualche accordo per risollevare i prezzi, non certo oltre i 100 dollari, soglia ormai dimenticata, ma verso i 60-70 nei prossimi anni. Un valore accettabile anche per i paesi consumatori su cui dovremmo affrettarci per cercare con produttori qualche forma di dialogo.

Mercato rialzista sul prezzo del petrolio


L'articolo non considera anche la probabile correlazione inversa rispetto al $ qualora dovesse indebolirsi...Imho
 
Venezuela, scontro sul referendum revocatorio. Possibile mediazione del Vaticano

Venezuela, scontro sul referendum revocatorio. Possibile mediazione del Vaticano

"Uno scontro frontale in un Paese petrolifero che vive una grave crisi energetica e una profonda recessione economica. In questa impasse politico istituzionale partirà da Roma, alla volta di Caracas, monsignor Paul Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. I rumors avevano diffuso l'ipotesi di un viaggio del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che però ha rilasciato una dichiarazione chiara: «No, non andrò in Venezuela. Nei prossimi giorni ci sarà un viaggio a Caracas del Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Gallagher, per una ordinazione episcopale. Ma potrebbe essere l'occasione per qualche colloquio».
 
Ho notato giornate quando l'oil saliva a razzo i bond rimanevano inchiodati... come disse qualcuno, come nostro Signore sulla croce.

Resto dell'avviso che - a questi livelli - il WTI a 38 o a 45 non cambia nulla per il Venezuela (forse cambia un ipotetico futuro recovery).
Necessita un prezzo medio della "Cesta" attorno ai 50$ e tutte le riforme sul cambio da fare.
Altrimenti a 75$ mantenendo lo stato di fatto.

Ribadisco che, dal mio punto di vista, i pericoli maggiori vengono dalla situazione interna... l'oil è quello che è ...
Ti ho descritto i range in cui viaggiano i bonos, e li conosci anche tu perchè sei attento, quando il petro è partito a razzo da 29 a 41 i bonos hanno seguito come un ombra
 
Ti ho descritto i range in cui viaggiano i bonos, e li conosci anche tu perchè sei attento, quando il petro è partito a razzo da 29 a 41 i bonos hanno seguito come un ombra

Quando le prospettive del prezzo dell'oil si sono invertite (cioè rispetto ai 20$) i bonos hanno seguito.

Per il resto prova a sovrapporre l'andamento del prezzo del WTI a quello dei bonos.
 
Mayo es el 4to mes más pesado en cuanto a pagos de deuda externa venezolana. Ya se hizo el 1er desembolso del mes:

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Venezuela busca alianza con los Brics

El Gobierno venezolano busca establecer una alianza con los BRICS en la consolidación del mundo pluripolar”, dijo la Vicepresidencia de la República








08-05-2016 02:06:00 p.m. | Klibis Marín Mejías.- En el marco de la crisis acentuada por la caída de los precios del petróleo, Venezuela se acerca a Brasil, Rusia, India, China, y Sudáfrica (Brics), a fin de lograr alianzas estratégicas.

En ese sentido el Vicepresidente de la República, Aristóbulo Istúriz, se encuentra en Sudáfrica donde cumplirá una apretada agenda que incluye posibles alianzas económicas, en particular en el sector minero, farmacéutico y turístico.

La alianza de Venezuela con los BRICS garantizará el desarrollo de los pueblos de América Latina, del Caribe de África y de Asia”, escribió la Vicepresidencia venezolana en su cuenta Twitter, @ViceVenezuela.

El Ejecutivo enmarca este acercamiento en la Ley del Plan de la Patria, hoja de ruta que contiene cinco objetivos históricos para la nación.

Los países Brics coinciden en que cuentan con gran población y enormes recursos naturales, además del crecimiento que ha presentado su Producto Interno Bruto en los últimos años.

Además, Brasil, Rusia, India, China, y Sudáfrica concentran el 27% de la economía mundial.

El Gobierno venezolano busca establecer una alianza con los BRICS en la consolidación del mundo pluripolar” agrega la Vicepresidencia de Venezuela y puntualiza que “Los BRICS se han convertido en una amenaza para el control geoeconómico del imperialismo, siendo una clara alternativa económica”.

El bloque constituye una alternativa como fuente de financiamiento para economías emergentes, con una visión más social e inclusiva.

Leer más en: http://www.elmundo.com.ve/noticias/...usca-alianza-con-los-brics.aspx#ixzz488k90i6x
 
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