Arte Concettuale - genesi, significati ed evoluzione

Mentre Cris si ricompone, riprendo quanto ho scritto sul 3d di Isgrò, cui già in questo Cris ha provato a rispondere.

per favore
qualcuno mi dica perché
dovrebbe piacermi
dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre
perché dovrei pagare bei soldoni per queste opere
e come si potrebbe riconoscere un falso
e proviamo ad estendere astrattamente i quesiti a tutta l'arte concettuale
come per esempio certe scritte in neon o le sedie di Kossuth.

Le risposte di Cris erano queste
perché dovrebbe piacermi?
a me piace trovarmi spiazzato, la prima volta fermarmi e sentirmi ignorante,
per poi studiare e capire quel linguaggio e scoprirne la bellezza dell'idea che lo porta avanti

perchè dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre?
perchè un'idea evolve fino ad arrivare a ragionarla in infiniti spazi senza dimensioni

perché dovrei pagare bei soldoni per queste opere?
perchè ogni volta che sono da solo, e posso farlo solo da solo, guardo queste opere e mi ci perdo dentro con la testa più che con gli occhi

come si potrebbe riconoscere un falso?
mi interessa poco la questione e comunque mi tutelo prima di pormi la domanda.
Sul fatto che la bellezza dell'idea possa farmi piacere l'opera, nulla da dire. Varrebbe anche per una poesia di Ungaretti o un aforisma di Wilde. La differenza è che qui l'artista porta la nostra attenzione sulla materialità del manufatto. Se vogliamo, è un po' come per certi haiku giapponesi che, ove scritti in preziosa calligrafia, si fanno apprezzare anche per la forma visibile, oltre che per il contenuto evocato.
Sta di fatto che sino a 900 inoltrato - a parte la corrente Duchamp ecc - il "come" del manufatto rimane elemento fondamentale di giudizio. E' pur vero che i collages di Matisse (o le composizioni semplici di Depero) tendono ad astrarre anche dal "come" per limitarsi a un gioco di rapporti di valore piuttosto semplice. Ma non introducono concetti. La vera idea in tali opere sta nella metamorfosi percorsa dall'immagine "figurativa" a quella, diciamo, libera e finale.
Resta dunque il dubbio: introdurre l'idea concettuale, percepire una bellezza a questa legata, sposta il campo d'azione? Abbiamo cambiato recinto?

perchè dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre?

Forse per permettere a più persone di godere di certe qualità, più che per far evolvere l'idea. E' vero che anche la pittura tradizionale si avvale di ripetizioni e rifacimenti, ma, a parte il caso dei multipli, dove la cosa è dichiarata, il valore dell'opera simile è allora in rapporto con l'esecuzione, come nelle Cattedrali di Monet. Che serve a creare identità per la nuova opera. Dire che l'idea si evolve è bello e gentile, ma non vedo grande evoluzione nelle millanta cancellature di Isgrò, per dirne uno. Certo, molte opere soddisfano molti possessori. Che però posseggono soprattutto un'idea, la cui realizzazione non presenta qualità alcuna. Certe opere, dunque, anche se "singole", in quanto esprimono quasi solo un'idea, sono in realtà dei multipli. Col difetto (mercantile) di essere "infiniti". Siamo quasi più nel design che nell'arte - con la sola differenza che nel design si tiene conto anche dell'aspetto "utilizzazione".
Pertanto la domanda perchè dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre? potrebbe mutarsi in: perché non dovrebbero esistere mille altre opere oltre la prima, visto che la realizzazione non è un problema? (ma allora: perché andrebbero pagate molto, e non una cifra lavoro+materiale+un po' di idea e brevetto?)

perché dovrei pagare bei soldoni per queste opere?
in effetti non avrebbe senso, per quanto detto sopra. Ma questa cosa ruga non poco agli autoproclamati artisti.

come si potrebbe riconoscere un falso?

siamo piuttosto a livello dei falsi Fendi o Cartier, con l'aggravante che non possiamo nemmeno aggrapparci a superiori qualità del materiale o dell'esecuzione. Pertanto, ricordando le migliaia di reliquie sorte nel medioevo (la croce di Gesù risultava avere così tanti chiodi, sparsi nelle varie chiese, da potersene riempire tre grosse botti, così da far assimilare il Salvatore piuttosto ad un portaspilli che al Crocifisso; e così tante erano le schegge di legno della vera croce da poterci costruire un maestoso riparo per il Signore, i soldati e tutta la folla accorsa all'evento), dicevo che siamo ridotti a valutare i prodotti dell'AC come un feticcio, un - impossibile - autografo, una reliquia per cui varrà piuttosto la testimonianza dell'"io c'ero" che l'autorevolezza del pezzo in sé.
Che poi è la storia dell'orinatoio di Duchamp: quelli buoni son quelli che portano una sua firma. Il gesto dadaista dall'impeto incendiario e distruttore, vita e protesta, caso e senso del nulla, sì è rapidamente metamorfosato in un archivio storico artificialmente implementato.

