E’ un arteriosclerotico grave e uno zombie tenuto su da pill

tontolina

Forumer storico
Il grande gelo in arrivo
Maurizio Blondet 29/10/2007

A Napoli i pignoramenti di case sono aumentati del 29 per cento, a Milano del 22, a Roma del 21%. Ma le cifre assolute sono piccole: nessuno si accorgerà delle 317 famiglie in più rispetto al 2006 che a Napoli non sono riuscite e pagare il mutuo variabile, o delle 317 di Roma, o delle 227 di Milano. Sul lastrico, ma non saranno un problema sociale.
Consoliamoci: in USA, la Commissione Economia del Congresso prevede che entro il 2008 le famiglie americane buttate fuori-casa saranno due milioni.
Sub-prime borrowers.
Il prezzo della casa mediana americana era di 262.600 dollari a marzo; in settembre è sceso a 211.700. un crollo del 18 per cento rapidissimo.

In Italia, dicono le banche, non può accadere.
Solo l’1% di mutui non vengono pagati.
E’ la lunga abitudine a mentire, o la abituale cieca, avida stupidità?
A tre mesi dal colossale collasso speculativo americano, ancora non si prende atto del disastro.
E il collasso continua.
Merrill Lynch ha ammesso di avere in tasca «obbligazioni sostenute da debito» (CDO) ed altre carabattole derivate e sub-prime fantasiosamente confezionati per 8,4 miliardi di dollari.
Ora, visto che nessuno vuol comprare quella rumenta, deve detrarre la cifra come perdita.
Meno di un mese fa’ aveva mentito: solo 5 miliardi di dollari di perdite, aveva assicurato.
La cifra è astronomica: si pensi che la bancarotta del Long Term Capital Management nel 1997, un fondo speculativo fondato da due cretinissimi premi Nobel (Merton e Sholes) aprì un buco di 4,6 miliardi di dollari, provocando la necessità di un intervento-salvataggio di Stato.
Merrill Lynch è fallita, e cerca un compratore: invano, di questi tempi.
Altre splendide banche speculative, di cui i media ci hanno raccontato le epiche storie, saranno trascinate nel baratro, gonfie di CDO che avevano scritto all’attivo per cifre insensate («valori» definiti in base a formule matematiche e valutazioni delle agenzie di rating, non dal mercato), ed ora valgono zero.

Vediamo: solo le perdite del terzo trimestre hanno divorato un quinto del capitale proprio di Merrill Lynch.
Il che significa che i prestiti che potrà concedere si contrarranno di un multiplo della perdita.
Così la rovina degli speculatori finanziari si riflette sull’economia reale: meno fidi e meno mutui, a prezzi più cari.
E non solo: «C’è il timore che le quattro più grandi banche USA stiano ancora cercando di nascondere i loro debiti», dice Hans Redeker, capo del valutario a BNP Paribas (1).
Quello che è finito è la sola grande industria americana rimasta: «L’America si è specializzata nella produzione di debiti (delle famiglie, delle imprese e delle istituzioni pubbliche) e nella vendita di tali debiti a detentori esteri [fondi-pensione tedeschi, assicurazioni giapponesi, magari anche comuni italiani ed altri gonzi], che stanno per accorgersi che rischiano di non essere mai rimborsati», scrive il sito d’analisi francese Europe 2020.
E fa’ il paragone coi «prestiti russi»: titoli di debito emessi dal regime zarista prima del 1917 – la Russia era in frenetico sviluppo economico sotto lo Zar, aveva bisogno di capitali – furono comprati in massa da risparmiatori europei, specie francesi.
Poi arrivarono i bolscevichi: e con quei fogli di carta filigranata, ornati di aquile, diversi francesi si fecero la tappezzeria.
Ora è peggio.
L’America è già in stato d’insolvenza, dato che il cumulo dei debiti privati, pubblici e familiari supera il quadruplo del prodotto interno lordo.
E gli effetti mondiali già si vedono.
Il Giappone è tornato in recessione: la costruzione di case nuove è calata del 23,4% in luglio, e del 43,4 per cento in agosto.
Londra ha conosciuto la prima corsa agli sportelli dal 1878, quando fallì la City of Glasgow Bank.
La Banca Centrale europea ha iniettato 400 miliardi di euro in liquidità – cifra mai vista – senza esito apparente.
La Spagna ha il 98 per cento dei mutui a tasso variabile di tutta la eurozona (trionfo dell’edilizia speculativa), ed ora l’intera eurozona subisce un aumento dei tassi di almeno mezzo punto: la Spagna è spacciata, e tanto più gli spagnoli che hanno comprato la casa all’apice dei prezzi, e la dovranno vendere a prezzi crollanti.
In Inghilterra, il costo dei fidi per le imprese è rincarato di quasi il 2 per cento.

