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Vittoria italiana: ora conterà anche il debito privato e non solo quello pubblico
L’Italia è riuscita a far passare a Bruxelles un nuovo criterio per “pesare” il livello di indebitamento di un paese. La novità, che compare nel documento del Consiglio europeo in cui sono stati valutati i nuovi princìpi di misurazione del debito dei vari Paesi, consiste nell’inclusione del concetto di debito privato tra i parametri che misurano la sostenibilità complessiva del debito di un Paese
Per la prima volta viene adottato come criterio di stabilità quello da tempo proposto dall’Italia, fortemente spinto da Giulio Tremonti. Il criterio per il quale non basta considerare il deficit e il debito pubblico, ma occorre comprendere alla stessa stregua il totale dei debiti privati – famiglie, imprese e banche –
perché è la somma dei debiti privati e pubblici quella che offre la fotografia più affidabile della solvibilità complessiva di un sistema-Paese.
E’ il criterio del cosiddetto DIL – debito interno lordo – più volte illustrato in primis dal professor Marco Fortis. In Italia alcuni nei msi scorsi hanno pensato che si trattasse di una furbata, sommare debito pubblico e debito privato. Ma sono stati smentiti dalla Banca di Francia, che adotta da un anno lo stesso criterio in un rapporto trimestrale ad hoc. Nonché da studi di grandi banche come quello di Citigroup Global Market dello scorso autunno, nati per spiegare come mai ad essere sfiduciati dai mercati siano Paesi come Spagna e Irlanda, che non avevano mai preoccupato per il rapporto tra debito pubblico e Pil visto che al 2009 lo avevano di 9 e 20 punti inferiore a quello tedesco.
La risposta sta nel debito privato, soprattutto nella ricchezza lorda e finanziaria netta delle famiglie. Parametri sui quali l’Italia sta benissimo: gli italiani sono da sempre formiche, non cicale. Il nostro debito pubblico tocca il 118% del Pil ed è il quarto al mondo per ammontare (il terzo è quello tedesco, dall’anno scorso). Ma se lo valutiamo alla ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane, ammonta al 67% rispetto al 70% in Francia, al 94% in Spagna, al 195% in Irlanda, al 260% in Grecia. Se lo pesiamo sulla ricchezza lorda delle famiglie, comprendendovi cioè anche gli asset immobiliari, allora l’Italia ha un debito pubblico di poco superiore al 30%, Portogallo e Spagna stanno al 60%, Irlanda e Grecia sono oltre il 100 e il 200%.
Non è una furbata, comprendere il debito privato tra i parametri di stabilità. A patto però che non significchi prendere sottogamba il nostro pesante debito pubblico, i cinque punti di Pil che ci costa l’onere del debito, punti che crescono anche a basso deficit visto che gli spread salgono e i tassi ufficiali pure dovranno salire. Il buon DIL italiano dovrebbe spingere ad abbattere spesa pubblica e tasse, non all’inerzia in nome del tuitto va bene. Per Tremonti però è una bella vittotria. Ora che lo ha riconosciuto il maggiore foro planetario di coordinamento economico, a maggior ragione anche l’euroarea deve porre il DIL al centro dei parametri del nuovo patto di stabilità su cui è aperta la discussione.