I FINANZIAMENTI DEI SOCI:
LA NUOVA DISCIPLINA PER LE S.R.L.
1) Le varie tipologie di finanziamenti;
2) La nuova disciplina (art. 2467 c.c.);
3) Alcuni cenni in materia di responsabilità
Con la riforma del diritto societario, D.Lgs n. 6/2003, è stata introdotta una diversa disciplina inerente i finanziamenti dei soci nelle società a responsabilità limitata.
L’importanza della normativa, dettata sia dal suo contenuto quanto dal suo carattere parzialmente “retroattivo” (infatti riguarda i finanziamenti attualmente in essere anche se effettuati in epoca precedente alla data di entrata in vigore della legge), ci conduce a presentare questo lavoro.
1) Le varie tipologie di finanziamenti
Innanzitutto occorre ricordare come l’impresa abbia accesso a due diverse fonti di finanziamento: il capitale di rischio e quello di credito.
Per capitale di rischio si intendono tutti quegli apporti effettuati dai soci che sono destinati a sostenere durevolmente l’attività imprenditoriale; ai soci è riconosciuto sia il diritto alla ripartizione degli utili che al rimborso del capitale conferito che potrà aversi in sede di liquidazione della società e previo soddisfacimento dei creditori sociali.
E’ necessario
sottolineare che quindi i finanziamenti sottoforma di capitale di rischio confluendo nel patrimonio aziendale, soggiacciono al rischio di impresa e sono rimborsabili solamente dopo il soddisfacimento dei creditori sociali.
I finanziamenti di capitale di credito possono essere effettuati da soggetti estranei all’azienda sono caratterizzati da due requisiti:
1) remunerazione certa, sotto forma di interesse per la durata del contratto;
2) restituzione del finanziamento a scadenza.
L’aspetto fondamentale di quest’ultima tipologia di finanziamenti non risiede tanto nel suo costo, rappresentato da un tasso di interesse concordato tra le parti, quanto nel rimborso del capitale che è prioritario rispetto al capitale di rischio, infatti si tratta di un puro finanziamento in cui il capitale figura come un debito verso terzi, senza venir inglobato nel patrimonio sociale.
La realtà aziendale è caratterizzata da una tale complessità che non permette di scindere agevolmente i finanziamenti aziendali e classificarli come abbiamo appena visto; è generalmente riscontrabile che molti versamenti considerati debiti di finanziamento svolgono il ruolo di fonti permanenti atte a sostenere il capitale aziendale; siamo cioè in
presenza di forme “ibride” di finanziamenti difficilmente classificabili in una o altra categoria.
Appare quindi più corretto esporre una breve panoramica circa i diversi tipi di versamenti che possono interessare una società; il Principio Contabile 28 ne distingue quattro:
versamenti a titolo di finanziamento,
versamenti a fondo perduto,
versamenti a futuro aumento di capitale
versamenti in conto aumento di capitale.
a) I versamenti a titolo di finanziamento
I versamenti a titolo di finanziamento costituiscono una forma di prestito con obbligo di rimborso del capitale; può essere ritenuta una operazione speculare al finanziamento di capitale di credito eppure vi sono alcune differenze. Il soggetto finanziatore è rappresentato da uno o più soci, non è richiesta la partecipazione di tutti i soci, non sussiste alcun vincolo di partecipazione con riferimento alla quota di Capitale
Sociale detenuta; per esempio il finanziatore può essere anche un unico socio che possiede il 5% del Capitale Sociale o tutti i soci ognuno per la somma ritenuta più idonea senza collegamento con la percentuale di partecipazione al capitale.
Altra caratteristica che differenzia ulteriormente i versamenti a titolo di finanziamento da quelli di capitale di credito, è la possibilità di non prevedere interessi sul capitale; infatti il finanziamento in esame può essere anche infruttifero a seconda degli accordi tra la società
ed i soci finanziatori; unico obbligo esistente è quello del rimborso del capitale, per cui generalmente si stabiliscono scadenze prefissate.
Vista la varietà di condizioni che possono caratterizzare il finanziamento, in modo da renderlo più adeguato possibile alle necessità aziendali, pare corretto predisporre la
redazione di appositi documenti ove siano descritti gli eventuali frutti e le scadenze pattuite per il rimborso. In materia si reputa valido lo scambio di lettere commerciali nel momento antecedente l’esecuzione del finanziamento.
Per quanto riguarda l’aspetto contabile, questi versamenti sono da considerarsi come “mutui” e perciò verranno iscritti nella voce (D.4) “Debiti verso altri finanziatori” nel passivo dello Stato Patrimoniale.1
Occorre rilevare la possibilità di “convertire” tali versamenti in finanziamenti di capitale di rischio, situazione peraltro ipotizzabile in presenza di aumenti gratuiti di capitale o a causa di perdite rilevanti. La procedura richiede che, per la copertura delle perdite,
venga esplicitamente espressa la volontà dei soci alla conversione con delibera in sede di Assemblea Ordinaria, mentre occorre l’Assemblea Straordinaria per gli aumenti di capitale sociale.
