dalla suizzera

L'Ue ricatterà la Svizzera"

Marine Le Pen avvisa la Confederazione: "Ma la tutela dei lavoratori è giusta"
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PARIGI - "Concordo nella forma e nella sostanza". Marine Le Pen, leader del Front National (FN), saluta così il voto che si è celebrato ieri in Svizzera e con il quale è stata decisa la reintroduzione di quote all'immigrazione.
"Nella sostanza", afferma parlando con l'agenzia Adnkronos, "perché credo che tutti i popoli abbiano il diritto di gestire le proprie politiche migratorie. Questo voto verteva inoltre sulla priorità nazionale, uno degli assi portanti del programma del FN".
"Sono d'accordo sulla forma - continua poi - perché ritengo che su questioni così importanti i popoli abbiano il diritto di esprimere la propria opinione mentre i loro governanti impongono loro una immigrazione di massa contro la loro volontà da anni".
Sulla reazione dell'Unione Europea al voto, Marine Le Pen è chiara: "Credo che minaccerà, farà dei ricatti, che è la ultima arma di questa megastruttura antidemocratica". Quanto alle conseguenze economiche per la Svizzera, per le Pen il paese non farà che tornare "alla situazione precedente il 2002. Ma la Svizzera non ha iniziato a commerciare nel 2002".
Infine, per quanto riguarda i lavoratori europei e le conseguenze per loro di questo voto secondo Marine Le Pen "il fatto che Italia, Francia e Portogallo siano grandi fornitori di lavoratori in Svizzera è legato alla situazione della crisi economica di quei paesi, perché se ci fosse lavoro in Francia, Portogallo e Italia correttamente pagato i nostri compatrioti non partirebbero per la Svizzera. Mi sembra del tutto legittimo che la Svizzera tuteli i propri lavoratori. È il ruolo di ogni governo degno di questo nome e sta ai paesi europei risolvere le proprie crisi economiche voltando le spalle ai diktat dell'Ue".
 
Ristorni e tasse: le paure di Maroni

Iniziativa UDC, il governatore in allarme: "La Lombardia dev'essere zona franca"
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ROMA - "Chiederò a Letta, con urgenza, una zona franca in Lombardia in cui la tassazione delle attività produttive sia allineata a quella della Svizzera". Così il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, in un'intervista al Corriere della Sera dopo l'accettazione dell'iniziativa dell'UDC "contro l'immigrazione di massa".
"Nelle zone di confine esistono sempre alcuni problemi che dipendono dalla diversità dei due sistemi. Per questo, voglio chiedere a Letta l'istituzione di una fascia di confine, come già avviene per i prezzi dei carburanti, in cui la tassazione sia allineata a quella Svizzera", spiega. Ma a preoccupare di più Maroni è la questione aperta sui "ristorni", la quota delle tasse pagate dai lavoratori frontalieri che tornano ai comuni italiani di confine: "Non vorrei che Saccomanni, per avere qualche concessione sullo scambio dei dati riguardo ai depositi bancari in Svizzera, consentisse la revisione del trattato sui ristorni che in ottobre compirà quarant'anni".
Per il presidente leghista della Lombardia "se questo accadesse, sarebbe un grave problema per i Comuni lombardi i cui residenti pagano le tasse in Svizzera ma godono delle prestazioni pubbliche e di welfare italiane". A riguardo, aggiunge: "Da quanto mi risulta, Letta dovrebbe essere a Milano domani, e gli chiederò un incontro urgente".
Quanto alla proposta avanzata dal segretario della Lega, Matteo Salvini, che ha chiesto un referendum analogo a quello della Svizzera anche in Italia, Maroni afferma: "Io sono sempre favorevole a dare voce al popolo".
 
