ditropan
Forumer storico
da finanzaonline ...
picaro ha scritto:Leggete qua un altra bella visione per le economie europee...
Una futura flessione dell'economia cinese colpirebbe gli Stati Uniti per via finanziaria. E' quanto sostiene Virendra Singh, analista di Economy.com, in uno studio recente apparso sul sito della società americana.
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L'effetto domino inizierebbe con la riduzione dei prezzi delle materie prime e la contrazione dei profitti dei loro produttori. Minori guadagni per le esportazioni di materie prime - spesso quotate in dollari - finirebbero col deprimere la domanda di titoli americani. Questo potrebbe spingere la Fed ad ulteriori rialzi dei tassi di interesse che, assieme all'alto livello di indebitamento delle famiglie e ad investimenti aziendali in calo, potrebbe indebolire la ripresa economica americana.
Sono questi, in sintesi, i risultati dell'analisi dell'economista americano. E sono certamente poco rassicuranti. Vediamone, in breve, le principali motivazioni.
L'attuale fase di crescita dei prezzi delle materie prime è iniziata nel 2002, lo stesso anno dell'adesione della Cina al WTO, che ha contribuito in larga misura all'incremento della fiducia degli investitori nelle prospettive dell'economia del gigante asiatico. E questa, unita ai bassi tassi di interesse e all'enorme offerta di forza lavoro a basso costo, e per via di una forte crescita degli investimenti esteri diretti, ha fornito una grande quantità di risorse al suo sviluppo.
La crescita dell'economia cinese è stata trainata soprattutto dalle esportazioni e dagli investimenti fissi. Tra questi, una grande quantità di risorse è stata assorbita dal settore immobiliare e da quello automobilistico, ad esempio. E la crescente domanda di materie prime ne ha fatto impennare i prezzi. Molti paesi esportatori ne hanno tratto vantaggio: Russia, Norvegia e i paesi del golfo persico per il petrolio; Brasile, Argentina, Cile e Peru per soia, rame e acciaio, tra gli altri; e ancora il Sud Africa, il Canada e l'Australia.
Gran parte di questi dollari in più - uniti a quelli dei surplus commerciali delle manifatture asiatiche - sono stati utilizzati per acquistare titoli statunitensi e a finanziare, di conseguenza, i deficit gemelli, contribuendo a mantenere alti i livelli di produzione e consumo. E inoltre, la decisione della Cina di ancorare la propria moneta al dollaro, ha costretto anche gli altri paesi a mantenere la propria moneta stabile rispetto a quest'ultimo e a costruire grandi riserve di valuta in dollari che sono poi andate a finanziare il deficit americano seguendo lo stesso percorso descritto in precedenza.
La flessione del passo di crescita cinese è previsto per il prossimo anno e - continua l'autore - la possibilità di un atterraggio morbido sembra sempre più difficile, mentre salgono i timori di un brusco rallentamento. Comunque avvenga, la flessione peserà sui prezzi delle materie prime prosciugando una delle più importanti fonti di finanziamento dei deficit Usa.
Il tutto potrebbe finire, come ha dichiarato in separata sede Robert McTeer, presidente della Fed di Dallas, parlando della possibilità di una flessione del flusso dei finanziamenti esteri, in una "crisi che condurrà ad aumenti rapidi dei tassi di interesse e di un rapido deprezzamento del cambio." A questo punto, seguendo di nuovo l'argomentazione di Singh, la situazione potrebbe complicarsi dando vita ad effetti cumulativi di tipo recessivo per entrambi i protagonisti che potrebbero venire interrotti dalla probabile scelta - probabile, a quel punto della crisi - delle autorità cinesi di svalutare la propria moneta. Scelta che, provocando un aumento dell'offerta di moneta, finirebbe con l'abbassare i tassi di interesse, e l'effetto cumulato dei due movimenti farebbe risorgere l'economia cinese e, con questa, l'economia mondiale.
Non ci dobbiamo dimenticare, tuttavia, che esistono altre condizioni che potrebbero rendere ancora più difficile formulare delle previsioni di quanto già non lo sia nelle "normali" stime economiche. La piena liberalizzazione del mercato, ad esempio, è ancora lontana, e i meccanismi di aggiustamento tipici delle economie avanzate potrebbero funzionare diversamente; il sistema bancario è appesantito da enormi quantità di prestiti che potrebbero diventare inesigibili; e le profonde trasformazioni in atto creeranno, come già sta accadendo, forti tensioni politiche e sociali. Tutti fattori che potrebbero letteralmente cambiare le "carte in tavola" dell'economia internazionale.