La Federal Reserve non solo ha iniettato, ma ha ha tagliato i tassi di mezzo punto e sta versando denaro alle banche accettando come collaterale quei CDO che non valgono nulla: anche con lo sconto, è come comprasse escrementi di cane come gioielli.
Si calcola che tutta quella cacca confezionata in pacchetti emessa dalle banche ammontasse a 2 trilioni di dollari, duemila miliardi, ovviamente prima del diluvio.
Ben Bernanke ha chiamato le banche a creare un fondo di salvataggio da 100 miliardi: eterno ottimista.
Non stupisce che il dollaro canadese valga ora di più di quello americano, e che i detentori di cacca e Buoni del Tesoro USA, Arabia Saudita in testa, si siano sganciati dal dollari, e Taiwan, Corea, Vietnam e Cina stiano alleggerendosi di dollari USA.
La Banca d’Inghilterra ha avvertito, nel suo periodico «Financial stability Report», che «i prestatori sono ancora in seri guai», e che resta il rischio di «un crollo della proprietà commerciale», e le azioni sono «particolarmente vulnerabili».
La crisi d’agosto, conclude, può ripetersi «su scala ancora più larga».
E il petrolio è a 92 dollari.
Che cosa si vuole di più per parlare di grande recessione imminente?

Siamo nella prima delle sette fasi della crisi sistemica predetta da Europe 2020: la trasmissione globale della infezione finanziaria scoppiata in USA, e il passaggio dalla crisi di liquidità alla «crisi di fiducia in tutti i valori finanziari e monetari americani» (2).
«Bisognerà attendere ancora un anno perché la vastità delle perdite generate dalla crisi dei subprime e la sua amplificazione attraverso i CDO si manifesti pienamente» e si ripercuota sui sistemi finanziari occidentali, sui detentori di «attivi finanziari» USA, e sull’economia reale.
Dopo, verranno le altre fasi.
Ci limitiamo a darne l’elenco secondo Europe 2020:
Fase 2 – «Crollo borsistico, in particolare in Asia. Da –20 a –50% in un anno, secondo le varie regioni del mondo».
Fase 3: – Esplosione delle varie bolle immobiliari mondiali: Regno Unito, Spagna, Francia e paesi emergenti.
Fase 4 – Tempesta monetaria. La volatilità al massimo e dollaro al minimo.
Fase 5 – Stagflazione (inflazione più stagnazione) dell’economia globale. Recessione-inflazione in USA, crescita molle in Europa, recessione.
Fase 6 – «Grande depressione» in USA, crisi sociale e salita dei militari alla gestione del potere.
Fase 7 – Accelerazione brutale della ricomposizione strategica globale, attacco all’Iran, Israele sull’orlo dell’abisso, caos medio-orientale, crisi energetica.
Il futuro ci dirà cosa significano davvero queste linee sibilline.
Ma qualcosa già si prospetta nella testa di qualche speculatore.
«La minaccia al capitalismo è all’orizzonte», ha detto al Telegraph Bernard Connolly, global strategist della Banque AG: «La socializzazione del rischio porterà in vari paesi alla socializzazione della ricchezza. Gli investitori che ora brigano per farsi salvare dallo stato dovrebbero stare attenti a quel che vogliono. La democrazia ha i suoi modi per farli pagare. Ricordate che in Inghilterra, negli anni ’70, c’era una tassa del 98% sui dividendi».
Speriamo almeno questo.
Il peggio è che non c’è nessuno al comando, capace di governare una simile crisi.




Il 18 ottobre scorso, quando Bush ha evocato la terza guerra mondiale, è stato ridicolizzato e aggredito dal vivo dai giornalisti alla conferenza-stampa.
Lui s’è arrabbiato, ha perso il controllo.
Gli succede spesso.
Molte visite ufficiali sono state cancellate per «ragioni mediche», più probabilmente per ubriachezza.
E’ stato notato che Laura, la moglie di Bush jr., non l’ha accompagnato al vertice APEC di Sidney a settembre.
Si dice che Laura abbia le carte per il divorzio già pronte, e che abbia accettato di apparire al fianco del marito solo finchè resterà in carica, dietro emolumento.
La madre, Barbara Bush, ha accusato il figlio di distruggere il nome della famiglia.
George Bush senior, l’ex-presidente, è in rotta con il figlio e lo tratta praticamente come un interdetto.
Bush è una larva esausta, vaneggiante, irosa.
Gran parte del comando è in mano a Dick Cheney, un uomo che ha avuto almeno quattro insulti cardiaci dal ’78, ed ha subito operazioni maggiori, fra cui un’angioplastia coronarica d’urgenza nel 2001, l’impianto permanente di un defibrillatore, e un intervento di riparazione per un aneurisma dell’arteria poplitea.
E’ un arteriosclerotico grave e uno zombie tenuto su da pillole, come un Breznev dei tempi sovietici.
Due uomini senza futuro, agonizzanti, sono alla testa della più massiccia forza armata nucleare mai vista, impegnati in due guerre perdute, e ne minacciano una terza.
C’è davvero qualcosa di apocalittico in questa potenza politica senza cervello, eterodiretta verso la rovina.