mmigrazione: l'Europa ci giudica

L'esito dell'iniziativa UDC trova ampio spazio sui maggiori quotidiani online
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BERNA – I più importanti portali online europei danno ampio spazio all’approvazione svizzera dell’iniziativa UDC contro l’immigrazione di massa. I toni sono piuttosto allarmati nella vicina Italia dove naturalmente si temono pesanti conseguenze per i numerosi frontalieri che quotidianamente varcano il confine per recarsi in Svizzera.
Repubblica.it titola in questo modo: “Il caso Svizzera ora spaventa la Ue”. Aggiungendo: “Stretta a ingressi di lavoratori comunitari. Bruxelles: "Rivedremo rapporti con Berna". Referendum su “quote” spacca il paese, ma i sì stravincono al confine italiano”.
Questa, per contro, l’apertura dell’edizione online de Il Giornale: “Dalla Svizzera uno schiaffo alla Ue - No all'immigrazione di massa”. Sottotitolando: “I cittadini svizzeri, contro ogni previsione, hanno deciso di approvare l’iniziativa lanciata dal partito conservatore dell'Udc”.
Su La Stampa si sottolinea pure il voto “anti-italiano” giunto dal Ticino: “Quote per gli immigrati, vincono i “sì” - Il referendum fa litigare Svizzera e Ue”. “In Ticino sette su dieci favorevoli contro i frontalieri italiani. Alt di Bruxelles”.
Le Monde dà un respiro più europeo alla decisione popolare elvetica: “Le vote limitant l'immigration inquiète l'Europe” (Il voto che limita l’immigrazione inquieta l’Europa”. E nel sottotitolo: “Les résultats de la votation suisse sur l'immigration et l'instauration d'une préférence nationale ont surpris les milieux européens qui estimaient encore, à la veille du scrutin, que le “oui” ne l'emporterait pas” (I risultati della votazione svizzera sull’immigrazione e l’affermazione di una preferenza nazionale hanno sorpreso gli ambienti europei che credevano, alla vigilia dello scrutinio, che il “si” non avrebbe vinto).
Infine il portale del quotidiano tedesco Die Welt pone l’accento sul chiaro “Röstigraben” emerso alle urne: “Die Schweiz ist ein geteiltes Land” (La Svizzera è un Paese diviso”). E ancora: “Das Volksabstimmung für eine Begrenzung der Einwanderung zeigt: Der Unmut lässt sich nicht auf rechtes Ressentiment reduzieren. Die Eidgenossen müssen ihre Nähe zur EU neu justieren” (Il voto popolare che intende limitare l’immigrazione dimostra che il malcontento non va ricondotto unicamente a un risentimento della destra. La Confederazione deve ora ri-regolamentare i propri rapporti con l’Ue).
 
Beltraminelli: arrivano tempi duri

L'ANALISI DEL VOTO - Il presidente del CdS: gli italiani potrebbero irrigidirsi
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BERNA/BELLINZONA - Il verdetto del popolo svizzero di quest'oggi sullo stop all'immigrazione di massa proveniente dall'Unione europea, è stato chiaro; quello dei ticinesi - con il 68,17% dei sì all'iniziativa democentrista - lo è stato ancora di più. A poche ore dal risultato emerso dalle urne, cominciano però a sorgere i primi interrogativi, inesorabili e di spessore. Li ha posti "a caldo" anche il presidente del Consiglio di Stato Paolo Beltraminelli. Quest'ultimo, tradendo l'entusiasmo di una parte del mondo politico cantonale, ha dichiarato senza concedere spazio alle emozioni, che "non saranno tempi facili". L'iniziativa UDC, che ha spaccato la Svizzera e che ha ancora una volta compattato il Ticino contro una libera circolazione delle persone sregolata, pone, come detto, una serie di interrogativi da risolvere quanto prima. "Gl italiani potrebbero irrigidirsi", afferma il consigliere di Stato. Mentre è scontato che il Ticino non abbia margini di manovra per decidere alcunché, "occorre attendere che Berna negozi con l'UE il prosieguo degli accordi". E questo, facendo leva su tutta la necessaria diplomazia a disposizione della delegazione confederale. "Non sarà facile", secondo Beltraminelli.
Se, in questo ambito, il popolo svizzero ha smentito la linea istituzionale del Consiglio federale mantenuta finora in materia di lavoro transnazionale, è fuori discussione che chi governa il Paese si trovi ora nella difficile condizione di indicare una rotta da seguire. Quest'ultima, però, allo stato attuale, non è chiara a nessuno. La tradizionalmente molto compassata NZZ, in questo ambito, nella sua versione Online di questo pomeriggio, ha rilevato che "per l'integrazione del mercato europeo, la libera circolazione della manodopera estera rappresenta una libertà essenziale ormai data per acquisita in tutti gli Stati dell'Unione". E ancora - e questo è il punto - "che cosa significhi questo verdetto sui rapporti tra la Confederazione e l'Unione europea è per ora un quesito cui non è possibile rispondere. Sicuramente (il verdetto delle urne, ndr.) non sarà salutare per l'economia nazionale e per il nostro welfare". È un'opinione, ma provenendo da Zurigo, è ragionevole che non sia sottovalutata.
Per alcuni dei maggiori organi informativi svizzerotedeschi, se ne è già discusso in lungo e in largo nel corso di questo storico 9 febbraio 2014, il dubbio maggiore pare riguardare le modalità di applicazione dei cambiamenti legislativi postulati dalla stessa iniziativa dell'UDC contro l'immigrazione di massa dall'UE. In particolare per quanto riguarda il contingentamento della manodopera straniera (tanto inviso agli ambienti economici quanto ai sindacati). Bruxelles ha già fatto sapere che (vd suggeriti), "il testo viola i principi della libera circolazione delle persone". Il Consiglio federale, cioè, si vede costretto a far rispettare la sacrosanta volontà del suo popolo sovrano e dovrà convincere Bruxelles che pur se la Svizzera si trova "fuori tempo" avendo votato un'iniziativa di segno contrario ad accordi ormai conclusi, occorre trovare una soluzione di vicendevole interesse.
Gli accordi sulla libera circolazione delle persone entrati in vigore nel giugno 2002 - e pattutiti a tavolino tra le parti - cioè, prevedevano una serie di tappe intermedie, ormai, come detto, scadute dal profilo temporale e quindi pure "contrattuale". La Svizzera deve tornare al tavolo negoziale, in questo senso, violando quanto precedentemente stabilito, per ossequiare alla volontà del suo popolo. Ora, ributtare all'aria quel negoziato a tempo scaduto, potrebbe essere considerato inaccettabile (e pare proprio che sia così secondo la Commissione UE) o eccessivamente oneroso per la stessa Svizzera. Ed è su questo aspetto che la diplomazia elvetica dovrà quanto prima trovare una soluzione. Si tratta di una vertenza diplomatica per molti aspetti inedita e problematica, a prescindere dalle rivendicazioni regionali da leggere come una palese richiesta d'aiuto.
 
