economica del diritto.
USA FOR ITALY: GLI ITALPRETORIANI DELL'ELITE GLOBALISTA (Parte seconda) [/paste:font]
1. Dunque, come abbiamo visto
nella parte prima, il global capitalism si fonde e si attualizza con
il federalismo europeo e ci porta dritti al TTIP. Almeno in quella che pare la volontà, del momento, degli Stati Uniti.
I segnali di questa
saldatura, di questa sorta di timing, che amplia e rinnova quello registratosi con la costruzione €uropea tra gli anni '80, Maastricht e gli sviluppi attualissimi, non mancano:
- il presidente emerito Napolitano - parlando di TINA all'approvazione della riforma costituzionale, dunque evidentemente, da lui stesso, correlata al tema-,
ci illustra la volontà di Obama e liquida definitivamente la sovranità come un attrezzo "tribale" del passato:
«Viviamo una grave crisi dell’unità europea e del processo di integrazione. Ma abbiamo appena vissuto un intervento storico del presidente degli Stati Uniti, che non è stato sottolineato abbastanza. Obama si è rivolto ai popoli europei e alle leadership.
Ha fatto capire che gli Usa non vogliono più trattare con i singoli Stati europei, ma con l’Europa nel suo insieme. Ha detto che la relazione speciale tra Washington e Londra non avrebbe più senso se Londra non restasse nell’Ue. E ha usato un’espressione che mi ha colpito per la sua durezza: “È nella nostra natura umana l’istinto, quando il futuro appaia incerto, di ritrarsi nel senso di sicurezza e di conforto della propria tribù, della propria setta, della propria nazionalità». Insomma,
Obama ha messo gli impulsi neonazionalistici sullo stesso piano degli istinti tribali».
-
Padoan, per parte sua, ci rassicura - o meglio, obiettivamente rassicura la visione proveniente dagli USA- dicendo che gli ostacoli alla crescita italiana sono determinati dall'accumulo di ritardi strutturali, che esigono perciò "riforme strutturali", che sono la caratteristica fondamentale dell'azione del governo italiano (appunto): mentre le privatizzazioni continuano, e maggiore imposizione tributaria e ulteriori tagli della spesa pubblica promuoveranno la crescita...di lungo periodo (perché, dice, eviteranno l'applicazione immediata...delle misure di salvaguardia, solo loro depressive, a quanto pare), la trojka non arriverà perché siamo già abbastanza bravi a riformarci da soli;
- il nostro presidente del Consiglio, senza tentennamenti, ci dice che:
“Il Ttip ha l’appoggio totale e incondizionato del governo Italiano”, auspicando che ne giunga l'approvazione "entro la fine del prossimo anno".
2. Siamo dunque a posto così: la linea è tracciata. Le riforme strutturali ci porteranno nel global capitalism in un
futuro di crescita, radioso e circondato da una chiarezza di idee a quanto pare incrollabile.
E' sufficiente che la sovranità nazionale sia abrogata mediante la sua cessione incondizionata ai mercati che, se "facciamo presto", magari saranno indulgenti. Come gli USA, se facciamo le riforme che non finiscono mai.
Se una cosa è inutile, tribale e guerrafondaia, non si deve neppure sapere cosa sia:
se sia per caso contemplata dalla Costituzione e come. Basta liberarsene in fretta e il global capitalism penserà a noi, ma proprio a noi, inondandoci di investimenti esteri e di piena occupazione. La pace e la democrazia "vere" splenderanno per sempre.
Il segreto è quello di non parlare mai, nello stesso contesto della pace apportata dall'internazionalismo dei mercati, di questo fenomeno, peraltro
ben programmato e inevitabile (non solo italiano, ma da noi particolarmente intenso e destabilizzante):
Questo secondo i dati della Commissione europea l'andamento della quota salari in Italia, in presenza degli effetti internazionalisti, e della "pace", del vincolo esterno:
3. In questo italico mondo di perfezione a portata di mano, e di soluzioni ben individuate senza ripensamenti, non c'è neppure spazio
per i dubbi che mostrava Martin Wolf circa
la natura "leggermente" elitaria di questa visione e gli inconvenienti che ciò starebbe manifestando (e non poco). Ciò che Wolf, sia pure a fini rafforzativi delle stesse elites, indica come problema,
in Italia non esiste e comunque è sufficiente dire che non "deve" esistere (anche perché l'Italia è destinata alla leadership del processo €uropeo e comunque agli USA qualsiasi dubbio non dovrebbe piacere: è tribale e non rientra negli scopi della neo-sovranità mondialista dei mercati).
In effetti, anzitutto,
Wolf si preoccupa di questa questione di come possa votare la "gente":
Anche i perdenti possono votare. La democrazia è questo, ed è giusto che sia così. Se si sentono sufficientemente imbrogliati e umiliati, voteranno per Donald Trump negli Stati Uniti, per Marine Le Pen in Francia o per Nigel Farage nel Regno Unito. Sono quelle persone, specialmente negli
strati popolari autoctoni, che si lasciano sedurre dalle sirene di politici che mettono insieme il nativismo dell'estrema destra, lo statalismo dell'estrema sinistra e l'autoritarismo di entrambe.Sopra ogni altra cosa,
queste persone rigettano le élite che dominano la vita economica e culturale dei loro Paesi: sono le stesse élite che la settimana scorsa si sono riunite a Davos per il Forum economico mondiale. Le possibili conseguenze fanno paura.