Maurizio Blondet
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2356&parametro=
 
Che é roba da "campi" antimperialisti?
Da quanti decenni la sinistra prevede una depressione anni 29, per colpa dello sporco sistema capitalista "yankee" che puntualmente non si verifica?

Cara Lina, prova a leggerti un pò sta roba, datata ma attualissima


IL MITO DEL DEFICIT AMERICANO


Uno dei leitmotiv preferiti della sinistra è il deficit americano.
Innanzitutto il Trade Deficit, ossia la misura con cui gli Stati Uniti importano più beni di quanti ne esportino, che andrebbe di pari passo con l’incapacità produttiva americana (a tutto favore dei paesi esteri) e con la perdita dei posti di lavoro. Una notevole efficacia propagandistica ha infine la negatività che lascia intendere il termine latino stesso: “deficit”, ossia mancanza, debito.

E’ un vecchissimo argomento già affrontato nel ‘97 e nel ‘98 da Milton Friedman e separatamente da Daniel T. Griswold, con uno studio pubblicato dal Cato Institute e presentato al Senate Finance Commitee a Washington

Grinswold dimostrava come il Trade Deficit, lontano dall'essere un sintomo di sofferenza economica, sia piuttosto il necessario segno di una crescita della domanda e degli investimenti che ha sempre accompagnato ogni crescita economica degli Stati Uniti, nonché uno stimolo all’occupazione e all’aumento dei salari.

Da ciò l’importanza di non cadere in tentazioni protezionistiche o in timori per le produzioni e l’outsourcing all’estero (in armonia, ad esempio, con gli studi del Fondo Monetario Internazionale che avevano sottolineato positivi riflessi dell’outsourcing sui paesi sviluppati, benché l’outsourcing costituisca uno dei fattori che crea Trade Deficit)


Dato però che la campagna allarmistica continua in questi giorni, man mano che l’economia americana mantiene la propria vigoria, sono degni di nota due recentissimi interventi. Il primo è quello di Andy Kessler sul Wall Street Journal del mese scorso Kessler affronta la questione con un esempio chiarissimo.
Come si costruisce un Trade Deficit?
Semplice:
La Apple fa costruire in Cina 2 milioni di iPods, ed ecco ben 1,5 miliardi di dollari aggiunti al Trade Deficit. Ma attenzione ai calcoli. Ogni iPod viene pagato da Apple circa 200 dollari, con soli circa 4 dollari di guadagno che vanno alla ditta cinese.
Il guadagno di Apple invece? Ben 64 dollari per ogni iPod.

Quello che conta sono i profitti e infatti le azioni Apple sono andate in un anno da 21 dollari a ben 64 dollari.

In altri termini: 1,5 miliardi di dollari di incremento di Trade Deficit, calcola Kessler, causano un incremento dei profitti alle aziende USA di ben 16 miliardi di dollari.

Tutto comincia a essere molto più chiaro. Preferireste, continua Kessler, possedere azioni della Apple che guadagna 64 dollari per ogni 200 dollari di costi oppure le azioni di una ditta cinese che guadagna 4 dollari per ogni 196 dollari di costi?

Questo è il motivo per cui il Trade Deficit è un falso problema. Proprio come il correlato Current Account Deficit.



Il Current Account Deficit si crea quando importiamo risparmi dall’estero per finanziare l’investimento interno, in quanto le nostre attività produttive offrono più opportunità di investimento di quante il risparmio interno possa soddisfare (dato anche che è rivolto al consumo).

Abbiamo invece un Current Account Surplus quando, soprattutto nel momento in cui consumiamo poco e risparmiamo molto, esportiamo i nostri risparmi all’estero, che qui non hanno remunerazione ritenuta sufficiente, per investirli nelle aziende o attività straniere. La litania della stampa catastrofista ripete ossessivamente il lamento per la poca propensione al risparmio dei cittadini americani, per il loro uso del debito, e del fatto che gli investimenti americani possono essere coperti solo dall'afflusso dei risparmi esteri. Cosa accadrebbe se il flusso di questi risparmi si fermasse?



Anche in questo caso l’esempio dell’iPod è molto chiaro. Preferite acquistare azioni della Apple che guadagna 64 dollari per ogni 200 di costi o quelli di una azienda estera che ne guadagna 4 su 196?

Fino a che l’outsourcing e la produzione fatta all’estero (cioè fino a che vi sarà Trade Deficit) causeranno questi grandi profitti all’imprenditoria americana, fino a quel momento il denaro affluirà (causando il Current Account Deficit, in quanto i soldi degli stranieri vogliono partecipare ai guadagni di Apple, non certo a quelli cinesi), e solo quando finirà il profitto terminerà anche il flusso degli investimenti, eliminando entrambi i deficit che si erano creati durante il periodo di sviluppo economico.



Un altro mito molto diffuso, infatti, è quello per cui si rifiuta di comprendere la ciclicità del fenomeno. Se si guarda alla storia dell’economia americana si comprende che durante le fasi di recessione economica, mancando sia il consumo che l’opportunità di investimento interno, si formano risparmi che sono attratti dalle opportunità di investimento estero (cioè si forma un Current Account Surplus).

Non appena l’economia gira e inizia una fase di sviluppo economico, aumentano i consumi (riduzione del risparmio interno) e le opportunità di investimento sono tali che è il risparmio straniero a entrare, creando un Current Account Deficit.

Infine il ciclo si ripete nuovamente e ogni volta il Current Account Deficit si appiana naturalmente lasciando il posto a un Surplus e viceversa ogni Surplus formatosi durante la recessione è destinato a essere sostituito da un Deficit che accompagna lo sviluppo.

Deficit e Surplus sono tanto maggiori quanto più prolungato è stato il periodo di sviluppo e recessione che li accompagnano.

Il mito è invece quello per cui non dovrebbero esserci cicli, pensando ad un eterno Surplus del Current Account (ovvero quella eterna fase di recessione che è una economia socialista).

Il mito è lo stesso con cui si fa credere all’investitore che quando il mercato azionario cresce dovrebbe crescere sempre (e l’investitore è lusingato tanto bene da acquistare mediamente ai prezzi massimi, prima della discesa) oppure quello per cui lo si terrorizza lungo la fase di recessione facendogli credere una caduta eterna (e anche qui l’investitore medio è preda della propaganda e non acquista i titoli quando vale la pena di acquistarli).



A questo punto possiamo comprendere perfettamente il secondo intervento significativo apparso sulla stampa internazionale in questi giorni, quello del premio Nobel per l’economia Edward Prescott, dell’Arizona State University secondo cui “il Current Account Deficit americano non è un problema e la gente che lo pensa è ignorante”.
“E' soltanto per ragioni politiche - dice Prescott con toni durissimi - che la gente urla e si lamenta a proposito del deficit”.



Uno squilibrio, un pericolo, però esiste. Lo fa presente John Williamson dell’Insitute for International Economics di Washington

Non molto tempo fa – scrive Williamson – un articolo dell’Economist ha paragonato l’economia mondiale a un aeroplano in volo con un solo motore, cioè con gli Stati Uniti come il solo polo di crescita che regge la l’offerta mondiale con la propria domanda di beni e servizi. In pratica, preso atto della natura ciclica dell’andamento dell’economia e del Current Account, bisogna chiedersi cosa avverrà quando, in modo naturale, gli Stati Uniti diminuiranno la propria domanda interna e inizierà una nuova fase di sistemazione (recessione) in cui il proprio Deficit diventerà un Surplus.

Il rischio non riguarda gli Stati Uniti ma tutti gli altri a causa di una globale mancanza di domanda (a global demand risk).

Infatti non esiste attualmente un’altra zona economica del mondo in grado di sostituire la domanda USA che sta guidando ogni sviluppo economico in atto. L’unica soluzione non traumatica per l’economia globale, scrive Williamson, può essere soltanto quella per cui gli altri paesi riescano a espandere la propria domanda interna in una misura maggiore di quanto sarà la programmata riduzione del proprio Surplus, il quale non potrà più trovare accoglienza in USA.

Che la soluzione debba essere una transizione fra una economia globale trainata dagli USA verso una in cui anche altri incomincino a sviluppare la propria domanda è una idea che trova riscontro da sempre nelle pubblicazioni del Fondo Monetario Internazionale, per esempio a firma di Catherine L. Mann

Purtroppo, e a sue spese, l’Europa al momento non sembra essersi dotata degli strumenti e delle volontà politiche necessarie a questo compito.



Il pericolo, per l’Europa che non ha saputo approfittare del boom economico, viene ulteriormente amplificato da una doppia minaccia demografica. Una a breve termine, intorno al 2010, quando il gruppo di coloro che sono nella fascia di età fra 45 a 54 anni comincerà a diminuire e si verificherà con ciò l’esatto opposto di quanto necessario, cioè una riduzione della domanda interna

L’altro, di lungo termine, riguarda l’aging di una popolazione sempre più anziana e numericamente in declino. In altri termini c'è la possibilità che la questione demografica possa essere determinante nello stabilire i ritmi della ciclicità economica.


http://www.ideazione.com/quotidiano/3.economia/2005/2005-01-06_bonafini.htm
 

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