Giusto per chiarire e per conoscere.....
Lo scorso dicembre è entrata in vigore la
nuova normativa sulle etichette degli alimenti che prevede, fra l’altro, l’indicazione chiara del tipo di grasso contenuto: sulla confezione dei Flauti del Mulino Bianco non leggiamo più la generica scritta “grassi vegetali”, ma “
grasso di palma”. E proprio su questo ingrediente si è scatenata una tempesta: l’olio di palma si trova praticamente ovunque, dai cracker alle merendine, dai frollini alle fette biscottate, compresi alcuni prodotti per la prima infanzia. Non essendo un ingrediente della nostra tradizione ma un grasso tropicale, sorge spontanea una domanda: perché è tanto utilizzato? Quali sono i vantaggi?
Sul sito di Barilla, azienda spesso chiamata in causa perché leader del mercato dei prodotti per la prima colazione, si legge che “lo utilizza per la consistenza, la fragranza e la neutralità di gusto che garantisce ai prodotti finali e perché rappresenta la soluzione ottimale per la sostituzione di grassi idrogenati che l’azienda ha scelto da tempo di non impiegare nei propri processi produttivi” [
vedi]. In pratica: l’olio di palma, utilizzato per i biscotti e le merendine, dà una consistenza simile a quella che si ottiene con il più costoso burro, nei cracker e nei grissini ha il vantaggio di un gusto ‘neutro’ e stabilità all’ossidazione, quindi permette di produrre alimenti che si conservano a lungo senza bisogno di conservanti. Di più: nelle creme al cioccolato (es. la Nutella), garantisce spalmabilità, non si separa… insomma, è perfetto.
Perché allora non si trova in vendita accanto al burro o all’olio,
così potremmo utilizzarlo per preparare le crostate in casa? Non lo troviamo perché non ha il profumo del burro, né quello dell’olio d’oliva e le crostate non avrebbero una buona riuscita. Le crostatine industriali, invece,
riescono bene perché ci sono aromi che ‘sistemano’ il gusto. Insomma, è molto usato nell’industria per le sue caratteristiche di stabilità e per il prezzo molto conveniente, ma non è di certo un grasso ‘pregiato’.
Sezione di un frutto
Se è tanto utilizzato nell’industria,
la prima cosa da capire è se fa bene o fa male. L’olio di palma ha origine vegetale (si produce dalla spremitura del frutto delle palme da olio) ma a differenza della maggior parte degli oli vegetali è molto ricco in grassi saturi, gli stessi che si trovano nel burro, nel formaggio e nello strutto e che, come è noto, favoriscono l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition nel 2014 [
vedi], con Elena Fattore (Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri) come prima firma, non ci sono evidenze che l’olio di palma abbia un ruolo specifico nel favorire la comparsa di malattie cardiovascolari. Semplificando, si può dire che se si considerano parametri che sono indicatori di rischio cardiovascolare, come il colesterolo totale, o la frazione di colesterolo Ldl (“cattivo”) e si confronta una dieta ricca di olio di palma con diete basate sui più comuni grassi alimentari (saturi o monoinsaturi) i risultati sono discordi: alcuni marcatori aumentano mentre altri diminuiscono.
Se invece lo confrontiamo con i grassi “trans”, risulta meno dannoso. Questi ultimi si formano durante i processi di idrogenazione che permettono di rendere solidi i grassi vegetali, in pratica quando si producono le margarine. È noto che i grassi trans favoriscono l’aumento del livello di colesterolo Ldl (cattivo) e quindi l’insorgenza di malattie cardiovascolari tanto che l’Eufic (European food information council) raccomanda di ridurne il più possibile il consumo e l’utilizzo a livello industriale [
leggi]. L’uso dell’olio di palma nell’industria è aumentato negli ultimi anni proprio per sostituire i grassi idrogenati (fonte di grassi trans), da quando ci si è resi conto dei loro effetti negativi sulla salute.
La raccolta
Secondo
Andrea Ghiselli,
nutrizionista del Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), “
Non ha senso accanirsi in particolare contro l’olio di palma:
fa male perché contiene grassi saturi,
come il burro,
la carne e i salumi. Bisogna leggere le etichette e considerare come influisce sul bilancio giornaliero dei grassi, quindi tenerne conto. L’obiettivo è una dieta bilanciata”. Le linee guida per la prevenzione di aterosclerosi e malattie cardiovascolari [
vedi] raccomandano un’
assunzione limitata di grassi saturi, che dovrebbero apportare non più del 10% delle calorie giornaliere. Se consideriamo un adulto, maschio, che faccia poca attività fisica, con un fabbisogno energetico di 2200 calorie al giorno, i grassi saturi non dovrebbero fornire più di 220 calorie. Dato che un grammo di grasso produce 9 calorie, questa quota corrisponde a 24 grammi di grassi saturi.
Questa quantità non sembra molto piccola, ma non è difficile superarla se nel corso della giornata, oltre a un po’ di latte, formaggio e magari qualche fetta di salume, si consumano prodotti alimentari industriali contenenti olio di palma, come merendine, gelati o bastoncini di pesce.