Lavoro: disoccupazione in crescita

Resta tuttavia invariato al 3,5% il relativo tasso - Superato il 5% in Ticino
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BERNA - La disoccupazione cresce in Svizzera: a fine gennaio i senza lavoro erano oltre 153 mila. Rispetto a dicembre l'aumento è del 2,6%. Il relativo tasso è però rimasto invariato al 3,5%. In un anno il numero dei senza impiego è salito del 3,4%. In Ticino la disoccupazione è aumentata su base mensile, ma è calata rispetto al mese di gennaio dello scorso anno.
In un comunicato, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) afferma che a fine gennaio le persone iscritte presso gli uffici regionali di collocamento (URC) erano 153.260, ossia 3.823 in più del mese precedente, e 5.102 in più rispetto a gennaio 2013. Il tasso dei senza lavoro è così salito di 0,1 punti percentuali in un anno.
A gennaio, in Ticino la disoccupazione interessava 8.247 persone per un tasso al 5,1% (+0,2 punti su base mensile, -0,1 punti rispetto a gennaio 2013). Nei Grigioni erano iscritti agli uffici di collocamento 2.227 lavoratori, pari al 2,0% della popolazione attiva (invariato rispetto a dicembre, ma anche rispetto a gennaio 2013).
Insieme al Ticino, i cantoni romandi rimangono i più colpiti. Con un tasso del 5,8% il primato negativo spetta a Neuchâtel (invariato rispetto a dicembre). Percentuali sopra al 5% anche a Ginevra (5,7%, +0,1 punti), Vallese (5,6%, invariato) e Vaud (5,4%, +0,1 punti). Obvaldo e Nidvaldo sono invece i cantoni con meno disoccupati (1,2%, entrambi invariati), seguiti da Uri (1,6%, +0,2 punti).
Dai dati pubblicati dalla SECO emerge anche che il numero di giovani disoccupati (15-24 anni) è salito di 552 unità rispetto a dicembre a un totale di 20'533, ciò che corrisponde a 674 persone in meno rispetto a gennaio 2013. Il tasso di questa fascia di età in gennaio si è attestato al 3,6%, in crescita di 0,1 punti rispetto a dicembre, ma in calo di 0,2 punti rispetto allo scorso anno.
Complessivamente, afferma ancora la SECO, le persone in cerca d'impiego registrate erano 208.777, in crescita dell'1,4% (+2.975 unità) rispetto a dicembre. Su base annua sono salite del 3,5% (+7.001 unità). Tale cifra comprende, oltre ai disoccupati iscritti, le persone che frequentano corsi di riconversione o di perfezionamento, che seguono programmi occupazionali o che conseguono un guadagno intermedio. Il numero dei posti vacanti annunciati presso gli uffici di collocamento è salito a 22.970 unità (+2,5%).
Per quel che concerne la disoccupazione parziale, in novembre (ultimo dato disponibile) sono state colpite dal lavoro ridotto 4390 persone, 462 in più (+11,8%) rispetto a ottobre.
In crescita anche le aziende colpite, salite da un mese all'altro di 10 unità (+2,7%) a 385, così come il numero delle ore di lavoro perse progredito di 7.329 unità (+3,4%) a 218.778. Nel corrispondente periodo dell'anno precedente (novembre 2012) erano state registrate 504.723 ore perse, ripartite su 9.671 persone in 688 aziende.
Sempre a novembre, afferma la SECO sulla base di dati ancora provvisori, i senza lavoro che hanno esaurito il diritto alle prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione sono stati 2.822 (3.036 in ottobre, 2.452 in settembre e 3.057 in agosto).
 
