IL FUTURO DIPENDE DA CIO' CHE FAI OGGI

L'Atalanta aveva già vinto nel pomeriggio.

O meglio, avevano vinto i tifosi della Dea, quelli brutti, sporchi e cattivi, gli ultras,
i fedelissimi, pronti a partire per la Spagna ma rimasti a terra da decreti e nuove restrizioni.

Invece di scendere in piazza e di salire sui tetti, secondo abitudini di giornata,
hanno deciso di devolvere la cifra totale dei biglietti rimborsati, quarantamila euro,
all'ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove stanno giocando una partita vera
medici e infermieri per combattere questo virus, maligno e maledetto.

È un atto di vera generosità, deciso da chi già si tassa per tenere in piedi il teatro del football
e viene anche penalizzato da prezzi clamorosi.

Non si hanno, per il momento, uguali gesti di solidarietà, beneficenza e carità, dei calciatori, allenatori dello stesso calcio.
 
Sandro Mazzola ha invano lanciato l'idea di un taglio del 5 per cento dei salari dei calciatori
in favore del personale medico degli ospedali. Non c'è stata alcuna reazione.

Svanita, in minuti due la proposta demagogica, Tommasi Damiano non ha pensato altro che suggerire,
agli iscritti, una raccolta di denari, e che denari, per medici e infermieri. Non sia mai.

Più comodo mettere all'asta le magliette, pantaloncini, divise da gioco, tanto non è nemmeno roba loro,
più utile prestarsi per la pubblicità in tivvù, è, infatti, risaputo che il portafoglio dei calciatori sia in zona minata,
chi lo tocca rischia la fine o il contagio pernicioso.

Tutti si sono distinti con donazioni significative. Silenzio miserabile dal settore calciatori e affini.

Sotto la maglia, niente.
 
Il famoso economista Ashoka Moody traccia con lucidità uno scenario catastrofico per l’economia italiana nei mesi a venire,
che con grande probabilità creerà anche una crisi finanziaria a livello mondiale.


Moody spiega chiaramente come la combinazione fra gli effetti economici del coronavirus,
le perduranti politiche di austerità dell’Unione Europea e la mancanza di strumenti “europei”
per fare fronte al bisogno di 500-700 miliardi di euro per tenere in piedi le banche ed il governo italiano,
fanno prevedere il peggio per l’Italia e per l’economia mondiale.


La “tragedia dell’euro” è che si tratta di un sistema di regole che priva i governi
di strumenti di intervento per governare l’economia del proprio paese:
come avere un’auto lanciata a folle velocità in discesa senza avere i freni.
Alla prima curva (crisi del coronavirus) si arriva sull’orlo del precipizio, si va fuori strada e si precipita, senza possibilità di evitarlo.


Moody propone che sia un coordinamento a livello internazionale a mettere insieme i fondi da prestare all’Italia per queste necessità.

Ma Moody non sa che una soluzione molto più efficace già esiste, è stata già presentata in Parlamento
e la sua attuazione dipende solo dal coraggio delle forze politiche di affrontare una situazione non convenzionale
con nuovi strumenti non convenzionali, come la moneta fiscale, che consentirebbe di disporre fin da subito
di centinaia di miliardi per salvare l’economia italiana e mondiale, senza prenderli in prestito (come suggerisce invece Moody) da nessuno.


di Ashoka Moody
10.03.2020

L’Italia ha bisogno di un pacchetto di salvataggio precauzionale da 500 a 700 miliardi di euro
per aiutarla a rassicurare i mercati finanziari che il governo e le banche italiane possano adempiere
ai loro obblighi di pagamento del debito, quando la crisi economica e finanziaria del paese diventerà più dura.

Proprio come i costi umani del coronavirus sono cresciuti in modo allarmante,
la crisi italiana potrebbe presto diventare ingestibile, causando potenzialmente caos nei mercati finanziari mondiali.

Questo non può essere lasciato alle nazioni dell’Eurozona.
Non solo il Fondo monetario internazionale, ma anche gli Stati Uniti dovranno essere coinvolti, forse,
con una linea di credito nel caso in cui le esigenze di salvataggio aumentino.

Il tempo è breve.

Germania e Francia, le due maggiori economie dei 19 membri dell’Eurozona,
stanno per sperimentare una rapida diffusione del virus e i loro sistemi economici e finanziari sono già sotto forte stress.
Se spinti a sostenere interamente i rischi italiani, potrebbero dover affrontare spiacevoli declassamenti del credito.

L’Italia, la terza economia del blocco, è stata a lungo la faglia della zona euro.
E, come ha scritto il fisico Per Bak, quando si rompe una linea di faglia, altre crepe si aprono, causando terremoti a catena.

In pratica ogni forza economica internazionale e nazionale è schierata contro il paese.

L’economia italiana non è cresciuta da quando è entrata nell’Eurozona nel 1999.
Il reddito pro capite, adeguato alla parità del potere d’acquisto, è rimasto bloccato a 35’000 dollari.
L’economia è rimasta in recessione quasi perpetua nell’ultimo decennio e si stava già contraendo
insieme al commercio mondiale prima che il coronavirus colpisse.

L’onere del debito del governo è aumentato fino a raggiungere l’incredibile cifra di 2’300 miliardi di euro, pari al 134% del PIL del paese.

Alla fine dello scorso anno il calo del commercio mondiale aveva portato l’Europa alla recessione.



Il coronavirus farà quasi sicuramente contrarre l’economia italiana di circa il 3% nella prima metà del 2020,
anche se il danno potrebbe essere molto superiore.

Mentre l’economia cinese rallenta ulteriormente – e molto probabilmente si contrarrà –
nei prossimi mesi la mancanza di forniture cinesi di parti e componenti fondamentali
causerà continui danni alla produzione ed al commercio mondiale.
Tale danno sta già colpendo la Germania, che nonostante le sue difficoltà
rimane l’economia più forte d’Europa e un mercato importante per i produttori italiani.

In Italia il virus ha obbligato non solo a bloccare le regioni più produttive del paese
– la Lombardia e il suo centro di moda e finanza di Milano, così come gran parte del Veneto e dell’Emilia-Romagna –
ma ora è stato bloccato l’intero paese a partire da martedì.

Man mano che le persone restano a casa e la domanda di servizi diminuisce,
i soggetti economicamente vulnerabili – soprattutto i giovani italiani con lavori precari e a termine –
perderanno il reddito e la domanda interna diminuirà ulteriormente.

E con una delle popolazioni più vecchie del mondo (circa il 23% delle persone ha più di 65 anni),
la malattia e la mortalità indotte dal coronavirus – e lo stress economico e finanziario associato –
potrebbero persistere più a lungo che altrove.

In effetti, anche se il numero di nuovi casi iniziasse a diminuire, il blocco delle attività economiche continuerà.

I mercati azionari ne hanno preso atto. Tra le principali economie mondiali, l’indice di borsa italiano I945, (-3,27%) è sceso al più di tutti.



Suonano campanelli d’allarme anche nei mercati del debito.

Sebbene i rendimenti sui titoli di stato stiano diminuendo in gran parte del mondo economico avanzato,
i rendimenti sui titoli di stato italiani TMBMKIT-10Y, (1,31%) stanno aumentando.

È vero che questi rendimenti nominali di circa l’1,4% sono ancora bassi.
Ma il tasso reale, corretto per l’inflazione, è quasi dell’1%,
che è troppo alto per un’economia che non stava crescendo ed ora sta per contrarsi.

Il persistente alto tasso d’interesse reale dell’Italia ha fatto aumentare il rapporto debito/PIL del governo.

Ed ora l’aumento dei tassi nominali sta minacciando di spingere l’Italia in una spirale negativa.

La contrazione economica spingerà verso l’alto il rapporto debito/PIL,
il che potrebbe causare un ulteriore picco dei tassi di interesse nominali.
Con una domanda interna così debole, l’inflazione probabilmente diminuirà,
facendo aumentare il tasso di interesse reale e portando un ulteriore calo della crescita,
suscitando maggiori preoccupazioni sulla capacità del governo di ripagare il proprio debito.

