ed io che credevo .... alla lirona

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In Germania una nuova moneta parallela all'Euro
di Claudio Bonvecchio (www.AcliMilano.org)

Il vecchio continente non si è ancora abituato all'euro, quand'ecco che, per conforto e convenienza, la Germania si affida anche a una "moneta parallela", chiamata "Regiogeld". Vale a dire ad una sorta di moneta regionale di necessità, che si mette in parallelo nel rapporto di uno a uno con quel mezzo di pagamento ufficiale che resta pur sempre l'euro. Una "moneta parallela" che diventa in pratica un bene economico intermediario - accettato pro tempore in un determinato territorio - per l'acquisto di beni e servizi. Senza che possa sostituirsi all'euro ma solo integrarlo - là dove occorra - nelle sue funzioni istituzionali.
Il "Regiogeld" persegue infatti il fine di riattivare, intensificare e proteggere le relazioni economiche nell'ambito regionale. Sempreché esso riesca a stimolare il consumo locale con una piena trasparenza dei prezzi, privilegiando i piccoli e medi produttori e i commercianti
della regione. Il che ci rimanda alla lontana origine della moneta, che fu incontestabile creazione dell'economia mercantile e non già degli stati o dei comuni.
Dal febbraio scorso circola anche nella capitale federale della Germania e come suo primo passo solo nel quartiere centrale Prenzlauer Berg - il più politicizzato della metropoli sulla Sprea - la "moneta parallela" regionale chiamata per unità Berliner. Una misura di valore e un mezzo di pagamento, con tagli cartacei per ora solo da 10 Berliner colore verde, da 5 colore azzurro e da uno colore arancione.

Su queste singolari "banconote" campeggia il contrassegno di "August 2005". Per avvertire che esse manterranno il loro valore di 1 a 1 rispetto all'euro sino a quella data. Dopo di che le stesse potranno venire ricambiate in euro o in una loro serie successiva, subendo una
svalutazione del 5 per cento.
Una scrematura percentuale che va però a finire nelle casse degli enti locali di pubblica utilità o di interesse collettivo. Si tratta insomma di un accorgimento monetario che si prefigge di trattenere la ricchezza prodotta nella stessa regione, promuovendo fermamente il consumo interno per sostenere gli operatori locali.
"Sta di fatto - spiega al riguardo il settimanale Das Parlament, orga-no ufficiale del Bundestag - che i circuiti economici regionali tedeschi devono subire forti cedimenti a causa della globalizzazione e del multilateralismo imprenditoriale. Ragion per cui è bene che sia il
comportamento dei consumatori a stabilire quale genere di economia vada sostenuto, secondo il principio che la domanda determina l'offerta".
E' stato il Presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse (Spd), a compiere il primo passo per sottolineare il significato intimo dell'istituzione del Berliner, come fattore di promozione dell'economia berlinese. Egli si è recato, accompagnato dai fotoreporter, a fare acquisti alimentari nel quartiere Prenzlauer Berg - dove abita da decenni - e ha pagato il conto con la "moneta parallela" da poco circolante nella capitale.

A rompere il ghiaccio in Germania fu però la città anseatica di Brema - uno dei 16 Länder federali - che istituì due anni e mezzo fa la prima "moneta paral-lela" tedesca, che assunse il nome di Roland, per rievocare l'illustre figura del nipote di Carlo magno, divenuto il
simbolo della stessa città.
Cinquanta città tedesche, grandi e piccole, sono ora in procinto di far proprio il modello del "Regiogeld". Dieci città lo hanno già adottato. Cinque di esse meritano una particolare menzione per il successo già conseguito con il loro modello monetario regionale di
necessità. Sono Prien in Baviera con il Chiemgauer, Dresda con l'Elbtaler, Berchtesgaden, con lo Sterntaler, Güsen (Sachsen-Anhalt), con Urstromtaler e Gies-sen (Assia) con lo Justus. Düsseldorf, la capitale del più popoloso Land tedesco NRW, metterà in circolazione il
suo "Rheingold" con tagli da 1, 5, 10, 20 e 50 unità-moneta, a partire dal luglio prossimo. A Friburgo, la moneta si chiamerà "Breisgauer Regio".
Sembra di poter dire a questo punto che a fianco dell'Europa delle regioni si stia profilando anche un'Europa d elle "valute parallele".
Infatti si può ritenere che il sistema monetario europeo possa stabilizzarsi nel prossimo futuro su due livelli: quello superiore e forte dell'euro e quello inferiore e più flessibile delle citate
"valute parallele".

Fonte: Carta.org - 15.09.2005


www.disinformazione.it
 
L'alternativa della "moneta complementare"
Nino Galloni, Ed. Rubbettino, "Misteri dell'euro e misfatti della finanza", dicembre 2005
Tratto da www.centrostudimonetari.org

Una tale situazione di artificiosa scarsità - che è già uno squilibrio in sé - date le opportunità offerte dalle attuali tecnologie e l'insufficiente risposta ai bisogni del Pianeta, può stimolare misure di compensazione economica che nascano dal basso (quando "l'alto" non interviene adeguatamente).
Se ci sono sul territorio risorse (veramente) disoccupate e (immediatamente) disponibili - non solo umane, ma pure tecnologiche - anche gli stessi produttori possono emettere una moneta (locale, complementare) purché, poi, essi stessi si impegnino ad accettarla in pagamento dei propri crediti. In Germania, Canada, Giappone e Regno Unito essa è stata utilizzata con crescente successo in situazioni di forte disoccupazione e dove era possibile avviare iniziative produttive.
Nel caso italiano, ad esempio, specie per quanto riguarda il Mezzogiorno, si potrebbe ricorrere a un "piano territoriale" di distretto sottoscritto da tutti i soggetti sociali interessati: imprese, lavoratori (sindacati), famiglie (associazioni dei consumatori), amministrazioni locali e rappresentanti delle autorità monetarie. Ovviamente, fa lo stesso che ci siano disoccupati disponibili o altre risorse da valorizzare (ad esempio, un potenziale tecnologico da applicare alla produzione) purché ci sia un'attività economica aggiuntiva apprezzabile.