« Se Mr. Mutt abbia fatto o no la fontana con le sue mani non ha importanza. Egli l'ha SCELTA.
Ha preso un comune oggetto di vita, l'ha collocato in modo tale che un significato pratico scomparisse sotto il nuovo titolo e punto di vista; egli ha creato una nuova idea per l'oggetto. »
Difendendo l'artisticità del ready-made, Louise Norton dichiarò che "Le uniche opere d'arte che l'America ha dato sono le sue tubazioni e i suoi ponti".Duchamp sottolineò che aveva avuto l'intento di spostare l'attenzione e l'interpretazione artistiche dall'aspetto fisico a quello intellettuale.
Poco tempo dopo la sua prima esibizione, Fontana venne perduto. Secondo Calvin Tomkins, l'oggetto fu probabilmente gettato nella spazzatura da Stieglitz. Tale sorte del resto capitò a numerosi dei primi ready-made dell'artista.

Tuttavia, negli anni vennero realizzate diverse repliche dell'opera. :-DLa prima venne autorizzata da Duchamp nel 1950 per una mostra avvenuta a New York. Altre due copie vennero realizzate nel 1953 e nel 1963, mentre, durante l'anno seguente, Duchamp ne commissionò otto.Le varie copie degli orinatoi vennero distribuite in vari musei del mondo quali l'Indiana University Art Museum, il San Francisco Museum of Modern Art, il Philadelphia Museum of Art, la National Gallery of Canada, il Centre Georges Pompidou, la Tate Modern e la Scottish National Gallery of Modern Art. Le ultime otto repliche vennero realizzate in ceramica dipinta e lucidata in modo da simulare la porcellana dell'opera originale, mentre la loro firma è in vernice nera.

Il prezzo più alto attualmente raggiunto da una replica, edizione o lavoro contenente tracce dell'opera originale, è quello di una delle otto copie che Duchamp fece realizzare nel 1964. Il suo prezzo è pari a 1,7 milioni di dollari, e venne acquistata tramite Sotheby's nel 1999.

Nel 2006, una replica della Fontana venne danneggiata, durante una mostra organizzata nel Centre Pompidou, da un'artista di nome Pierre Pinoncelli. Sebbene, secondo quanto dichiarò, fosse intenzionato a rendere onore a Duchamp, l'attentatore venne arrestato :jack:.

In diverse occasioni, numerosi artisti urinarono nella Fontana in segno di omaggio. :eeh: Fra essi vi sono Kendell Geers, Brian Eno, e il duo Yuan Chai/Jian Jun Xi.

Resta da vedere se una produzione dell'orinatoio-fontana per il popolo, in piccolo formato, un po' come con le torri di Pisa in resina o i David di Michelangelo in gesso e le torri Eiffel in miniatura, potrebbe ottenere il giusto successo :prr: e, soprattutto, se costituirebbe o meno un plagio. :ihih:
 
Ultima modifica:
Scusa, ci ho messo un po' ma l'ho trovato.

Parlo del saggio "Arte Concettuale e strategie pubblicitarie" del prof. Alberro.
Dimostra, tramite un rigido rispetto della ricostruzione storica, come Kosuth fosse tutt'altro che uno sprovveduto. A partire dalle sue origini poco ventenne come critico con lo pseudonimo di Arthur R. Rose.

Per non parlare del gallerista/mercante/mecenata Siegelaub che visse l'inizio degli a sessanta per poi lavorarci con una strategia pubblicitaria studiata nei minimi termini.

Insomma, non erano degli sprovveduti e comunque per campare dovevano pure guadagnare qualcosa.
Non mi scandalizzo

e comunque nulla conta sull'innovazione ed un nuovo tipo concepire e fare Arte.
Figurativa, Astratta, Concettuale, ecc
 
Scusa, ci ho messo un po' ma l'ho trovato.

Parlo del saggio "Arte Concettuale e strategie pubblicitarie" del prof. Alberro.
Dimostra, tramite un rigido rispetto della ricostruzione storica, come Kosuth fosse tutt'altro che uno sprovveduto. A partire dalle sue origini poco ventenne come critico con lo pseudonimo di Arthur R. Rose.

Per non parlare del gallerista/mercante/mecenata Siegelaub che visse l'inizio degli a sessanta per poi lavorarci con una strategia pubblicitaria studiata nei minimi termini. CAPISCO CHE OGGI LA COSA RISULTI FONDAMENTALE. QUANTO, PER ME, ININFLUENTE

Insomma, non erano degli sprovveduti e comunque per campare dovevano pure guadagnare qualcosa. VALLO A DIRE A POETI PUR VALIDI COME CAMPANA O ONOFRI. L'UNICO A CAMPARCI ERA D'ANNUNZIO, CHE LASCIO' DEBITI COME UN SEMINATORE.
Non mi scandalizzo PERO' IO NON PAGO ...

e comunque nulla conta sull'innovazione ed un nuovo tipo concepire e fare Arte. APPUNTO, UN NUOVO TIPO. DIVERSO E IRRIDUCIBILE ALL'ALTRO, NO?
Figurativa, Astratta, Concettuale, ecc
Te ne suggerisco altri: elettrica, computerica, medicinale (buono per Giustino, che tanto viene osteggiato) commestibile ...
:B
 
Mentre Cris si ricompone, riprendo quanto ho scritto sul 3d di Isgrò, cui già in questo Cris ha provato a rispondere.

e proviamo ad estendere astrattamente i quesiti a tutta l'arte concettuale
come per esempio certe scritte in neon o le sedie di Kossuth.

Le risposte di Cris erano queste

Sul fatto che la bellezza dell'idea possa farmi piacere l'opera, nulla da dire. Varrebbe anche per una poesia di Ungaretti o un aforisma di Wilde. La differenza è che qui l'artista porta la nostra attenzione sulla materialità del manufatto. Se vogliamo, è un po' come per certi haiku giapponesi che, ove scritti in preziosa calligrafia, si fanno apprezzare anche per la forma visibile, oltre che per il contenuto evocato.
Sta di fatto che sino a 900 inoltrato - a parte la corrente Duchamp ecc - il "come" del manufatto rimane elemento fondamentale di giudizio. E' pur vero che i collages di Matisse (o le composizioni semplici di Depero) tendono ad astrarre anche dal "come" per limitarsi a un gioco di rapporti di valore piuttosto semplice. Ma non introducono concetti. La vera idea in tali opere sta nella metamorfosi percorsa dall'immagine "figurativa" a quella, diciamo, libera e finale.
Resta dunque il dubbio: introdurre l'idea concettuale, percepire una bellezza a questa legata, sposta il campo d'azione? Abbiamo cambiato recinto?

perchè dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre?

Forse per permettere a più persone di godere di certe qualità, più che per far evolvere l'idea. E' vero che anche la pittura tradizionale si avvale di ripetizioni e rifacimenti, ma, a parte il caso dei multipli, dove la cosa è dichiarata, il valore dell'opera simile è allora in rapporto con l'esecuzione, come nelle Cattedrali di Monet. Che serve a creare identità per la nuova opera. Dire che l'idea si evolve è bello e gentile, ma non vedo grande evoluzione nelle millanta cancellature di Isgrò, per dirne uno. Certo, molte opere soddisfano molti possessori. Che però posseggono soprattutto un'idea, la cui realizzazione non presenta qualità alcuna. Certe opere, dunque, anche se "singole", in quanto esprimono quasi solo un'idea, sono in realtà dei multipli. Col difetto (mercantile) di essere "infiniti". Siamo quasi più nel design che nell'arte - con la sola differenza che nel design si tiene conto anche dell'aspetto "utilizzazione".
Pertanto la domanda perchè dovrebbero esistere altre opere oltre la prima, o le prime due o tre? potrebbe mutarsi in: perché non dovrebbero esistere mille altre opere oltre la prima, visto che la realizzazione non è un problema? (ma allora: perché andrebbero pagate molto, e non una cifra lavoro+materiale+un po' di idea e brevetto?)

perché dovrei pagare bei soldoni per queste opere?
in effetti non avrebbe senso, per quanto detto sopra. Ma questa cosa ruga non poco agli autoproclamati artisti.

come si potrebbe riconoscere un falso?

siamo piuttosto a livello dei falsi Fendi o Cartier, con l'aggravante che non possiamo nemmeno aggrapparci a superiori qualità del materiale o dell'esecuzione. Pertanto, ricordando le migliaia di reliquie sorte nel medioevo (la croce di Gesù risultava avere così tanti chiodi, sparsi nelle varie chiese, da potersene riempire tre grosse botti, così da far assimilare il Salvatore piuttosto ad un portaspilli che al Crocifisso; e così tante erano le schegge di legno della vera croce da poterci costruire un maestoso riparo per il Signore, i soldati e tutta la folla accorsa all'evento), dicevo che siamo ridotti a valutare i prodotti dell'AC come un feticcio, un - impossibile - autografo, una reliquia per cui varrà piuttosto la testimonianza dell'"io c'ero" che l'autorevolezza del pezzo in sé.
Che poi è la storia dell'orinatoio di Duchamp: quelli buoni son quelli che portano una sua firma. Il gesto dadaista dall'impeto incendiario e distruttore, vita e protesta, caso e senso del nulla, sì è rapidamente metamorfosato in un archivio storico artificialmente implementato.