Media: "Un Paese spaccato in due"

La stampa elvetica s'interroga all'indomani del "sì" all'iniziativa dell'UDC
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BERNA - Dopo il "sì" all'iniziativa dell'UDC "contro l'immigrazione di massa", la stampa elvetica si interroga sul futuro delle relazioni con l'Unione europea. Molti giornali in edicola oggi sottolineano che la Svizzera è uscita spaccata in due dalle urne.
Nel suo editoriale, il quotidiano "Le Temps" ritiene che "una parte di questo paese ha paura dell'evoluzione in corso". Il giornale parla anche del Ticino, definendolo un cantone molto esposto ai frontalieri che ha espresso la sua "esasperazione". Più in generale, la Svizzera rurale si sente insicura e "sembra di percepire unicamente gli aspetti negativi che emergono durante i periodi di forte crescita".
"Le Temps" sottolinea pure che in Svizzera tedesca l'Unione europea è vista come un nemico, "anche negli ambienti economici, noti per essere eurofobi per principio". Da parte sua, "Le Matin" non usa mezzi termini: la Svizzera tedesca "si è rannicchiata sulle sue piccole certezze, gelosa dei suoi privilegi e nostalgica di un tempo glorioso che esiste solo nel dipinti di Anker".
Per il "Quotidien jurassien", l'iniziativa è stata approvata poiché le autorità "non sono state abbastanza rigorose nel controllo delle misure di accompagnamento" della libera circolazione. Il vodese "24 Heures" parla della frattura tra le istituzioni e una parte della popolazione. Il quotidiano friburghese "La Liberté" prevede da parte sua "un'era glaciale" tra Berna e Bruxelles.
In Svizzera tedesca si insiste soprattutto sul significato storico del voto. Il "sì" all'iniziativa rappresenta una svolta paragonabile a quella del 6 dicembre 1992, quando venne rifiutata l'adesione allo Spazio economico europeo (SEE), scrive la "Neue Zürcher Zeitung".
La NZZ sottolinea anche che il "sì" al testo dell'Udc non è una buona cosa per l'economia svizzera e, di riflesso, anche per il benessere della popolazione. Di tutt'altro parere la "Basler Zeitung", secondo la quale ieri "tutta la Svizzera" ha vinto. Il quotidiano basilese vede l'esito del voto come "la più grande sconfitta mai subita dall'economia e dai sindacati".
Per il "St. Galler Tagblatt", le ragioni del successo dell'UDC sono da ricercare nell'inerzia della classe politica nei confronti degli aspetti negativi della libera circolazione. "L'iniziativa, formulata con toni populistici, non è stata presa sul serio per troppo tempo", afferma il giornale.
Da parte sua, il "Blick" sottolinea che "contro la volontà della popolazione non può essere perseguita nessuna politica a lungo termine". Ciò vale anche per le relazioni con l'Unione europea. Per il quotidiano, il risultato di ieri costituisce un buon atout per i futuri negoziati con l'Ue.
Per il "Bund", il risultato di ieri non si spiega né con la xenofobia, né con l'isolazionismo. L'esito è dovuto alla pressione sul territorio, al dumping salariale e agli affitti elevati: l'alta immigrazione causa "una sensazione di perdita di controllo che non rimane senza conseguenze in una democrazia diretta".
Il "Tages -Anzeiger" definisce il risultato "un rifiuto parziale della globalizzazione e dell'integrazione europea". Per il quotidiano i problemi della dispersione urbana e della pressione sui salari sono reali, ma "non possono essere risolti all'interno dei confini etnici e nazionali, come il mito del 'Sonderfall' elvetico vorrebbe farci credere".
 
Entro fine anno il progetto di legge

Prima decisione del CF per l'applicazione dell'iniziativa UDC sull'immigrazione
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BERNA - "Coesione, calma e lucidità": sono queste le "virtù" invocate oggi dal presidente della Confederazione Didier Burkhalter, durante la conferenza stampa organizzata dopo la riunione del Consiglio federale, per far fronte al periodo difficile che attende la Confederazione nei suoi rapporti con l'Unione europea dopo l'accettazione popolare dell'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa. Frattanto, oggi il governo ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di presentare entro fine anno un progetto di legge per l'applicazione del nuovo articolo costituzionale: entro fine giugno, la consigliera federale Simonetta Sommaruga dovrà aver elaborato un piano di attuazione dell'iniziativa. Tenuto conto delle reazioni piccate di Bruxelles, ma soprattutto delle divergenze tra romandi e svizzerotedeschi e tra città e campagne, il ministro neocastellano ha sottolineato la necessità che perdenti e vincenti della consultazione si rispettino a vicenda e cooperino ora - specie i partiti - per fronteggiare il delicato momento attuale.
La fretta è cattiva consigliera. Da qui la necessità, secondo il ministro degli esteri, di evitare decisioni precipitose. "Dobbiamo esaminare la situazione con lucidità per verificare se esistono margini di manovra per negoziati con l'Ue", ha sostenuto Burkhalter. Il DFGP non verrà lasciato solo nella preparazione della legga di applicazione e le relative ordinanze, ma potrà contare sull'appoggio del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR) di Johann Schneider-Ammann.
I prossimi mesi serviranno per capire quali sono i lavori legislativi necessari al fine di intavolare le trattative con l'UE, sempre che Bruxelles voglia trattare. Stando a Burkhalter, i tempi per l'applicazione dell'iniziativa - 3 anni secondo il nuovo articolo costituzionale - sono alquanto ristretti. Se tutto dovesse andare come previsto, entro febbraio 2017 sia la legge che le ordinanze di applicazione dovrebbero poter entrare in vigore. Frattanto l'Accordo di libera circolazione delle persone (ALCP) rimane valido, a meno che una delle parti non decida di disdirlo anticipatamente.
Il lavoro in seno all'amministrazione federale sarà accompagnato da un'intensa attività diplomatica. Come già anticipato ieri dallo stesso Burkhalter dopo la riunione con la commissione di politica estera del Nazionale, "il Consiglio federale avvierà senza indugio colloqui esplorativi con l'Unione europea in vista di negoziati sull'Accordo di libera circolazione delle persone e di chiarimenti in merito alle trattative bilaterali in corso". La settimana prossima è previsto un incontro del Segretario di stato per gli affari esteri Yves Rossier a Bruxelles con rappresentanti dell'Ue, mentre Burkhalter si recherà a Berlino. È possibile che seguiranno altri spostamenti nelle principali capitali europee, ha dichiarato il consigliere federale PLR.
 
L'Ue congela il trattato istituzionale

Dopo quello sull'elettricità, bloccato un altro accordo quadro con la Svizzera
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BRUXELLES - L'Ue congela il negoziato sull'accordo quadro del "trattato istituzionale" con la Svizzera. Nella riunione preparatoria del settimanale incontro dei 28 ambasciatori (Coreper, in programma domani) è stato deciso oggi di togliere dall'agenda l'approvazione del mandato negoziale alla Commissione.
 