Le élite devono elaborare risposte intelligenti, e potrebbe già essere troppo tardi...
Ma, per dire, Napolitano o Padoan, sanno già che le riforme strutturali e la cessione (massima possibile) della sovranità sono "risposte intelligenti" e dunque nelle urne, ove mai dovessero votare, a cominciare dal referendum costituzionale, gli italiani sceglieranno le riforme strutturali e la più ampia cessione di sovranità ai mercati. Se si dovesse votare...
Dunque, in Italia, è scongiurato in partenza il timore evidenziato da Wolf:
"I Paesi occidentali sono democrazie.
Sono gli Stati che forniscono le fondamenta legali e istituzionali dell'ordine economico globale.
Se le élite occidentali non terranno in alcun conto i timori di tanti, quei tanti ritireranno il loro consenso ai progetti dell'élite. Negli Stati Uniti, le élite di destra hanno seminato vento e stanno raccogliendo tempesta. Ma
è potuto succedere solo perché le élite di sinistra hanno perso la fedeltà di ampi strati della classe media autoctona.Non da ultimo, democrazia significa governo di tutti i cittadini.
Se i diritti di residenza, e ancor più di cittadinanza, non verranno tutelati, questo risentimento pericoloso crescerà. In molti posti è già cresciuto".
4. Dire che gli Stati forniscono le fondamenta dell'ordine economico globale, un principio di democrazia delle relazioni internazionali che è alla base dello stesso art.55 della Carta ONU, una volta trasposto nei termini della teoria politica ed economica assolutamente dominante in Italia, conduce inevitabilmente a una manifestazione estrema e paradossale di
integralismo internazionalista: Wolf si becca pure lui, in sostanza, del tribalista dagli istinti belluini.
E non finisce qui, perché
questo epiteto sprezzante, e comunque una inequivocabile qualificazione di inadeguatezza, sarebbe esteso a una parte crescente del popolo americano e persino a quei governi €uropei a cui l'Italia dovrebbe, secondo la versione americana, proporsi come "leader" al posto della Germania-che-dice-sempre-no. Ad esempio, l'Austria e la Francia, che sono i nostri principali confinanti terricoli, e coi quali occorrerebbe, secondo la più ovvia prudenza insita nelle pacifiche e cooperative relazioni internazionali, non assumere posizioni di radicale censura o interferenza, diretta o indiretta, coi processi democratici in base ai quali tali paesi manifestano il loro legittimo indirizzo politico sovrano.
Insomma, se ci si compiace di disperdere la propria sovranità (nella superiore convenienza di "impersonali" mercati), ciò non autorizza la sistematica censura moralistica di quella altrui: un atteggiamento del genere è tipico degli imperialisti, che vogliono omologare eticamente a se stessi il mondo intero per dissimulare la propria convenienza economico-oligarchica. Cosa che, dati i risultati di questo atteggiamento finora conseguiti, non si addice certo all'Italia.
5.
Eppure non mancano i contro-segnali al granitico ital-pensiero: si moltiplicano potenti "avvertimenti" che mostrano come le riforme strutturali, e la cessione di sovranità ai mercati, non siano più esattamente ben accetti in un intero rinascente paradigma della comunità internazionale, espresso persino dalle sue più emblematiche espressioni economiche, per non parlare di quelle politiche più rilevanti.
Si potrebbe "principiare" da qui:
"
The Decline of the Dollar Is Not the Decline of the United States"
detto da Stratfor, preannuncia che il ruolo dominante degli USA nei mercati finanziari non sarebbe in definitiva posto in pericolo dal graduale ritiro del dollaro dalla sua funzione di moneta di riserva e di pagamento nel commercio internazionale.
Questa prospettiva, peraltro, consentirebbe al dollaro di potersi indebolire e consentire così agli USA di stabilizzare la propria economia conciliando la
valorizzazione dei propri interessi produttivi nazionali, secondo tale assunto, con gli interessi del resto del mondo.
Stiamo parlando dunque di un interesse statunitense molto statale e nazionale e, perciò, stando alle parole di Obama, squisitamente "tribale".
E il TTIP sarebbe uno strumento di aggiustamento strutturale dei conti con l'estero degli Stati Uniti molto efficace, nelle stesse intenzioni dichiarate, come avevamo visto qui.
6. Solo che, nonostante il problema non appaia avvertito dai nostri governanti, questo strumento avrebbe il difetto di risultare, nei suoi effetti distributivi innegabili, elitario: che poi in pratica significa
economicamente favorevole solo a una ristretta oligarchia finanziarizzata, agli occhi dello stesso popolo americano, che di globalizzazione finanziaria, e dei suoi effetti redistributivi dei redditi e della ricchezza,
inizia ad averne veramente abbastanza.