Il Principio Contabile 28, al paragrafo B)1, stabilisce che la conversione del versamento a titolo di finanziamento in capitale di rischio, può essere attuata solo previa rinuncia al diritto di restituzione di ciascun socio (art. 1236 c.c. Dichiarazione di remissione del Debito); perciò il verbale assembleare deve rispettare tali specifiche (nel rispetto dei
diritti patrimoniali di ogni socio). Il P.C. 28 precisa che “ha così natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci, sia per partecipazione alla copertura della perdita, sia per futuri aumenti di capitale”.
b) Versamenti a Fondo Perduto
Le somme erogate dai soci per le quali non sussiste alcun obbligo di rimborso, rappresentano versamenti a Fondo Perduto. Sono caratterizzati da quattro elementi:
volontarietà da parte dei soci;
infruttuosità;
assenza di vincoli inerenti la proporzione delle quote;
assenza di obbligo di rimborso.
I versamenti a fondo perduto confluiscono nel patrimonio aziendale come riserve di capitale, infatti trovano iscrizione nella voce AVII “Altre Riserve” del Patrimonio Netto.
La restituzione può avvenire solamente in sede di liquidazione e il metodo da adottare sarà quello proporzionale rispetto al capitale sociale detenuto dai soci,
indipendentemente dal reale ammontare dei versamenti effettuati.
In materia di rimborso dei versamenti a fondo perduto si sono susseguite tesi contrastanti; la dottrina prevalente riconosce la possibilità dell’Assemblea Ordinaria di deliberare la restituzione mentre secondo alcuni autori si tratta di riserve indisponibili e
come tali soggette a ben note limitazioni di distribuzione.
c) - d) Versamenti in conto aumento di capitale e in conto futuri aumenti di capitale
I soci possono essere chiamati ad effettuare dei versamenti in previsione di aumenti di capitale sociale a pagamento; quando si è in presenza di una delibera assembleare per aumento di capitale già approvata, ma non ancora presentata al Registro delle Imprese, si
parla di versamenti in conto aumento di capitale, mentre nel caso in cui sia assente l’approvazione dell’assemblea Straordinaria, sebbene ormai prossima, si hanno versamenti in conto futuri aumenti di capitale.
Questi ultimi hanno lo scopo di vincolare dei fondi
destinati a uno specifico progetto, l’aumento di capitale, che si realizzerà prossimamente;
qualora “la procedura di aumento non giunga a perfezionamento secondo i dettami di legge, i soci hanno diritto alla loro restituzione”.2
I versamenti in conto aumenti di capitale sono dei fondi patrimoniali indisponibili,in attesa di “conversione” in capitale sociale.
Entrambi i versamenti sono assimilabili a conferimenti di capitale di rischio e verranno iscritti nel passivo dello Stato Patrimoniale nella voce ”Altre Riserve” (A VII).
2) La nuova disciplina (art. 2467 c.c.)
Un’analisi approfondita della realtà rivela una varietà di fattispecie di finanziamenti e versamenti spesso non inquadrabili con precisione in alcuna delle categorie descritte dal Principio Contabile 28. In Italia, dove l’economia più vivace si basa soprattutto su cluster di
piccole e medie aziende, con ristretta base societaria, i versamenti effettuati dai soci non derivano da delibere assembleari e spesso assumono la funzione di tamponamento a fronte
di liquidità limitata.
Proprio questa mancanza di chiarezza ha determinato il sorgere di diversi problemi; finora ai soci era concesso di effettuare versamenti destinati a sopperire alla necessità dell’azienda di capitale di rischio, mantenendo però la “sicurezza” del rimborso del capitale
poiché figuranti come finanziamenti di credito. Questa prassi è da considerarsi lesiva della par conditio creditorum, ma soprattutto dannosa in quanto permette di mantenere una pericolosa sottocapitalizzazione dell’impresa.
Al fine di garantire i creditori sociali, il nuovo articolo 2467 c.c. prevede che il “rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.”3
Il legislatore ha quindi introdotto la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci rispetto agli altri creditori ma soprattutto una revocabilità di tipo assoluto dei rimborsi effettuati ai soci nell’anno che precede il fallimento; l’eventuale prova, da parte del socio, di assenza di intento fraudolento, è esclusa.
