E NELLE MONTAGNE VADO A PERDERE LA MIA MENTE E A TROVARE LA MIA ANIMA

Le persone le guardi in faccia. Le ascolti mentre parlano.
....e capisci chi sono ......dopo tutte le buffonate che hanno detto....insistono nella limitazione alla libertà personale.

Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha fatto il punto della situazione coronavirus nel nostro Paese.


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Ma secondo lui il pericolo potrebbe arrivare dai tanti vacanzieri che si apprestano a trascorrere le ferie lontano dalla propria casa,
dal momento che il virus è ancora in circolazione e nel 27% dei casi i portatori sono soggetti asintomatici.

Il rischio è di venire contagiati da persone che all’apparenza stanno bene.
 
Via un pidi ne arriverà un altro........

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“Ieri il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti, e la vicepresidente, Paola Pessina,
hanno avuto un colloquio sul post pubblicato nei giorni scorsi sul profilo Facebook personale della dott.ssa Pessina,
nei riguardi dell’on. Giorgia Meloni – si legge in una nota della Fondazione -.

Hanno convenuto che le affermazioni e il linguaggio utilizzati in quella occasione
non rispecchino in alcun modo i valori che la Fondazione incarna e l’atteggiamento che ogni giorno pone nel proprio operato,
risultando inappropriati soprattutto per chi riveste un ruolo istituzionale”.

“La dottoressa Pessina aveva già posto le proprie scuse pubbliche all’on. Meloni, ma – continua la nota –
per coerenza e rispetto della Fondazione, ha ritenuto di presentare le proprie dimissioni.
Il presidente Fosti ha accolto la decisione con profondo rammarico per tutti gli attori coinvolti,
riconoscendo a Paola Pessina, in questa circostanza, la coerenza di chi sa ammettere i propri errori”.
 
L’Italia è in piena emergenza immigrazione clandestina.
Ogni giorno le nostre coste sono prese d’assalto.
Ci portano il covid.
Non c'è lavoro nelle aziende.
Le attività commerciali chiudono.
Il turismo è fermo.
La moda è ferma.

......e loro a cosa pensano ?

«Crisi demografica e futuro, l’unica speranza dell’Italia sono i migranti»
«L’Italia ha una sola speranza: i migranti. Al nostro Paese ne occorrono 180mila all’anno. L’Europa dovrebbe accoglierne 1,6 milioni».


Ecco i dati che snocciola Cazzola.

«Quanto alle prospettive future, tra vent’anni, secondo uno scenario ottimistico, la popolazione italiana diminuirebbe di un milione di unità.
Al suo interno vi sarebbero, però, delle trasformazioni significative. -1,6 milioni della popolazione sotto i 20 anni;
-4 milioni di quella in età attiva (tra 20 e 70 anni); +4,6 milioni degli anziani over70.
Questo trend sarebbe consentito in presenza di un guadagno netto migratorio tra le 160mila e 180mila unità ogni anno».




L’amico della Fornero. Irrecuperabile…
 
L’Italia è in piena emergenza immigrazione clandestina.
Ogni giorno le nostre coste sono prese d’assalto.
Ci portano il covid.
Non c'è lavoro nelle aziende.
Le attività commerciali chiudono.
Il turismo è fermo.
La moda è ferma.

......e loro a cosa pensano ?

«Crisi demografica e futuro, l’unica speranza dell’Italia sono i migranti»
«L’Italia ha una sola speranza: i migranti. Al nostro Paese ne occorrono 180mila all’anno. L’Europa dovrebbe accoglierne 1,6 milioni».


Ecco i dati che snocciola Cazzola.

«Quanto alle prospettive future, tra vent’anni, secondo uno scenario ottimistico, la popolazione italiana diminuirebbe di un milione di unità.
Al suo interno vi sarebbero, però, delle trasformazioni significative. -1,6 milioni della popolazione sotto i 20 anni;
-4 milioni di quella in età attiva (tra 20 e 70 anni); +4,6 milioni degli anziani over70.
Questo trend sarebbe consentito in presenza di un guadagno netto migratorio tra le 160mila e 180mila unità ogni anno».