Nel patto territoriale, le imprese si impegnano ad emettere tanta moneta complementare (il cui numerario è agganciato, anche per i centesimi, alla valuta ufficiale) quanta è la percentuale della retribuzione dei neo-assunti (ad esempio il 50%) pagata in tale valuta: così le imprese - ovviamente occorre realizzare una "massa critica minima" di almeno 100-150 piccole aziende – che assumono, per dire, 60 lavoratori, pagheranno la metà di ciò che va in busta paga con moneta complementare. Ovviamente, non gli oneri indiretti che affluiscono all'INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale).
Tali nuovi occupati si troveranno in tasca capacità di acquisto parte in valuta locale, parte in moneta ufficiale; utilizzeranno quest'ultima per acquistare beni e servizi non saldabili diversamente (benzina, francobolli, biglietti ferroviari) e la prima per comperare beni e servizi delle aziende che hanno sottoscritto il patto. Ciò non toglie che anche altri operatori la possano accettare; l'importante è riflettere sul fatto che la valuta ufficiale può comperare qualsiasi bene o sevizio, mentre quella complementare solo beni e servizi di produzione locale. Di tanto dovrebbero crescere la domanda e il consumo di prodotti locali, di quanto è stata l'immissione della nuova moneta; ovviamente, i nuovi lavoratori saranno assunti per incrementare tali produzioni e, quindi, occorrerà che:

a) i neo-assunti possiedano le competenze professionali richieste;
b) esistano risorse e opportunità di sviluppo locale (i settori più promettenti dovrebbero risultare quello agricolo e dell'agro-industria; in parte quello tessile e dell'abbigliamento; i servizi di cura e assistenza delle persone, per cui saranno consigliabili forme di consorziarizzazione e di organizzazione in forma di impresa, ad esempio cooperativa).

Si può osservare che tale situazione comporterà un'agevolazione della produzione locale rispetto a quella della globalizzazione (a meno che la differenza di prezzo, a parità di qualità, sia eccessiva). La produzione locale in genere, presenta una maggiore qualità in termini di valore e di quantità di lavoro tradizionale incorporato; ma è proprio ciò che regge la fattibilità
dell'iniziativa. Se non ci fosse una sostituzione dei beni e dei servizi di importazione, l'iniziativa risulterebbe impraticabile. D'altra parte, nel suo piccolo, la moneta complementare costituisce una forma di "tecnologia sociale avanzata", volta a promuovere l'occupazione e l'occupabilità attraverso l'incremento del reddito interno (locale). Questo incremento sarà proporzionato alla circolazione (locale) della nuova moneta.
Le amministrazioni locali, dal canto loro, dovranno accettare tale nuova valuta in pagamento di alcune tasse e potranno utilizzarla - d'accordo con le associazioni dei consumatori - per l'erogazione di prestazioni sociali (o parzialmente o totalmente) che si prestino al caso. Altre autorità (ad esempio, la Guardia di Finanza, ma non solo) potranno vigilare sull'autenticità delle banconote e delle monete in circolazione ed acconsentire al fatto che le ricevute degli esercizi pubblici siano registrate in valuta ufficiale (benché pagate in quella complementare) ovvero in valuta locale (in tal caso si perderebbe l'IVA, a meno che gli esercenti provvedano a versarla in euro).

L'unico problema che resterebbe aperto - a parte la necessità di un periodo di prova o rodaggio, comunque utile per verificare la sostenibilità delle nuove assunzioni e dell'esperimento nel suo complesso - appare quello della convertibilità di tale valuta nel lungo termine. A breve e medio termine, infatti, l'esperimento dovrebbe garantire buoni frutti, ma, nel tempo, che ne sarebbe di tale moneta complementare?
Si possono ipotizzare due scenari non alternativi tra loro. Nel primo, si attrezza una "Clearing House" (una stanza o "casa" di compensazione e, di fatto, arbitraggio) che provvede lo scambio nazionale e internazionale tra le varie valute complementari. In questo modo, è la Clearing House che stabilisce un cambio e promuove lo scambio tra consumatori e produttori dotati di valute diverse.
Con un'autorità di compensazione e arbitraggio, insomma, ciascuna valuta avrebbe la possibilità di essere utilizzata anche all'esterno, per comperare, ad esempio, servizi turistici e beni non producibili all'interno (localmente).
Ciò farebbe assumere a tali valute il rango di monete dotate di maggiore autonomia (di circolazione) e, quindi, finirebbe per prepararle alla loro eventuale convertibilità in euro o altra valuta "ufficiale".
Nel secondo scenario, una volta che le autorità decidessero di varare un piano di sviluppo degno di questo nome, sarebbe agevole che gli Stati o le Banche Centrali riassorbissero (ricomprassero) tale valuta complementare pagandola "alla pari".


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