Nel frattempo una crescita più lenta causerà ulteriori difficoltà alle fragili banche italiane,
che tutte insieme detengono attività finanziarie per circa 5’000 miliardi di euro.

Sebbene molte banche abbiano venduto grossi quantità di crediti che non venivano pagati in tempo,
i mercati finanziari hanno una visione desolante del sistema bancario italiano.

I rapporti di valore da mercato a portafoglio anche delle banche più forti, Intesa Sanpaolo ISP (-2,35%)
e UniCredit UCG (-3,48%) erano ben al di sotto di 1 prima dell’inizio del rallentamento indotto dal virus
e da allora sono fortemente diminuiti.

In sostanza, i mercati affermano che una grande fetta delle attività sui libri delle banche potrebbe alla fine essere senza valore.

A peggiorare le cose il tasso di cambio dell’euro (-1,346%) si è rafforzato,
poiché la Federal Reserve americana ha abbassato il suo tasso di interesse e la Banca Centrale Europea,
avendo esaurito le munizioni, può apportare solo modifiche “cosmetiche” senza valore reale.

Man mano che la FED andrà oltre con la riduzione dei tassi, l’euro diventerà più forte, rendendo ancora più difficile una ripresa italiana.

La domanda di sempre resta se gli europei, che sono stati a lungo dediti all’austerità fiscale,
possano ora trovare un accordo un forte stimolo fiscale coordinato.

Anche se lo faranno, questo stimolo farà ben poco per mettere soldi nelle tasche degli italiani,
che, in ogni caso, rimarranno incapaci di aumentare le loro spese in condizioni di economia bloccata.


L’Italia si trova quindi sulla soglia di una crisi finanziaria e
non può attendersi alcun aiuto dalle politiche monetarie o fiscali convenzionali
.

L’obiettivo politico, quindi, è quello di costruire un firewall finanziario in grado di placare le paure dei mercati finanziari,
mentre l’Italia attraverserà un periodo difficile nei prossimi sei mesi.

L’esperienza del FMI mostra che i salvataggi finanziari sono più efficaci
se attuati quando un paese è vulnerabile, ma non ancora in piena crisi.

Un punto in tempo, come dice il proverbio, ne salva cento.

Il firewall italiano deve iniziare con un pacchetto di salvataggio finanziario precauzionale di almeno 500 miliardi di euro,
che fornirebbe fondi per iniettare capitale nelle banche secondo necessità e garantirebbe il finanziamento continuo del governo,
se i mercati decidessero di interrompere il rinnovo del debito.

Le nazioni europee non possono farlo da sole.

Non è il 2010-2011 quando i leader europei, guidati dalla cancelliera tedesca Angela Merkel,
si sono riuniti per salvare Grecia, Irlanda e Portogallo. Anche messi insieme, quei paesi erano piccoli rispetto all’Italia.

Inoltre la potenza economica della Germania si è molto indebolita e la leadership politica della Germania è confusa.

L’economia tedesca era in una condizione quasi di recessione prima che il virus si diffondesse
ed ora sta affrontando una grave carenza di domanda in Cina, il suo mercato più ricco.

E man mano che il virus si diffonderà in Germania, anche la domanda interna diminuirà.

Il governo tedesco dovrà disporre di una potenza di fuoco nel caso in cui le due più grandi banche tedesche
Deutsche Bank DBK (+ 0,47%) e Commerzbank CBK (+ 3,19%),
con quotazioni di mercato incredibilmente bassi di circa un quinto, necessitino di un sostegno finanziario.

Anche l’economia francese è in difficoltà e il suo appariscente presidente Emmanuel Macron
è al contempo evasivo e divisivo sulle questioni europee.

Questo lascia la possibilità per la magica stampante della BCE di acquistare obbligazioni,
il cosiddetto programma di operazioni definitive monetarie (OMT).

Ma la magia potrebbe anche rivelarsi un’illusione.

Per innescare gli OMT l’Italia avrà bisogno del primo accordo sulle condizioni e le dimensioni
di un piano di salvataggio (bailout) dal meccanismo europeo di stabilità (MES)
.

La ragione per fare un salvataggio precauzionale ora, piuttosto che sperare che il problema si risolva, è semplice.

