Tommy a proposito di un mio intervento sosteneva che lo Stato italiano non può farsi carico delle perdite del retail, con il risparmio d'imposta. Del resto così come è accaduto per esempio negli altri default, come quello dell'Argentina o Parmalat e in tutti gli altri innumerevoli fallimenti, il retail non poteva rivendicare alcuna pretesa nei confronti dello Stato italiano. Non ci sarebbe quindi possibilità di rivalersi contro lo Stato italiano per diversità di trattamento ai danni del retail, per il fatto che solo le banche e le istituzioni possono usufruire del risparmio d'imposta imputando la perdita dell'haircut nel conto economico e quindi sul reddito imponibile.
Tuttavia nel caso del fallimento dello Stato greco la suddetta generalizzazione risulta fuoriluogo in quanto il debitore fallito è uno stato all'interno dell'UE che risulta beneficiario del taglio, cosa non sussistente negli altri casi citati, e che a sua volta concede un risparmio d'imposta, direttamente la Grecia ed indirettamente lo Stato italiano, ossia uno sconto in termini di taglio solo ad alcuni, le banche ed istituzioni, e non ad altri il retail. In particolare il retail cassettista che non fa trading, la cui possibilità di recuperare il minus sul capital gains è nullo. Insoma nel fallimento greco le banche concedono il taglio ufficiale per un verso e ricevono il risparmio d'imposta dall'altro, cosa che non accade per il retail. Ne deriva una palese discriminazione in barba al principo d'uguaglianza e alla par condicio creditorum.