Non si annuncia facile il compito dei 9 “probiviri” che entro fine gennaio dovranno essere individuati dal ministero dell’Economia per gestire il traffico delle domande d’accesso al nuovo fondo per indennizzare gli investitori incappati nel crack delle banche di cui erano azionisti o obbligazionisti subordinati. In gioco ci sono 1,575 miliardi di euro in tre anni, e una serie di incognite destinate ad accendere il dibattito è le sfide operative sulla gestione del fondo.
L’ultima battaglia interpretativa riguarda i confini della platea dei disastri bancari che darebbero diritto al rimborso. Nella versione approvata al Senato e destinata alla ratifica alla Camera, si parla degli investitori che «hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018».
La freccia è puntata prima di tutto su Veneto Banca e Popolare di Vicenza, liquidate il 25 giugno 2017. Ma il riferimento alla liquidazione coatta amministrativa e il calendario allargano un po’ a sorpresa il raggio d’azione a tre Banche di credito cooperativo, cioè Bcc Crediveneto, Bcc Padovana. Oltre 20mila persone che secondo le prime stime si aggiungono alla fila di chi può richiedere il rimborso. Si inizia a discutere invece sulla possibilità di seguire la stessa strada per gli investitori colpiti dalla risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara, su cui si era concentrata gran parte della battaglia M5S-Pd sulle banche per il ruolo del padre dell’ex ministra Maria Elena Boschi al vertice di Etruria.
Nella versione approvata in prima lettura alla Camera, la norma non lasciava dubbi perché si riferiva esplicitamente anche ai casi di risoluzione, cioè alla procedura che ha messo fine alla vita delle vecchie quattro banche regionali. Nel testo approvato al Senato, è citata solo la liquidazione coatta amministrativa. Come mai? Il Pd con Luigi Marattin indica il rischio esclusione per gli investitori dei quattro istituti regionali, dal governo il sottosegretario al Mef Alessio Villarosa (M5S) ribatte che anche le quattro banche, dopo la risoluzione, sono andate in liquidazione coatta e che quindi il primo testo sarebbe stato corretto solo per ragioni formali. Toccherà ai nove “commissari” che saranno indicati dal Mef sciogliere un intreccio giuridico non semplice.
Anche perché, quando sono andate in liquidazione, le quattro banche erano scatole vuote, prive di azionisti e obbligazionisti perché la risoluzione aveva determinato «l’estinzione dei diritti amministrativi e patrimoniali» (articolo 52 del decreto,legislativo 180 del 2015).
Del resto è probabile che la commissione dei 9 e soprattutto il ministero dell’Economia debbano lottare parecchio a Bruxelles per difendere l’intero impianto dei rimborsi, estesi per la prima volta anche agli azionisti (per di più con un indennizzo parametrato al costo d’acquisto delle azioni) e svincolati da una certificazione giuridica della “vendita fraudolenta”; due caratteristiche che sembrano andare in direzione contraria (si veda anche Il Sole 24 Ore di domenica) rispetto ai parametri fissati dalla direttiva Brrd.
Banche, la platea dei rimborsi dopo i crack è ancora da definire
Il Sole 24 ore