Bilaterale/ Parte male il vertice Monti-Merkel. Berlino ad 
Affari: "No agli eurobond"
Mercoledì, 11 gennaio 2012 - 08:46:07
 
		
		
	
	
 
Inizia in salita 
il bilaterale fra Italia e Germania all'interno dei negoziati fra i Paesi europei che devono elaborare 
entro marzo la
 nuova architettura fiscale dell'UE. Poco prima dell'incontro a Berlino fra 
Mario Monti e
 Angela Merkel, un portavoce del governo tedesco ha spiegato ad 
Affari che "
l'esecutivo Merkel è ancora contrario agli eurobond".
"Angela Merkel e Mario Monti discuteranno della 
situazione nell'Eurozona e degli 
sviluppi economici in Europa. Questi sono i temi in agenda. Ci sarà poi una conferenza stampa congiunta alle ore 13", hanno poi aggiunto da Berlino.
 
 
Sulla 
disciplina fiscale, l'ultima versione dell'accordo premierebbe gli sforzi negoziali dell'Italia volti a salvaguardare il cosiddetto 
Six Pack e, in particolare, il regolamento 177/2011 che tiene conto degli altri "relevant factors" nella definizione del rapporto debito/Pil come 
il debito privato delle famiglie e la sostenibilità dei sistemi pensionistici. Il testo messo a punto venerdì scorso e che sarà discusso in una nuova riunione domani a Bruxelles fa riferimento all'articolo 2 del trattato (dov'è richiamato esplicitamente il regolamento 1177) e non solo all'articolo 2/1a che non prevede quel richiamo. Una differenza non da poco se si pensa che i fattori attenuanti potrebbe ridurre dal 120% a 90% il rappporto debito/Pil per l'Italia. Con il risultato che l'obbligo di ridurre di un ventesimo l'anno la quota eccedente il 60% si tradurrebbe in manovre per Roma nell'ordine di 
24 miliardi di euro anzichè di 48 annui. Non è ancora chiaro, ed è su questo che tratterà anche Monti, se il nostro Paese riuscirà a strappare altri ammorbidimenti come 
l'applicazione di un periodo di transizione di tre anni prima dell'applicazione delle più severe regole di bilancio Quello delle 
emissioni europee di debito, caldeggiate anche dalla Commissione Ue di 
Josè Barroso, è uno dei t
emi che stanno più a cuore soprattutto dei Paesi del Vecchio Continente che hanno le finanze pubbliche più sinistrate (Grecia, Spagna e Italia in testa) che si trovano a dover fronteggiare l'opposizione del blocco rigorista, costituito 
in primis da 
Germania, Austria e Finlandia.
 
Nei negoziati in corso sul 
fiscal compact, il trattato condiviso da 26 Paesi europei (fuori l'Inghilterra) che imporrà una 
maggiore disciplina sui conti pubblici ai governi, Monti, spalleggiato anche dal presidente francese Nicolas Sarkozy, su cui presto potrebbe abbattersi la 
mannaia delle agenzie di rating, ritiene che gli 
eurobond possano essere, assieme al 
rafforzamento finanziario del fondo salva-Stati, una valida, se non l'unica, via d'uscita alla crisi dell'eurodebito.
 
Oltre alla riscrittura del trattato per un'Unione economica rafforzata in cui verrà inserita una regola che prevede l'abbattimento del debito di un ventesimo all'anno per i Paesi che hanno uno stock superiore al 60% (
vedi box a lato), 
la partita europea ha un orizzonte che va al di là del fiscal compact. In realtà l'Unione fiscale pretesa dalla Merkel non fa latro che raccogliere in modo spettacolare (a favore dell'opinione pubblica tedesca) regole di bilancio in gra parte già esistenti nella Ue con scarsi risultati agli occhi dei mercati (il nuovo trattato è stato annunciato il 9 dicembre a Bruxelles e la crisi dei debiti sovrani non si è placata).
 
Se nel negoziato ogni capitale cerca di evitare innovazioni che considera dannose, la vera sfida è su come permettere alla zona euro di uscire definitivamente dalla crisi,
 rilanciando, accanto al rigore, anche quello della crescita, tema assai caro a Monti che in Italia ha appena lanciato la fase due della propria azione di governo dedicata proprio alla crescita. Se impensierisce la ferma opposizione della Merkel agli 
eurobond, lascia ben sperare invece l'inserimento nella bozza del trattato, che dovrebbe verder la luce il primo marzo, di un paragrafo chiesto da Commissione ed Europarlamento in cui si chiede ai governi "di coordinare le emissioni di debito pubblico", potrebbe esser la finestra da cui in futuro far entrare le obbligazioni europee.
Sulla 
disciplina fiscale, l'ultima versione dell'accordo premierebbe gli sforzi negoziali dell'Italia volti a salvaguardare il cosiddetto 
Six Pack e, in particolare, il regolamento 177/2011 che tiene conto degli altri "relevant factors" nella definizione del rapporto debito/Pil come 
il debito privato delle famiglie e la sostenibilità dei sistemi pensionistici. Il testo messo a punto venerdì scorso e che sarà discusso in una nuova riunione domani a Bruxelles fa riferimento all'articolo 2 del trattato (dov'è richiamato esplicitamente il regolamento 1177) e non solo all'articolo 2/1a che non prevede quel richiamo. Una differenza non da poco se si pensa che i fattori attenuanti potrebbe ridurre dal 120% a 90% il rappporto debito/Pil per l'Italia. Con il risultato che l'obbligo di ridurre di un ventesimo l'anno la quota eccedente il 60% si tradurrebbe in manovre per Roma nell'ordine di 
24 miliardi di euro anzichè di 48 annui. Non è ancora chiaro, ed è su questo che tratterà anche Monti, se il nostro Paese riuscirà a strappare altri ammorbidimenti come 
l'applicazione di un periodo di transizione di tre anni prima dell'applicazione delle più severe regole di bilancio.