Resta da vedere se una produzione dell'orinatoio-fontana per il popolo, in piccolo formato, un po' come con le torri di Pisa in resina o i David di Michelangelo in gesso e le torri Eiffel in miniatura, potrebbe ottenere il giusto successo :prr: e, soprattutto, se costituirebbe o meno un plagio. :ihih:


Direi che l'arte ad un certo punto ha preso la piega che doveva, interpretando da un lato lo spirito del tempo, dall'altro abilmente pilotata dai market maker diventa un fatto di copyright e autorevolezza su cui il mercante può esercitare più facilmente il suo controllo (anche truffaldinamente).

Prima il manufatto aveva delle caratteristiche intrinseche di qualità che lo facevano apprezzare per quello che è: un oggetto d'arte realizzato con certe tecniche e perizie da parte di un artista che esprimeva nell'oggetto anche la sua capacità realizzativa che diventava un vero marchio di fabbrica. Il collezionista poteva anche fidarsi di ciò che vedeva e comprare l'opera anche al di fuori dei circuiti ufficiali senza patire particolari penalizzazioni.
Con l'avvento di Duchamp e i suoi discendenti l'oggetto non è più riconoscibile intrinsecamente, vale per una qualità (diciamo l'idea) che sta all'esterno dell'oggetto stesso e che potrebbe configurarsi come una sorta di marketing di vendita (in base a quanto si racconta dell'artista e dell'oggetto questo ha più o meno valore).
L'autentica, chi la rilascia e il venditore vengono ad acquisire quindi un maggior potere sul collezionista che viene a dipendere quasi completamente dall'autentica correlata e dall'autorevolezza del mercante che propone l'opera, per poter sperare di comprare qualcosa che poi abbia un valore nel tempo. E' un modo per traslare il valore dall'opera al sistema che la sostiene e i vantaggi sono tutti per il sistema. Il collezionista deve sperare che tale sistema duri nel tempo per poter perpetuare il marketing che sta dietro al prodotto.
 
Ecchilo là :ola:
E' un modo per traslare il valore dall'opera al sistema che la sostiene e i vantaggi sono tutti per il sistema.
In due parole il sistema domina e si perpetua con il ricatto della certificazione. L'opera non conta in sé ma come propaggine di quel lontano potere. Giustamente poi ti vendono la m€rd@ d'artista e per tutti, dal collezionista al sistema dell'informazione, l'oggetto non ha più il valore visibile in sé ma solo come pedina del circo. Che a sua volta ne riceve consacrazione e vitamine.
Alla fine questa traslazione la si ha pure nell'arte concettuale, dove il poco da vedere si presta benissimo al giochino. Un nulla "firmato". Il signoraggio è in mano al sistema dell'arte.
Perché di signoraggio, arbitrario e pure ottuso, si tratta.
Il sistema dell'arte diffonde una moneta il cui valore è deciso dal sistema stesso, mentre l'opera, l'artista ecc sono tutti accidenti intercambiabili.
Chapeau (se ho capito bene)
 
Ecchilo là :ola:
In due parole il sistema domina e si perpetua con il ricatto della certificazione. L'opera non conta in sé ma come propaggine di quel lontano potere. Giustamente poi ti vendono la m€rd@ d'artista e per tutti, dal collezionista al sistema dell'informazione, l'oggetto non ha più il valore visibile in sé ma solo come pedina del circo. Che a sua volta ne riceve consacrazione e vitamine.
Alla fine questa traslazione la si ha pure nell'arte concettuale, dove il poco da vedere si presta benissimo al giochino. Un nulla "firmato". Il signoraggio è in mano al sistema dell'arte.
Perché di signoraggio, arbitrario e pure ottuso, si tratta.
Il sistema dell'arte diffonde una moneta il cui valore è deciso dal sistema stesso, mentre l'opera, l'artista ecc sono tutti accidenti intercambiabili.
Chapeau (se ho capito bene)

Beh questa è la mia tesi e mi pare che l'hai compresa perfettamente.

