corruzione ed evasione due facce della stessa medaglia
scritto da enrico zanetti
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allarmi e casi di cronaca, l’ultimo i
n lombardia, continuano a susseguirsi sul
problema della sempre più dilagante corruzione nella politica e nel settore pubblico, ma le iniziative legislative continuano a latitare. Bisogna riflettere con quella calma e quella prudenza che mai è stata invece ritenuta necessaria sul fronte della
lotta all’evasione fiscale, per la quale provvedimenti istintivi e sommari assunti a furor di popolo costituiscono la regola degli ultimi anni.
eppure, evasione fiscale nel settore privato e corruzione nel settore pubblico sono due facce della stessa medaglia: entrambe sono comportamenti che impoveriscono la collettività, piegando la ragione comune all’interesse individuale. anzi, se proprio si dovesse fare un’invero sciocca classifica di chi è più parassita tra l’evasore e il corrotto (sciocca perché parassiti lo sono entrambi e tanto basta), non vi è dubbio alcuno che il corrotto lo sia più dell’evasore, posto che quest’ultimo si prende quantomeno la briga di creare la ricchezza su cui omette, poi, di adempiere il proprio obbligo contributivo.
Perché, allora, la politica, le alte cariche istituzionali del paese e i supertecnici con superstipendi che presidiano pubbliche amministrazioni,
agenzie e authority varie sostengono a spada tratta qualsiasi misura draconiana contro l’evasione fiscale, ma al tempo stesso condividono la necessità di procedere con i piedi di piombo sul fronte della corruzione? la risposta più maliziosa, ma oggettivamente anche più immediata, è che
la loro non sia la battaglia di legalità dei padri della patria nel nome del bene comune, ma una semplice difesa dello status quo. Nell’istante in cui scarseggiano le risorse finanziarie per mantenere inalterato l’apparato statale, l’evasione fiscale diventa un reato che mette in pericolo lo status quo e, come tale, diventa meritevole di essere perseguito con quella determinazione che altre forme di illegalità assolutamente equivalenti non meritano, perché, evidentemente, non sono l’illegalità e l’equità il punto.
se mai vedrà la luce in italia un intervento legislativo serio contro la corruzione, è comunque auspicabile che esso non si concentri più di tanto sull’aspetto penale. le pene possono essere inasprite, ma non è quello il punto decisivo, esattamente come non lo è per la lotta all’evasione fiscale, nonostante, anche nelle recenti manovre di tremonti e di monti, se ne abbia fatto ricorso a piene mani.
evasione e corruzione sono reati patrimoniali, frutto dell’ingordigia individuale.
lo spauracchio maggiore per chi li commette non è tanto farsi qualche mese o anno di galera (per poi tornare fuori e godere della propria malversazione),
ma l’altissima probabilità, una volta scoperto, di vedersi portare via rapidamente il triplo o il quadruplo di quanto negli anni ha accumulato alle spalle della collettività.
si dovrebbe applicare lo stesso trattamento anche per i corrotti. se si ritiene che lo stato di emergenza sia tale da poter mandare in soffitta il garantismo patrimoniale nei confronti del presunto evasore fiscale, che ricorre al giudice, ma rimane comunque tenuto a versare almeno il 30% anche in pendenza di giudizio, si faccia altrettanto per il presunto corrotto, oppure non lo si faccia affatto.
d’altro canto, è difficile pensare che un’indagine condotta da un magistrato inquirente non possa vedersi riconosciuto lo stesso credito, in pendenza di giudizio, che già oggi viene riconosciuto a un accertamento fiscale condotto da un “mero” funzionario del fisco. è indubbio che tutto ciò aumenterebbe ancora lo stato di polizia finanziaria che sta venendo scientemente costruito, ma almeno ripristinerebbe quell’equilibrio che oggi manca totalmente e che, proprio in quanto assente, sta portando a dei veri e propri eccessi a senso unico.
vivere in un paese pieno di contribuenti che evadono e di politici e dirigenti pubblici che si fanno corrompere non è piacevole. vivere in un paese in cui è lo stato stesso, con le sue leggi e quelle che mancano, a certificare che il politico o dirigente pubblico potenzialmente corrotto sia un sovrano da trattare con i guanti, mentre il cittadino potenzialmente evasore è un suddito da perseguire con ogni mezzo, va molto, ma molto oltre lo spiacevole.