Tale nuova disciplina non interessa ogni tipo di finanziamento effettuato dai soci; occorre quindi individuare quali finanziamenti rientrano nella fattispecie della norma ed è la stessa a delinearne le caratteristiche:
• Finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”;
• Concessi in un momento in cui “anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto…”
• Concessi “…in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”4
3 Art. 2467 c.c. I comma.
4 Art. 2467 c.c. II comma.
Da osservare l’evidente difficoltà del legislatore nell’indicare con precisione i criteri di selezione dei finanziamenti postergati e revocabili, difficoltà superata mediante la scelta di un “approccio tipologico” che affida al soggetto la valutazione caso per caso. La relazione al D.Lgs n. 6/2003 afferma che “l’interprete è invitato ad adottare un criterio di
ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe appunto ragionevole attendersi”.
Il giudizio dovrà perciò basarsi sulle caratteristiche proprie dell’attività aziendale oltre che su principi generali.
La dizione “in qualsiasi forma effettuati” contenuta nell’art. 2467 c.c. e riferita ai finanziamenti merita una riflessione; risulta infatti finalizzata ad estendere la norma ai casi dei “finanziamenti sostitutivi indiretti”. Tali finanziamenti vengono erogati da soggetti estranei all’impresa che ricevono dai soci vari tipi di garanzie come fideiussioni o pegni; in
caso di insolvenza i finanziatori si avvarranno, in forza delle garanzie ricevute, sui soci e questi ultimi potranno rivendicare il rimborso delle somme finanziate al pari degli altri creditori sociali. Il nuovo articolato del 2467 c.c., elimina ogni convenienza ad attuare tale pratica riconducendo anche questi “apporti indiretti” alla fattispecie esaminata.5
Si osserva l’attenzione del legislatore a rafforzare la tutela dei creditori mediante l’introduzione di severe norme dirette a evitare rimborsi lesivi della par conditio creditorum. E’ necessario evidenziare che la postergazione dei finanziamenti effettuati dai soci non vuole generalmente corrispondere all’assimilazione di questi ultimi al capitale di rischio ma risulta finalizzata a regolare, e in taluni casi quindi equiparare, il concorso del socio al rimborso di quanto versato con il concorso degli altri creditori sociali.
Il finanziamento, come da lettura dell’art. 2467 c.c. , è da considerarsi liberamente rimborsabile a meno che non risulti possibile, a causa del dissesto aziendale, il soddisfacimento integrale dei creditori sociali. In legislatore ha inteso quindi parificare il grado di privilegio tra creditori soci e creditori esterni alla società.
5 CNDC Fondazione Aristeia - “I finanziamenti dei soci nella nuova società a responsabilità limitata” - Doc.
34/2003
In assenza di disposizioni transitorie inerenti l’art. 2467 c.c. lo stesso si deve reputare applicabile ai finanziamenti ancora in essere, effettuati dai soci anche precedentemente all’ 01/01/2004, data di entrata in vigore della norma. Da precisare che affinché la disciplina in esame trovi applicazione, occorre che le condizioni previste
sussistessero al momento del finanziamento, non rileva la situazione attuale dell’azienda.
3) Alcuni cenni in materia di responsabilità
La norma in esame non indica le possibili sanzioni applicabili in caso di violazione dell’art. 2467 c.c., è perciò necessario ricercarle in altre disposizioni.
In materia sussistono due tipologie di violazioni/reati che possono esser prese in esame: il rimborso indebito dei finanziamenti ai soci e la restituzione illecita del capitale sociale.
Mentre il primo caso viene classificato come una distribuzione preferenziale dell’attivo, il secondo configura il reato di bancarotta patrimoniale con ben più gravi sanzioni.6
Con riferimento alla fattispecie individuata dall’art. 2467 c.c. occorre precisare che si tratta di distribuzione preferenziale dell’attivo e cioè “bancarotta fraudolenta preferenziale”.
L’illecito, così indicato, si presenta al realizzarsi di due condizioni:
I. si ha la distribuzione preferenziale dell’attivo;
II. la volontà di favorire una parte a danno dell’altra.
6 Christian Favino, “La nuova disciplina dei finanziamenti erogati dai soci.” – Ediz. RIREA.
Il reato quindi non si configura ove sussista un privilegio da parte del socio creditore o non vi sia danno ai creditori poiché sussistono sufficienti disponibilità; in entrambi i casi non vi è danno ai creditori né volontà di favorire alcuno a scapito di altri.
Risulta invece perseguibile per bancarotta fraudolenta preferenziale l’amministratore che ha rimborsato ai soci i finanziamenti senza preventivamente assicurare il soddisfacimento dei creditori, è però necessario, affinché si configuri il reato, che il fallimento sia dichiarato
entro un anno dalla data del rimborso.
E’ bene sottolineare che le disposizioni inerenti il divieto di distribuzione preferenziale dell’attivo gravano solamente sul debitore che è la società, ossia nelle persone degli amministratori;7
il socio creditore perciò non può essere perseguito per bancarotta
fraudolenta preferenziale.
Dott.ssa Laura Bianchi