Anche perché, come da previsione, con grandi costi per i tribali cittadini non elitari degli USA, la popolazione messicana non si era certo avvantaggiata del liberoscambismo NAFTA, divenendo piuttosto un'economia esportatrice di...messicani.
Il che equivale a dire che questo globalismo economico, così amato dal mainstream italiano, nega il più importante dei diritti dei popoli e di ciascun individuo: quello di ricercare dignità e benessere nella terra dove si è nati, valorizzando la dimensione comunitaria e naturalmente affettiva e solidale dell'essere umano. Ciò che l'art.2 della Costituzione pone ai vertici dei valori immutabili della nostra Costituzione.
Un ordine di problemi, e di valori, che, per i nostri governanti, appaiono non esistere.
7. E invece la realtà conferma i timori di Wolf, condivisa, per parte sua, pure da i più importanti partner €uropei, versione ortodossa non lepenista.
Hollande, all'opposto di Renzi, preannuncia una decisa contrarietà al TTIP e lo fa per ragioni che dovrebbero essere definite "tribali"; considerato che la Francia rimane un paese fortemente agricolo e che tale interesse, economico e occupazionale e, pensate un po', "nazionale", non appare indifferente al suo Presidente della Repubblica.
Che parla persino di
non accettabilità di una non reciproca apertura (rispetto agli USA) dei rispettivi mercati pubblici. Tradotto per i governanti italiani, Hollande non accetta a priori che, ad esempio, il servizio sanitario (con il lucroso mercato dei farmaci) e quello previdenziale, pubblici e nazionali, possano in prospettiva divenire dominio incontrastato della finanza "globale" USA.
8. Intanto,
un altro contro-segnale, connesso, arriva dal Fondo monetario internazionale, che discute di come vada riformato il sistema finanziario mondiale, che abbiamo visto poter scontare il graduale disimpegno del dollaro dal ruolo di mezzo di pagamento "universale", e lo si ipotizza
rinunciando al mito della stabilità monetaria, raggiunta a colpi di politiche deflattive di matrice hayekiana, e einaudiana, internazionalista e liberoscambista (per la pace nel mondo globalizzato dai mercati, che rimane l'obiettivo unico che parrebbe giustificare ogni presa di posizione italiana). Infatti si discute di un punto basilare e prioritario, che è
l'abbandono dei cambi fissi, che, in termini di fenomenologia mondiale, trova la sua massima espressione nell'euro.
A Padoan non può sfuggire, probabilmente con suo disappunto, che
l'abbandono della mitologia dei cambi fissi, della supposta enormità del rischio di cambio, del mantenimento dell'inflazione a livelli bassissimi e stabili per acquisire la competitività estera agendo sui tassi di cambio reale, mette fuorigioco tutto l'armamentario delle riforme strutturali e del debito pubblico come urgenza assoluta a cui porre rimedio. E mette fuorigioco persino l'intoccabile
dottrina delle banche centrali indipendenti. Magari sovranazionali e comunque che si appropriano di un pezzo fondamentale della sovranità popolare, sottraendo al gioco democratico i mezzi per raggiungere i fini della sovranità popolare nazionale, fini normalmente stabiliti dalle Costituzioni democratiche (che per il raggiungimento di tali finalità assumono un concetto di sovranità dello Stato democratico. Mica tribale).
9. Un
colossale contro-segnale, che rischia di far ritrovare l'Italia piuttosto isolata, scaturisce anche dal fenomeno delle
attuali primarie USA. Obama esporta l'epiteto di tribalismo settario ma, a quanto pare, gli elettori USA non sono d'accordo. Con le elites: i perdenti si ribellano, come temeva Wolf. E non si tratta del solo fenomeno Trump:
Trump-Sanders Phenomenon Signals an Oligarchy on the Brink of a Civilization-Threatening Collapse
Oligarchies win except when society enacts effective reforms
Traduciamo l'eloquente incipit dell'articolo di questa economista americana: "I media hanno creato una fiorente industria dalle analisi sulla correlazione tra le infrastrutture americane al collasso, i lavori in outsourcing, i salari stagnanti, la piccola borghesia (ndr; traduzione effettiva di
middle-class, senza l'ipocrisia che, in Italia, fa chiamare "classe media" schiere di impiegati, operai e precari nei servizi, attribuendogli un precedente status di benessere sacrificabile in base al senso di colpa), che "evapora", e l'ascesa di candidati presidenziali anti-establishment, Donald Trump e Bernie Sanders".
I media italiani non sono capaci di tali analisi peraltro, e infatti vanno velocemente a picco.
Certo il contro-segnale di
Trump, il principale "tribalista", nei fatti (ignorati) pare essere piuttosto pacificatore, dato che si incontra coi toni di Hollande e dei sostenitori della Brexit,
avvicinando, culturalmente e politicamente,
piuttosto che allontanando le due sponde dell'Atlantico: