Se i greci dicono di no
Morningstar - 03/11/2011 09:17:00
Il referendum annunciato dal governo sul pacchetto di risanamento ha sorpreso i mercati e gli alleati europei. Cosa rischia l'Ue. Il premier greco, George Papandreou, ha ottenuto il sostegno del suo governo alla decisione di indire un referendum sul piano di aiuti deciso a Bruxelles la settimana scorsa. La decisione, completamente inaspettata, rimette in discussione la posizione di Atene, che si pensava si avviasse verso una conclusione a lieto fine. Infatti, il problema attuale è prepararsi al peggio, ovvero alla vittoria del fronte dei “no”, che chiuderebbe le porte al (doloroso) risanamento.
Nuova ondata di incertezza
Un referendum nazionale non può essere organizzato in due giorni. Secondo le ultime notizie, i cittadini greci saranno chiamati ad esprimersi a dicembre. “Questo significa che dovremmo prepararci ad un periodo di forte incertezza, con i mercati rivolti alle proiezioni e ai sondaggi”, commenta Keith Wade, economist e strategist di Schroders, in una recente nota. “I sondaggi attuali suggeriscono che il popolo ellenico vorrebbe bocciare la manovra di risanamento, ma rimanere nell’Unione monetaria. Purtroppo questa possibilità non esiste”.
Una mano concreta potrebbe arrivare dall’opposizione. “La nascita di un governo allargato, con una posizione comune sul piano di aiuti, potrebbe allargare sensibilmente la porzione di cittadini disposti a votare sì, ma anche questa possibilità sembra attualmente molto improbabile”, continua Wade. “Al momento, la probabilità che il piano non passi, e che quindi cada il governo, è molto alta”. Senza dimenticare le conseguenze più pratiche e immediate: in questo momento, infatti, sembra che il pacchetto di aiuti da parte del Fondo monetario internazionale (pari a 2,2 miliardi di euro) previsto per metà novembre, sia in forte dubbio in attesa di conoscere l’esito del referendum.
Verso il default?
Un “no” al piano di aiuti equivale ad un “sì” al default e all’uscita dall’euro. “In realtà, se vincesse il no, la Grecia non perderebbe solo il secondo piano di aiuti, ma anche il primo, pari a 110 miliardi di euro e concordato lo scorso maggio con Ue e Fmi”, afferma Mads Koefoed, macro strategist di Saxo Bank, in una nota. “In questo caso, Atene non sarebbe ufficialmente costretta ad uscire dall’Unione monetaria, ma lo dovrà comunque fare, in quanto non potrà più sopportare il peso di una moneta troppo forte per la sua debole e non competitiva economia”. Detto questo, la repubblica ellenica potrebbe comunque continuare a far parte dell’Unione europea, senza far parte dell’Eurozona.
Rischio contagio
Tuttavia, il rischio maggiore per l’Ue non è tanto il fallimento della Grecia, ma il possibile contagio ad altri paesi come Portogallo, Spagna o Italia. “Se Atene dichiarasse default, l’intero sistema bancario europeo ne sarebbe fortemente scosso, e la Banca centrale europea deve essere pronta ad uno scenario del genere”, continua Koefoed. “A questo punto i
policymaker europei devono prendere una decisione: fare di tutto purchè passi il referendum, magari rinegoziando alcune condizioni, oppure dare segnali di sostegno al settore bancario europeo così forti da convincere gli speculatori che attaccare i paesi perifierici sia una battaglia persa”.