Bg, potresti fare ricerca per quantificare tra rimpatri e quarantena A BORDO DI APPOSITE NAVI quanto ci costa uno di questi immigrati?
......cosi....tanto per.....sbatterlo in faccia ai radical chicha, grazie
 
Giusto per essere ben chiari, perchè qualcuno protrebbe pensare al razzismo contro persone colorate.

Se ho bisogno 180.000 persone, LE SCELGO IO.
Faccio entrare individui con uno scopo ben preciso e con un lavoro ben preciso.
E possono essere bianche , gialle, rosse o nere.

Non faccio entrare 180.000 delinquenti che poi mi ritrovo a bighellonare per strada,
ad intasare i parcheggi, a vendere droga, a vendere prostituzione, in pratica
persone che costano al cittadino.

"Risorse" che sottraggono risorse e non che le integrano.
 
Già ho scritto cosa ci costerà UNA nave.

In base all'avviso del ministero dei Trasporti del 13 luglio e in scadenza il 16 luglio prossimo,
una nave costerà circa 4.037.475 euro, oltre Iva, per i 101 giorni di esecuzione dell'appalto.
 
Ewiwa. Pidioti ed ex democristiani di nuovo insieme. Il peggio del peggio.


Per Nicola Zingaretti la priorità in Italia è la riforma della legge elettorale.

La cosa ha dell’assurdo.

C’è un Paese che sta ballando sulla tolda del Titanic mentre è alle viste l’iceberg della catastrofe economica
ed il segretario del Partito Democratico non trova migliore argomento che preoccuparsi delle formule elettorali.


Un anno fa, pur di riprendere il potere, strinse un patto col diavolo pentastellato.

In cambio dell’ingresso al Governo, i dem appoggiarono la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle
e giunta all’ultimo giro di boa parlamentare.

Che si trattasse di un errore catastrofico lo stesso Zingaretti non poteva non esserne consapevole.

Tanto vero che, per attenuare l’impatto negativo di una riforma inutile, in linea soltanto con le esigenze di carattere demagogico proprie del qualunquismo grillino,
il leader piddino pretese dai nuovi alleati un impegno solenne a modificare la legge elettorale in senso proporzionale.

La motivazione della richiesta, avanzata a scopo precauzionale, era comprensibile.


Con la riduzione dei parlamentari in caso di ritorno anticipato alle urne, vigente il meccanismo elettorale introdotto con il Rosatellum,
la sinistra avrebbe corso il rischio di perdere buona parte dagli scranni parlamentari attualmente occupati consentendo alla destra,
favorita in tutti o quasi i collegi dell’uninominale, di costituire un’ampia maggioranza parlamentare, sufficiente a garantire al Paese un Governo di legislatura.



Nella visione del segretario dem, con il ritorno al proporzionale, il panorama politico avrebbe dovuto passare dall’attuale stato liquido della prassi trasformista
a quello gassoso dell’ingovernabilità permanente e il Parlamento riconvertirsi, nel segno di una malintesa interpretazione della democrazia parlamentare,
in una sorta di suq nel quale comprare e vendere voti sarebbe divenuta la regola.

Che è poi la tattica che tiene al governo il Pd da dieci anni senza che mai abbia vinto un’elezione.

Addio, dunque, a trent’anni di fede ulivista nel maggioritario.

I grillini hanno opportunisticamente sposato l’idea zingarettiana.


Faceva comodo anche a loro un meccanismo-paracadute per assicurarsi la sopravvivenza in politica
una volta abbandonata l’utopia dell’autosufficienza e verificato nelle urne delle europee la fine del feeling con l’elettorato.

Ma al momento delle strette di mano tra i nuovi partner Matteo Renzi non c’era.

Benché fosse stato l’ispiratore del ribaltone anti-salviniano, agli occhi dell’opinione pubblica si atteggiava a fare il “Cincinnato”.

Non si era ancora messo in proprio con la nuova bottega di Italia Viva.

Ora, però, che il voto referendario si avvicina Zingaretti scalpita e pretende che si arrivi prima del 20 settembre a votare per il proporzionale almeno in un ramo del Parlamento.

Ma Renzi si è messo di traverso. Lui, e i suoi, un proporzionale che preveda una soglia di sbarramento del 5 per cento non lo votano.

Non è questione di lucro ma di sopravvivenza politica.

Il disimpegno renziano ha spinto i dirigenti dem sull’orlo di una crisi di nervi, se è vero che, per forzare la mano agli alleati,
dal Pd si levano dubbi sul sostenere il “Si” al referendum confermativo della legge sul taglio dei parlamentari
nel caso non venisse prima avviata la riforma elettorale in senso proporzionale.

Zingaretti si è ficcato in un pasticcio.

L’ultima speranza che gli resta sta in un insperato soccorso da Forza Italia che potrebbe assicurare i numeri parlamentari
per l’approvazione del progetto di riforma rendendo superflui quelli della pattuglia renziana.


Per l’ennesima volta tocca di tenere il fiato sospeso aspettando di vedere cosa farà il partito di Silvio Berlusconi.

La fotografia che restituisce il Movimento azzurro non è rassicurante.

Nonostante i sondaggi diano Forza Italia in crescita, la realtà racconta tutt’altra storia.

Giungono notizie di un fuggi-fuggi dei quadri intermedi.

Si tratta di notabili locali e di capibastone che storicamente sono stati lo zoccolo duro elettorale della formazione berlusconiana.

Lo scorso 1° agosto, sull’Huffington Post, Alessandro De Angelis ha tracciato un quadro perfetto
di ciò che sta accadendo in Forza Italia-Campania in vista delle regionali.

Ex caldoriani, ex cosentiniani, mastelliani in servizio permanente effettivo, forzisti della prima ora
si stanno trasferendo in massa nel campo del Governatore uscente e ricandidato, Vincenzo De Luca.

Ne sono talmente tanti, e dai robusti appetiti, che lo stesso governatore-sceriffo ha dovuto dichiarare il sold out per bloccare altri arrivi indesiderati.


Non che in termini di qualità per Forza Italia la perdita di tale varia umanità sia un male.

Al contrario, potrebbe essere un bene sbarazzarsi di un apparato clientelare vetero-democristiano
che non ha certo giovato alla credibilità di Silvio Berlusconi come liberale e innovatore.


Tuttavia, la diaspora non aiuterà sul fronte della resa elettorale.

Le anticaglie portano via oltre ai souvenir anche i pacchetti di voti.

Se tale è la realtà in periferia non è che le cose al centro vadano meglio.

All’interno di Forza Italia si muove una corrente carsica che punta alla rottura dell’alleanza con le altre componenti della destra.

Le dichiarazioni rilasciate da Renato Brunetta lo scorso 3 agosto a “Il Foglio” spiazzano e preoccupano.

Non solo per la conversione al proporzionale che rappresenta il tradimento di una storia politica fondata sul maggioritario e sul bipolarismo,
della quale Forza Italia è stata l’incarnazione, ma per la motivazione data a sostegno della giravolta.



Afferma Brunetta:

“Lo dico senza alcun pudore, e anzi rivendico l’iniziativa.
Sì, bisogna aprire ufficialmente un dibattito che, dentro al partito, prosegue in maniera carsica già da tempo,
e vede buona parte dei gruppi parlamentari attratti da un proporzionale più o meno corretto.
Il proporzionale, oggi, serve proprio a tutelare quella storia e quei valori,
perché solo il proporzionale può fornire a Forza Italia un’assicurazione sulla vita...
se chi dovrebbe essere il leader e il federatore del centrodestra, e cioè Matteo Salvini, punta invece a fare solo il capo della Lega,
egemonizzando con modi liquidatori la coalizione, cannibalizzando i nostri gruppi parlamentari e i nostri amministratori, noi dobbiamo difenderci.
E difendendoci, difendiamo anche l’identità liberale e riformista del centrodestra da chi lo vorrebbe colonizzare con le sue teorie sovraniste e anti-euro,
da chi in Europa vorrebbe allontanarci dal Ppe per portarci insieme agli estremisti di destra a votare contro Ursula von der Leyen”.



Praticamente, una dichiarazione di guerra agli alleati a meno di 60 giorni dalle urne regionali.