"Europa, è giunta l'ora di riflettere"

Per l'ex presidente della BNS Hildebrand l'Ue deve avviare diverse riforme
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BERNA - Il sì svizzero all'iniziativa sull'immigrazione di massa deve far riflettere l'Unione europea: lo sostiene l'ex presidente della Banca nazionale svizzera (BNS) Philipp Hildebrand, che in un contributo scritto per il "Financial Times" sostiene che il progetto UE va rivisto.
L'Europa - argomenta Hildebrand - non può permettersi di ignorare il risultato scaturito dalle urne nella Confederazione. I politici UE devono riconoscere che diversi aspetti dell'integrazione europea non godono più di un ampio sostegno. I 28 sono quindi chiamati a procedere a una riforma, altrimenti perderanno la loro legittimità democratica.
Per Hildebrand potrebbe essere creata una amministrazione finanziaria comune per i 18 Stati dell'Eurozona. Gli altri paesi che non vogliono integrarsi maggiormente, dovrebbero poter tornare a concentrarsi sull'originaria cooperazione in materia di commercio e dogane.
Con questa strategia del doppio binario anche nazioni come la Svizzera e la Gran Bretagna potrebbero trovare una forma di cooperazione o di relazione in grado di essere accettata dalle popolazioni interessate.
In un'ottica di investitore l'attuale vicedirettore della società di amministrazione patrimoniale BlackRock, il primo gestore di fondi al mondo, invita l'UE a sgombrare il campo dalle incertezze circa il suo sviluppo futuro. In Svizzera invece spetta al governo agire: Hildebrand parla dell'eventualità di avere un "secondo consigliere federale di destra", che insieme al primo dovrebbe poi avere un ruolo chiave nei negoziati con l'UE.




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"Attenzione, l'Ue non bluffa"

L'Ambasciatore europeo a Berna avvisa: "Quote e contingenti non compatibili"
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BERNA - L'ambasciatore dell'Unione Europea (UE) a Berna, Richard Jones, ritiene che l'accesso delle aziende svizzere al mercato comune europeo sia in pericolo dopo il "sì" di domenica all'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa. La libera circolazione delle persone è un principio fondamentale dell'Ue e contraria ai contingenti dei lavoratori. Bruxelles "non bluffa", non rimarrà con le mani in mano e nuovi negoziati in merito sono esclusi.
Comunque la palla è ora nel campo della Svizzera: è la Confederazione che deve revocare l'accordo di libera circolazione delle persone. Comunque, "se c'è la volontà da parte elvetica di trovare soluzioni compatibili con i nostri accordi, l'UE non si chiuderà a riccio e le prenderà seriamente in considerazione", afferma Jones in un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano romando "24 Heures".
"La libera circolazione delle persone è uno dei quattro pilastri del mercato unico (...) e nessuno Stato membro è disposto a rinunciarvi", aggiunge l'ambasciatore. "Ci sono sicuramente discussioni sulla maniera di mettere in opera questo principio, ma nessuno Stato rimette in questione il principio stesso. Nessuno vuole quindi sentir parlare di quote, contingenti o quant'altro non sia compatibile con la libera circolazione delle persone".




Jones non ritiene che la Svizzera possa beneficiare di un'eccezione alla libera circolazione delle persone , come nel caso del Liechtenstein : "I due Paesi non sono comparabili: la Confederazione ha otto milioni di abitanti il Principato ne ha 36.000".
Alla radio svizzerotedesca SRF, Richard Jones ha ricordato che il voto di domenica ha "conseguenze potenzialmente gravi" per la Confederazione, la cui economia e essenzialmente indirizzata verso l'UE. "Il fatto che la Svizzera possa liberamente vendere i propri prodotti sul mercato interno europeo è possibile grazie agli accordi bilaterali. E tutto ciò è ora in sospeso", ha sottolineato. Alludendo alla cosiddetta clausola ghigliottina, egli ha ricordato che annullando l'accordo di libera circolazione anche il resto dei "bilaterali I" verrebbe meno.
Se una delle parti contrattuali non può più rispettare gli impegni presi, bisogna rinegoziare. Ma quando ciò non è più possibile c'è rottura di contratto, ha dichiarato l'ambasciatore al quotidiano "Nordwestschweiz". "Ci aspettiamo che la Svizzera si comporti in modo responsabile e ne tragga le conclusioni che si impongono affinché non si giunga ad una tale situazione", ha aggiunto.
Come immediata reazione al risultato del voto, l'UE ha sospeso i negoziati per un accordo per l'elettricità. Sono minacciati anche quelli sulla partecipazione elvetica ai programmi "Horizon 2020" (ricerca) e "Erasmus+" (formazione).
Malgrado la nuova situazione venutasi a creare, l'ambasciatore pensa che il Consiglio dei ministri dell'UE approverà comunque il mandato di trattativa per un accordo sul quadro istituzionale. "Crediamo che sia logico continuare e adottare il mandato per essere pronti al momento delle discussioni", ha detto alla SRF. Una decisione in merito è attesa nei prossimi giorni.
 

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