Immagino che Cris non sia d'accordo.

Io più che signoraggio lo chiamerei marketing, però affascinante l'accostamento.

Avevo proposto all'amico Luca Vitone, dopo aver visto che esponeva delle autentiche di opere in una teca facente parte di una sua installazione esposta al museo di Trento, di fare delle maxi autentiche da 2mx2 per rappresentare cos'è l'arte oggi. Speriamo che recepisca.;)
 
Ti dirò che in parte concordo anche.
Non a caso ho citato i primi passi di Kossuth e del mercante Siegelaub.

Ciò però non toglie nulla alla forza dirompente di portare in primo piano l'idea e i concetti che sono alla base del fare più che al prodotto oggettuale.

Questa è la vera novità: portare in evidenza il procedimento mentale.

Può piacere o meno, ma di certo non si può non prendere atto che è stato qualcosa di nuovo.

Ad esempio basta pensare come questo tipo di Arte abbia generato delle figure di Artisti che si sono sostituiti ai critici appropriandosi dei loro stessi strumenti.
Kossuth in America ma anche Paolini e Agnetti in Italia, sono esempi di Artisti che elaborano veri e propri scritti teorici sull’arte.

Se non è qualcosa di nuovo questo, non so più come articolare o provare a spiegare la forza dirompente dell'Arte Concettuale.
 
F
Ti dirò che in parte concordo anche.
Non a caso ho citato i primi passi di Kossuth e del mercante Siegelaub.

Ciò però non toglie nulla alla forza dirompente di portare in primo piano l'idea e i concetti che sono alla base del fare più che al prodotto oggettuale.

Questa è la vera novità: portare in evidenza il procedimento mentale.

Può piacere o meno, ma di certo non si può non prendere atto che è stato qualcosa di nuovo.

Ad esempio basta pensare come questo tipo di Arte abbia generato delle figure di Artisti che si sono sostituiti ai critici appropriandosi dei loro stessi strumenti.
Kossuth in America ma anche Paolini e Agnetti in Italia, sono esempi di Artisti che elaborano veri e propri scritti teorici sull’arte.

Se non è qualcosa di nuovo questo, non so più come articolare o provare a spiegare la forza dirompente dell'Arte Concettuale.
Forza dirompente non so.
Quanta gente sarebbe corsa a vedere e magari comprare se il tutto non fosse stato sostenuto da un'accurata e totalizzante strategia di marketing?
Non dimentichiamo quante porcherie in tutti i campi passano grazie alla pubblicità.Anche in arte: il fenomeno Bernard Buffet manda ancora gli ultimi sprazzi,
I critici, se non fanno i giullari, la gente manco li conosce. Prova a vedere quanti non specialisti conoscono il nome di Federico Zeri.
Perciò, un pittore che faccia il critico (il che non è una novità, moltissimi nella storia furono i teorici del proprio lavoro) di per sé che interesse desterebbe?

Per quanto riguarda
portare in evidenza il procedimento mentale.
, un parziale precedente lo trovi proprio nella pittura religiosa del 200 e sgg., per esempio, nel Battistero di Firenze, i mosaici della cupola, dove è narrata e illustrata la storia religiosa dell'umanità. La pittura narrativa già espone anche dei concetti (non intendo confutare, ma mostrare dei precedenti).
 
Hai usato il termine ..."narrato ed illustrato" .
E non potevi fare diversamente

Torniamo all'assunto che il prodotto oggettuale e' necessario per dare compiuto l'atto artistico del "far vedere" o di "far riflettere sul visibile".

E' l'immagine che colpisce la retina l'intento di colui che dipinge.
Non c'e' nulla di "concettuale".
E' solo un mezzo per tramandare.
 
Hai usato il termine ..."narrato ed illustrato" .
E non potevi fare diversamente

Torniamo all'assunto che il prodotto oggettuale e' necessario per dare compiuto l'atto artistico del "far vedere" o di "far riflettere sul visibile".

E' l'immagine che colpisce la retina l'intento di colui che dipinge.
Non c'e' nulla di "concettuale".
E' solo un mezzo per tramandare.
Concettuale nel senso di oggi forse no.
Ma se non capivi le storie non capivi bene nemmeno l'opera.
Poi, c'erano pure le scritte, a mo' di didascalia.
Se immagini di far sparire l'opera e lasciare solo le scritte, ci siamo :jack:

E comunque
anche nelle pubblicità, per es. di Mucha, la scritta fa parte dell'insieme artistico
certo l'artista non chiede di riflettere sul contenuto dello scritto pubblicitario
ma su quello religioso sì.
 

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