Ora, Brunetta è libero di pensarla come vuole ma deve assumersi la responsabilità per un’uscita
che punta a minare il processo di consolidamento della coalizione della destra plurale
nel momento in cui potrebbe essere alle porte una vittoria elettorale per troppo tempo rincorsa,
talvolta sfiorata ma mai realmente conseguita perché non accompagnata da un’effettiva presa del potere.


Il vecchio leone di Arcore ha fama di essere uomo generoso ma questa volta rifletta bene prima di optare per la “variante Brunetta
dimostrandosi prodigo con quei nemici che l’hanno odiato dal primo giorno che ha messo piede in politica.

E gliele hanno combinate di tutti i colori.

Berlusconi ha avuto il merito storico di sdoganare la destra in Italia.

Ma la destra ha dato tanto a Berlusconi, restandogli fedele e riconoscendolo come leader anche nei momenti più bui.

E chi invece pensa di combinarsi con la sinistra, facendosi forte dei voti presi a destra, faccia la cosa giusta: vada per la propria strada.
 
Giunti a questo punto, in cui non bisogna essere provetti scienziati per comprendere l’evoluzione clinica del Covid-19,
chi continua a raccontare la favola nera del terrore pestilenziale è senz’altro in malafede.

A questo proposito riportiamo l’ennesima, dura presa di posizione di Matteo Bassetti,
direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova,
il quale in risposta a chi immagina l’imminente arrivo di catastrofiche seconde ondate così si esprime:

“Qualcosa è cambiato, nel mio reparto l’ultima persona finita in terapia intensiva risale a oltre 70 giorni fa.

Non abbiamo più pazienti Covid e il reparto di terapia intensiva è vuoto. Gli ospedali non sono più in emergenza.

Se per seconda ondata intendiamo le bare di Bergamo credo che non ci saranno più.

Dobbiamo imparare a convivere con questo virus.

Basta terrore, basta dati forniti ogni giorno dalla Protezione civile.

Non ha senso dire che ci sono 300 contagiati per poi scoprire che buona parte sono a casa senza sintomi.

Così ci facciamo solo del male. Altri Paesi, come la Francia, non lo fanno”.



Altrettanto perentorio il professore Alberto Zangrillo che, in una lunga intervista pubblicata su La Verità,
sottolinea la grande mistificazione in atto, con la quale – aggiungo io – il partito unico del terrore al potere,
coadiuvato da buona parte di una informazione imbarazzante, sta facendo passare l’idea folle secondo cui i contagi,
definiti casi per rafforzarne l’impatto emotivo, equivarrebbero alla malattia grave.


Tant’è che molti sprovveduti con cui mi imbatto assai spesso sui vari social parlano di immaginarie catastrofi ai nostri confini,
come quella inventata di sana pianta che starebbe interessando i Paesi balcanici.

Tra questi mi sembra emblematico il caso della Croazia, che ad oggi registra appena, per così dire, 154 morti dall’inizio della pandemia.

Ciononostante molti giornali italiani non perdono occasione di produrre titoloni a giorni alterni in merito all’Armageddon di contagi in atto nel Paese balcanico,
senza tuttavia specificare che trattasi al massimo di un centinaio di persone asintomatiche o paucisintomatiche.

Ovviamente, soprattutto dopo un lockdown che ha letteralmente mandato in terapia intensiva l’intera economia italiana,
proseguire su questa linea del terrore, puntello essenziale a tenere in piedi uno stato di emergenza privo di alcun fondamento concreto,
non farà che aggiungere ulteriori danni ad un sistema condotto al collasso.
Interi settori, come il turismo, la ristorazione, i trasporti, l’intrattenimento, lo sport e lo svago di massa,
stentano a riprendere la loro normale attività ed una quantità impressionante di imprese o hanno già chiuso o si apprestano a chiudere i battenti per sempre.


Ma il partito unico del terrore al potere, in evidente malafede di fronte ad una pandemia tenuta in vita da alcuni numeretti sempre più stiracchiati,
si gode la sua estate di follia, prospettandoci un prossimo autunno caratterizzato da altre sciagure sanitarie.


Sul fatto che ulteriori e probabilmente peggiori sciagure ci attendono posso convenire.