Sotto gli effetti di una crisi in corso e con i limiti delle sue risorse, il MES e le autorità italiane
faranno fatica a realizzare un pacchetto di salvataggio accettabile per entrambi.

I ritardi alimenteranno il panico dei mercati, rendendo più difficile la negoziazione.

In quel momento, anche se il MES e l’Italia concordassero su un programma,
il Consiglio direttivo della BCE dovrà autorizzare gli OMT.

I membri tedeschi e di altri paesi dell’euro “settentrionale” si preoccuperanno che
se la BCE stampa denaro per acquistare maggiori quantità di obbligazioni italiane,
il governo italiano potrebbe eventualmente diventare inadempiente su tali obbligazioni.

Un tale default richiederebbe ai leader tedeschi e di altri paesi della zona euro settentrionale
di chiedere ai loro contribuenti arrabbiati di colmare il buco di bilancio nel capitale della BCE.

Mettendola in questa prospettiva, i leader europei stanno litigando per pochi centesimi nel decidere il prossimo bilancio dell’Unione europea.

Quindi in un momento in cui le nazioni europee più forti sono deboli,
sarebbe un errore attendersi che salveranno tempestivamente un’Italia in fallimento finanziario.


E se la linea di faglia finanziaria italiana si apre, il default del debito dall’Italia precipiterà
attraverso il sistema finanziario globale, causando danni che saranno difficili da contenere.

Ora, possiamo correre il rischio di non agire.

O mentre gli italiani si accalcano per affrontare con le loro mani l’enorme sfida medica ed umana,
la comunità internazionale si può unire per impedire la spirale di una crisi finanziaria globale sull’Italia.
 
Ecco la fase due del MES.

E' sulla lista prioritaria dell'Europa perchè alla fine sono riusciti a mettere le mani sui 2000 miliardi di risparmi privati
che abbiamo in cassa, con una società privata Lussemburghese (questa gestisce il MES) di cui tutto è segreto,
e che sarà il vero cavallo di troia.

La guerra è questa e però ci stanno facendo credere che stiamo lottando con un virus confezionato su misura.
 
....diamo un occhiata anche al nostro amato Fiber: dunque....il minimo recente è del 21 febbraio a 1.078
......poi scoppia il coronavirus prima in Italia e poi in tutta Europa e cosa fa il nostro Eur/USD?

Sale poderosamente fino al 10 marzo toccando il picco di 1.15...poi...leggero calo dopo l'"io resto a casa" (attualmente 1.134)
......e adesso si prepara per l'ennesima salita.

Ebbene signori....per il mercato valutario, in piena epidemia coronavirus che ci ha bloccato, l'Euro si apprezza nel confronto del Dollaro.

....niente niente che gli investitori puntano proprio sull'annientamento dell'Italia?
 
Come dice giustamente il Prof. Valerio Malvezzi, la BCE si trova ora di fronte a questa alternativa:

sostenere l'euro oppure sostenere l'italia e non c'e' il minimo dubbio su quale sara' la loro scelta.
 
I bancari sotto un certa soglia - e manca veramente poco - dopo -30% in 3 settimane
avranno bisogno di un significativo bail in, determinando a valanga danni esponenziali di svalutazioni, npl e società indebitate in liquidazione
e il virus non c'entra nulla, è solo il detonatore, è la fine della stagione dei tassi 0 per galleggiare....prima o poi arriva il conto da pagare.

A quel punto vedremo quanti euristi con il sedere altrui, mantenuti e prosperati con l'anestesia totale dei tassi 0,
percepiranno una realtà diversa, con un pò di durezza del vivere entrata nelle loro case....
anche se penso che il loro kulo sia ben parato.
 
C'è n'è uno in Italia che avrà i cojoni per far questo passo ?
........salvate un po' dei vostri risparmi.

Lo scopo di questo articolo non è quello di sindacare sulla correttezza o meno
di come è stata gestita l’emergenza nazionale dal Governo e/o dalle Regioni,
ma è quello di delineare una possibile via d’uscita dall’emergenza stessa.
Emergenza sanitaria, ma anche economica.