Tuttavia esse, rappresentando solo l’eventuale effetto collaterale della sciagurata linea fin qui mantenuta dai geni della lampada al potere,
più che condurre tante persone in sala di rianimazione le porteranno dritte dritte sotto un ponte.

Tanto per parlare di decrescita infelice e assai dolorosa per tutti.
 
Con il coronavirus in “vacanza” e sulla spinta dell’ideologia e del business, la sinistra ha ritrovato spazi utili per il rilancio del suo tema preferito: i migranti clandestini.


Per i soliti Graziano Delrio (Pd) e Matteo Orfini (Italia Viva?) il dibattito sul boom di sbarchi in Sicilia,
ma anche in Sardegna (da luglio ad oggi, oltre 7mila arrivi) non verte sulle conseguenze in termini di sicurezza e salute pubblica.

Le fughe dagli stremati centri di accoglienza, il pericolo della trasmissione del Covid-19 da parte di soggetti infetti,
le nuove sacche di criminalità che andranno ad essere alimentate, i costi che il già esanime erario statale dovrà affrontare in tempi di grave emergenza economica:
tutto ciò aumenta l’ansia degli italiani, ma non sembra preoccupare affatto i due “apostoli” dell’immigrazionismo,
che hanno invece colto l’opportunità per imporre nuovamente al centro del dibattito l’introduzione dello “Ius soli”, mascherato da “Ius culturae”.



Il “reggente” del Movimento Cinque Stelle, Vito Crimi, si è detto contrario a tale proposta, definendola “inopportuna e intempestiva”,
dando fiato a coloro che insistono nel mettere in evidenza le divergenze tra le anime che compongono la maggioranza parlamentare su cui poggia il Governo rosso-giallo.

Si tratta, tuttavia, di divergenze solo apparenti.

Tra i rossi e i gialli continua infatti il gioco delle parti, stile “poliziotto buono, poliziotto cattivo”,
già messo in scena sul Mes e su questioni che chiamano in causa l’Unione europea.


Nella coppia, il Movimento Cinque Stelle mostra il volto “duro”, per non perdere ulteriori consensi a “destra”,
ma è la sinistra Pd-Italia Viva(?) a dettare la linea da seguire.


Questo lo sa bene il premier Giuseppe Conte, che si è rivestito di carattere affermando di non poter “tollerare che si entri in Italia in modo irregolare”,
ma solo a giochi ormai fatti, ovvero a sbarchi avvenuti e a migranti redistribuiti tra le regioni (e non certo tra i Paesi dell’Ue, secondo gli accordi “à la carte” siglati dall’Esecutivo).


Stessa recita anche da parte di Luigi Di Maio, che ha persino invocato l’affondamento delle barche utilizzate dai trafficanti.

In cerca di sponde europee, il ministro degli Affari esteri si è poi rivolto a Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
la cui assicurazione di “personale interessamento” non equivale però a più di una pacca sulla spalla.


Quasi silente, da dietro le quinte, è la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ad officiare alla reale politica del governo sui migranti,
che vanta quali suoi pilastri – come già durante i Governi Renzi, con Marco Minniti al Viminale ‒ il “lasciar fare” a barche e barchini,
accompagnati a riva da Ong e Guarda costiera, e la disseminazione degli arrivi lungo tutto il territorio italiano.


La ministra si è da poco recata in Tunisia, Paese da cui è in corso un vero e proprio esodo (nel 2020, su circa 15mila sbarchi, 6mila sono tunisini),
per sollecitare le autorità locali a una maggiore cooperazione, ma anche in questo caso a giochi fatti.

Come a giochi fatti è giunto l’annuncio di una linea “dura e inflessibile” contro l’immigrazione illegale, elogiato da Conte.

Il premier si è spinto fino a garantire “rimpatri accelerati”, con riferimento alla Tunisia,
forte della lettera indirizzata al presidente Kaïs Saïed e della visita da questi effettuata ai porti tunisini.


In realtà, che i rimpatri non siano all’orizzonte dell’azione di governo lo si deduce dalle due grandi navi noleggiate dal Viminale
e inviate sulle coste siciliane non per riportare i migranti in Tunisia (in applicazione delle regole, trattandosi di immigrati economici),
ma per fargli svolgere il periodo di quarantena, al termine del quale verranno molto probabilmente redistribuiti in centri di accoglienza qua e là sulla terraferma.



Mentre il processo a Matteo Salvini per il caso “Open Arms” e l’abrogazione dei “famigerati” decreti sicurezza
servono a soddisfare le pulsioni della militanza terzomondista che detta l’agenda alla sinistra,
offrendo un incentivo per le Ong ad operare come braccio operativo complementare del Governo giallorosso
a beneficio, di fatto, del traffico di esseri umani dalle coste di Tunisia, Libia e del resto del Nord-Africa.


L’imperativo dei porti aperti (chiusi ipocritamente solo per tre giorni in aprile, durante il picco dell’emergenza coronavirus)
resterà così in vigore, senza tenere nel benché minimo conto la questione sicurezza legata alla concreta possibilità che terroristi e radicalizzati
possano mescolarsi ai migranti per raggiungere l’Italia e inserirsi nel suo tessuto sociale, come già accaduto nella fase più calda della guerra civile siriana.



Parole, soltanto parole, sono dunque le ultime dichiarazioni degli esponenti dell’Esecutivo sulla crisi migratoria.

Non c’è nessun cambiamento in vista nella missione della sinistra.
 
Appena giunto a Cerignola, il presidente del Consiglio ha commentato l’ondata di sbarchi sulle coste italiane:

“Non possiamo tollerare che si entri in Italia in modo irregolare, e che in questo momento in cui la comunità internazionale ha fatto sacrifici,
i risultati vengano vanificati da migranti che vogliono fuggire alla sorveglianza sanitaria. Dobbiamo essere duri e inflessibili”.


Conte ha poi assicurato che l’obiettivo del Governo è quello di accelerare sui rimpatri.


Non possiamo non riconoscere al premier Conte una indubbia attitudine a modificare repentinamente
il proprio pensiero sulla base delle circostanze e del sentire comune.

Un abile prestigiatore che non si scompone nemmeno quando afferma tutto e il suo contrario nel giro di poche ore.

Insomma, un modo educato per sottintendere che Conte abbia la faccia di bronzo.



Come definire d’altronde uno che fa un governo con Matteo Salvini facendosi immortalare in conferenza stampa
mentre annuncia fieramente la legge contro l’immigrazione irregolare targata Lega
onde poi diventare improvvisamente migrantista all’atto della formazione di una maggioranza giallorossa.

Giuseppe Conte è rimasto migrantista fino a poche ore fa, quando in Parlamento ha mandato il solo Salvini a processo
prendendo le distanze dalla politica dei porti chiusi e disconoscendo i provvedimenti adottati dal suo primo Governo.

Uno struzzo perfetto.


Adesso deve aver fiutato il malcontento e di conseguenza ha provato a scavalcare la Lega a destra.

Ciò, nonostante il suo Governo sia tenuto in vita dal partito di Teresa Bellanova (il ministro della sanatoria)
e da quel Partito Democratico che a suo tempo mandò la meglio gioventù sulla Sea Watch a difendere Carola Rackete.


A proposito, dov’è la sinistra e cosa ne pensa dell’intemerata di Conte sui migranti?

La sinistra tace imbarazzata e Conte esterna senza timore.

Come mai?

Presto detto: tra qualche mese ci saranno le elezioni amministrative e per l’attuale maggioranza sarà un disastro
con ovvie ripercussioni a livello nazionale.

Non abbiamo certo scoperto l’acqua calda dato che le previsioni sono di dominio pubblico.

Giuseppe Conte sa benissimo che qualcuno proverà ad addebitare la disfatta al suo Governo
e quindi tenta la carta della propaganda a buon mercato illudendosi che le supercazzole
facciano presa su un popolo bue senza memoria.

Ma il popolo bue non è smemorato e il premier ha ben compreso
di essere osannato dai media nazionali ed internazionali (per opportunismo) ma non certo dagli italiani.



Giuseppe Conte legge i sondaggi e non si capacita di come il ponte di Genova,
i decreti “poderosi” e i soldi falsi promessi dall’Europa non spostino di un decimale le cifre.

E allora, per non morire politicamente dopo le amministrative, prova a fare il Salvini.

Questa si chiama disperazione.
 

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