Prima ci addentreremo in un breve excursus sullo “stato di salute” del nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN),
poi andremo a trattare le possibili politiche economiche per ovviare alla crisi ventura.

Il nostro SSN era già sull’orlo del baratro, anche prima della diffusione del coronavirus.
Il virus non ha fatto altro che evidenziare il sottofinanziamento al quale il SSN è sottoposto da anni,
a causa del rigore dei vincoli di bilancio europei e delle politiche di austerità.

Nel 4° rapporto sulla sostenibilità del SSN della fondazione GIMBE, e
merge che “Il finanziamento pubblico (al SSN) è stato decurtato di oltre € 37 miliardi,
di cui circa € 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie
ed oltre € 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate
meno risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica”.


Leggendo lo studio Anao-Assomed pubblicato il 4 febbraio, il rapporto “Lo Stato della salute in Italia”
pubblicato lo scorso dicembre dall’Ufficio parlamentare del bilancio,
il 4° Rapporto sulla sostenibilità del SSN della fondazione Gimbe,
l’analisi del Centro studi della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri (Fnopi)
e “La finanza pubblica italiana. Rapporto 2018”, edito da Il Mulino, scopriamo che:

– gli ospedali sono diminuiti dai 1.165 del 2010 ai 1.000 del 2017: -14,6%;

– i posti letto si sono ridotti dai 244.310 del 2010 ai 211.593 del 2017: -16,2%;

– il numero di posti letto per 1.000 abitanti è passato dai 3,9 del 2007 (già sotto la media UE di 5,7) ai 3,2 del 2017.
La Germania ne ha 8. Quasi il triplo.
Mancano circa 70.000 posti letto.
Quelli per acuti sono passati da 3,5 ogni 1.000 abitanti a 2.93 (-17%);


– abbiamo rinunciato a 42.888 lavoratori a tempo indeterminato tra il 2010 e il 2018, una riduzione del 6,2%.
In alcune Regioni il taglio complessivo è stato del 16,3%.
Le Regioni sottoposte a piani di rientro hanno dovuto ridurre personale medico e infermieristico
rispettivamente del 18% e dell’11% tra il 2008 e il 2018;


– il numero di infermieri per 1.000 abitanti è di 6,5 contro gli 8,4 della media europea e i 12,9 della Germania.
Mancano almeno 53.000 infermieri.
In Campania ogni infermiere si deve fare carico di 17 malati.
La media nazionale è di 11 pazienti per infermiere,
quasi il doppio dei 6 pazienti per infermiere individuati in alcuni studi
come la soglia che potrebbe ridurre del 20% il rischio di mortalità nelle corsie;


– l’età media dei medici è passata dai 43,5 anni del 2001 ai 50,7 del 2017, conseguenza del blocco del turn over;

– sono stati portati a termine 2 miliardi di euro di tagli al personale sanitario tra il 2010 e il 2018;

– abbiamo 2.545 euro di spesa pubblica pro capite per la salute contro i 5.289 della Norvegia e i 5.056 della Germania.

Un bollettino di guerra. Non ci sono altre descrizioni.

Come se questi dati non fossero già di per sé preoccupanti aggiungiamo:

105 raccomandazioni per ridurre le pensioni e aumentare l’età pensionabile,

63 intimazioni a tagliare il sistema sanitario pubblico e a privatizzarlo,

50 indicazioni di riduzione dei salari,

45 suggerimenti di taglio alle protezioni sociali per disoccupati e disabili,

38 richieste di riduzione delle tutele dei lavoratori.

È la lista dell’orrore delle richieste fatte dall’Unione Europea agli Stati membri tra il 2011 e il 2018
così come viene fuori dal rapporto commissionato dall’europarlamentare della Linke Martin Schirdewan e realizzato da Emma Clancy.
 
A fronte di questa situazione, vediamo cosa è stato fatto e cosa andrebbe fatto.

La Bank of China ha stanziato 100 miliardi di yuan,
la FED ha tagliato i tassi di 50 punti,
la Bank of Japan pensa a misure per favorire liquidità alle aziende,
la Bank of England potrebbe imitare la FED e tagliare i tassi il prossimo 26 marzo.

L’Italia invece, è stata costretta a chiedere la carità (anzi, ora si chiama flessibilità) alla Commissione europea, su come spendere i propri soldi.

Flessibilità accordata ma pur sempre nel Patto di Stabilità e Crescita.

Ebbene si, cari lettori, l’Italia non è un paese sovrano.

Mentre Cina, Giappone, Canada, USA, Regno Unito ecc possono decidere quando e quanta monete
immettere nell’economia per costruire scuole, ospedali, strade e affrontare crisi inaspettate, l’Italia non può.

E perché non può?

Perché ha perso la sovranità monetaria, adottando l’euro, de facto, una moneta straniera che non può emettere.

Di conseguenza non è libera di decidere quando e quante risorse stanziare.

In tutto ciò il ministro Gualtieri ha dichiarato che “una volta passata l’emergenza, si procederà al consolidamento fiscale”,
tradotto in parole povere austerità e ulteriori imposizioni di tasse. Assurdo.


Il fatto di non essere un Paese sovrano, ci ha costretti a stanziare solo 7,5 miliardi di euro,
che oggettivamente sono pochi, sia per costruire strutture mediche ed assumere personale,
sia per sostenere il tracollo economico a cui stiamo andando incontro.

Alcune prime stime parlano di danni economici tra i 35 e i 70 miliardi di euro.

Va anche ricordato che siamo contributori netti (ovvero versiamo più di quanto riceviamo),
verso l’unione Europea per 155,22 miliardi di euro, versati dal 2000 al 2018.

Con una cifra simile avremmo potuto costruire 500 ospedali, assumere 10 mila medici
e 50 mila infermieri e sarebbero ancora avanzati 62 miliardi.

Vi piace ancora l’Unione Europea?


Come se non bastasse, lo spread è tornato a salire.

Ricordiamo che lo spread non è in relazione alla quantità di debito pubblico, ma prezza il rischio di svalutazione,
ovvero una possibile uscita dall’euro di uno dei paesi aderenti, ed è la BCE, tramite la compra/vendita di titoli di Stato a controllarne l’andamento.

Allo scoppio della crisi la Bank of China è intervenuta per calmierare i tassi di interesse.

La BCE, se soltanto lo volesse (ma per statuto non può), potrebbe iniziare ad acquistare titoli di Stato sul mercato primario,
calmierando i tassi di interesse e fungendo da prestatore di ultima istanza
(perché le banche centrali a questo servono, come ci ricorda il principio di Bagehot).

L’Italia è dal 1981, con il divorzio Ministero del Tesoro – Banca d’Italia,
che si è preclusa questo potere, rendendo così la Banca d’Italia un’autorità indipendente.

Come dice Vladimiro Giacchè “avere una banca centrale indipendente, significare avere governi dipendenti dalla banca centrale”;
e questo, oltre ad essere altamente non democratico, è anche molto pericoloso, come adesso sperimentiamo sulla nostra pelle.


Ed è soltanto ora che giungiamo al dilemma iniziale.

O la BCE e la Commissione europea metteranno in campo misure straordinarie per far fronte all’emergenza sanitaria,
o per l’Italia sarà un’ecatombe in termini di vite umane e in termini economici.

Un helicopter money potrebbe essere una soluzione.

Chiudere tutte le attività per 15/20 giorni, lasciando aperte soltanto farmacie, supermercati,
e aziende produttrici di farmaci e macchinari medici, e accreditando una somma di 1000/1200 euro circa su tutti i conti correnti.

Oppure la BCE (che ricordo dispone di fondi illimitati, perché la moneta si crea dal nulla),
dovrebbe abbandonare i vincoli di bilancio e fornire ai Governi europei tutti i fondi necessari per gestire l’emergenza.

Se l’Unione Europea e la BCE non faranno così, allora l’Italia dovrebbe decidere se salvare l’euro o la vita dei propri cittadini.

Allo stato attuale delle cose, un abbandono della moneta unica potrebbe rappresentare la nostra unica via di salvezza.

Letta scriveva “morire per Maastricht”.

Io spero vivamente non sia quella la decisione finale.
 

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